Si può ancora cercare il Paradiso terrestre e pensare di averlo trovato?
Forse no, ma se, come molti oggi credono, era un mito esistenziale e teologico basato su qualche elemento di verità, si può almeno scoprire il luogo reale in cui gli antichi pensavano che si trovasse.
I moderni satelliti hanno fotografato dall’alto ogni angolo del pianeta, le mappe garantiscono la massima precisione. Con buona pace delle carte medievali, il luogo non può più sfuggirci.
Andate su Google Earth e digitate “Eridu (la più antica città sacra dei Sumeri), Iraq”. Scendete con lo zoom e troverete un monticello trapezoidale.
L’idea del giardino dell’Eden nacque li, dove c’era il suo prototipo. È quanto sostengono le ultime ricerche dello storico tedesco Manfred Dietrich. Il Paradiso terrestre è al centro da secoli di una ricerca molto più concreta di quanto si possa pensare.
Religiosi, storici e archeologi l’hanno di volta in volta localizzato in Arabia, India, Etiopia, Seychelles, sommerso nell’Oceano Indiano o fra le più alte montagne della Terra, dove si sarebbe salvato dal diluvio universale, come ultimo baluardo della perfezione terrena.
Alessandro Scafi,, autore di Paradiso in Terra, mappe del giardino dell’Eden, storico della cultura medioevale e rinascimentale al Warburg Institute di Londra, ha raccolto decine di mappe geografiche che lo indicavano spesso ai confini del mondo allora conosciuto.
Al Paradiso terrestre credeva Cristoforo Colombo, che pensò di averlo ritrovato in un’isola dei Caraibi. E Linneo, il grande botanico seicentesco a cui dobbiamo la classificazione in uso ancora oggi per animali e piante: lo vedeva come l’ambiente da cui si erano diffusi tutti di esseri viventi.
Spiega Alessandro Scafi: «Dalla mia ricerca emerge che l’Eden era considerato un luogo reale, da cercare e localizzare geograficamente, nonostante vi tosse il divieto divino di entrarvi».
Ma dove nasce l’idea del Paradiso terrestre? Scopriamolo insieme!
1. Quella strana ripetizione
Nel capitolo I della Genesi, Dio crea la luce, separandola dalle tenebre; il firmamento dal cielo; la terra, con le piante, separandola dal mare; il Sole e la Luna; i pesci e gli uccelli.
L'uomo viene plasmato il 6° giorno con gli animali di terra. «Ma nel II capitolo della Genesi» nota Alessandro Scafi, autore di Paradiso in Terra, mappe del giardino dell'Eden «il testo prosegue con ripetizioni e contraddizioni.
C'è ancora un Dio creatore che forma un essere umano con il fango. Egli poi pianta un giardino per mettervi la creatura umana.
Adamo cade in un sonno profondo, gli viene estratta una costola e al risveglio trova Eva. Ha il compito di prendersi cura del giardino, dove vi sono due alberi particolari: l'albero della vita e quello della conoscenza del bene e del male».
Sappiamo tutti come andò a finire: la cacciata dal Paradiso terrestre, la prospettiva per la prima coppia e i suoi discendenti di una vita durissima, la perdita dell'immortalità a causa del peccato originale...
Molti studiosi ritengono che i due capitoli della Genesi furono scritti in epoche diverse da due autori diversi. E c'è invece chi, come Karen Armostrong, in Storia di Dio (Marsilio) azzarda l'ipotesi che si riferissero a due differenti divinità creatrici: il dio El, in auge nella politeista terra di Canaan, e il dio proprio di Israele, Yahveh.
Compilatori successivi dell'Antico Testamento avrebbero fuso insieme le due tradizioni intorno al VI secolo a. G «I testi originali dei primi autori andarono perduti» sottolinea Scafi.
«Cosi i riferimenti più antichi a una versione scritta dell'Antico Testamento, quindi alla Genesi, risalgano al 300 a.G quando, in Alessandria d'Egitto, i Settanta (72 anziani esuli da Israele) la utilizzarono per una compilazione tradotta in greco.
