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A cosa serve abbracciarsi

Ci sono mancati tanto in questi mesi. Abbracciarsi è la forma di comunicazione non verbale più potente.

Significa “vengo in pace”. E non possiamo farne a meno, perché dà benefici a cuore e sistema immunitario.

Non è un caso che la foto vincitrice del World Press Photo di quest’anno ne ritragga uno davvero emblematico che richiama anche il concetto dell’angelo e quindi della protezione.

La scarsità di abbracci ci ha fatto capire quanto questi gesti, anche se istintivi e naturali, non siano poi così “ovvi”.

Del resto la scienza ne ha recentemente messe in luce tutte le funzioni: gli abbracci ricevono e trasmettono sostegno sociale, danno benefici all’organismo perché riducono la pressione arteriosa, aumentano i livelli di ossitocina, hanno effetti positivi sul sistema immunitario e, ovviamente, comunicano emozioni.

Sotto, la foto che ha vinto l’ultimo World Press Photo, il prestigioso premio dato al fotografo che meglio illustra gli avvenimenti dell’anno. Ritrae il primo abbraccio (dopo 5 mesi) tra una infermiera e una anziana ospite di una casa di riposo brasiliana.

 

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1. TI TOCCO COSÌ

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Di solito, in effetti, quando vogliamo sapere che cosa sta provando qualcuno, lo guardiamo in faccia.

Eppure, anche toccandosi, si capisce benissimo quale sia il reciproco umore. Lo ha provato un esperimento effettuato dagli psicologi della DePauw University, a Greencastle (Indiana, Usa).

Hanno partecipato 248 persone, divise in coppie in cui un partecipante doveva trasmettere un’emozione, l’altro (bendato per non farsi influenzare dall’espressione del viso) riceverla.

Le emozioni da comunicare erano 8: rabbia, paura, disgusto, gratitudine, felicità, amore, tristezza, simpatia. Chi trasmetteva l’emozione era libero di farlo come voleva, toccando qualunque parte del corpo della persona ricevente.

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Si è così visto che, quando vogliono comunicare amore, sia maschi sia femmine abbracciano l’altra persona (che sia maschio o femmina). Anche la simpatia viene trasmessa molto spesso con un abbraccio (a cui si aggiungono pacche o sfregamenti meno intensi rispetto a quando si vuol esprimere amore).

Se devono comunicare felicità, invece, i maschi durante l’abbraccio tendono più a scuotere l’altra persona, le donne a farla oscillare. A volte i comportamenti sono diversi a seconda del genere che riceve: i maschi che esprimono tristezza ad altri maschi si limitano a toccarli senza fare altri movimenti. Se devono comunicare di essere tristi a una donna invece tendono ad abbracciarla.

Gli scienziati ne hanno così ricavato che l’abbraccio, per tutti, è il gesto primario per esprimere amore e per i maschi lo è anche per comunicare alle femmine tristezza o simpatia (lo usano anche le donne ovviamente, ma per esprimere questi due stati d’animo preferiscono un movimento di strofinamento). Inoltre, abbracciarsi è un gesto comune anche per trasmettere gratitudine e felicità in entrambi i sessi.

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Da quando utilizziamo l’abbraccio per trasmettere le nostre emozioni? Probabilmente da quando siamo Homo sapiens. E di sicuro prima ancora dell’inizio della storia.

C’è chi ha voluto vedere il “capostipite” degli abbracci nella sepoltura neolitica scoperta una quindicina di anni fa a Valdaro, vicino a Mantova (foto sotto).

Si tratta di un’inusuale tomba doppia che ha lasciato a bocca aperta gli archeologi. I due ragazzi sdraiati (probabilmente un uomo e una donna) si guardano, le braccia e le gambe (rannicchiate) avvolte in un abbraccio.

I due corpi sono stati deposti insieme e la strana posizione in cui si trovano potrebbe essere dovuta semplicemente alla necessità di ottimizzare gli spazi nella fossa, più che essere un riferimento a una relazione romantica tra i due ragazzi.

