Il filosofo greco Platone (427 – 347 a.C.) fu il primo a descrivere questa grande isola, chiamata Atlantide, verso il 355 circa a.C. all’età di settant’anni.
Egli aveva intenzione di scrivere tre opere sotto forma di dialoghi che avrebbero dovuto esprimere la sua visione della natura, dell’uomo e di Dio. Solo la prima opera, il Timeo, venne completata, la seconda, il Crizia, rimase incompleta, mentre “la terza, l’Ermocrate, non venne mai iniziata.
Nella prima opera Platone racconta che Solone, uno dei sette saggi dell’antica Grecia, verso il 600 a.C. visitò molti paesi, tra cui l’Egitto. All’epoca di Solone, questo paese, dopo un periodo di declino e di decadenza, stava vivendo una rinascita politica e culturale.
Il centro più importante era la città di Sais e la dinastia di faraoni che regnava in Egitto era chiamata appunto saitica. Solone ebbe una lunga serie di colloqui con i sacerdoti di Sais che gli raccontarono la storia di Atene, ormai da tutti dimenticata.
Solo i sacerdoti egizi conservavano dei documenti sulla storia del loro paese che si spingevano fino a 8000 anni prima (cioè all’8600 a.C.) e dei documenti sulla storia di Atene che si spingevano ancora più indietro, fino a 10.000 anni prima (cioè al 10.600 a.C.).
Questa documentazione era stata incisa su stele di pietra in caratteri geroglifici che Solone aveva personalmente visto. Secondo la documentazione egizia, nell’oceano Atlantico, all’imboccatura delle Colonne d’Ercole (attuale Stretto di Gibilterra) si trovava un’isola “più grande della Libia e dell’Asia messe insieme” chiamata Atlantide.
Quest’isola era governata da una stirpe reale molto potente che aveva conquistato molti territori al di qua delle Colonne d’Ercole: tutta la Libia e parte dell’Europa. Ad un certo punto questi sovrani, radunato un potente esercito, cercarono di conquistare anche la Grecia e l’Egitto.
La città di Atene, che era governata da uomini saggi e giusti, combattendo coraggiosamente, ora da sola ora con le altre città greche, non solo riuscì a respingere l’invasore ma liberò dalla schiavitù i popoli del Mediterraneo sottomessi in precedenza.
Dopo questi fatti si verificarono diluvi e terremoti di una tale intensità che, dopo un giorno e una notte, tutto l’esercito ateniese “sprofondò nella terra”, mentre l’isola di Atlantide “sprofondò nel mare”.
Secondo i sacerdoti egizi, quella parte dell’oceano era ancora impraticabile all’epoca di questo racconto perché l’isola, adagiatasi sul fondo, si era trasformata in una montagna di fango.
Nella seconda opera Platone racconta la storia di Atlantide molto più dettagliatamente, precisando che la guerra tra Atlantidei e Ateniesi sarebbe avvenuta intorno al 9420 a.C.
A quel tempo, Atene era governata da un’elite militare con il supporto di una classe di artigiani, altamente specializzati nei vari mestieri, e una classe di contadini, altamente specializzati nella coltivazione dei campi.
Tutti i beni erano equamente divisi tra i cittadini e la città era autosufficiente. Non esisteva né avidità, né ambizione, né desiderio di allargare i confini dello stato.
Atlantide era divisa in dieci principati, governati da dieci re, tutti fratelli, il primo dei quali si chiamava Atlas ed aveva il titolo di re dei re. L’isola era ricca di ogni ben di Dio: metalli preziosi, alberi da frutto e animali di ogni tipo.
Ogni sovrano, quando saliva sul trono, faceva di tutto per superare quello precedente in ricchezza e opulenza. La capitale era di forma circolare, il cui centro era collegato al mare da un canale navigabile lungo 10 chilometri.
Essa era divisa in due aree: quella esterna, con un porto anulare, che conteneva le abitazioni dei cittadini e quella interna, con un secondo porto, che conteneva templi con tetti in avorio, stipati di statue d’oro, cantieri navali, giardini, teatri, palestre.
Dalla parte opposta al canale navigabile vi era un altro canale che collegava il centro città con una vasta pianura irrigata. Questa fertilissima pianura era “lunga tremila stadi sui due lati e … duemila stadi dal mare in giù” (corrispondenti ad un rettangolo di circa 550 per 370 chilometri).
Era irrigata grazie ad uno straordinario sistema di fossati e canali che si incrociavano ad angolo retto, tenuti in perfetta efficienza da un altissimo numero di operai sempre disponibili sia in tempo di pace che in tempo di guerra.
