L’ape più diffusa al mondo è l’ape europea, classificata da Linneo con il nome «Apis mellifica».
Le api sono insetti altamente sociali ed hanno sviluppato un linguaggio per comunicare tra loro.
Infatti le api hanno una comunicazione di tipo semiochimico, basato sugli odori (feromoni) e una di tipo fisico, e cioè le cosiddette «danze», che le api attuano per comunicare la posizione dei fiori ricchi di polline e nettare oppure per trasmettere un ben determinato messaggio alle compagne.
Questa scoperta delle danze delle api si deve a Karl von Frisch, il quale fu onorato del premio Nobel nel 1973, proprio per i suoi studi decennali su questo fenomeno.
Le api, purtroppo, sono in declino, minacciate da pesticidi, perdita di habitat, monocolture, parassiti, malattie e cambiamenti climatici. Se le api muoiono, a farne le spese sono l’ambiente, il nostro cibo e l’agricoltura.
Le api, infatti, non producono solo miele: dalla loro opera di impollinazione dipende un terzo degli alimenti che consumiamo abitualmente – come mele, fragole, pomodori e mandorle – e la produttività del 75% delle nostre principali colture agricole.
Malgrado la complessa società delle api nasconda ancora tantissimi segreti per l’uomo, ecco alcune risposte alle curiosità che più frequentemente capita di avere su questi affascinanti insetti.
1. CHI SONO I PARENTI PIU STRETTI DELLE API? COME SI DISTINGUE UN’APE DA MIELE DA UNA VESPA?
- CHI SONO I PARENTI PIU STRETTI DELLE API?
In quanto imenotteri, le api sono imparentate con molti insetti che comunemente si possono incontrare nei prati e nei boschi.
In particolare, vespe e calabroni sono, anche a un primo sguardo, vicini dal punto di vista evolutivo alle api stesse.
Dotati di ali membranose e un corpo allungato munito di pungiglione, si cibano soprattutto di prede, vive o morte, ma alcune specie si nutrono di nettare.
Hanno un ruolo fondamentale nella diffusione di alcuni lieviti, tra i quali quelli che favoriscono la fermentazione dell’uva.
Forse è più sorprendente scoprire che le api sono imparentate anche con le formiche: sempre di imenotteri si tratta, seppur spesso poco colorati e alati solo durante certe fasi vitali.
Filo conduttore del gruppo, in larga parte, è una vita sociale con suddivisione del lavoro.
- COME SI DISTINGUE UN’APE DA MIELE DA UNA VESPA?
La distinzione è abbastanza semplice: le api hanno una colorazione sobria, nera con bande trasversali giallastre poco cariche, seppur ampie; il corpo è ricoperto da un’estesa peluria, particolarmente folta sul torace e sulla testa scura; le antenne sono abbastanza corte e nere, mentre il terzo paio di zampe si presenta ispessito.
Le vespe, presenti in Italia con tantissime specie, sono in generale più lucide, glabre (o poco pelose) e con una colorazione vivace: bande giallo intenso si alternano a zone nere; le antenne sono in proporzione più lunghe rispetto al corpo e possono presentare bandeggi.
Nella foto sotto, un'ape (a sinistra) a confronto con una vespa (a destra).
2. COME FANNO A PRODURRE IL MIELE E QUANTE API COSTITUISCONO UNA COLONIA? QUANTE SPECIE SONO NEL MONDO?
- COME FANNO A PRODURRE IL MIELE E QUANTE API COSTITUISCONO UNA COLONIA?
Le api sono famose per la produzione di miele, grazie al loro stile di vita da impollinatori.
Il miele infatti deriva dalle sostanze zuccherine che questi insetti traggono dal nettare dei fiori (foto sotto), che vengono combinate con uno specifico enzima (invertasi) e accumulate nelle cellette in modo che l’acqua evapori e il liquido si concentri, diventando denso come lo conosciamo.
Si ritiene che il miele abbia proprietà benefiche anche per la salute umana, e per questo è molto ricercato e ritenuto utile, così come altri prodotti delle api (cera, pappa reale, propoli).
Le api che vivono all’interno di una singola colonia possono raggiungere numeri impressionanti, di alcune decine di migliaia di individui! In certi casi si tratta addirittura di 80-90mila api tutte insieme.
Il tasso di mortalità è abbastanza elevato, tra fattori antropici (legati all’uomo) e predatori naturali (per esempio i ragni granchio (foto sotto), che attendono appostati sui fiori gli insetti impollinatori e li ingannano riflettendo i raggi ultravioletti per attirarli), e dunque nel corso del tempo la densità di una colonia può subire oscillazioni.
- QUANTE SPECIE SONO NEL MONDO?
Quando si parla di api spesso ci si riferisce solamente all’ape da miele (Apis mellifera) ma in realtà il termine generico comprende tantissimi insetti: nel mondo si contano oltre 16mila specie diverse!
Tutte fanno parte di un gruppo di imenotteri chiamato Apoidei: la rappresentante più grande è l’ape tagliafoglie indonesiana (Megachile pluto), chiamata anche ape gigante di Wallace, con un’apertura alare di quasi 7 cm, ritenuta a lungo estinta e riscoperta solo nel 2019, quando una femmina è stata filmata.
Le api più piccole, invece, appartengono al sottogruppo dei Meliponini e sono lunghe 2 mm (due specie, Euryglossina clypearis e Perdita minima, si contendono il titolo di “ape più piccola del mondo”).
