La “vera storia della cucina” come la si intende oggi, comincia assieme alla storia dell’uomo.
In breve, la storia della cucina è antica quanto è antico l’uomo ed è probabile che sia nata da una scoperta casuale, così come casuale è stata la scoperta del fuoco.
Bisogna aspettare fino al VI millennio a.C. per cominciare ad acquisire la conoscenza necessaria per gestire i primi, rudimentali utensili costruiti prettamente per cucinare. Utensili in prevalenza di legno, osso, e terracotta.
La storia del cibo e della gastronomia in genere è un percorso legato strettamente agli avvenimenti che hanno scandito il comportamento umano nel corso dei secoli.
La ricerca del cibo e la lotta per procurarselo hanno spesso determinato la crescita (o la scomparsa) di intere civiltà, dando origine a guerre sanguinose e grandi migrazioni di popoli.
Ma vediamo, brevemente, la storia della cucina attraverso i secoli.
1. Le prima testimonianze
Le prime testimonianze scritte inerenti alla cucina risalgono al III millennio a.C. e ci pervengono dalla Mesopotamia, precisamente dai Sumeri.
Fino ad allora si cumunicava in forma verbale. Il nomadismo forzato delle genti non aveva permesso di trovare il tempo per mettere a punto nessuna forma di scrittura.
La causa era soprattutto perché le genti di allora erano costrette a spostarsi di frequente a causa delle terre usate allora per i pascoli e per l'agricoltura che cessavano presto di dare abbondanti messi e dovevano essere messe a “Maggese”.
Cosi i popoli di allora, prese baracche e burattini si spostavano con frequente periodicità e dovendo impiegare il loro tempo ad adattarsi alle sempre “nuove” realtà, non avevano il tempo materiale per dedicarsi a molto altro, figuriamoci se potevano sprecarne per dedicarsi ai piaceri della tavola.
Tutto cio' cambia con l'avvento delle prime società “stanziali” e cioè: quando, quasi per caso, si arriva a comprendere che alcune terre come quelle della Mezza Luna Fertile in Mesopotamia prima, e le terre intorno al delta del Nilo poi, non hanno bisogno di essere messe a maggese perché costantemente alimentate dai sedimenti portati da quei grandi fiumi che sono il Tigri, l'Eufrate, il Nilo, etc.
L''uomo, in questo nuovo contesto comincia a riorganizzare la propria esistenza e fonda le prime comunità stabili, i primi rudimenti di “gestione collettiva”, il commercio con gli scambi dei beni prodotti e si comincia ad organizzare in quelle che di li a poco diverranno le piu potenti città stato come Eridu, Ur, come Babilonia etc..
E' in questo contesto, decisamente più rilassante del “nomadismo” che nascono le prime forme di comunicazione scritta, e sempre in questo contesto l'uomo impara a edificare case più solide e mura di difesa e, dato che le messi di media sono abbondanti come mai prima e gli alimenti vengono meglio conosciuti, si comincia anche a preparare “nuove” ricette di cucina, alcune delle quali, anche se in maniera frammentaria, giungono a noi grazie proprio alla “neo” comunicazione scritta.
Insomma da qua in poi possiamo cominciare a parlare di Grande Cucina.
Il materiale pervenutoci, perlopiù sotto forma di caratteri cuneiformi incisi su tavolette di argilla, ci lascia intravedere come, più di 4000 anni or sono, ci si organizzasse per ovviare al fabbisogno alimentare: la preparazione e distribuzione del pane e quant'altro.
Queste prime documentazioni storiche sulla cucina ci fanno intendere che esisteva già al tempo una cucina “popolare”, incentrata sulle produzioni di vicinato e una cucina d'èlite, quale quella di corte che potevano permettersi primizie e innovazioni, alimenti rari e di importazione come pure una sorta di vino che arrivava da alcune zone caucasiche.