I dieci sovrani si riunivano ad intervalli regolari per rinsaldare il patto di solidarietà che li legava nonché per rivedere i doveri che ognuno aveva nei confronti degli altri. In tale occasione cacciavano un toro e lo offrivano in sacrificio al dio Poseidone.
Per molte generazioni i sovrani governarono con saggezza e giustizia stimando “poca cosa i beni che avevano a disposizione, sopportavano con serenità, quasi fosse un peso, la massa d’oro e delle altre ricchezze …” .
Con il passare del tempo, però, i loro costumi incominciarono a degenerare e queste virtù furono sostituite da ingiustizia e bramosia di potenza. Il re degli dei, Zeus, si rese conto del radicale cambiamento di questi sovrani e decise di infliggere loro una punizione per ricondurli sulla retta via.
“Convocò tutti gli dei nella loro augusta dimora … e … disse …”. Che cosa disse Zeus e a quale punizione aveva pensato nessuno lo sa perché Platone nel bel mezzo di questa frase interruppe l’opera.
Possiamo solo immaginare che cosa avrebbe scritto il filosofo nel prosieguo del racconto: gli Atlantidei avrebbero subito la punizione di Zeus (probabilmente la lunga guerra con Atene, la sconfitta e l’abbandono di tutte le terre al di qua delle Colonne d’Ercole), poi, non essendo ritornati sulla retta via, sarebbero stati spazzati via, insieme alla loro grande isola, da diluvi e terremoti di una forza inaudita.
Ma dove poteva essere ubicata l’isola diAtlantide? Schiere di ricercatori, scrittori, archeologi ed altri esperti hanno cercato di identificare il sito dove era ubicata Atlantide.
Essi possono essere divisi sostanzialmente in cinque gruppi a seconda del luogo dove pongono il continente perduto. Scopriamoli insieme!
1. Primo gruppo: Atlantide nelle Americhe
Circa quarant’anni dopo la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, vale a dire verso il 1532, l’entroterra incominciò ad essere esplorato e riportato sulle mappe.
Molti ricercatori associarono automaticamente l’idea di Atlantide al nuovo mondo.
Lo scienziato italiano Domenico Fracastoro fu uno dei primi a lanciare l’ipotesi che l’isola scomparsa doveva essere situata non lontana dall’America centrale e che le varie tribù di indiani stanziate nel nuovo mondo erano gli ultimi discendenti di Atlantide.
Dopo Fracastoro molti altri ricercatori seguirono la pista delle Americhe. Tra questi Francisco Lopez de Gomara che nel 1553 pubblicò un’opera dal titolo Storia generale delle Indie. In essa affermò che la relazione tra il nuovo mondo e l’isola scomparsa era talmente stretta che propose di chiamare l’America del Nord o l’America del Sud “Atlantide”.
Nella stessa epoca il matematico britannico John Dee, nelle carte geografiche da lui redatte, inserì ufficialmente il nome di Atlantide al posto di America. In qualità di astrologo della regina Elisabetta, affermò addirittura di essere in costante contatto con alcuni spiriti di Atlantide!
John Swan, nella sua opera Speculum Mundi, pubblicata nel 1644, affermava che l’isola di Atlantide o si trovava molto vicina alle Americhe o addirittura le Americhe erano la parte occidentale dell’isola.
Lo scrittore J. M. Allen nel 1968 pubblicò un’opera intitolata Atlantis, the Andes Solution. Essa era dedicata “A tutti i popoli di quel grande continente che oggi chiamiamo Sudamerica, ma che un tempo si chiamava Atlantide”.
Come annunciato nella dedica, per Allen il continente descritto da Platone corrispondeva all’altopiano della Bolivia nelle cui vicinanze si trova il lago Poopo. I grandi canali che attraversavano Atlantide per irrigare i campi, a causa di violente piogge, si sarebbero colmati di acqua riversandola nel lago.
Lo specchio d’acqua sarebbe così esondato allagando e distruggendo solo la capitale e non tutta la grande isola. Ci sono molte cose che non corrispondono ma Allen si sforza di farle quadrare lo stesso.
L’oceano di cui parlava Platone diventa il lago Poopo, l’alluvione distrugge solo la capitale e non tutta l’isola, le misure della pianura dietro la capitale (un rettangolo di 550 per 370 chilometri secondo Platone) per Allen sono sbagliate in quanto Solone faceva riferimento non allo stadio greco ma allo stadio atlantideo che misurava giusto la metà.
Anche la data indicata da Platone era sbagliata: i sacerdoti egizi avevano parlato di mesi e non di anni per cui gli scontri tra Atlantide e i popoli del Mediterraneo erano avvenuti intorno al 1200 a.C. e si riferivano a quelli avvenuti tra gli Egizi e i cosiddetti popoli del mare.