La versione dei Settanta era quella conosciuta dai cristiani del I e del II secolo. Nel V secolo, Girolamo, uno dei padri della Chiesa, utilizzando anche testi greci ed ebraici più recenti, compilò la Bibbia nota come la Vulgata, versione canonica dei cristiani del Medioevo».
Noi oggi leggiamo in genere la traduzione da un originale ebraico della Conferenza episcopale italiana (Cei). Il punto è che i riferimenti al Paradiso terrestre concordano o cambiano secando le traduzioni.
Nella versione Cei si legge: «Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a Oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare (...).
Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiamava Pison: esso scorre attorno a tutto il paese di Avila, dove c'è l'oro (...); il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre attorno a tutto il paese d'Etiopia.
Il terzo fiume si chiama Tiri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate. Il Signore prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse».
Anche nella versione più antica, dei Settanta, Eden è inteso come un luogo in cui Dio ha piantato il suo giardino e non come il nome dello stesso. «La parola usata per giardino» spiega Scafi «è quella che in greco antico significa "giardino recintato".
Ma Girolamo lo tradusse in "giardino delle delizie", per il fatto che in ebraico il termine eden significa delizia (lo usò come aggettivo e non come sostantivo-luogo). Tuttavia anche in un'altra versione nota come Vetus Latina (del III sec.) al pari della versione Cei e della Vulgata, Eden indica una località».
Inoltre, la parola "Oriente", in ebraico usata sia in rapporto alto spazio sia al tempo, prende un significato diverso secondo le traduzioni. Nella Vulgata significa "esistito in principio"; nelle traduzioni dei Settanta, della Vetus Latina e della Cei significa "a Oriente".
Mentre il Tigri e l'Eufrate erano ben noti, traduttori e studiosi cercarono di scoprire l'identità degli altri due fiumi utili alla localizzazione del Paradiso terrestre. L'interpretazione più diffusa, avanzata nel I secolo dallo storico ebreo Giuseppe Flavio, era che il Pison fosse il Gange e il Ghicon il Nilo.
Ipotesi considerata ai tempi realistica, perché si pensava che questi due fiumi, pur nascendo dalla stessa fonte, nel luogo dove fu creato l'uomo, scorressero a lungo sotto terra per poi tornare in superficie in Asia e Africa.
2. La brutta copia di Adamo
La misteriosa terra di Avila poteva dunque essere in India e quella di Etiopia a sud dell'Egitto.
Altri però pensavano che la parola ebraica originaria "Cush" non indicasse proprio l'Etiopia, ma una regione dola Mesopotamia.
E che Avila potesse trovarsi in Siria o in Arabia. Fin dall'inizio gli intellettuali notarono le contraddizioni della Genesi: nel I capitolo l'uomo viene creato come essere perfetto, a immagine di Dio. Nel capitolo II la creazione di Adamo viene seguita dal racconto della tentazione e della cacciata.
Secondo il filosofo Filone l'Ebreo (I secolo) bisognava distinguere la prima creazione di un essere umano immortale, celeste, da quella successiva di un umano terrestre mortale, incline al peccato.
Il primo Adamo è l'archetipo, la forma originale che serve per modellare il secondo Adamo, che ha il compito di migliorarsi fino a raggiungere la perfezione spirituale.
Filone guardava al linguaggio simbolico del racconto dell'Eden; per lui non era un parco recintato di alberi, ma un luogo di virtù e di sapienza di Dio. Immaginare che il Signore piantasse alberi con viti, ulivi, meli e fichi, con tanto di albero della conoscenza del bene e del male, era assurdo.
Filone invitava quindi a capire il significato più autentico del Giardino dell'Eden: l'estasi di gioia e delizia che l'anima gode al servizio del Signore. Origene, un padre della Chiesa, sosteneva che la natura umana fosse rappresentata dal primo Adamo.