Mentre il “popolo” beveva perlopiù una bevanda fatta con cereali fermentati e luppolo (una rudimentale birra) o, giunti da epoche ataviche e ancora in uso, erano il del latte d'asina fermentato, i formaggi, le carni e i pesci essiccati, gli insaccati, i grassi da condimento di oca e di maiale ma anche di origine vegetale quale l'olio di sesamo.
Sempre nel corso di questa età e con il consolidamento delle civiltà stanziali si scoprì anche il fenomeno della fermentazione che permise ai Sumeri per primi di inebriarsi con vino, birra, idromele e altri alcolici, successivamente importati in tutto il mondo conosciuto.
2. Dall'Egitto all'Impero romano
In seguito, il potere si sposta in Egitto e li, fra le altre cose si comincia ad affinare l'arte culinaria e di li a poco si produrrà anche il pane lievitato.
Come prima in Mesopotamia cosi poi in Egitto, queste “neo società organizzate” per erigere le loro grandiose opere utilizzano una grande quantità di lavoranti provenienti da ogni dove e questi, assieme ai mercanti, apportano nuove abitudini, anche alimentari.
Uno di questi popoli, fra l'altro sempre presente, in ogni epoca, fra i paesi “dominatori”, è quello ebraico con la sua Grande Cucina “Kosher”. Nella valle del Nilo si coltivavano abbondantemente le fave, le lenticchie, l’aglio, la cipolla, i porri, i cetrioli, i meloni, vari tipi d’insalate, le radici amare, fichi, melograni e mele.
Anche i cereali erano largamente coltivati: orzo, avena, grano, spelta, miglio venivano macinati e impiegati per fare zuppe, polente, focacce e un prodotto fondamentale per la nostra alimentazione: il pane.
Intorno al 1000 a.C. in Egitto si imparò a setacciare la farina di frumento, ottenendo in questo modo sfarinati più raffi nati con i quali si produceva del pane bianco destinato alle classi più abbienti.
Dopo il dominio dei popoli mesopotamici prima ed egiziani poi, il baricentro del potere si sposta verso i popoli ellenici.
La Grecia, dove, oltre al tramandarsi le ricette in forma verbale, troviamo testimonianze scritte di grande pregio, anche di cucina e ricette e dove, la cucina fra i secoli VI-III a.C. è grandemente apprezzata, tanto da importare i migliori cuochi dal resto delle “Colonie”.
Nella Grecia antica si praticò molto la pastorizia e fi n da epoche remote si conosceva la tecnica di fabbricazione del formaggio, specie quello di capra, fatto anche stagionare.
Per quanto riguarda le bevande, si sa per certo che la preparazione di bevande alcoliche per fermentazione di mosti zuccherini fu praticata in Grecia da tempi lontanissimi (l’idromele è forse la più antica di queste bevande ottenuto dalla fermentazione del miele mescolato con acqua).
Anche la coltivazione della vite era praticata già a Creta intorno al 2000 a.C. e, in base alle tecniche di vinificazione conosciute (i vini, con tasso alcolico elevato che raggiungeva anche i 18 gradi, venivano bevuti allungati con acqua dolce o di mare, e aromatizzati con erbe e resine o profumi.
Anche dalla nostra Sicilia che di quei tempi, vuoi per la sua posizione geografica, vuoi per la mitezza del clima, divenne terra di fulgidi commerci e fungeva da cerniera fra i popoli ellenici, quelli fenici e nordafricani e le genti italiche.
Era terra di transito per i popoli che si spostavano per il mediterraneo e fra i siculi troviamo i primi grandi cuochi degni di questo nome. La cucina siciliana dell'era precristiana era grandemente apprezzata fra i greci che a quei tempi erano gli incontrastati leader del mondo occidentale.
La posizione geografica della Sicilia e il mite clima la rendeva terra ambita e fra i suoi figli troviamo i migliori cuochi ricercati ed apprezzati nel “mondo civile” di allora che davano sfoggio di se nella Grande Cucina dell'epoca.