Dopo la grande catastrofe e la distruzione della capitale, i navigatori fenici avrebbero aperto una via commerciale con il Sudamerica partendo dal Golfo Persico, risalendo l’oceano Indiano e superando il Capo di Buona Speranza.
Tuttavia nessun reperto e nessun manufatto di origine fenicia è stato trovato in Sudamerica, né reperti o manufatti di origine sudamericana sono stati trovati nel Mediterraneo.
Il ricercatore e scrittore svizzero Erich von Däniken, negli ultimi decenni del secolo scorso ha spiegato l’origine delle varie civiltà sulla terra ricorrendo agli extraterrestri. Costoro approdarono sulla terra insegnando agli uomini le loro avanzate conoscenze. Poi se ne andarono promettendo che un giorno sarebbero ritornati.
Le grandiose piramidi della piana di Giza in Egitto non sono altro che un segno degli extraterrestri, il vello d’oro che secondo la mitologia greca Giasone cercò di conquistare era in realtà un mezzo volante, la balena che inghiottì Giona (di cui parla la Bibbia) era un sommergibile e via di seguito.
Per lui Atlantide si identifica con l’America meridionale ed esattamente con il Perù. Poi, al termine dell’ultima glaciazione, lo scioglimento dei ghiacciai fece innalzare il livello degli oceani che distrusse questa civiltà.
2. Secondo gruppo: Atlantide nell’oceano Atlantico
Intorno al 1650, il gesuita Athanasius Kircher, in una sua opera inserì una mappa secondo la quale Atlantide si trovava nel bel mezzo dell’oceano Atlantico. Inoltre lanciò l’idea che la scomparsa dell’isola e il Diluvio Universale narrato nella Bibbia erano strettamente collegati.
Tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX era ormai assodata l’idea che Atlantide si trovasse nell’Atlantico, tra l’Africa e le Americhe. Ma sulle modalità della sua scomparsa si svilupparono due idee nettamente contrapposte.
Secondo l’insigne naturalista francese Georges Buffon la grande isola era stata spazzata via allorquando le acque dell’Atlantico, per qualche motivo, si riversarono nel Mediterraneo.
Secondo Bory de St. Vincent successe tutto il contrario: le acque del Mediterraneo, a causa di attività vulcaniche, si riversarono nell’Atlantico e spazzarono via Atlantide. Egli era così convinto dell’ubicazione di Atlantide da inserirla in una mappa molto dettagliata.
Nel 1864 lo studioso fiammingo Charles-Etienne Brasseur de Bourbourg affermò che l’isola si trovava in mezzo all’oceano Atlantico e fu spazzata via da una immane catastrofe esattamente nel 9937 a.C. Egli adopera per quest’isola il termine Mu, che è il nome maya di Atlantide.
I sopravvissuti si insediarono prima in America e poi in Egitto. Brasseur viaggiò molto nelle Americhe ed imparò molte lingue parlate dai nativi per dimostrare la veridicità delle sue affermazioni.
Verso la fine del XIX secolo Augustus le Plongeon, muovendosi nella scia di Brasseur, precisò che l’isola di Mu o Atlantide, situata nell’Atlantico, sprofondò a causa di una terribile eruzione vulcanica trascinando con sé 64 milioni di abitanti.
Affermò inoltre che in un testo maya aveva trovato la storia della principessa Moo. Dopo l’uccisione del marito fu costretta a lasciare una colonia di Mu e a rifugiarsi in un’altra colonia situata in Egitto dove costruì la Sfinge per commemorare il consorte defunto.
Gli Egizi avevano in così grande considerazione Moo da deificarla con il nome di Iside. Come si può facilmente constatare non c’era più alcun limite alla fantasia e all’immaginazione!
Nel 1892 Ignatius Donnelly, membro del Congresso degli Stati Uniti, pubblicò un’opera dal titolo Atantis: The Antediluvian World in cui vengono abbandonate (ma solo in parte) queste fantasticherie.
Egli cerca di fornire tutta una serie di prove concrete per dimostrare che il Vecchio Mondo e il Nuovo Mondo hanno molto in comune. Queste affinità possono spiegarsi solo ammettendo l’esistenza di un continente in mezzo ai due Mondi, cioè nell’oceano Atlantico, proprio come sosteneva Platone.
Secondo Donnelly, prima del 9600 a.C., la grande isola di Atlantide si estendeva dalle Americhe allo Stretto di Gibilterra. Fu qui che ebbe inizio lo sviluppo della civiltà umana.
