Forse non tutti sanno che, lo pseudonimo di Buffalo Bill, cela il vero nome del colonnello americano William Frederick Cody (1846-1917) che con la sua vita avventurosa e spericolata, seppe creare attorno alla sua persona un mito.
Cody, che lavorò da giovane come corriere del Pony Express, esploratore del generale Custer, fu combattente nella Guerra Civile, cacciatore di bisonti per sfamare gli operai che costruivano la linea ferroviaria dal Kansas al Pacifico.
Per la sua grande abilità nel cacciare i bufali divenne famoso in tutto il mondo col soprannome di Buffalo Bill. Celebre nel suo Paese dopo aver ucciso in battaglia il capo indiano Toro Alto, fu l’eroe d’una serie di romanzi popolari e interpretò se stesso a teatro.
Diventato famoso come cacciatore, esploratore, amico degli indiani e uomo di spettacolo, William Cody fu il primo grande personaggio mediatico della Storia, creato da un giornalista che sapeva il fatto suo.
Ma chi era veramente Buffalo Bill, il più grande eroe della frontiera? Scopriamolo insieme.
1. Le origini
Quando venne al mondo, in una fattoria di Le Claire, piccola cittadina dell’Iowa lungo le rive del Mississippi, di certo nessuno immaginava che il piccolo William Frederick Cody fosse destinato a diventare una delle icone più popolari e rappresentative del West.
Era il 26 febbraio 1846 e l’epoca d’oro della Frontiera, fatta di mandrie al pascolo, cowboy, treni, banditi e indiani urlanti, non era ancora veramente cominciata. Ma stava per arrivare.
Nel 1853 la famiglia Cody si trasferì in Kansas, che all’epoca, era una concentrazione di nativi (Kansas, Pawnee, Cherokee, Ottawa ed altre tribù ancora, cacciate dalle loro terre a est del Mississippi) ed era considerato (lo fu fino al 1854) “territorio indiano” e dopo il 1850, quando l’arrivo dei coloni si fece più massiccio, divenne teatro di sanguinosi scontri fra bianchi e pellerossa.
Ancora in parte conteso con il Messico, il Kansas entrò nell’Unione come 34o Stato solo il 29 gennaio 1861 e fu il principale centro antischiavista dell’ancora selvaggio West.
La cosa non è insignificante per la vicenda personale di William: suo padre Isaac, infatti, convinto antischiavista, fu perseguitato e preso di mira per le sue posizioni e, nel 1857, morì a seguito di una coltellata subita dopo aver tenuto un discorso pubblico contro la schiavitù dei neri.
Le idee del padre non lasciarono indifferente William, che anni dopo avrebbe accolto nel suo spettacolo itinerante gente di ogni etnia e di ogni provenienza, dando vita forse al primo show multiculturale della Storia.
Perduto il padre, a 14 anni Cody lasciò la famiglia, prima attratto dalla corsa all’oro californiana e poi per diventare corriere del Pony Express.
In verità la questione è discussa, perché si pensa che il ragazzo fosse troppo giovane per i parametri della celebre compagnia postale, tuttavia una statua equestre di William Cody, riferita al periodo in cui avrebbe prestato servizio come messaggero a cavallo, è esposta all’esterno del Buffalo Bill Center of the West Museum a Cody, nel Wyoming (foto sotto).
2. Una guerra e un matrimonio
Nel 1863, a 17 anni, si arruolò nel 7o Cavalleggeri del Kansas e prese parte alla Guerra di secessione, dalla parte degli Stati dell’Unione.
Durante una sosta al campo militare di St. Louis, nel 1865, conobbe Louisa Maud Frederici, che alcuni (facendo confusione sul cognome) descrissero come italo-americana, mentre in realtà era originaria della Mosella, la regione nell’est della Francia sul confine con la Germania.
I due si sposarono poco dopo essersi conosciuti, il 6 marzo 1866, e la loro relazione, pur tra gelosie e furiose liti, durò 51 anni, cioè fino alla morte di William, nel 1917.