Di certo, però, l’abbraccio come gesto d’affetto era comune un migliaio di anni dopo, verso il 3000 a.C., visto che Inanna, la dea sumera dell’amore, viene rappresentata abbracciata al suo compagno Dumuzi, dio della fertilità.

Inoltre, nella tomba egizia di Rudj-Ka, sacerdote durante la V dinastia (intorno al 2400 a.C.), è presente una pittura in cui la moglie stringe teneramente Rudj-Ka.

 

2. CERVELLO E VASI

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«L’abbraccio è la forma di comunicazione non verbale più potente. Inoltre nel corpo scatena meccanismi biologici, che quando vengono a mancare provocano una sorta di “astinenza”», racconta Sonia Canterini, neurobiologa dell’Università la Sapienza di Roma e autrice insieme a Francesco Bruno del saggio La scienza degli abbracci (Franco Angeli).

I due studiosi in queste settimane stanno appunto raccogliendo dati per capire quanto la pandemia, privandoci spesso di questo gesto, abbia aumentato ansia e stress.

Ancora non hanno elaborato i risultati, ma l’impressione è che la mancanza si sia sentita.

Perché gli abbracci agiscono sull’organismo, eccome: alcune ricerche hanno dimostrato che stimolano la produzione di una forte quantità di ossitocina, ormone che agisce anche a livello cerebrale e in particolare sull’amigdala e sull’ippocampo, strutture molto attive nella gestione della memoria e delle emozioni.

L’ossitocina, secondo le ricerche, riduce lo stress sociale, rende più empatici, rafforza i legami e favorisce l’attaccamento.

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Ma non è tutto. L’abbraccio diminuisce la pressione arteriosa e quindi diminuisce il rischio di malattie cardiovascolari, lo prova uno studio condotto da Karen Grewen dell’Università del North Carolina (Usa) su circa 200 persone tra i 19 e gli 80 anni che non avevano problemi di ipertensione, sposati o conviventi da almeno 6 mesi.

In laboratorio, a una metà delle coppie è stato chiesto di abbracciarsi e stringersi per una decina di minuti e intanto raccontare una esperienza condivisa, mentre l’altra metà era semplicemente rimasta seduta.

Subito dopo, i partecipanti avevano dovuto, da soli, sottoporsi a una prova stressante (registrare un discorso a voce alta per tre minuti). La pressione sanguigna è stata misurata appena prima del discorso e dopo un minuto e mezzo. E in entrambi i momenti era notevolmente più bassa nelle coppie che si erano abbracciate.

Ma perché? Per scoprirlo, lo stesso gruppo di ricerca ha misurato i livelli di ossitocina e la pressione di 59 donne prima e dopo l’abbraccio con il partner.

E, ancora una volta, ha provato che l’abbraccio fa secernere ossitocina: potrebbe essere questo ormone, quindi, ad avere effetto calmante e a diminuire la pressione sanguigna.

 

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3. TRA LE BRACCIA DELLA MAMMA

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E non è il solo meccanismo biologico messo in moto da questo gesto: gli abbracci stimolano il sistema immunitario e quindi ci difendono perfino dai virus.

Lo ha provato un complesso (e curioso) esperimento condotto nel 2014 da Sheldon Cohen, della Carnegie Mellon University, a Pittsburgh (Usa): 404 persone sono state valutate per il loro livello di sostegno sociale e per quanti abbracci in media ricevevano al giorno.

Poi, in condizioni di quarantena, sono stati esposti al virus di un comune raffreddore. I partecipanti che si abbracciavano di più erano anche quelli che si sono ammalati meno, o che sono guariti più in fretta.

Per non parlare di quanto sono fondamentali per i bambini piccoli. «Gli abbracci favoriscono il cosiddetto “attaccamento sicuro”: i bambini sanno che le persone che si prendono cura di loro sono disponibili e acquistano fiducia negli altri e nelle proprie capacità. Questa è una proprietà fondamentale dell’abbraccio che meriterebbe più indagini scientifiche», fa notare Canterini.

