Dall’incontro di due etilisti, Bob Smith e Bill Wilson, nel 1935, nacque negli Usa Alcolisti Anonimi.
E quattro anni dopo, nacque anche la Bibbia della disintossicazione dall’alcol: il tomo Alcoholics Anonymous, 400 pagine in cui Bill Wilson racconta la battaglia sua, di Smith e di tanti come loro.
Il “Grande libro”, come fu ribattezzato per la sua mole, voleva essere un manuale per accompagnare gli alcolisti a liberarsi dal vizio.
Stampato in 4.730 copie, faceva il punto sui primi anni di attività di Alcolisti Anonimi, che all’inizio del 1938 contava una quarantina di membri sobri.
Ecco la storia di un simbolo d’America: A. A. Alcolisti Anonimi.
1. Il Dott. Smith
Il giorno dopo essersi sbronzato, come faceva ormai da 17 anni, Bob Smith avrebbe dovuto operare un paziente. Era mattino e il chirurgo doveva andare in ospedale.
Le sue mani però tremavano al punto che la moglie chiese aiuto a Bill Wilson, ex agente di Borsa ed ex alcolista, che era ad Akron, in Ohio, per un affare poi rivelatosi un fiasco.
Lì aveva incontrato proprio Smith e si era messo in testa di aiutarlo a smettere di bere. La soluzione di Wilson per calmare il tremore e permettere al dottor Smith di entrare in sala operatoria?
Stappò una birra e gliela porse. Bob la bevve tutta d’un fiato e andò in clinica. Fu l’ultimo goccio d’alcol ingerito in vita sua. Era il 10 giugno 1935, e quel giorno nacque l’associazione di mutuo auto-aiuto di Alcolisti Anonimi.
E da quell’ultima bevuta nacque, quattro anni dopo, la Bibbia della disintossicazione dall’alcol: il tomo Alcoholics Anonymous, 400 pagine in cui Bill Wilson racconta la battaglia sua, di Smith e di tanti come loro.
Il “Grande libro”, come fu ribattezzato per la sua mole, voleva essere un manuale per accompagnare gli alcolisti a liberarsi dal vizio. Stampato in 4.730 copie, faceva il punto sui primi anni di attività di Alcolisti Anonimi, che all’inizio del 1938 contava una quarantina di membri sobri.
All’inizio le vendite andarono a rilento, finché un programma radiofonico e alcune recensioni positive lo rilanciarono trasformandolo in un best seller.
A oggi ha venduto milioni di copie in tutto il mondo e nel 2012 la Biblioteca del Congresso a Washington lo ha messo nella ristretta lista dei volumi che “hanno dato forma agli Stati Uniti d’America”: simbolo di una lotta, quella contro la dipendenza da alcol, che era iniziata da tempo e che metteva in campo ogni mezzo.
Nella fotto sotto, Bob Smith e Bill Wilson.
2. A tutti i costi ed in nome di Dio
In molti Paesi, con gli etilisti, si usavano le maniere forti. In Inghilterra, Francia e Usa nell’800 si arrivava anche al loro arresto o all’internamento per insanità mentale.
Nelle case di cura l’alcolista era sottoposto a sedute di preghiera, bagni caldi, e tonici come il dicloruro d’oro, inventato dal medico americano Leslie Keeley (1836-1900) e giudicato “miracoloso”, ma non conteneva oro né aiutava a levarsi il vizio.
Venivano tentate anche altre strade, dalle sedute di psicologia all’ipnosi, dalle diete a base di frutta e verdura, a medicinali contenenti stricnina e arsenico, fino all’iniezione di sieri come l’antietilina, ricavata dal sangue di un cavallo costretto alla dipendenza da liquori.
I trattamenti più strampalati arrivavano a proporre correnti elettriche e persino cubicoli dove il paziente veniva esposto a ondate di calore o di luce violenta. Di fronte al fallimento della medicina e dei ciarlatani, l’altra opzione era mettersi nelle mani di Dio.