Ebbero quattro figli: Arta Lucille (1866-1904), Kit Carson (1870-1876, così chiamato in onore del celebre esploratore e avventuriero), Orra Maude (1872-1883) e Irma Louise (1883-1918).
Dopo la fine della Guerra Civile e fino al 1872, Cody fece la guida, in abiti civili, per l’Esercito e per la Pacific Railway. Nel 1873, dopo una battaglia tra i due eserciti contendenti sul fiume Platte, ricevette la Medaglia d’Onore del Congresso, la più alta onorificenza militare degli Stati Uniti, per aver dimostrato «coraggio in azione».
Curiosamente, pochi giorni dopo la sua morte, il riconoscimento gli venne revocato, perché Cody era solo un civile al momento dei fatti, per essergli poi ufficialmente riassegnato nel 1989.
Fu in quel periodo che nacque la sua fama di cacciatore e gli venne affibbiato il soprannome con cui è universalmente noto: Buffalo Bill. Si stavano costruendo le grandi linee ferroviarie che avrebbero attraversato le pianure centrali per mettere in comunicazione le due coste degli Stati Uniti.
Gli operai della Union Pacific, che da est stava spingendo le sue rotaie verso la California, aumentavano in continuazione e avevano bisogno di cibo. Così i fratelli Goddard, di Kansas City, mandarono sul posto un giovane cacciatore: William F. Cody.
Per uno stipendio di 500 dollari al mese, Cody garantiva l’approvvigionamento di carne necessario: si trattava di carne di bisonte, l’unico grande bovino presente in abbondanza nelle
praterie. Si disse che, fra il 1868 e il 1872, avesse ucciso 4.280 bisonti.
Un giorno alcuni ufficiali provenienti da Fort Harker si imbatterono in un gruppo di 11 bisonti. Prima che riuscissero anche solo a imbracciare le loro armi, Cody aveva steso tutte le bestie usando solo 12 colpi della sua carabina.
Secondo una delle versioni, furono proprio quegli ufficiali, stupefatti per la precisione del ragazzo, a cominciare a chiamarlo Buffalo Bill. Non si trattava di un’esclusiva, già altri cacciatori prima di lui avevano portato quel nomignolo, ma a Cody restò attaccato per sempre.
Del resto, quella che possiamo considerare la versione “ufficiale” sulla nascita dell’appellativo rende il personaggio ancora più eroico. Pare infatti che lui e un altro cacciatore, un certo Bill Comstock, si fossero sfidati a ad abbattere il maggior numero di bisonti nell’arco di otto ore.
Cody uccise 68 animali, Comstock solo 48. Quest’ultimo, in parte di sangue cheyenne, era anche scout e interprete.
Per la sfida usò un fucile a ripetizione Henry, mentre Cody gareggiava con uno Springfield 1866 di grosso calibro, che lui chiamava “Lucrezia Borgia”, come la famosa e spietata nobildonna italiana del Cinquecento, protagonista di una popolare opera contemporanea di Victor Hugo.
3. Nascita di un mito
Eppure tutte queste imprese, per quanto straordinarie, non sarebbero bastate a fare di Cody l’eroe popolare e iconico che tutti conosciamo se lungo la sua strada non avesse incontrato Ned Buntline (1823-1886), un popolare scrittore di cronaca spicciola (spesso anche nera) ma aveva la capacità di rendere epica ogni sua narrazione.
Nel 1869, il ventitreenne Cody incontrò Buntline, il quale pubblicò sullo «Street and Smith’s New York Weekly» una storia basata sulle avventure del celebre cacciatore di bisonti (largamente inventate dallo stesso Buntline) e poi scrisse un romanzo di grande successo, Buffalo Bill, King of the Bordermen (Buffalo Bill, il re della Frontiera), che fu pubblicato a puntate sulla prima pagina del “Chicago Tribune”.
Era solo l’inizio di una serie che trasformò William Cody in personaggio, tanto che quando Ned gli chiese di interpretare una versione teatrale delle sue novelle, questi accettò senza alcuna esitazione di fare l’attore, interpretando se stesso per undici stagioni consecutive.
