Barbizon Hotel New York: dove le donne cominciarono la loro battaglia per la libertà

Barbizon è stato un hotel per sole donne nel cuore della Grande Mela. Un sogno per le viaggiatrici contemporanee?

No, una realtà degli anni Venti per intraprendenti ragazze americane che sognavano di sfondare nella moda, nell’editoria, nel cinema o nell’arte e per questo arrivavano a Manhattan.

La loro destinazione finale era il Barbizon, un residence pubblicizzato sulle riviste con lo slogan: «Oh! È fantastico essere a New York soprattutto se alloggiate al Barbizon per sole donne».

Grace Kelly, Rita Hayworth, Liza Minnelli e molte altre: quando queste dive erano solo aspiranti attrici andarono nella Grande Mela in cerca di fortuna.

La loro casa fu questo albergo per sole donne, dove dovevano vestire in modo castigato, non potevano ricevere uomini e firmavano un registro a ogni entrata e uscita. In cambio avevano un palcoscenico dove esercitarsi, sale di scrittura e lettura e servizi a domicilio.

PER APPROFONDIRE: Racconta le vicende del residence e delle sue ospiti nella cornice della New York del tempo Barbizon Hotel (Neri Pozza, 2021) di Paulina Bren, storica e docente del Vassar College di New York.

1. Requisiti d’élite e la struttura del residence

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Le stanze erano riservate a donne giovani, bianche e di ceto sociale medio-alto e per questo la struttura fu soprannominata The doll house (La casa delle bambole).

Ogni ragazza doveva, inoltre, possedere tre lettere di raccomandazioni, una delle quali, per attestare la sua moralità, scritta preferibilmente da un prete.

Le leggeva con attenzione Mrs Mae Sibley, la vicedirettrice dell’hotel,che le accoglieva alla reception. Dopo averle squadrate, per verificare se possedessero i requisiti esteticamente richiesti, quali bell’aspetto e grazia, le ammetteva o no.

Alle elette, prima di mostrare gli alloggi, la Sibley raccomandava di tenersi alla larga dai “lupi”, ovvero i giovanotti in cerca di ragazze belle e ingenue.

Le porte dell’hotel, comunque, erano sbarrate al sesso maschile, persino ai padri. Uniche eccezioni il medico o gli addetti alla manutenzione. 

I genitori accettavano che le proprie figlie si trasferissero a New York per studiare o cercare lavoro a patto che alloggiassero al Barbizon. Sapevano che il residence aveva un codice di condotta rigoroso. La famiglia poteva chiedere inoltre che le proprie ragazze firmassero un registro ogni volta che entravano o uscivano in modo da controllarle.

Alle addette agli ascensori spettava il compito di verificare l’abbigliamento delle ospiti: se indossavano gonne sopra il ginocchio o pantaloni erano mandate a cambiarsi.

Il Barbizon Club-Residence for Women sorto a Manhattan, all’incrocio tra Lexington Avenue e la 63a strada, fu progettato dagli architetti alberghieri Murgatroyd & Ogden e inaugurato nel 1927. Si trovava nell’Upper East Side, a pochi isolati da Central Park, e vantava 4 imponenti torri, 23 piani e 720 stanze. Nella foto sotto, esterno del Barbizon Hotel.

Esternamente era rivestito di mattoni, mentre all’interno aveva un sontuoso atrio ispirato al Rinascimento. A disposizione delle ospiti c’erano piscina, palestra, giardini sul tetto, sale di lettura, biblioteca, servizio di parrucchiera ed estetista.

Le camere in affitto per le giovani ospiti partivano da una tariffa di 10 dollari settimanali: l’arredo si limitava a un letto stretto, un cassettone, una poltroncina, una lampada a stelo, una piccola scrivania e un copriletto a fiori intonato alle tende. Ogni stanza aveva la radio, considerata un lusso senza eguali.

Nella foto sotto, gli spazi ricreativi. Le ospiti del Barbizon godevano di grande libertà nell’Hotel, dove c’erano spazi destinati alle più svariate attività ricreative.

2. Passarono di qui alcune VIP

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Seppure semplici, gli alloggi rispondevano alle richieste delle giovani americane e delle femministe, che non volevano più affittare una stanza da una vedova o da una nubile con uso di cucina per stare a New York.

Aspiranti artiste, attrici, musiciste e modelle chiedevano, alla pari degli uomini, di poter alloggiare in hotel a tariffa settimanale, con servizio di pulizia quotidiana e una sala da pranzo, dove scegliere i pasti dal menù.