Il secondo Adamo del peccato originale andava di pari passo con la creazione di un mondo materiale corruttibile studiata da un "intelletto celeste" decaduto che aveva tradito Dio. Anche secondo Origene era ingenuo immaginare Dio piantare alberi in qualche parte dell'Oriente. Bisognava leggere la Genesi fra le righe.
Ma il filosofo S. Agostino, a sorpresa, restituì concretezza terrena al Giardino dell'Eden. Secondo lui vi era stata una prima creazione fuori dal tempo (Genesi cap. I). E poi una creazione nel tempo storico (Genesi cap. II). Alberi sacri, Adamo, Eva, peccato originale: tutto vero secondo Agostino.
Il compito dell'uomo nella storia era ritornare alla perfezione, riscattando il peccato originale con l'aiuto di Cristo. Da quel momento partì decisa la ricerca del Paradiso terrestre come luogo fisico.
Fino a Lutero, padre della Riforma protestante: per lui l'Eden era una realtà, ma era vano cercarlo perché il diluvio universale aveva cambiato il volto della Terra, cancellandolo per sempre.
3. Ricerche calviniste
«Con Calvino la ricerca riprese» spiega Scafi.
«Per lui, infatti, Dio aveva comunque lasciato tracce del Paradiso terrestre ed era possibile localizzarne la sede. Calvino fu il primo a indicare l'area dell'attuale Iraq, ritenendo che i fiumi Fison e Grucon erano semplicemente due rami del Tigri e dell'Eufrate».
Furono poi determinanti dalla metà dell'Ottocento le ricerche archeologiche sulle civiltà sumera e assira. Nel 1849 Austen Henry Loyard annunciò che un albero sacro del Paradiso terrestre era raffigurato sulle mura del palazzo assiro di Mimrod.
Nel 1881 Friedrich Delitzsch trovò l'albero della vita in una tavoletta assira. E, cosa ancora più sensazionale, in un brano del testo cuneiforme che si riferiva a un "paradiso terrestre" appariva la parola sumera edin, da cui derivò Eden, inteso come luogo del paradiso. Non un luogo preciso, ma piuttosto un ambiente naturale fuori città.
Un altro assirologo, Archibald Sayce, pensò di avere localizzato l'Èden-edin nella Mesopotamia del sud. Quella che nella Genesi era presentata come la fonte dei 4 fiumi del Paradiso, era il loro sbocco, cioè il golfo Persico, descritto nei testi cuneiformi come un grande fiume salato.
Sayce riconobbe i 4 fiumi del Paradiso terrestre nelle raffigurazioni del dio Ea/Enki, presenti in sigilli babilonesi. Se Loyard e Sayce volevano dimostrare l'attendibilità della Bibbia, per Delitzsch il paradiso terrestre riguardava, un tempo, più i Sumeri e le successive civiltà mesopotamiche che gli Ebrei.
Dagli scritti cuneiformi ritrovati nella cultura babilonese, proprio nella città in cui furono deportati gli ebrei dopo la caduta di Gerusalemme, emersero le storie di "peccati originali" die determinarono la condizione mortale dell'uomo.
E persino 3 versioni di un "diluvio universale” del tutto simile a quello della Bibbia, con tanto di Noè locale e zattera per salvare gli animali.
L'idea che i profeti ebraici in esilio a Babilonia avessero tratto ispirazione dai racconti locali per comporre la Genesi, fu però contrastata dal kaiser Guglielmo II e messa a tacere.
Nella foto sopra, l'albero della conoscenza. Indicato come tale a Qurna (Iraq), vicino a Bassora, alla confluenza fra Tigri ed Eufrate. Nel 1944 il Times annunciò che si era seccato. Oggi è così.
4. Il Signore dei Sumeri
Nel corso del tempo altri ritrovamenti cuneiformi hanno però confermato che Eden deriva da edin, a volte scritto in sumero proprio come eden.
Gli storici sono in maggioranza d'accordo nel ritenere che il Il capitolo della Genesi, quello del Paradiso e della cacciata di Adamo ed Eva, fu scritto nel VI secolo a.C. dai rabbini tornati dalla prigionia babilonese.