Ancora qualche secolo e il baricentro del potere si sposta ancora, stavolta lo troviamo in Centro Italia, Prima in Etruria e poi a Roma, quella antica e quella Imperiale e ancora la “giostra” dei popoli fa ressa attorno ai “dominatori” e la Grande Cucina anche.
Dal più antico libro di gastronomia pervenutoci, il De Re Coquinaria di Gavio Apicio, la cucina della Roma imperiale appare raffinata e dotta con due caratteristiche essenziali.
La prima è quella di usare molti ingredienti in strane e pasticciate miscele. L’altra caratteristica era la triturazione, lo snervamento, lo sminuzzamento in poltiglia degli alimenti, per preparare polpette, involtini, galantine, salamelle, sanguinacci.
Anche il vino era una bevanda consumata abitualmente (al tempo di Plinio si conoscevano circa 80 vitigni e più di 200 tipi di vino).
3. I secoli bui dopo il crollo dell'Impero Romano
Come tutto, alla fine anche i Grandi Imperi crollano e dopo il crollo ci vuole un po' per riprendersi.
Ma anche durante questa “Epoca Buia”, fosse anche solo per lo strapotere dei pochi “eredi” del Grande Impero Romano d'Occidente, ormai crollato, o forse proprio per questo, che il benessere e l'opulenza è ostentata quasi come se quell'Epoca Imperiale non fosse mai decaduta, ed è innannzitutto a Bisanzio che affiora la Grande Cucina di quell'epoca che qui da noi il Petrarca la definì “l'Epoca Buia” .
Così, quasi come l'assistere ad una staffetta, il passaggio del testimone della Grande Cucina passa nelle mani dei custodi dell'Impero Romano d'Oriente, compresi i popoli di là del Bosforo e quelli che in seguito faranno parte dell'Impero Ottomano.
In questa fase che vede l'Italia dei “Secoli Bui” arrancare sotto i tanti dittatorucoli di turno che si spartiscono a suon di “randello” le spoglie dell'Impero, dove la Grande Cucina in Italia pare essere collassata sotto una cucina povera di ingredienti e priva di fantasia, il “testimone della staffetta” viene raccolto dai “fraticelli” dei conventi e delle abbazie, che assieme a coloro che faranno grandi le Repubbliche Marinare, daranno vita alla Grande Cucina Regionale Italiana.
Questi pochi secoli che vedono il potere passare di mano senza che alcuno possa dirsi leader indiscusso in Europa, bastano per vederla regredire ai tempi delle invasioni barbariche con carestie, fame, e pestilenze che “minano le genti europee" e che mai come allora rischiano l'estinzione (e dove, né uomo, né chiesa né stato, riescono a lenirne le piaghe che in alcuni casi ne sono la causa principale).
Anche questa volta, è grazie all'organizzazione di pochi illuminati, come ad esempio quelle che si formarono attorno all'Abbazia di Cluny in Borgogna e a poche altre, se possiamo tirare un sospiro di sollievo per il pericolo scampato.
4. Il contributo della Chiesa
E… Ancora una volta il Testimone della Buona Cucina passa di mano e questa volta, grazie all'appello della Chiesa Cattolica che vuole un'unità fra i signorotti che guazzano nei contadi europei per poter preparare le Crociate e accorrere in Terrasanta.
Cosi in seguito, tornando da Gerusalemme e passando per Trebisonda e Bisanzio, vengono reintrodotti spezie e aromi provenienti da Terrasanta e “limitrofe” e si assiste ad una timida ripresa sociale che porterà ben presto a quella che sarà la Grande Cucina Medievale.
Certo, quella dei primi anni del II millennio non è una ripresa destinata a durare e così, fra un capovolgimento di fronte e una “Indulgenza Plenaria”, si arriva al XV secolo e qui, fra la fine del XV e fino al XVII secolo, si assiste davvero a mutamenti, grandi fermenti e rinascite mai viste fino ad allora.