Alcune delle più famose dive di Hollywood passarono tra le stanze dell’albergo. Grace Kelly (1929- 1982) vi risiedette nel 1947, mentre frequentava i corsi della American Academy of Dramatic Arts.

Tra le ospiti era palpabile una venerazione per lei, che piuttosto disinibita si esibiva di notte in balli hawaiani lungo i corridoi del residence, a volte anche in topless; Rita Hayworth (1918-1987) era decisamente più pacata. Nella foto sotto, Grace Kelly (a sinistra) e Rita Hayworth (a destra).

Si fece ritrarre dalla rivista Life nella palestra del Barbizon, fingendosi esausta dopo aver interpretato il ruolo di una modella nel film Fascino del 1943.

Liza Minnelli (1946), che calcava le scene da quando aveva tre anni, si rifugiò al Barbizon per sfuggire alla vita difficile con la madre, l’attrice Judy Garland, dipendente da droghe e alcol; Sylvia Plath (1932-1963) poetessa e scrittrice, fu un’altra habituée, ma fece intendere che la vita al residence non era sfavillante come appariva all’esterno, ma opprimente e noiosa.

Non si sa se alludesse a questo nel suo romanzo La campana di vetro dove la protagonista Ester, suo alter ego, affetta da depressione e stagista presso una rivista, tenta il suicidio. Per la maggior parte delle abitanti il residence era comunque un posto gradevole, dove venivano proposte diverse attività.

Il Barbizon, per esempio, metteva a disposizione gli spazi necessari affinché le sue ospiti potessero concretizzare i loro “sogni di gloria”. Come il salotto del primo piano, che poteva ospitare 300 spettatori, dove c’era un palco su cui esibirsi. O come le sale di lettura, dove le aspiranti scrittrici leggevano alle ospiti i propri romanzi per riceverne un parere.

Nella foto sotto, la poetessa e scrittrice Sylvia Plath.

3. Arrivano i guai e il ruolo sociale del residence

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Non ci misero molto, le donne del Barbizon, ad attirare l’attenzione dei newyorchesi: se inizialmente erano viste con ammirazione quali “Donne Nuove”, successivamente alla crisi del 1929 e al tracollo finanziario americano furono tacciate con l’epiteto di Flappers (“poco di buono”).

Questione di posti di lavoro e ruoli sociali: dalla Grande Guerra, infatti, le donne avevano sostituito nelle mansioni lavorative gli uomini occupati al fronte e da “Angeli del focolare” erano diventate “Donne Nuove”, cioè lavoratrici emancipate a livello economico, politico e sociale.

Nel 1920, con il suffragio universale in America, poterono votare. Ovviamente non volevano più essere solo madri e mogli. I reduci della Guerra, però, non erano d’accordo: volevano che tornassero a occuparsi esclusivamente della famiglia e che ridessero loro indietro i posti nelle fabbriche, negli uffici, negli affari agricoli.

Ecco perché dalla seconda metà degli anni Venti tutte le giovani che avessero o cercassero un lavoro retribuito a New York furono accusate di rubare i posti ai capifamiglia di sesso maschile.

Furono definite antipatriottiche e trasformate in reiette della società, che le accusava di dubbia moralità e scandalosi costumi. Nel 1932, ventisei Stati in America decretarono che fosse illegale per le donne sposate avere un lavoro.

Il vento, dunque, era cambiato e il Barbizon Hotel for Women capì che il suo bacino di utenza poteva e doveva allargarsi. Senza smettere di rivolgersi alle ragazze in cerca di successo, si aprì anche alle giovani donne in cerca di lavoro.

Così iniziò a offrire conforto e protezione alle donne americane che negli anni Trenta erano considerate delle emarginate dalla società. Da una parte continuò ad attirare le laureate bianche della classe superiore con aspirazioni artistiche, le cui ricchezze di famiglia non erano state toccate dalla crisi, dall’altra si rivolse anche ad altre clienti.

Lo attestano la varietà di annunci pubblicati sul New Yorker. «Le giovani intelligenti vivono in modo intelligente! Il successo dipende in gran parte dal benessere fisico, dagli svaghi e dagli stimoli mentali dopo il lavoro. Le giovani donne del Barbizon sono vivaci... hanno fretta di raggiungere i loro obiettivi perché frequentano persone attive negli affari e nella vita professionale, artiste, musiciste, drammaturghe, scrittrici, persone capaci di amicizie preziose e piacevoli».

Nella foto sotto, la redattrice Meg Wolitzer davanti al Barbizon Hotel il 28 dicembre 1980. Era tra le 14 vincitrici di uno stage alla rivista Mademoiselle per le quali era previsto il soggiorno in questa residenza.