Iniziarono a costituirsi così comunità religiose in cui l’alcolismo non era visto come una malattia, ma come un peccato. Dal quale bisognava redimersi.
In America spuntarono come funghi le cosiddette società di temperanza, organizzazioni di matrice religiosa che professavano, tra l’altro, la moderazione nel bere e l’astinenza dall’alcol, anche con azioni radicali, come nel caso della devota Carrie Amelia Nation, che distruggeva i bar che servivano alcolici a colpi d’ascia.
Il passo verso il proibizionismo fu breve: la legge, ispirata dalla società di temperanza Anti-Saloon League, che di fatto vietava la produzione, il trasporto e la vendita di liquori, entrò in vigore nel 1919.
Solo la Grande depressione economica, dieci anni dopo, impose una marcia indietro della politica, che nel 1933 abolì il proibizionismo: un modo per dare respiro agli agricoltori disoccupati e messi in ginocchio dalla crisi e alle finanze pubbliche con la tassazione degli alcolici.
Il bilancio del proibizionismo era negativo: era cresciuto il contrabbando, il trasporto abusivo e la produzione illegale di liquori, consumati in locali clandestini. E bande rivali di gangster si erano fatte la guerra per il controllo dei traffici illeciti. L’America era punto a capo.
Nella foto sotto, Bill Wilson con la moglie Lois.
3. In buona compagnia
Quella di Bill Wilson, il cofondatore di Alcolisti Anonimi, era la storia di tanti.
Classe 1895, aveva mal digerito il divorzio dei genitori, l’affidamento ai nonni, e soprattutto la morte improvvisa del suo primo amore.
Il richiamo alle armi a causa della Rivoluzione messicana (1916) gli fece interrompere gli studi e lo avvicinò alla bottiglia: trangugiò il suo primo drink a 22 anni durante un party con i commilitoni.
L’alcol trasformò il taciturno giovanotto in un ragazzo estroverso. Fu la prima di una lunga serie di sbronze. Bill si sposò due anni dopo e, terminato il suo servizio militare, si buttò nelle speculazioni azionarie a Wall Street. Gli affari giravano bene, ma la dipendenza dall’alcol peggiorava.
Il crollo della Borsa del 1929 lo mandò in bancarotta, causando un ulteriore aggravamento della sua dipendenza. Era già da tempo preda di delirium tremens e incontinenza, quando un conoscente lo trascinò all’Oxford Group, un’organizzazione in cui si aiutavano gli alcolisti.
Dapprima visto con sospetto, il movimento, fondato da Frank Buchman, dottore folgorato dai principi originari del cristianesimo, in poco tempo era diventato una potenza: tra i suoi membri c’erano personaggi del calibro di Henry Ford, Harry Truman, Joe DiMaggio e la star del musical Mae West.
Durante le convention in alberghi lussuosi si disquisiva dell’idea di affidarsi a Dio. Con Bill gli incontri dell’Oxford Group funzionarono, ma solo per un po’. L’11 dicembre 1934, infatti, fu ricoverato, ancora una volta in preda all’alcol.
Venne sottoposto a un trattamento di belladonna, pianta che secondo le credenze dell’epoca attenuava le crisi di astinenza. Ma provocava anche allucinazioni.
E Bill ne ebbe una, un’apparizione divina che si rivelò risolutiva: spinto dalla visione smise di bere e iniziò, frequentando la sede newyorkese dell’Oxford Group, a tentare di “convertire” altri malati come lui.
Un anno dopo la folgorazione, in Ohio conobbe Bob Smith, il chirurgo che la sede locale dell’Oxford Group gli aveva segnalato come un caso senza speranza. Bill lo andò a trovare per aiutarlo e per aiutare se stesso, alimentando la propria forza di volontà con il proselitismo.
Servendogli quell’ultima birra suggellò la creazione di Alcolisti Anonimi. Nella fotto sotto, Bill Wilson e Bob Smith (rispettivamente a destra e a sinistra).
