Gli dei del pantheon greco erano una famiglia stravagante. Queste creature soprannaturali che vivevano sulla vetta del monte Olimpo, nella Grecia settentrionale, avevano l’aspetto di umani, ma erano più grandi, più intelligenti e più forti.
I miti raccontano sul loro conto avventure di ogni sorta, nelle quali non davano certo un’immagine irreprensibile di sé. Anzi, spesso si ubriacavano, tradivano il proprio partner e s’intromettevano con malizia nella vita degli esseri umani.
Eppure ciò non impediva che questi ultimi cercassero la loro protezione e li onorassero nei templi a loro dedicati, invocandoli in base alle caratteristiche che incarnavano: Atena per la saggezza, Ares per il ruolo di guerriero o Demetra per la fertilità.
Senza dubbio una delle divinità più adorate del pantheon greco era Afrodite, la dea dell’amore. Su di lei circolavano parecchi miti, a cominciare da quello che ne descriveva la nascita.
Come racconta Esiodo nella Teogonia, Gea, la grande dea della terra, aveva sposato il figlio Urano, l’imponente dio del cielo, ma la loro era un’unione tutt’altro che felice.
Le due divinità condividevano il talamo, ma senza provare alcun sentimento. Urano odiava i propri figli e li teneva rinchiusi nel ventre fertile della dea. Stufa di quella copula eterna, Gea convinse un altro figlio, Crono, ad aiutarla.
E questi, impugnata una falce dentata (alcuni autori sostenevano che fosse di adamante, altri che fosse di selce), tagliò al padre il pene eretto e i testicoli e li gettò in mare, mentre Urano ruggiva per il dolore terrificante.
Sospinto dalle onde, il seme caldo del dio andò alla deriva fino all’isola di Citera, nella Grecia meridionale, e da lì fino a un’altra isola, Cipro. Qui da quell’ammasso spumoso nacque una fanciulla «veneranda e bella».
La giovane divina era Afrodite, che il mondo romano avrebbe conosciuto come Venere.
1. La dea di Cipro
Non è un caso che la sua nascita mitica sia legata alle coste di Cipro. L’archeologia ha dimostrato che sin da epoche remote nell’isola si era imposto il culto di questa divinità e di altre dee della fertilità.
L’ultima volta che ho visitato il Museo archeologico di Larnaca, a Cipro, gli studiosi erano intenti a esaminare una collanina con pententi a forma di melagrane dorate di 3.500 anni fa, trovata poco prima nella tomba di un bambino.
Le melagrane sono sempre state il frutto di Afrodite, e il loro colore simboleggia sia la fertilità sia la morte. Non lontano era stato dissotterrato un ciondolo in oro su cui era incisa l’immagine di Astarte, divinità del piacere e della guerra venerata durante l’Età del bronzo.
Accanto a questi gioielli si trovavano anche alcune statuine femminili molto simili a quelle rinvenute in Siria e nel Vicino Oriente, quattrocento chilometri più a est, nel mar Mediterraneo, che raffiguravano donne dalle sembianze di uccelli.
Gli antichi greci facevano leva sul mito della nascita della dea a Cipro per affermare che il nome Afrodite derivasse dal greco e significasse“colei che è nata dalla spuma del mare”, indicata con il termine aphros.
Malgrado ciò, oggi appare più probabile che provenisse dal fenicio ‘Ašta ̄ro ̄th, ellenizzato poi in Astarte e gradualmente adattato fino a trasformarsi in Afrodite. Queste radici orientali di Afrodite non devono stupire.
Sin dal III millennio a.C. nelle terre del Vicino Oriente si era imposta un’entità divina e burrascosa, una deavolubile nota con i nomi d’Inanna, Ishtar e Astarte, e incarnazione del desiderio e dei rapporti carnali.
Nel corso del I millennio a.C. Astarte divenne la grande dea del pantheon cananeo-fenicio, e il suo culto si diffuse in tutto il Mediterraneo. Spesso raffigurata con le corna, adornava le prue delle navi mercantili che salpavano dai porti della Fenicia.
Nella foto sotto, La roccia di Afrodite, nota anche come Petra tou Romiou, è un luogo popolare per i turisti di Cipro. Si trova appena al largo della costa, lungo la strada principale che collega Limassol a Paphos. Nella mitologia greca, questo è il luogo in cui la dea Afrodite, la dea dell'amore e della bellezza, nacque dalla schiuma del mare.
2. Un culto inebriante
L’isola di Cipro era in stretto contatto con il Vicino Oriente. Costituiva uno scalo di rilievo all’interno della rotta per il commercio del rame – base, assieme allo stagno, della civiltà dell’Età del bronzo.