In breve tempo la popolazione divenne così numerosa e potente da colonizzare l’America centrale, il delta del Mississippi, il Sudamerica, le coste occidentali dell’Africa e dell’Europa, tutte le regioni che si affacciano sul Mediterraneo.
L’Egitto era forse la colonia più antica di Atlantide per cui le due culture erano molto simili. L’alfabeto fenicio (da cui sono derivati quelli europei) e quello dei Maya si ispiravano a quello di Atlantide.
L’isola affondò in seguito ad un evento catastrofico insieme alla maggior parte dei suoi abitanti, i pochi superstiti si diressero con mezzi di fortuna verso le coste americane e verso quelle europee.
Il medium americano Edgar Cayce a partire dal 1924 si occupò di Atlantide fornendo informazioni molto precise e dettagliate. Gli atlantidei erano in possesso di una tecnologia estremamente avanzata come i telefoni, gli ascensori, gli aerei, i sottomarini, la radio, la televisione, la fotografia, il laser.
Inoltre disponevano di una fonte di energia molto potente simile a quella nucleare e la capacità di vincere la forza di gravità (tecnica che sarebbe stata usata dagli Egizi per costruire le piramidi).
La distruzione dell’isola, secondo Cayce, non fu dovuta a terremoti o diluvi ma ad un uso improprio delle loro capacità tecnologiche, proprio in conformità alle idee in voga in quegli anni. Il medium era venuto a conoscenza di tutte queste informazioni durante le sue sedute psichiche a Virginia Beach.
Mentre era in stato di trance raccontava quello che “vedeva” e i suoi assistenti prendevano nota. Durante una di queste sedute precisò che tutto quello che restava del continente perduto era l’isola di Bimini (al largo della costa della Florida, USA) dove si trovavano ancora oro in abbondanza e metalli preziosi.
Sulla base delle indicazioni di Cayce, sono state effettuate delle ricerche che hanno portato all’individuazione di alcune strutture di forma rettangolare, incrostate di corallo. La visibilità è molto scarsa e le immagini filmate dai sub che hanno cercato di esplorare il fondo marino sono poco chiare.
È stata comunque recuperata una pietra piatta che sembra essere stata lavorata dall’uomo. Dall’esame del carbonio 14 risulta che la pietra risale al 3640 a.C., con un margine di errore di circa 40 anni.
Tuttavia, anche se queste strutture sono opera dell’uomo, nulla prova che abbiano qualcosa a che fare con Atlantide. Ulteriori accertamenti saranno effettuati allorquando verrà concessa l’autorizzazione a scavare sotto gli strati di corallo.
Nel 1926 James Churchward nella sua opera Mu: il continente perduto pose la terra di Atlantide nell’oceano Atlantico e la terra di Mu nell’oceano Pacifico. Mu era molto più estesa e Atlantide non era che una sua colonia.
Queste due terre erano collegate con tutti gli altri centri minori del mondo antico mediante una serie di linee di comunicazione. La popolazione dominante (quella di Mu) contava circa 64 milioni di abitanti, era di pelle bianca, di aspetto molto bello, occhi grandi e scuri, capelli neri e lisci.
Di sera si spostavano da una zona all’altra, adorni di gioielli e vestiti a festa, a bordo di imbarcazioni. Churchward affermava di aver appreso tutte queste notizie da alcune tavolette conservate in un monastero indiano.
Una delle opere più recenti è quella di Andrew Collins dal titolo Gateway to Atlantis, pubblicata nel 2000. Per questo ricercatore Atlantide si trovava nel mare dei Sargassi (una zona dell’oceano Atlantico) ed afferma che i navigatori fenici erano venuti a conoscenza di questa terra prima di Platone.
Addirittura descrive un viaggio effettuato nel V secolo a.C. dai Cartaginesi nel mare dei Sargassi. Alla fine dell’era glaciale, immani sconvolgimenti avrebbero diviso la grande isola di Atlantide in tante piccole porzioni.
La storia di tali avvenimenti sarebbe giunta ai popoli del Mediterraneo tramite i navigatori fenici. Sembra molto improbabile che delle navi fenice, con una sola vela e a forza di remi, abbiano potuto contrastare i venti oceanici e raggiungere un mare così lontano.
Se questi viaggi siano effettivamente avvenuti e se di conseguenza gli Atlantidei abbiano effettuato dei viaggi in senso inverso, in America centrale e sulle sponde del Mediterraneo dovrebbero esserci dei reperti significativi attestanti questi scambi commerciali, ma nulla è stato fino rinvenuto.