3. PERCHÉ LE API SCIAMANO? E DOVE VANNO? E' VERO CHE POSSONO PUNGERE UNA VOLTA SOLA?
- PERCHÉ LE API SCIAMANO? E DOVE VANNO?
Periodicamente si leggono notizie di sciami di api osservati in città, posati su ringhiere, finestre, muri o biciclette parcheggiate (come nella foto sotto).
Spesso le persone temono anche per la propria incolumità, ma non avendo uova o larve da proteggere, in questi casi le api sono in genere poco aggressive.
Nell’immaginario collettivo dovrebbero stare sempre nell’arnia, invece con lo swarming (sciamatura) vanno a fondare nuove colonie.
La regina, seguita da una parte delle operaie, abbandona l’alveare e cerca un’altra zona dove fondarne uno nuovo, mentre le operaie rimaste nel vecchio allevano una nuova regina sostitutiva.
In altri casi, le regine anziane producono meno ormoni “leganti” per la socialità delle api e quindi la colonia si divide.
- E' VERO CHE POSSONO PUNGERE UNA VOLTA SOLA?
Sì, è vero. Il pungiglione delle api operaie è un ovopositore modificato, collegato a una ghiandola velenifera, ed è utilizzato per difendere l’arnia da eventuali intrusi o predatori.
Il pungiglione è uncinato, per cui si impiglia nelle carni della vittima e strappa l’addome dell’operaia, che muore; nell’ape regina invece mancano gli uncini, ed essa può pungere ripetutamente senza subire danni.
Sembra una cosa crudele, ma il motivo di questo adattamento è che quando l’operaia punge e si ferisce a morte rilascia degli ormoni nell’aria che segnalano il pericolo alle altre, le quali giungono a dare manforte e a sacrificarsi a loro volta per la colonia.
4. CHE COSA MINACCIA LA LORO VITA OGGIGIORNO? DA QUANTO TEMPO L’UOMO ALLEVA LE API?
- CHE COSA MINACCIA LA LORO VITA OGGIGIORNO?
Una delle minacce più incombenti per le api da miele è l’ampia diffusione della varroa, un acaro che attacca sia gli adulti sia le larve debilitandoli e uccidendoli.
Un’infestazione blanda non è di solito un problema, ma se l’acaro aumenta può far collassare intere colonie nell’arco di pochi anni.
Ovviamente anche i pesticidi e la conversione di zone verdi ad aree cementificate possono essere un grosso problema per le api!
Un’altra problematica che riguarda soprattutto certe zone è l’introduzione accidentale del calabrone asiatico (Vespavelutina, nella foto sotto), arrivato in Francia nel 2004 e presente anche in Italia, che si è dimostrato un efficiente predatore di api, con notevoli danni alle colonie.
- DA QUANTO TEMPO L’UOMO ALLEVA LE API?
Oggi possiamo considerare le api come veri e propri animali domestici.
Sono state trovate evidenze di relazione tra antichi umani e questi insetti già a partire da 8mila anni fa, come testimoniato nelle grotte spagnole de la Arana, a Valencia, in cui una persona è raffigurata mentre si arrampica con un cesto su un albero per raggiungere un alveare.
In quel caso non era apicoltura, ma semplicemente un approfittare di una risorsa della Natura.
Nonostante l’uomo abbia imparato presto ad allevare le api in modo da non doversi spostare per sfruttarne le potenzialità, per arrivare alla pratica come la conosciamo oggi bisogna aspettare il XIX secolo, con l’invenzione di arnie pressoché identiche a quelle attuali.
5. L’APE DOMESTICA HA UN IMPATTO SUGLI ECOSISTEMI? CHE COSA POSSIAMO FARE PER AIUTARLE?
- L’APE DOMESTICA HA UN IMPATTO SUGLI ECOSISTEMI?
Popolazioni di api da miele selvatiche sono oggi rarissime; si pensava fossero estinte in tutto il mondo, ma di recente sono stati trovati alcuni sciami in Germania e in Polonia, dando la speranza che ce ne possano essere altri.
In generale, comunque, le api da miele che si incontrano provengono dalle arnie degli apicoltori, o sono parte di una colonia scappata a questi ultimi.
Alcuni studi hanno rivelato come una grande densità di api allevate in contesti naturali possa essere un problema: quando sono tante, infatti, entrano in competizione con gli impollinatori naturali (come altre specie di insetti) e possono causare un drastico calo di questi ultimi.
Non si tiene quasi mai conto di questo aspetto, ma è importante in termini di danni alla biodiversità.
- CHE COSA POSSIAMO FARE PER AIUTARLE?
La prima azione fa bene non solo alle api, ma alla Natura tutta: comprare prodotti da agricoltori locali, biologici, che utilizzino pochi pesticidi, riduce l’impatto sulle api e sugli habitat in generale.
Qualora si abbia un giardino, può essere utile piantare essenze floreali che attirino gli insetti impollinatori, come farfalle, imenotteri e diversi coleotteri: per esempio lavanda (foto sotto), campanula, croco, viburno, borragine, cardo e timo (verificate sempre che siano piante originarie della vostra zona, però!).
Durante i mesi caldi, una fonte d’acqua (laghetto, fontana o bacinella) può fare comodo agli insetti, api incluse, ma devono avere una possibilità di fuga qualora cadano dentro: mettere una bacinella con una spugna imbevuta all’interno, consente agli invertebrati di abbeverarsi senza annegare.