Insomma, se ricevono abbracci ogni volta che hanno bisogno di conforto, i bambini saranno poi capaci di essere autonomi. Inoltre, secondo le ricerche degli psicologi giapponesi Mika Takeuchi e Hiroshi Miyaoka, avranno relazioni sentimentali più soddisfacenti nell’adolescenza e nell’età adulta.

Non solo: gli abbracci e il contatto fisico sono fondamentali per la crescita cognitiva e fisiologica: «I bambini lasciati molto soli da piccoli (per esempio quelli cresciuti in orfanotrofi nei Paesi poveri) hanno spesso ritardi nello sviluppo fisico e psicologico», aggiunge Francesco Bruno, psicobiologo e ricercatore all’Università di Catanzaro.

 

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4. IL PROBLEMA DEL CALORE

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Ma perché proprio l’abbraccio e non, per esempio, qualche altro gesto? Per arrivare a una risposta, bisogna partire dagli animali.

Gli abbracci sono stati studiati in modo approfondito solo tra le scimmie e tra i koala.

Ma almeno 67 specie di mammiferi e 25 di uccelli praticano il cosiddetto “huddling”, comportamento che consiste nel mantenere uno stretto contatto fisico con esemplari della stessa specie.

Tra gli altri, lo mettono in opera maiali, leoni, elefanti, procioni, pipistrelli, macachi, oche, quaglie, pellicani, pinguini... Durante l’huddling, i mammiferi a volte avvolgono l’altro animale con gli arti superiori, in una sorta di abbraccio, appunto.

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Si pensa che l’huddling serva soprattutto per mantenere la temperatura corporea, con un risparmio energetico che varia, a seconda della specie, tra l’8 e il 53% nei mammiferi e tra il 6-50% negli uccelli, secondo una ricerca condotta all’Università di Strasburgo (Francia).

Ma, per gli evoluzionisti, la funzione termoregolatrice dell’abbraccio non vale per i primati (uomo compreso). O perlomeno non è più la funzione principale da molto tempo. Molte scimmie infatti utilizzano l’abbraccio a fini sociali, per comunicare a un altro esemplare di averlo riconosciuto.

Uno studio condotto sulle guereze (Colobus guereza), scimmie africane alte circa un metro, ha dimostrato che l’abbraccio smorza la tensione sociale ed è soprattutto un gesto di rispet­to e di saluto degli esemplari giovani verso quelli più anziani, per esempio.

«Anche le scimmie ragno dell’America Centrale usano l’abbraccio a scopo di saluto durante i momenti in cui si riuniscono ad altri gruppi, magari per cacciare: è un momento delicato, in cui bisogna dimostrare di non avere cattive inten­zioni», spiega Bruno. «L’abbraccio, insomma, si sarebbe evolu­to per dire “vengo in pace”».

 

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5. IL PUPAZZO VIVO

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Un abbraccio perciò significa: tu non sei una minaccia, non ho paura di starti così vicino.

Ecco perché gli abbracci comunicano sostegno sociale. Ed ecco perché sono così importanti e ci sono così mancati.

Tanto che sarebbe stato un vantaggio poterseli scambiare senza realmente toccarsi. In effetti, negli ultimi 15 anni sono stati fatti diversi tentativi per inviare a distanza un vero abbraccio.

Alcuni anni fa è stato creato Hug Over a Distan­ce. Un apparecchio che consisteva in un peluche che portava sulla pancia un pulsante che, premuto, gonfiava l’aria interna di un gilet (indossato dalla persona ricevente) in modo da simulare un abbraccio. Il comando veniva trasmesso tramite una connes­sione wireless.

Nel 2008, un team di ricerca dell’Università di Singapore ha sviluppato un dispositivo simile ma più comples­so, nato per i genitori che volevano far sentire il proprio affetto ai figli anche a distanza. Si chiama Huggy Pajama  (foto sotto) ed è formato da un orsacchiotto di peluche e un pigiama che i bimbi possono indossare.