Nel 2002 Manfred Dietrich ha presentato il suo primo studio su un "paradiso terrestre” che i sumeri credevano localizzato nell'edin di Eridu, la più antica città sumera, alla confluenza dei 4 fiumi in un estuario sul golfo Persico (Ghicon e Pison sono Kercha e Karun).
Eridu era la dttà del dio Enki: tavolette cuneiformi lì ritrovate narrano della creazione dell'uomo proprio per iniziativa di Enki. Fare giardini recintati era una delle attività delle divinità sumere, assire e babilonesi.
Arrivate sulla Terra, perché si annoiavano in cielo, scavarono canali, irrigarono e coltivarono i campi. Stanche però di quella vita faticosa incrociarono le braccia.
Enki allora convinse gli altri dèi a creare gli uomini per utilizzarli come forza lavoro, in campi e giardini (che sorgevano di solito negli edin fuori dalle città). Gli uomini gli avrebbero nutriti e riveriti. Il loro prototipo fu un modellino di creta ideato dallo stesso Enki.
A Eridu, Enki creò anche un guardiano-sacerdote del tutto speciale. Si chiamava Adapa. Per un errore, bruciò l'occasione dell'immortalità, come Adamo.
Se, come sottolinea Dietrich, i Sumeri e le culture mesopotamiche successive vedevano nell'antica città di Eridu e nel suo edin il sacro luogo delle origini, e che poi gli ebrei ne furono ispirati, del Paradiso terrestre resta poco.
Guardando con Google Earth, Paul Collis, del dipartimento Medioriente al British Museum, interpreta così ciò che si vede: il monticello dove sorgeva uno ziggurat (tempio a gradoni), e intorno le costruzioni moderne di strade ed edifici militari.
La vista del Paradiso terrestre oggi delude un po'. Ma è comunque una scoperta.
5. Il Paradiso? È a Eridu (Iraq), la più antica città sacra
Prima che il dio Enki fondasse la città di Eridu, secondo i Sumeri non esisteva nulla: la civilizzazione partì da lì.
Gli dèi scesi in terra per fondare altre città (come Inannna, patrona della vicina Ur) si rivolgevano a lui, per acquisirne le competenze.
Eridu sorgeva nel’attuale località di Tel Abu Shahrein (Iraq del sud) su un monticello in cui troneggiava uno ziggurat (tempio mesopotamlco a larghi gradoni), oggi una struttura di terra con alcuni mattoni ancora visibili, circondata dai resti di un canale e da una depressione in cui si riproponeva l’idea sumera di lago-fonte primordiale.
S'ipotizza che il giardino dell'Eden fosse il ricordo di questa città sacra con il suo parco.
La parte più antica è del 4900 a. C., all'inizio dell'agricoltura intensiva. I primi re di Eridu, secondo gli scritti sumeri, erano divinità: Aliume regnò per 26 mila anni e Alalgar per 36 mila, prima del diluvio universale.
Nella città di Eridu, il dio Enki creò un guardiano Adapa, che aveva tutte le conoscenze sacerdotali e tecniche, ma non l’immortalità. Adapa, andando a pescare per conto degli dèi cadde in mare, a causa di una tempesta.
Maledì Il Vento del sud, che si ruppe un’ala. GlI dèi processarono Adapa, ma resisi conto della sua devozione lo perdonarono, offrendogli il pane e l’acqua dell’immortalità. Lui, pensando a un trucco, li rifiutò, perdendo per sempre la grande occasione dell'immortalità.
Joseph Campbell suggerì che i miti biblici di origine mesopotamica siano stati rovesciati dagli ebrei: il giardino mesopotamico è creato per un dio; quello biblico per Adamo.
Se Adamo ed Eva sono ingenui e immortali, Adapa ha già tutto le conoscenze, ma è mortale. Quando viene mangiata la mela dall'albero della conoscenza, la coppia biblica impara la differenza fra bene e male e perde l'immortalità e tutti i privilegi.
Adapa, non mangiando il cibo offertogli dagli dèi, resta mortale, ma conserva i suoi privilegi sacerdotali.