Ci sono “film” di cui siamo registi, sceneggiatori, spettatori e spesso protagonisti. E passiamo fino a metà della nostra vita a guardarli.
Ci fanno evadere, fluttuare tra passato, presente e futuro, anche prefigurare l’impossibile. Sono i sogni a occhi aperti, che proiettiamo nella nostra mente quando la lasciamo libera di vagare.
A volte si impongono come ospiti indesiderati, assorbendo la nostra attenzione quando dovremmo concentrarci su altro.
Ma se non esistessero, non potremmo cullarci tra i ricordi, fare programmi, escogitare soluzioni, neppure avere il senso della nostra identità.
1. UN CENTESIMO PER I TUOI PENSIERI
Per studiare in tempo reale cosa passa per la mente della gente, due ricercatori dell’Università di Harvard si sono serviti di un’app che invia ripetute notifiche sullo smartphone in momenti casuali della giornata, invitando a riferire cosa si stia pensando, quale attività si stia svolgendo e come ci si senta in quel preciso istante.
Così hanno scoperto che si trascorre gran parte del tempo con la testa tra le nuvole: in uno dei loro studi, l’app è stata installata da 2.250 persone la cui mente stava vagando dal 30 al 47% delle volte in cui sono state interrogate.
Di più su argomenti piacevoli (42,5% delle volte) che spiacevoli (26,5%) o neutri (31%).
«I sogni a occhi aperti hanno la stessa probabilità di presentarsi in forma di immagini o di discorso interiore, mentre altre modalità come quella uditiva, tattile o gustativa sono molto meno consuete», afferma David Stawarczyk, psicologo della Washington University a St. Louis.
In genere, se hanno un forte impatto visivo coinvolgono meno il discorso interiore. Inoltre, più spesso hanno una prospettiva visiva in prima persona (il 64% delle volte, come risulta da uno studio dell’Università del Colorado a Boulder) e sono incentrati su di sé, pur coinvolgendo di frequente altre persone.
2. GUARDARE AVANTI
«Vagando con la mente è più probabile che il focus dei pensieri sia diretto a prepararsi per eventi futuri piuttosto che a ricordare il passato», scrive Stawarczyk.
Dai suoi studi risulta che i sogni a occhi aperti spesso hanno funzioni rilevanti per gli obiettivi personali come la pianificazione (35%), il processo decisionale (8%) e la valutazione degli eventi (10%), meno altre finalità come l’autointrattenimento (7%).
E che ben il 79% delle fantasie orientate al futuro riguarda eventi previsti per il giorno stesso o i sette giorni successivi. Quindi, ci distacchiamo dalla realtà quotidiana per ritrovarci a fantasticare su altre attività quotidiane.
Scenari improbabili o fantasiosi assorbono in misura minore: ci si tuffa in realtà illusorie per puro gioco mentale (per es. rappresentarsi creature aliene) o appagare desideri con l’immaginazione (come vincere alla lotteria, ottenere grandi successi o conquistare potenziali partner).
Insomma, i nostri “film” mentali sono in gran parte concreti. Del resto, a chi non è capitato di distrarsi durante una conversazione o al lavoro, magari nel mezzo di una riunione, ritrovandosi a pensare a tutt’altro? Ad alcuni succede continuamente, pur avendo senso di responsabilità e motivazione sufficienti per restare concentrati.
Eppure, senza volerlo (si stima che solo il 10% dei sogni a occhi aperti sia intenzionale), immancabilmente spiccano il volo verso propri viaggi mentali. Non c’è motivo di preoccuparsi, anzi: «Le persone con un cervello efficiente potrebbero avere troppa capacità cerebrale per impedire alle loro menti di vagare», ha affermato Eric Schumacher, psicologo della Georgia Tech.
È arrivato a questa conclusione riscontrando punteggi più alti in prove di capacità intellettive e creative in chi riferisce sogni a occhi aperti più frequenti e osservando il suo cervello con la risonanza magnetica funzionale.
Quindi, si tratterebbe di un eccesso di lavoro mentale che trasborda come un fiume in piena dall’attività che si sta svolgendo.
3. TORNO SUBITO!
I compiti semplici, che non richiedono molto sforzo mentale, sono l’innesco ideale per i sogni a occhi aperti. Infatti, si vaga con la mente soprattutto quando ce lo si può permettere: si può contare su una memoria di lavoro sufficiente (è il magazzino a capacità limitata in cui tratteniamo le informazioni che servono per l’attività in corso) a non perdere il filo di ciò che si sta facendo.
Intanto si ottimizza il tempo, sfruttando i benefici del vagabondare mentale. Come valutare ciò che accadrà.
«Potremmo esserci evoluti per considerare prospettive alternative. Testiamo le nostre azioni in anticipo prevedendo mentalmente il loro risultato ed evitando costosi errori», ha scritto Muireann Irish, neuropsicologa dell’Università di Sydney.
In più, coi sogni a occhi aperti ci concediamo una “pausa” che rinfresca la mente e permette di tornare sul compito con rinnovate capacità di attenzione.
Oltre che sollevarci dal tedio: «La capacità di impegnarsi in un filo di pensiero alternativo potrebbe essersi evoluta anche per superare la noia e il disinteresse e, quindi, non farci abbandonare un compito necessario», spiegano Benjamin W. Mooneyham e Jonathan W. Schooler dell’Università della California a Santa Barbara.