In questi anni vengono fuori uomini illustri, come Maestro Martino, Cristoforo da Messisbugo e Bartolomeo Scappi, personaggi molto famosi che operarono presso le corti ducali italiane e i diversi Papi romani che fanno il Grande Rinascimento Italiano che ci porta anche il Barocco.
Anche la Cucina italiana subisce dei benefici aggiustamenti, fino ad essere considerata la Grande Cucina dell'Epoca Rinascimentale. E a ragione, considerati anche i grandi cuochi italiani che si susseguono in questi anni, alcuni laici, altri formatisi al seguito di Cardinali e Papi o al seguito di principi e conti o in conventi e
monasteri.
Possiamo ben essere fieri di consegnarle il testimone di quella Grande Cucina che ben presto si farà valere nei regni dell'Europa che conta.
Con il matrimonio di Caterina de’ Medici con il futuro re di Francia Enrico II, il centro dell’attività gastronomica si spostò da Firenze a Parigi. La nuova regina portò con sé un nutrito stuolo di cucinieri, pasticceri e altri professionisti che trovarono in Francia il terreno più fertile per far diventare “grande” la cucina francese del Seicento e del Settecento.
5. Dal settecento a oggi
Con il settecento alle porte e il consolidamento dei grandi mutamenti avvenuti durante il secolo trascorso, che hanno portato un benessere alquanto diffuso, non ha più senso seguire i dettami della Chiesa che suggeriva ai “fedeli” i digiuni, il mangiare di magro e le quaresime.
Dalla parte dei governanti, in questo periodo particolare, si ostentava a tavola un'opulenza e una ricercatezza invero paradossali.
Così si assiste ad un mutamento dei costumi che parte dalle Chiese Protestanti e riformate del nord europa, che con nuovi e contrapposti messaggi, ai paventati “digiuni” consigliati dalla Chiesa di Roma, invitano invece a orientarsi verso le godibili “Grazie di Dio”.
Complici di questo ribaltamento sono questa volta gli intellettuali dell'epoca e le nuove “derrate alimentari” arrivate dall'America che finalmente cominciano ad acquisire il giusto valore.
La Cucina francese, grande per aver avuto grandi esecutori quali Marie Antoine Careme, solo per citarne uno, splende di queste stelle e raggiunge il suo apice fra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX, il periodo della “Cucina Moderna”.
Il periodo de“La Belle Epoque”. L'epoca di César Ritz, Auguste Escoffier etc. L'epoca di Pellegrino Artusi, Luigi Carnacina etc.
Dopo questa “Belle Epoque”, dove tutto sembrava andare per il meglio, almeno per quanto riguarda l'occidente, ecco che ancora una volta vediamo che il “conto” viene presentato ai soliti noti, con conseguenti crisi, guerre (2 guerre mondiali in pochi anni), crolli finanziari e “Grande Recessione”.
Alla fine, con le ossa rotte, arriva il “Miracolo Economico” e tutto ricomincia. I nuovi valori sono improntati all'insegna della produttività, del consumismo e benessere.
La Cucina ridiventa competitiva, e questa volta, anche se di misura, il “testimone” viene diviso fra la Nouvelle Cuisine francese e la Cucina Creativa Italiana.
Oggi, in questa nuova società globale e un tantino piu frenetica, tutto si decide piu in fretta. Con Internet la comunicazione viaggia in tempo reale e anche le mode, gli usi e i costumi vengono consumati e sostituiti rapidamente.
Oggi, agli inizi di questo XXI secolo, c'è la tendenza per una Cucina un tantino meno “esibizionista” e un tantino più “genuina”.
Una Cucina sicuramente più equilibrata. E le Grandi Cucine che impereranno durante il Terzo Millennio saranno una cucina sicuramente Multietnica e una sicuramente Macrovegana.