3. Terzo gruppo: Atlantide nel Mediterraneo
L’ipotesi che Atlantide si trovasse nel Mediterraneo, cioè al di qua delle Colonne d’Ercole, è piuttosto recente.
L’archeologo Eberhard Zangger, nella sua opera intitolata Flood From Heaven pubblicata nel 1984, identifica Atlantide con la città di Troia.
La storia raccontata da Platone non sarebbe altro che la storia della guerra di Troia, città molto ricca e potente, situata sulle coste dell’Asia Minore, con una vasta pianura nell’entroterra. Inoltre i Greci avevano effettivamente combattuto una lunga guerra contro un popolo straniero.
A parte queste vaghe rassomiglianze, Zangger non presenta altre prove a sostegno della sua tesi. Quando sono state effettuate ricerche molto approfondite sulla collina di Hissarlik (dove sorgeva la città di Troia) non è stata trovata nessuna stratigrafia che testimoni un terremoto, un’alluvione o un altro grave disastro naturale.
L’archeologo Peter James nel 1995 ha dato alle stampe un volume dal titolo Il regno sommerso: il mistero di Atlantide finalmente svelato. In questa opera, riconoscendo la superficialità delle ipotesi formulate da lui stesso in precedenza, identifica Atlantide con la città di Tantilis, nella Lidia (Turchia occidentale).
Questa città sarebbe stata distrutta da un terremoto, poi sarebbe sprofondata in una voragine, successivamente colmata dalle acque e trasformatasi in un lago. Lo specchio d’acqua era esistito fino a qualche anno prima della visita di James, poi era stato prosciugato e trasformato in terreno agricolo.
A dimostrare la superficialità di queste affermazioni basta tenere presente le differenze topografiche tra l’isola descritta da Platone e qualsiasi città della Lidia nonché la totale assenza di qualsiasi reperto archeologico.
Alcuni studiosi hanno identificato Atlantide con l’isola di Creta. Essa si trova nel Mediterraneo orientale a circa 140 chilometri a sud dell’isola di Thera (chiamata oggi Santorini). Verso il 1500 circa a.C. su Thera iniziarono delle attività vulcaniche e sismiche descritte da molti autori antichi come Plinio.
Dopo qualche anno ci fu una violentissima esplosione vulcanica in seguito alla quale quasi tutta l’isola sprofondò nel mare. Per comprendere bene la potenza di questa esplosione occorre fare riferimento a quella del vulcano Kracatoa (Indonesia) avvenuta nel 1883.
Dopo alcuni piccoli terremoti e piogge di pomice si verificarono quattro esplosioni così forti da essere sentite perfino in Australia (situata a circa 3000 chilometri di distanza), entro un raggio di centinaia di chilometri si frantumarono i vetri e si lesionarono i muri delle case, i due terzi dell’isola affondarono nel mare generando onde alte fino a trenta metri che provocarono la morte di oltre 36.000 persone.
Tenuto conto che la caldera di Thera è almeno quattro volte più larga e un terzo più profonda, gli esperti hanno calcolato che l’esplosione dell’isola greca fu circa dieci volte più potente e più devastante di quelle del Kracatoa.
La fiorente civiltà dell’isola di Creta, posta al centro del Mediterraneo e sede di un grande impero marittimo, venne spazzata via in un baleno da uno spaventoso tsunami. Secondo gli esperti le onde erano alte intorno ai 50/60 metri e si spostavano alla velocità di circa 480 chilometri orari.
Quando lo tsunami arrivò sulle coste dell’isola di Creta le onde erano altre intorno ai 40 metri e viaggiavano alla velocità di 280 chilometri orari. Queste informazioni potrebbero essere state messe per iscritto da solerti scribi egizi per tramandarle ai posteri e così sarebbero venute a conoscenza di Solone e di Platone.
La conquista dell’isola di Creta da parte dei Micenei potrebbe aver fornito lo spunto al filosofo greco per raccontare della sconfitta degli Atlantidei da parte degli Ateniesi. I sostenitori di questa ipotesi si basano su una serie di elementi. S
otto il palazzo di Crosso (Creta) è stato scoperto un sistema idrico assolutamente all’avanguardia molto simile a quello descritto da Platone. Il palazzo principale di Atlantide era gigantesco come il palazzo reale di Cnosso che comprendeva 1300 stanze disposte su 4 piani con chilometri di corridoi.
Le pareti esterne del palazzo reale di Atlantide risplendevano al sole, ma è stato accertato che anche quelle del palazzo reale di Cnosso avevano le stesse caratteristiche. La parte del palazzo di Cnosso destinata alla residenza reale non aveva nulla da invidiare a quella del palazzo reale di Atlantide.