Ne è riprova il fatto che i romani chiamassero il rame aes cyprium (bronzo di Cipro).
Imbarcazioni cariche di questo metallo giungevano sull’isola dai porti del Vicino Oriente, di Egitto, Mesopotamia e Grecia continentale, portando con sé anche divinità e credenze religiose.
Queste iniziavano a convivere con tradizioni di culto autoctone. Per esempio, oggi sappiamo che, almeno a partire dal III millennio a.C., a Cipro veniva venerata una dea primigenia della fertilità, di cui si conservano diverse rappresentazioni, tra cui la statua detta della Dama di Lemba.
A un simile panorama stratificato si aggiunse pure l’arrivo della cultura micenea, sviluppatasi nella Grecia continentale durante il II millennio a.C. Quando i micenei si stabilirono a Cipro, agli inizi del XII secolo a.C., adottarono la dea locale della fertilità ed eressero un santuario in suo onore a Pafo Vecchia.
Il tempio di Pafo fu uno dei più grandi del mondo antico, e per i greci era importante quanto quello di Delfi, nel continente.
L’Inno omerico dedicato ad Afrodite ha permesso di comprendere quali fossero i riti officiati in questo luogo sacro: non erano consentiti sacrifici di sangue e vi si potevano bruciare soltanto il costoso incenso dell’Arabia – il poema allude a un «altare odorato d’incensi» – e le libagioni di olio d’oliva, di miele e di vino.
Stoviglie di ceramica rinvenute nell’area e risalenti all’VIII secolo a.C. presentano una dea, o forse una somma sacerdotessa cipriota, mentre sorseggia con una sorta di cannuccia una bevanda, presumibilmente vino con dell’oppio.
Sempre associato a fiori e a profumi, il culto di Afrodite doveva costituire un’esperienza inebriante. Nel santuario di Pafo si coltivavano iris, violette e mirto.
C’erano anche stagni con fiori di loto e roseti. Si potrebbe supporre che si trovi qui la remota origine dell’abitudine di regalare le rose – ben duecento milioni ogni anno! – in occasione di San Valentino.
3. Protettrice delle città
Intorno all’VIII secolo a.C. la dea venerata nel santuario di Pafo iniziò a essere indicata con il nome di Afrodite. Così sembra, o almeno così la chiama l’autore del già citato Inno omerico dedicato ad Afrodite, scritto nel secolo successivo.
Quel che è certo è che la feroce e favolosa dea nacque dall’incrocio d’influenze diverse: le divinità primitive della fertilità, l’Astarte orientale e la dea micenea che incarnava la bellezza del corpo e dell’anima.
La divinità che emerse davanti alle coste di Cipro era dunque figlia dell’Oriente e dell’Occidente, e presto dall’isola il suo culto si diffuse nell’intero mondo greco.
La principale via di propagazione furono le città portuali. In quanto dea che tradizionalmente viaggiava per mare, e che quindi valicava frontiere e confini, Afrodite era piuttosto venerata nei porti.
Le si rendeva culto nei meravigliosi santuari di Corinto, Atene, Cnido e Siracusa. La dea si fregiava inoltre di epiteti legati al commercio e alla navigazione, come Euplea (“della buona navigazione”), Pontia o Pelagia (“del mare”), e nei templi riceveva spesso offerte dai marinai.
In quanto divinità dei rapporti umani di qualsiasi tipo, amichevoli e ostili, Afrodite era inoltre protettrice totemica delle poleis. Era questo il caso di Atene.
Sui pendii dell’Acropoli, sormontata dal famoso Partenone (foto sotto), gli ateniesi le offrivano melagrane, oli aromatici e coppe di latte che venivano deposte in nicchie scavate nella roccia.
Questo rito antico si è conservato fino ai nostri giorni: alcuni giovani dall’indole romantica ancora oggi rendono omaggio alla dea dell’amore nelle stesse nicchie e con le stesse modalità degli amanti di secoli fa.
Ma il suo ambito non era solo quello sentimentale. Per gli ateniesi Afrodite era una divinità importantissima per la trasformazione della polis: credevano infatti che fosse stata proprio lei, tramite il suo potere cosmico, a unire nella grande città-stato di Atene le tribù un tempo disseminate.
Per questa ragione Teseo, il sovrano che favorì il sinecismo – unificazione – di Atene, istituì il culto di Afrodite Pandemos, ovvero Afrodite “del popolo”, sottolineando così che era stato l’affetto reciproco a forgiare l’“unione di popoli” della polis.
Per lo stesso motivo il santuario di Afrodite Pandemos si trovava nell’agorà, il luogo dove si radunavano i cittadini.