Infatti, se la mente vaga, il tempo sembra passare più in fretta. Non a caso, possiamo arrivare a farlo ben il 70% del tempo trascorso alla guida, in percorsi abituali. Si è visto alla George Mason University impegnando per un periodo dei volontari in due monotone simulazioni di guida al giorno, della durata di 20 minuti, per riprodurre ciò che accade nel tragitto quotidiano da e per il lavoro.
4. DISCONNESSI MA NON DEL TUTTO
Peccato che non sempre si riesca a risintonizzarsi su un’attività senza lasciarsi sfuggire passaggi importanti. Così succede di perdere punti chiave della trama di un film o di un discorso (“Non mi stai ascoltando!”), oppure di non capire che cosa si sta leggendo.
Schooler e il suo team di ricerca hanno fatto leggere a volontari un racconto di Arthur Conan Doyle, costatando che vagare con la mente interferiva con la capacità di identificare correttamente il cattivo della storia.
Quando la mente va alla deriva si può arrivare a non ricordare cosa accadeva prima (“Perché sono entrato in questa stanza?”), soprattutto se viaggia lontano nel tempo e nello spazio: da uno studio dell’Università della North Carolina è emerso che l’effetto è più forte se ci si immerge in ricordi remoti o di episodi avvenuti in luoghi distanti.
Quindi, è più difficile tornare al presente dopo aver pensato a una vacanza all’estero che a una gita fuori porta. I costi, poi, possono essere notevoli se la mente “parte” quando serve molta concentrazione: vari studi dimostrano che può compromettere le prestazioni, per esempio in test attitudinali e di intelligenza. La questione in realtà è più sfumata, perché non sempre distrarsi “distrae” davvero.
Ma i viaggi mentali ci rendono felici? Dipende. Gli studiosi di Harvard hanno concluso che fantasticare su temi piacevoli non aumenta la felicità: per esempio, “preparare un toast” e “preparare un toast immaginando una bella giornata” non fa differenza per lo stato d’animo.
Tuttavia, come chiarisce Stawarczyk: «Un esame dettagliato dei contenuti del pensiero ha mostrato che quelli più interessanti o utili sono associati a un umore migliore». Anche fantasticare su persone significative (come amici o familiari) può far bene: aiuta a sentirle vicine in loro assenza, come emerge da uno studio dell’Università di Sheffield. I pensieri positivi sul futuro riducono persino i marcatori dello stress.
Più in generale, i sogni a occhi aperti definiti “positivi-costruttivi” (che riguardano idee e programmi) hanno un impatto positivo sulla vita, al contrario dei “colpevoli-disforici”: incentrati su pensieri ostili (per esempio di rivalsa o vendetta), sui timori (come immaginare esiti negativi degli eventi) o sui sentimenti di rammarico (per esempio tornare ripetutamente a circostanze in cui si sarebbe voluto agire diversamente).
5. CHE IDEA!
Molti pensatori scientifici, tra cui Newton, Poincaré ed Einstein, hanno avuto ispirazioni in momenti in cui non erano concentrati sulle loro teorie ma intenti ad altro. È accaduto per caso? Forse no.
Una spiegazione viene da uno studio di Schooler e colleghi in cui i volontari dovevano trovare quanti più possibili usi alternativi di oggetti comuni, come un mattone.
Se ci si vuole cimentare in questo compito, c’è qualcosa di cui tener conto: molto probabile che vengano più idee se, dopo averci pensato per un po’ (2 min nello studio), ci si prende una pausa (12 min).
Ma molto dipende da quello che si fa in questo lasso di tempo: i partecipanti dello studio che si sono dedicati a un compito mentalmente poco impegnativo (che incoraggia quindi a vagare con la mente) hanno trovato più soluzioni creative di chi ne ha svolto uno più pesante o non ha fatto nulla.
«Ipotizziamo che il vagabondaggio mentale svolga un ruolo nel trovare nuove soluzioni a problemi già incontrati», sostiene Schooler. Ma per essere creativi non basta far viaggiare la mente: occorre intercettare potenziali idee brillanti che si mescolano ad altre nel flusso dei pensieri.
Quindi, essere consapevoli di ciò che si sta pensando (“Ho avuto una buona idea!”). Per questo, la creatività coinvolge più reti cerebrali, non solo quella che si attiva con i sogni a occhi aperti.
Insomma, dare il meglio è una questione di equilibrio tra mente a briglie sciolte e ripresa del controllo. E i perenni distratti andrebbero apprezzati: stare spesso tra le nuvole può denotare un cervello prolifico, non per forza disinteresse o indolenza.
Si pensi ai ragazzini con una mente troppo vivace per restare a lungo sui libri o in ascolto dell’insegnante, il cui rendimento può essere scarso (a volte perfino perché sono troppo avanti per le loro classi). O allo stereotipo dello scienziato svampito, sempre assorto nei suoi pensieri.
Comunque sia, chi viene ripreso perché sogna a occhi aperti potrebbe rispondere che il suo cervello è impegnato a programmare, prevedere, trovare soluzioni o, più semplicemente, a ricaricarsi.