La civiltà cretese era assolutamente all’avanguardia rispetto alle altre civiltà del Mediterraneo, proprio come lo era quella di Atlantide. Il toro era un animale sacro per i Cretesi, simbolo della fertilità maschile, ma era sacro per gli Atlantidei che permettevano ai tori di scorazzare liberi per la città.
Atlantide sprofondò nel mare in una sola notte, anche la distruzione di una parte dell’isola di Creta da parte di immani tsunami dovette avvenire nello spazio di poche ore.
I Cretesi sopravvissuti avrebbero chiesto aiuto alla nazione più ricca e più potente del Mediterraneo: l’Egitto. Ecco perché i sacerdoti egizi conservavano dei documenti sulla catastrofe di Creta, o meglio, di Atlantide.
Coloro che sono contrari a questa ipotesi fanno presente che le due isole (Thera e Creta) non si trovano al di là delle Colonne d’Ercole; l’esplosione di Thera è avvenuta intorno al 1500 a.C. e non nel 9000 a.C..
La capitale di Creta (Cnosso) non rassomigliava affatto a quella descritta da Platone; la distruzione di Atlantide fu causata da diluvi e terremoti e non da un’eruzione vulcanica; l’isola di Creta non sprofondò nel mare a seguito di questo evento e comunque è molto più piccola rispetto ad Atlantide.
A queste osservazioni i sostenitori rispondono che Solone o Platone possono essersi sbagliati circa la data del disastro, avvenuto in realtà 900 anni prima della loro epoca e non 9000; le dimensioni dell’isola potrebbero essere state moltiplicate erroneamente per 10.
Inondazioni e terremoti potrebbero benissimo essere stati provocati da eruzioni vulcaniche; infine circa la collocazione dell’isola, può darsi che Platone intendeva dire non “dopo” (le Colonne d’Ercole) ma “davanti”, il che significa prima dello Stretto di Gibilterra e cioè nel Mediterraneo.
Occorrono ricerche più approfondite e prove più certe prima di poter affermare che Atlantite si identifica con l’isola di Creta, ma occorre far presto. La caldera del vulcano di Thera, dopo la violentissima esplosione, sprofondò nel mare per oltre cento metri.
Ora si sta di nuovo innalzando ed ha raggiunto i centoventi metri sopra il livello del mare. Prossimamente, secondo gli esperti, ci sarà una nuova esplosione la quale potrebbe cancellare ogni traccia relativa all’eventuale collegamento tra Thera, Creta e Atlantide.
Un ricercatore ha identificato Atlantide con la città di Tartesso o Tarshish che era situata a circa 30 chilometri a nord-est di Cadice (Spagna). Negli anni Venti, un gruppo di ricercatori tedeschi effettuò degli scavi sul sito che si supponeva essere quello dell’antica Tartesso.
Furono rinvenute tracce di opere in muratura e un cerchio d’oro con iscrizioni all’interno e all’estero in una lingua sconosciuta. Gli scavi dovettero essere interrotti perché ci si imbatté in una falda freatica. Il gruppo di ricercatori concluse che i resti della città erano interrati nel fango dell’estuario del Guadalquivir.
Nel 2004 un ricercatore tedesco ha esaminato più a fondo delle fotografie di questo sito, scattate da un satellite, ed ha notato che delle strutture potrebbero vagamente corrispondere alla descrizione di Platone della città scomparsa.
Al largo della costa, a 12 metri di profondità, i sub hanno scoperto delle pietre che potrebbero essere opera dell’uomo. Inoltre sembra che siano disposte in modo da formare una specie di muro.
A qualche centinaio di metri da questo sito sono stati rinvenuti i resti di un’antica città chiamata Gancho Roano. Qui è stata rinvenuta una stele risalente a 2500 anni fa sulla quale sono incisi un guerriero con la spada sguainata e tre cerchi concentrici con un canale che li mette in comunicazione.
La pavimentazione di alcuni locali è costituita da lastre di ardesia. Al centro di quello che sembra un tempio si trova qualcosa che rassomiglia a un altare per i sacrifici. I tre cerchi concentrici, le lastre di ardesia, l’altare al centro di un tempio sono tutti elementi che, secondo Platone, caratterizzavano la città di Atlantide.
Secondo alcuni ricercatori, quando questa città scomparve a causa di un immane disastro, non tutti gli abitanti morirono. Alcuni di essi si salvarono, si spostarono verso l’entroterra e fondarono la città di Gancho Roano, ispirandosi alla loro madre patria sprofondata nell’oceano.