A seconda di quanto e dove il genitore stringe l’or­setto, le informazioni sono trasmesse via Internet al pigiama, che è dotato di elementi gonfiabili e riscaldanti, in grado di dare la sensazione di abbracci e carezze. Uno studio condotto su un piccolo campione di bambini che hanno indossato il dispositivo ha dimostrato che gradivano il contatto.

 

Il più celebre di questi dispositivi è però forse Hugvie, crea­to da Hiroshi Ishiguro, scienziato celebre per aver costruito anche un gemello robot di se stesso. È un cuscino di forma “umana” alto 75 cm, con testa, braccia e busto.

All’interno c’è un motore che simula vibrazioni e battito cardiaco. Ha anche una tasca dove inserire lo smartphone. Lo scopo di Hugvie è simulare la presenza del partner lontano. Chiamandolo al telefono quindi, a seconda del tono di voce del partner, Hugvie reagisce: il suo “cuore” batte più forte se il tono diventa più amorevole.

Uno studio scientifico fatto successiva­mente dal team di Ishiguro su un campione di donne che ave­ vano conversato col partner solo attraverso il telefono o col telefono + Hugvie ha dimostrato che nel secondo caso i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) nel sangue scendevano.

Pro­prio come succede nel caso di un vero abbraccio. Un secondo esperimento condotto questa volta su uomini e donne di etnie diverse non ha dimostrato variazioni nei livelli di cortisolo, ma i partecipanti allo studio avevano avuto una percezione dei li­velli di ansia molto più bassa se abbracciavano Hugvie (foto sotto).

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Un altro dispositivo tecnologico basato sulla simulazione degli abbracci è ancora più curioso. Lo ha ideato Nobuiro Ta­kahashi, un ricercatore giapponese.

Ha creato una giacca che dà la sensazione di abbracciare se stessi (foto sotto) . È formato da una sa­goma umana provvista di sensori e di una giacca da indossare, anch’essa con parti gonfiabili e riscaldanti che riesce a simulare i movimenti più comuni delle mani durante gli abbracci.

Chi l’ha provato doveva abbracciare la sagoma e in cambio riceveva l’impressione di sentire sulla pelle il proprio abbraccio. La sen­sazione? Molti l’hanno trovata curiosa, altri un po’ inquietante.

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E dal punto di vista tecnologico gli studi proseguono: l’anno scor­so è stata messa a punto da un team di ricerca congiunto, com­posto da scienziati e ingegneri della City University di Hong Kong (foto sotto) e della Northwestern University negli Stati Uniti, una sor­ta di pelle dotata di sensori e attuatori tattili.

Può essere applica­ta in varie zone del corpo (facendola aderire come una benda). In modo che, via Internet, sia possibile trasmettere calore e pres­sione direttamente su braccia e busto, senza bisogno di gilet gon­fiabili o altri indumenti.

Negli scorsi mesi ci sarebbe servita? «Ne dubito», conclude Canterini. «Un abbraccio è molto di più di un po’ di calore e di una stretta: è un gesto che stimola molte parti del cervello e molti sensi, tra i quali non va dimenticato l’olfatto, particolarmente potente nell’evocare emozioni.

Ritengo che allo stato attuale della tecnologia l’abbraccio sia insostituibile. E probabilmente lo resterà ancora a lungo».

 

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Note

CARATTERISTICHE DI UN ABBRACCIO

Si fa presto a dire abbraccio. Per capire di che tipo sia, gli psicologi comportamentali ne valutano quattro diverse caratteristiche. Eccole.

1.POSIZIONE DELLE MANI
Se si trovano sulle spalle, sulle braccia o sui fianchi il messaggio cambia (diventa più o meno intimo).

2.POSIZIONE DEL CORPO
Se è frontale, laterale o posteriore. L’abbraccio laterale esprime fratellanza (tra ragazze, sorellanza). Quello frontale o posteriore può andare da amichevole a romantico: tutto dipende dalla posizione delle mani sul corpo dell’altro.

3. PRESSIONE
Se è forte comunica voglia di 4vicinanza e intense emozioni.

4. GENERE
Maschi e femmine tendono a comportarsi in modo diverso. I primi usano gli abbracci meno delle seconde.

 

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