4. L’apice della fama e il declino

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L’apice del successo fu raggiunto tra gli anni Quaranta e Cinquanta, quando l’agenzia Ford Models cominciò ad affittare camere del Barbizon per le sue modelle, tra le quali figurava anche Carmen Dell’Orefice (1931, foto sotto), figlia d’arte di padre italiano musicista e di madre ballerina ungherese, che sarebbe diventata una vera e propria icona di Vogue e per anni avrebbe detenuto il record di modella più pagata al mondo. Non solo.

Al Barbizon alloggiarono anche le ragazze che svolgevano tirocini estivi presso la famosa rivista Mademoiselle, fondata nel 1935 e letta tanto dalle adolescenti quanto dalle donne in carriera. 

Nella foto sotto, la famosissima modella Carmen Dell’Orefice.

Una svolta epocale al Barbizon avvenne nel 1956, quando aprì le porte alla prima ragazza di colore, Barbara Chase (1939).

Era la pupilla di Betsy Talbot Blackwell, direttrice della rivista Mademoiselle che aveva indetto un concorso per uno stage in redazione.

Le vincitrici avrebbero risieduto al Barbizon. Barbara Chase era tra le vincitrici del bando e l’accordo doveva essere rispettato, qualunque fosse il colore della sua pelle.

Alla fine degli anni Settanta il Barbizon smise di emanare fascino per l’opinione pubblica poiché non assolse più alla sua funzione di offrire indipendenza alle donne. Nella foto sotto, la prima ragazza di colore residente al Barbizon, Barbara Chase.

Gli obiettivi di parità iniziavano infatti a essere raggiunti anche al di fuori delle mura del residence. Sempre meno donne volevano alloggiarvi, fomentate dalle idee femministe che le incitavano a non vivere relegate sotto una campana di vetro.

Il 14 febbraio 1981, giorno di San Valentino, il residence aprì dunque le sue porte anche agli uomini, perdendo la sua peculiarità e divenendo un hotel come tanti altri a New York. Per attirare clamore mediatico, fu indetta e pubblicizzata dalla stampa una lotteria per estrarre il primo scapolo e la prima coppia eterosessuale che avrebbe pernottato al Barbizon Hotel.

Tuttavia, nonostante gli sforzi e le trovate, l’hotel non si risollevò mai, infamato da scandali pubblici legati alla prostituzione. Fu venduto varie volte fin quando nel 2005 fu trasformato in condominio di lusso, il Barbizon63.

A ricordo di quello che era stato, vi alloggiarono fino alla morte quattordici donne anziane, che appellandosi a vecchi contratti riuscirono a mantenere i canoni di affitto molto bassi. Continuarono a girare nei corridoi del loro Barbizon come avevano sempre fatto: in pantofole, vestaglia e bigodini in testa.





5. Per gli uomini il Barbizon era una specie di “isola delle amazzoni”

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Nell’immaginario erotico maschile, il Barbizon Hotel rappresentava una sorta d’isola delle amazzoni: un paradiso da conquistare a ogni costo, compreso quello d’inventarsi una falsa identità per attirare qualche giovane preda nella propria rete.

Come fece, ad esempio, il burbero scrittore Jerome David Salinger (1919-2010, foto sotto), autore de Il giovane Holden, un classico della letteratura di formazione americana.

L’uomo, assiduo frequentatore del caffè dell’hotel, fingeva di essere un giocatore di hockey canadese per “rimorchiare” belle e giovani ospiti in carriera. Oppure l’attore Malachy McCourt (1931), fratello del ben più famoso Frank (1930-2021), autore di best seller tra i quali Le ceneri di Angela.

Malachy raccontò di aver ingannato Mrs Mae Sibley, l’assistente del manager dell’hotel, responsabile del decoro e della reputazione della struttura, fingendosi un addetto alla manutenzione e riuscendo così a intrufolarsi ai piani alti per vivere una notte di passione.

Questo stratagemma fu adottato anche da altri, che, per far visita alle fidanzate nelle loro stanze, si travestivano da idraulici o da ginecologi.

Nella maggior parte dei casi, i giovani uomini venivano smascherati già alla reception. E, a lungo andare, Mrs Sibley al posto di arrabbiarsi la prese a ridere, trovando molto buffa la loro reazione imbarazzata quando erano colti in fragrante.

L’unico luogo del residence accessibile agli uomini era la lobby, soprannominata Lovers’ lane, il vicolo dell’amore. Qui le coppie si nascondevano dietro le grandi piante da interno, astutamente posizionate in angoli strategici, mentre si scambiavano qualche furtivo bacio.








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