
Il Carnevale è una delle festività più attese e celebrate in Italia, dal Nord al Sud del paese. Con le sue parate coloratissime, i travestimenti fantasiosi e i carri decorati, questa festa rappresenta un momento di gioia e spensieratezza.
Esso, continua a essere una festa amatissima, capace di unire tradizioni secolari e innovazioni spettacolari. Dall’antica Roma ai carri di Viareggio, dalle maschere veneziane alle sfilate brasiliane, questa celebrazione ha attraversato i secoli senza perdere il suo spirito originario: un momento di libertà, allegria e, soprattutto, di scherzi.
La famosa espressione “A Carnevale ogni scherzo vale” racchiude perfettamente lo spirito ludico di questa tradizione. Ma quali sono le origini di questo evento così affascinante? Scopriamolo insieme.
1. ALLE RADICI DELLA FESTA DI CARNEVALE

Lo stesso modo di dire che “a Carnevale ogni scherzo vale” è legato proprio alle profonde radici di questo tipo di festigreco e ai riti dionisiaci (c’è chi dice addirittura fino al mondo egizio) oppure al mondo romano e ai cosiddetti Saturnali: si trattava in entrambi i casi di festività nelle quali ci si poteva lasciare andare e nelle quali le regole tradizionali della società potevano essere, per così dire, accantonate.
Ad esempio i Saturnali, pur svolgendosi nel periodo che oggi potremmo identificare come quello che precede le feste di Natale, avevano al loro interno i tipici tratti del Carnevale: in queste occasioni infatti il mondo era di fatto “sottosopra”, gli schiavi diventavano in quel periodo uomini liberi e veniva addirittura eletta una sorta di figura che scimmiottava la classe nobile e che diventava un “re dei folli”.
Questo personaggio era mascherato e doveva in qualche modo ricordare le divinità dell’oltretomba, che proprio in queste occasioni si univano ai mortali e vagavano sulla Terra in attesa di essere in qualche modo placate, di solito con delle offerte rituali.
Vi ricorda niente? È qui che si crea una sorta di fusione tra il nostro Carnevale e quelle che poi sono diventate le caratteristiche tradizionali di Halloween. Anche in questo caso i morti tornerebbero tra i vivi e verrebbero placati solo tramite delle offerte che, giocosamente, diventano dolcetti.
E sempre ad Halloween, come a Carnevale, ogni “scherzetto” è concesso in caso i fantasmi e le creature dell’aldilà non ricevessero un’offerta. Curioso come qualcosa che oggi fa parte della nostra quotidianità trovi così tante connessioni in usanze di popoli antichi."
2. LA FESTA DEI FOLLI

Vi ricordate il film d'animazione Disney Il Gobbo di Notre Dame? In quell’occasione il campanaro Quasimodo desiderava a tutti costi unirsi a una manifestazione giocosa e delirante molto simile al Carnevale che veniva definita la "Festa dei Folli".
Non si tratta di un'invenzione cinematografica (è una citazione dal romanzo di Victor Hugo) ma della diretta evoluzione, almeno in Europa e soprattutto nel Nord della Francia, dei Saturnali romani. Questa “folle festa” era un’usanza molto comune nel Medioevo e vedeva la partecipazione di persone travestite e la concessione dello sberleffo verso l'autorità.
Durante questo momento di "rivoluzione” sociale l’usanza voleva addirittura che alcuni ecclesiastici, prelevati direttamente dal loro letto, venissero fatti camminare per le strade completamente nudi ed esposti a scherzi di ogni tipo.
Interessante notare che ancora oggi, in alcune città italiane, resta l’eco di questa tradizione e “vittime” designate sono portate in giro per la città e sottoposte a ogni tipo di sberleffo in maniera scherzosa. Insomma, in questi casi il proverbio associato al Carnevale “una volta l’anno è lecito impazzire” e derivante dal latino semel in anno licet insanire sembra trovare un chiaro modo per essere messo in pratica.
Comunque la Festa dei Folli francese anche solo per la sua “incontrollabilità” non poteva avere vita troppo lunga: una prima condanna fu espressa poco prima del 1200 e, qualche secolo dopo, nel 1519, fu definitivamente vietata e bandita.
Curiosità: Le maschere
Anche le maschere del Carnevale, quelle classiche, fanno parte della cultura del travestimento soprattutto in Italia. Si parla di figure come Arlacchino, Pulcinella, Colombina, Pantalone e molti altri che videro la loro origine nella Commedia dell’Arte nata nel XVI secolo. Si tratta di veri e propri personaggi che indossano una "maschera" sul volto e degli abiti che li identificano e che hanno “carattere” tipico, un loro modo di essere e di agire e che,inoltre, sono molto spesso legati a specifiche città della nostra penisola: Pulcinella è Napoli, Colombina e Pantalone sono Venezia, Balanzone è Bologna, e così via...
3. L’ORIGINE DEL NOME