Nel 1883, ormai trasformatosi in uomo di spettacolo, Cody decise di mettere a frutto la popolarità garantitagli dalla propaganda di Buntline e creò il suo Buffalo Bill Wild West Show: uno spettacolo circense itinerante dove venivano ricreate tipiche scene western, fra cui la celebre battaglia di Little Bighorn, in cui aveva perso la vita il “generale” Custer.
Cody era un suo convinto estimatore e difensore, tanto che nel 1876, al Warbonnet Creek, aveva preso lo scalpo di un guerriero cheyenne (secondo quanto da lui stesso dichiarato) per vendicare la morte del biondo colonnello.
Della compagnia circense facevano parte indiani, cowboy, pistoleri e pistolere, ma anche cavalieri cosacchi, giapponesi e arabi, che davano un tocco di esotismo a uno spettacolo spesso sopra le righe.
Pare che Buffalo Bill sparasse utilizzando la tecnica Fanning, che consiste nell’armare il cane ripetutamente con la mano più debole (in genere la sinistra), mentre l’indice dell’altra tiene premuto il grilletto.
Secondo la leggenda, si allenava a sparare mettendosi a 7-8 metri di distanza da un melo del suo cortile, con la pistola nella fondina. Quando era pronto, estraeva la rivoltella e sparava due colpi in rapida successione: il primo tagliava il picciolo di una mela, il secondo invece la centrava in pieno, mentre cadeva dall’albero.
Fra i protagonisti dello spettacolo, a cui partecipavano veri cowboy e pellerossa, ci furono il leggendario capo sioux Toro Seduto, Calamity Jane, la tiratrice scelta Annie Oakley e Alce Nero.
Lo show ebbe uno straordinario successo di pubblico, negli Stati Uniti e in Europa, per più di vent’anni e a Londra, nel 1889, fu una delle attrazioni principali del Giubileo d’Oro della regina Vittoria.
L’anno seguente Buffalo Bill portò il suo spettacolo anche in varie città d’Italia, tra cui Napoli, Torino, Genova, Firenze e Roma, dove l’8 marzo 1890 perse la celebre sfida della doma dei puledri contro i butteri dell’Agro Pontino, guidati da Augusto Imperiali.
4. Cavalieri contro ciclisti
Sempre nel 1890, anche se ormai era un affermato showman, Cody partecipò, con il grado di colonnello, ad alcune operazioni militari contro i Sioux, che aveva già combattuto nel 1876.
Nel 1906 tornò a esibirsi in Italia, fermandosi, tra le altre città, a Torino e Milano.
Nel capoluogo torinese, dove lo spettacolo si tenne in Piazza d’Armi, lo chansonnier cieco (di nobili origini) Eugenio “Veritas” compose la celebre canzone Buffalo Bill a Torino, che racconta la fuga amorosa di Rosina, timida moglie timorata di Dio, che dopo aver assistito allo spettacolo western abbandona il marito per un “moretto” della troupe americana.
A Milano, invece, dove il Wild West Show (quattro treni speciali, 1.300 fra uomini e cavalli, 100 pellerossa fra capi, guerrieri, donne e fanciulli) si divise fra l’Arena e il Trotter, andò in scena la sfida fra un uomo a cavallo (che non era l’ormai anziano Cody, ma un suo giovane sostituto) e uno in bicicletta, l’italiano Romolo Buni.
Buni perse la gara, percorrendo poco meno di 100 km contro i 102 dell’avversario, ma per vincere il cowboy cambiò cavalcatura una dozzina di volte, mentre il ciclista si tenne le sue gambe per tutta la competizione.
Buffalo Bill passò poi in Veneto e fece una visita di piacere a Venezia, portando in gondola un piccolo drappello di indiani con le piume (la sua fiamma di allora, invece, una certa Missy, pare si sia rifiutata di salire sull’imbarcazione dopo averne visto la bizzarra fattura).