Secoli più tardi Clistene, promotore della riforma democratica del 508 a.C., avrebbe messo in risalto la dimensione civica della dea facendo coniare alcune monete con Atena sul dritto e Afrodite Pandemos sul rovescio.
4. Adorata dalle prostitute
Va ricordato però che un autore del II secolo a.C. suggerisce una spiegazione diversa per l’epiteto Pandemos.
Secondo Nicandro di Colofone questo dipendeva piuttosto dal fatto che il legislatore Solone avesse eretto un tempio di Afrodite con il denaro delle etere, che erano le “donne pubbliche”.
Diverse testimonianze, sia letterarie sia archeologiche, suggeriscono che in alcuni santuari di Afrodite si praticasse la “prostituzione sacra”, ma è più probabile che si trattasse di normali incontri sessuali ai quali si cercava di dare una qualche forma di copertura religiosa.
I veri centri della prostituzione, invece, si trovavano in determinati quartieri delle città portuali, che erano frequentati da un flusso costante di marinai provenienti da ogni dove.
Anche ad Atene esisteva una zona simile, il Ceramico. Gli scavi archeologici condotti in quest’area hanno portato alla luce un prezioso medaglione in argento con una scena piuttosto intrigante: Afrodite monta una capra riottosa sotto un cielo stellato.
È in compagnia del figlio-consorte Eros, che regge una scala appoggiata dietro la dea. L’immagine cela un sottile gioco di parole. In greco la scala era detta klimax, termine che indicava, però, anche l’orgasmo.
A sua volta, l’orgasmo era spesso considerato l’ultimo traguardo di Afrodite. Il Ceramico era famoso perché vi giungevano e vi operavano uomini e donne che si guadagnavano da vivere attraverso il sesso, offrendo “servizi”di diverso tipo.
Qua sotto, "la nascita di Venere". L’affresco presente nella casa della Venere in Conchiglia, a Pompei, raffigura la nascita della dea dell’amore all’interno di una conchiglia circondata da amorini.
5. Afrodite e Venere
Visto che le divinità antiche erano la personificazione d’idee universali, non sorprende che i romani avessero una propria dea della fertilità e della procreazione, chiamata Venere.
La radice etimologica del suo nome proviene dal sanscrito vanas, che significa desiderio.
Con il tempo, quando dopo la caduta di Corinto nel 146 a.C. i romani conquistarono i territori greci, le figure di Venere e Afrodite finirono per sovrapporsi.
Venere era adorata a Roma durante varie festività ancestrali e connesse alla fertilità, come i Veneralia, celebrate in primavera, e i Vinalia urbana, nel corso dei quali le prosti- tute indossavano ghirlande di mirto e rose e bevevano da anfore di vino.
Come accadeva pure nel mondo greco, anche in quello romano la dea dell’amore era considerata pure la protettrice delle città. Il mito la voleva madre dell’eroe troiano Enea, fondatore della stirpe imperiale romana.
Dal 46 a.C. si celebrava una festa in onore di Venus Genetrix, madre e progenitrice del popolo. Giulio Cesare la considerava madre ancestrale della gens Iulia e le consacrò il foro, dove fu eretto un santuario a lei dedicato.
In altre città dell’antica Roma il legame con Venere era ancora più forte. Per esempio, la dea divenne la massima divinità di Pompei, che nell’80 a.C. fu ufficialmente ribattezzata Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum.
Per gli antichi Afrodite aveva quindi molti significati. Non era soltanto la dea dell’amore e del desiderio carnale, ma anche la garante dell’armonia sociale e a volte l’incarnazione di forze temibili e oscure.
Per questo era descritta come Epistrophia, l’impostora, o Androphonos, assassina di uomini. Insomma, con lei era meglio andare d’accordo.
Note
CRONOLOGIA
LA DEA PIÙ VENERATA
- III millennio a.C.
Nel Vicino Oriente si diffonde il culto di una dea della fertilità detta Inanna, Ishtar o Astarte a seconda della regione.
- 1200 a.C. circa
I micenei giungono a Cipro e fanno proprio il culto di una dea locale della fertilità, che più tardi chiameranno Afrodite.
- VII secolo a.C.
Vengono composti i primi Inni omerici, un tempo attribuiti a Omero. Gli inni 5, 6 e 10 sono dedicati ad Afrodite.
- 490 a.C. circa
Nell’agorà di Atene viene eretto un tempio dedicato ad Afrodite Urania. La statua della divinità è opera di Fidia.
- 350 a.C. circa
Lo scultore Prassitele scolpisce una statua di Afrodite che verrà esposta nel tempio della dea presente a Cnido.
- 46 a.C.
Dopo la vittoria nella battaglia di Farsalo, nel 48 a.C., Giulio Cesare istituisce il culto pubblico di Venus Genetrix.