Come mai il Carnevale si chiama così? Anche qui c’è di mezzo il latino e deriva da carnem levare e cioè “eliminare la carne”: la festività era l’ultimo periodo in cui era consentito ogni eccesso, anche i peccati di gola, prima del “digiuno” che per precetto cristiano si fa nel periodo di Quaresima, durante il quale non dovrebbe essere consumata carne.
Ed ecco allora i tanti dolci e tutto il delizioso cibo tradizionale che lungo tutta la penisola cambia forma, colore e nome per onorare questa festa e per "saziare" i bambini (e pure i grandi).
Sicuramente il Carnevale più famoso in Italia, o almeno quello più sontuoso, è quello organizzato a Venezia: anzi, secondo alcuni storici la manifestazione, più o meno come oggi la intendiamo, sarebbe nata proprio nella città lagunare nel 1094, quando il Doge Vitale Faliero la nominò per la prima volta in un documento.
In ogni caso, il Carnevale di Venezia fu ufficializzato già nel 1296 e si radicò talmente in profondità che in alcuni momenti arrivò a durare ben sei settimane, portando a identificare Venezia come "la città del Carnevale”, quella nella quale la trasgressione era di casa.
In realtà anche in questo caso questa festa trovò un gradimento elevato nella popolazione a causa del grande controllo che vigeva normalmente in tutto il resto dell’anno da parte delle autorità che, saltuariamente (anche per rendere onore al motto romano panem et circenses concedevano alla plebe di poter trasgredire e sentirsi come signori.
4. I GIORNI “GRASSI” E I CARRI

Ma a proposito, come mai si parla di giovedì e martedì “grasso”? Si tratta di un riferimento proprio al cibo.
Questo perché sono considerati i giorni salienti del Carnevale e di fatto il martedì è l’ultimo giorno nel quale ci si può concedere i piaceri della gola prima delle privazioni della Quaresima, che inizia il mercoledì delle ceneri.
Il giovedì, invece, che precede di meno di una settimana il martedì grasso, è identificato come il primo degli ultimi giorni di Carnevale e quindi quello che dà il via all’ultima maratona di bagordi.
E i carri? Come mai in molte città il carnevale si festeggia attraverso “macchine” gigantesche e sfarzose? Si tratta di un’usanza tutta rinascimentale, periodo nel quale i Signori durante le feste (e non solo quelle carnevalesche) davano sfoggio della loro munificienza e dell’ingegno dei loro artigiani e artisti, capaci di studiare composizioni spettacolari.
Offrire al pubblico scene della Bibbia, della mitologia, allegorie di virtù e vizi e molto altro ancora era uno dei modi per affermare le proprie capacità culturali ed economiche.
Non dobbiamo però immaginare i carri rinascimentali come quelli che troviamo nelle moderne sfilate di Viareggio, di Cento o di altri centri famosissimi per le parate e le sfilate carnevalesche questi ultimi nascono solo nel 1873 ad opera di alcuni operai portuali che imitarono una serie di espedienti costruttivi tipici proprio delle navi.
Da quel momento la loro costruzione si è evoluta arrivando alla realizzazione di carri alti anche 50 metri rappresentanti mostri, creature mitologiche ma anche politici, personaggi famosi e personaggi storici.
5. VOGLIA DI ALLEGRIA E L’INVENZIONE DEI CORIANDOLI

Quali che siano le origini del Carnevale c’è da dire che è sicuramente una delle festività più apprezzate da noi italiani, da sempre amanti della voglia di divertirsi e scherzare.
Ma non mancano di certo altri paesi che hanno fatto delle parate e delle feste praticamente la loro bandiera. Il più grande del mondo è il Carnevale brasiliano che si protrae per una settimana, ma non possiamo non ricordare quelloche si celebra a New Orleans e che è stato eletto la migliore festa di strada d’America. E ancora ricordiamo il Carnevale di Santa Cruz di Tenerife, in Spagna, o quello australiano di Sydney e quello canadese di Toronto.
Insomma, nonostante siano passati secoli e secoli da quei festeggiamenti dell’antica Grecia e dell’antica Roma, l’allegria del Carnevale, con la confusione e quel senso di “sovvertimento” che porta con sé, è da sempre qualcosa di cui non si può fare a meno per uscire dal grigiore della monotonia quotidiana e per entrare in un mondo fatto di colore, di divertimento e di un pizzico di follia.
Curiosità: L’invenzione dei coriandoli
A chi non è mai capitato di tirare i coriandoli a Carnevale o malauguratamente ritrovarsene ricoperto dopo il passaggio di un’orda di bambini? Pensate che l’invenzione è tutta italiana e la sua origine non fu particolarmente felice per il suo creatore.
La loro nascita viene fatta risalire al 1876, a Trieste, da parte di un certo Ettore Federl che non avendo confetti o petali di rosa da lanciare ad un corteo di Carnevale che passava sotto casa sua decise di ritagliare dei triangolini di carta e lanciarli sulla folla.
La prima reazione non fu delle più positive e viste le proteste da parte dei membri del corteo addirittura Federl si ritrovò un gendarme in casa e una multa da saldare. Per la verità, come succede spesso, l’invenzione è contesa da un altro personaggio e cioè Enrico Mangili, un milanese che ricavò i suoi coriandoli dagli scarti delle carte traforate utilizzate negli allevamenti dei bachi da seta. Era il 1875. Mangili utilizzò i suoi coriandoli sulla folla e, visto il successo, decise anche di commercializzarli. Allo stesso Mangili si deve anche un’altra invenzione tipica del carnevale e cioè le stelle filanti.