Come si vede, l’identificazione di Atlantide con Tartesso è basata su una serie di indizi ma mancano prove certe. Bisognerebbe effettuare degli scavi dove gli esperti ritengono che sia sprofondata la città, ma sotto una coltre di terra e di fango, spessa una decina di metri, si trova una falda acquifera che rende impossibile qualsiasi tipo di scavo.
Altri ricercatori hanno proposto come sede della famosa isola la Sardegna, la Libia, il Sahara (attraversato dalla catena dell’Atlante), l’isola di Malta (che all’incontrario si legge Atlam) e il Chersonneso. Queste ipotesi, però, non hanno trovato molto seguito.
4. Quarto gruppo: Atlantide nell’Antartide
Poco prima della seconda guerra mondiale, lo scrittore francese René-Maurice Gattefossé lanciò l’idea di una Pre-Atlantide situata nell’Antartide, da cui la civiltà si sarebbe diffusa nell’isola vera e propria di Atlantide e in tutto il mondo antico.
L’Antartide, a suo tempo, era situata in una zona temperata ma improvvisamente si sarebbe spostata al polo sud a seguito del ribaltamento dell’asse terrestre.
Nel 1974 l’ammiraglio italiano Flavio Barbiero ha pubblicato il primo di una serie di libri dal titolo Una civiltà sotto ghiaccio ed ha rilasciato un lunga intervista pubblicata sulla rivista Archeologia proibita (n° 5, 15 marzo 2003).
Egli ha elaborato una teoria più complessa secondo la quale la civiltà di Atlantide si era sviluppata nell’Antartide, che non si trovava dove si trova attualmente ma alcune migliaia di chilometri più a nord ed era completamente libera dai ghiacci.
Poi, circa 10.000 anni fa (cioè nell’8.000 a.C.) si verificò una immane catastrofe, probabilmente provocata dalla caduta di un asteroide sulla Terra.
Quel che è certo, secondo l’ammiraglio, è che vi fu uno spostamento dell’asse terrestre e quindi dei due poli, l’Antartide finì dove si trova attualmente, iniziando a ricoprirsi di ghiaccio e rendendo la vita impossibile.
La probabile caduta di un asteroide non provocò direttamente la catastrofe ma lo spostamento dell’asse terrestre con il conseguente movimento di enormi masse di acqua che a loro volta spazzarono via l’isola di Atlantide.
Il Diluvio Universale e la distruzione di Atlantide sono la stessa cosa. Barbiero menziona il punto esatto in cui si dovrebbero trovare delle rovine che attesterebbero la veridicità della sua teoria: l’isola di Berkner.
Grazie alle fotografie scattate dai satelliti sarebbe riuscito ad individuare la zona precisa in cui scavare. Per condurre delle ricerche sul posto occorre disporre di ingenti finanziamenti: in particolare di un rompighiaccio, di elicotteri e di altri mezzi, finanziamenti che nessuna televisione o università ha voluto finora mettere a disposizione.
Nel 1995 una coppia di scrittori canadesi, Rose Flem-Ath e Rand Flem-Ath, ha pubblicato un libro dal titolo La fine di Atlantide. Per loro Atlantide si trovava nell’Antartide, allorquando era priva di ghiacci.
La crosta terrestre, a causa del movimento di rotazione della terra sul proprio asse, sarebbe soggetta ogni tanto a slittamenti improvvisi proprio come la buccia di un’arancia che si può staccare dal frutto lasciando intatta la parte commestibile.
Per i due scrittori questo improvviso slittamento dell’Antartide avvenne circa 10.000 anni fa: le onde del mare la sommersero, la civiltà di Atlantide venne distrutta, la terra fu ricoperta da una spessa coltre di ghiaccio, i pochi superstiti raggiunsero delle zone più temperate.
Uno dei più noti sostenitori della tesi che Atlantide si trovava nell’Antartide è forse Graham Hancock.
In una sua opera dal titolo Le impronte degli dei, pubblicata nel 1995, sostiene che il continente antartico, sede di questa grandiosa civiltà, fu sommerso in modo repentino a causa dello scioglimento dei ghiacci avvenuto tra il 15.000 e l’8.000 a.C.
I resti di questa grandiosa civiltà si trovano tuttora sepolti sotto i ghiacci a diversi chilometri di profondità. Ci furono tuttavia molti sopravvissuti: la massa ripiombò quasi nell’età della Pietra mentre una minoranza riuscì a conservare le antiche conoscenze e cercò di trasmetterle in codice ai posteri attraverso le piramidi di Giza (in Egitto) e la mitologia.