4. Squadra vincente
Dalla frequentazione con l’Oxford Group, Wilson trovò ispirazione per alcuni principi che avrebbe trasferito in Alcolisti Anonimi e che si concretizzarono nei cosiddetti “dodici passi” ovvero le regole che avrebbero permesso all’etilista di accettare l’idea di avere la dipendenza, di affidarsi a un potere superiore vista l’impossibilità di affrontare il problema da solo, fare ammenda di tutti gli errori del passato, approfondire il proprio percorso spirituale.
Alla fine del percorso l’obiettivo era portare il messaggio agli altri alcolisti che potevano rimanere “anonimi”, ovvero sconosciuti in modo da non dover sopportare lo stigma della società.
Il progressivo allontanamento dall’Oxford Group avvenne anche per le simpatie naziste di Buchman e divenne definitivo con la pubblicazione del “Grande libro”. Da un certo punto di vista l’associazione nacque grazie a un “lavoro di squadra”.
Vi contribuì lo psicologo e filosofo William James col suo libro Le varie forme dell’esperienza religiosa (1902) letto da Wilson in ospedale dopo la “folgorazione divina”, ma anche il prete episcopale Sam Shoemaker che guidava l’Oxford Group newyorkese e William Silkworth, medico dell’ospedale in cui Wilson fu ricoverato, fino allo psichiatra Carl Jung, cui Wilson scrisse per ringraziarlo di aver indirizzato sulla via spirituale il suo paziente Rowland Hazard, ricco uomo d’affari americano.
Il concetto di lavoro di squadra (insieme a una certa ispirazione religiosa) d’altra parte è uno dei capisaldi dell’organizzazione che, nata con 2 membri nel 1935, è arrivata a contarne negli ultimi anni circa 2 milioni, divisi in 120mila filiali sparse nel mondo.
Senza contare i gruppi paralleli nati sul modello di AA, ma finalizzati al recupero di altre dipendenze, come quella da droghe (Narcotici Anonimi) o da cibo (Mangiatori compulsivi Anonimi).
Nella foto sotto, una riunione di Alcolisti Anonimi negli Anni ’50, in cui un ex alcolista condivide la sua esperienza. L’associazione oggi è presente in tutto il mondo anche con diramazioni finalizzate al recupero di altre dipendenze (droghe, gioco d’azzardo, cibo...).
5. I “dodici passi” di Alcolisti Anonimi
Ecco i “dodici passi” di Alcolisti Anonimi:
1. Abbiamo ammesso di essere impotenti di fronte all’alcol e che le nostre vite erano divenute incontrollabili.
2. Siamo giunti a credere che un Potere più grande di noi potrebbe ricondurci alla ragione.
3. Abbiamo preso la decisione di affidare le nostre volontà e le nostre vite alla cura di Dio, come noi potemmo concepirlo.
4. Abbiamo fatto un inventario morale profondo e senza paura di noi stessi.
5. Abbiamo ammesso di fronte a Dio, a noi stessi e a un altro essere umano, l’esatta natura dei nostri torti.
6. Eravamo completamente pronti ad accettare che Dio eliminasse tutti questi difetti di carattere.
7. Gli abbiamo chiesto con umiltà di eliminare i nostri difetti.
8. Abbiamo fatto un elenco di tutte le persone cui abbiamo fatto del male e siamo diventati pronti a rimediare ai danni recati loro.
9. Abbiamo fatto direttamente ammenda verso tali persone, laddove possibile, tranne quando, così facendo, avremmo potuto recare danno a loro oppure ad altri.
10. Abbiamo continuato a fare il nostro inventario personale e, quando ci siamo trovati in torto, lo abbiamo subito ammesso.
11. Abbiamo cercato attraverso la preghiera e la meditazione di migliorare il nostro contatto cosciente con Dio, come noi potemmo concepirLo, pregandoLo solo di farci conoscere la Sua volontà nei nostri riguardi e di darci la forza di eseguirla.
12. Avendo ottenuto un risveglio spirituale come risultato di questi passi, abbiamo cercato di portare questo messaggio agli alcolisti e di mettere in pratica questi principi nelle nostre attività.