La gita in laguna finì con una sosta al ristorante per gustarsi una frittura di pesce. Buffalo Bill morì a Denver il 10 gennaio 1917, per insufficienza renale: aveva 71 anni.
La notizia della sua scomparsa fece il giro del mondo e messaggi di cordoglio arrivarono alla famiglia da parte del re inglese Giorgio V, del Kaiser Guglielmo II e del presidente americano Woodrow Wilson.
Cody fu battezzato il giorno prima della sua morte da padre Christopher Walsh, nella cattedrale di Denver, ma ricevette esequie in stile massonico, essendo anch’egli, come molti altri pionieri americani, associato a quel rito. Il servizio funebre si tenne presso l’Elks Lodge Hall di Denver.
Il governatore del Wyoming, John B. Kendrick, suo fedele amico, condusse la processione funebre. Al momento della sua morte, il patrimonio di Buffalo Bill ammontava a circa 100 mila dollari (più o meno 2 milioni di dollari di oggi).
Il 3 giugno 1917, fu sepolto a Lookout Mountain, a ovest di Denver, ai margini delle Montagne Rocciose, affacciato sulle Grandi Pianure. Il sito fu scelto dalla sorella, Mary Decker.
Il 9 giugno, il Wild West Show fu venduto a un ricco banchiere di Salina, in Kansas, per 105 mila dollari. Dei suoi quattro figli, solo la più giovane, Irma Louise, gli sopravvisse, morendo un anno dopo.
5. Buffalo Bill in Italia e i Buffalo Bill prima di Cody
- Buffalo Bill in Italia
L’accoglienza italiana riservata allo show di Buffalo Bill non fu affatto unanime: si andava dall’entusiasmo all’avversione verso uno spettacolo eterogeneo e un po’ troppo esotico per il gusto ancora provinciale dei nostri connazionali e dei giornalisti italiani.
Il 20 aprile 1906, la “Gazzetta del Popolo”, giornale di Torino, scrisse: «La celebrità delle pianure, il Re di tutti, riprodurrà fra noi le gesta compiute attraverso il continente americano, si mostrerà nell’abilità ad uccidere gli Siux (scritto proprio così) e terminerà lo spettacolo con l’apoteosi della pace e la danza delle nazioni».
Tre giorni dopo il commento fu questo: «Una quarantina di brutti ceffi vengono a salutare il pubblico. Sono quasi completamente nudi, ma non tema la società antipornografica, gli indiani sono talmente sovracarichi di vernici colorate che la loro pelle scompare sotto strati di giallo, di cinabro e di turchino».
A Padova, dove le squaw indiane vennero definite “brute vecie”, la cronaca fu davvero impietosa: «Certe americanate non si possono dimenticare così presto, quindicimila persone hanno assistito a una buffonata».
- I Buffalo Bill prima di Cody
Secondo alcuni studiosi, tra cui il naturalista e letterato Martin Garretson, dai primi dell’Ottocento fino all’avvento di William F. Cody (divenuto poi l’unico autorizzato a vantarsi del nome), decine di cacciatori di bisonti si soprannominarono o furono soprannominati Buffalo Bill.
Ciascuno di essi riteneva di essere l’unico a possere le credenziali per poter essere chiamato così e spesso polemizzava con gli altri Buffalo Bill, considerandoli dei volgari millantatori.
Oltre a William Cody, Garretson segnalò un precedente curioso, quello di William Matthewson, di professione commerciante, che negli anni Sessanta dell’Ottocento si distinse non tanto per il numero di bisonti uccisi, ma per il fatto di aver distribuito gratuitamente carne ai coloni del Kansas, stremati da una terribile carestia.
Modesto e pacifico per natura, Matthewson non volle approfittare della gratitudine che gli veniva tributata dalla popolazione, e si ritirò a vita privata nella città di Wichita. In questo modo il titolo di Buffalo Bill passò ad altri, per esempio Cody, la cui tecnica di caccia consisteva nel colpire i capibranco e costringere gli altri animali ad ammassarsi su di loro, divenendo così un bersaglio molto facile.