Hancock, per impressionare il lettore, termina l’opera con alcune previsioni catastrofiche: cinque anni dopo la pubblicazione del suo libro (cioè nel 2000) la congiunzione di cinque pianeti avrebbe inciso profondamente sulla gravitazione terrestre (cosa che non si è affatto verificata), la fine del mondo avverrebbe nel 2012 (come indicato anche dal calendario Maya) oppure nel 2030 (se ci sarà un nuovo slittamento della crosta terrestre).
5. Quinto gruppo: Atlantide in altri siti
- Tra il 1888 e il 1936 furono pubblicati sei volumi, scritti da madame Blavatsky, dal titolo Dottrina segreta.
In tali scritti si parlava di un continente perduto, denominato Lemuria che si trovava tra la costa orientale dell’Africa e il sud dell’Asia: il Madagascar era tutto ciò che ne restava.
Secondo questa donna e i suoi seguaci, su Lemuria abitava la Razza della Terza Stirpe: esseri umani simili alle scimmie con quattro braccia, alcuni con gli occhi dietro la testa, che deponevano le uova.
La popolazione di Atlantide invece era costituita dalla Razza della Quarta Stirpe: esseri che erano una via di mezzo tra le scimmie e gli uomini.
Attualmente il mondo sarebbe popolato da esseri umani appartenenti alla Razza della Quinta Stirpe.
Secondo madame Blavatsky la distruzione di Atlantide sarebbe avvenuta nel 900 a.C. e Platone avrebbe sbagliato la data indicando il 9000.
Tutte queste notizie sarebbero state apprese dall’eccentrica signora durante un suo lungo soggiorno nel Tibet e nel corso di alcuni contatti con alcuni saggi tibetani defunti. - William Scott-Elliot, in alcuni suoi scritti tra il 1896 e il 1904, propose l’esistenza in tempi remoti di Lemuria, Atlantide e numerose altre terre mai sentite nominare.
Tali terre si trovavano tra l’Africa e il Sud America, tra l’Europa e il Centro America nonché verso il Polo Nord.
La posizione di questi continenti era nota all’autore grazie alla sue doti di “preveggente astrale”.
Secondo Scott-Elliot gli atlantidei meritarono la fine che fecero in quanto praticavano la stregoneria . - Nel 1953 un sacerdote tedesco, Jurgen Spanuth, affermò di aver rivenuto in Egitto alcuni documenti scritti dal suo collega che aveva raccontato a Solone alcuni millenni prima la storia di Atlantide. In questi testi, mai mostrati agli esperti e mai pubblicati, veniva menzionata una postazione atlantidea sull’isola di Heligoland, situata nel mare del Nord.
- Altri esperti hanno proposto come sede di Atlantide l’isola di Cuba, il mar Nero, il mare del Nord, l’Artico o addirittura lo spazio.
- La città di Atene descritta da Platone era quella di qualche secolo prima, quando saggezza e temperanza regnavano sovrane. Poi, dopo le guerre persiane, la ricchezza e il potere produssero abusi e corruzione, i costumi degenerarono, l’avidità regnava sovrana.
Non si può non notare una certa rispondenza tra la descrizione di Atlantide e quella di Atene.
I governanti di Atlantide, come quelli di Atene, non solo controllavano i propri territori ma anche quelli circostanti; la capitale dell’isola era una straordinaria costruzione artificiale come la capitale greca dopo le guerre contro la Persia; il tempio al centro della città era ricco di statue come il Partenone costruito sull’acropoli; le abitazioni dei governatori erano immense e maestose proprio come quelle di alcuni abitanti di Atene ai tempi di Platone.
Gli dei, forse, avevano già deciso la distruzione di Atene non con diluvi e terremoti come era avvenuto per Atlantide, ma con guerre e lotte fratricide. - Lo storico greco Erodoto visitò l’Egitto e il tempio di Sais, riportando molte storie raccontategli dai sacerdoti egizi, ma non vi è alcun accenno alla famosa isola, né essa viene menzionata negli scritti di altri autori greci prima di Platone.
Aristotele, allievo di Platone, non crede alla reale esistenza dell’isola e considera il racconto un’opera letteraria creata con intenti filosofici.
Oltre a Platone non vi è alcuna altra fonte, né contemporanea né successiva, che affermi di aver ascoltato un racconto del genere dai sacerdoti egizi o di aver visto qualche documento egizio riguardante l’isola di Atlantide.
Probabilmente Platone, da grande filosofo quale era, aveva capito cosa sarebbe accaduto al mondo in cui stava vivendo e decise di mettere in guardia i suoi concittadini.
Forse egli intendeva ammonirli a cambiare i loro costumi e tornare sulla retta via per non andare incontro alla loro distruzione proprio come era successo ad Atlantide.
La storia della famosa isola potrebbe essere solo frutto della sua fantasia.