La lingua del camaleonte è l’arma più rapida del regno animale. I suoi arti prensili gli consentono di arrampicarsi su qualsiasi superficie.
E’ in grado di cambiare colore a piacimento e di guardarsi alle spalle mentre tiene d’occhio l’orizzonte.
Sembra la descrizione di un supereroe, e invece stiamo parlando di un animaletto che raramente supera il mezzo metro di lunghezza (e spesso non arriva neanche ai dieci centimetri), che vive nascosto nelle foreste pluviali o in cima alle montagne, ma che per qualche misterioso motivo è diventato un animale domestico molto gettonato.
Il camaleonte è, tra i rettili, uno dei più amati e dei meno conosciuti: solo il mese scorso sono state scoperte le sue eccezionali prestazioni “linguistiche” e le ultime teorie sulla sua capacità di cambiare colore potrebbero costringerci a rivedere il significato del termine “camaleontico”.
Ma cosa sappiamo davvero di lui? Scopriamolo insieme!
1. Zia iguana
I camaleonti, membri della famiglia Chamaeleonidae, sono parenti stretti delle iguane e delle cosiddette lucertole del Nuovo Mondo: frinosomi e diavoli spinosi, rettili dall’aspetto quasi alieno, ricoperti di spine e creste, simili a draghi o a foglie secche.
I nostri protagonisti non sono da meno: il camaleonte di Jackson (Trioceros jacksonii) ha tre corna sul muso, mentre il camaleonte velato (Chamaeleo calyptratus) ha una cresta che non stonerebbe su un dinosauro.
Le loro origini, d’altra parte, risalgono probabilmente al Cretaceo, quando i dinosauri erano ancora in circolazione.
Anche se il fossile conosciuto più antico risale a 60 milioni di anni fa, ed è stato ritrovato in Cina, è probabile che la famiglia sia comparsa intorno ai 100 milioni di anni fa, in Africa o in Madagascar, dove si trovano la maggior parte delle specie.
Un tempo il camaleonte era diffuso in tutto il pianeta, ma i cambiamenti climatici lo hanno ormai confinato, al di fuori dell’Africa, a sacche di resistenza in Asia e nell’Europa mediterranea, oltre che in zone dell’America dove si è diffuso dopo essere sfuggito alla cattività.
2. Dategli un ramo
Non deve sorprendere che oggi i camaleonti siano minacciati di estinzione, dopo aver prosperato per milioni di anni: la colpa del loro declino è dell’inquinamento e della deforestazione selvaggia.
A parte qualche eccezione, quasi tutte le 202 specie di camaleonte sono arboricole, programmate alla perfezione per sopravvivere nel loro habitat e, per contrasto, in difficoltà quando si devono adattare a un cambiamento brusco.
È per questo che chi ne tiene in casa uno (probabilmente un camaleonte velato, la specie più diffusa in forma domestica) si premura sempre di circondarsi di piante rigogliose: allontanato dai suoi alberi, il camaleonte soffre.
Il motivo, spiega uno studio pubblicato da BioMed Central, è nella struttura scheletrica delle zampe: le articolazioni di polsi e caviglie sono dette enartrosi, strutture sferiche che ruotano liberamente all’interno di una cavità.
Proprio come le nostre spalle, in grado di effettuare una vasta gamma di movimenti.
La libertà di azione nei camaleonti è ancora più amplificata, visto che l’articolazione è composta da otto elementi combinati, ed è perfetta per la vita sugli alberi.
Tra l’altro questi animali hanno dita identiche a quelle dei pappagalli: a terra li costringono a un’andatura goffa, ma sui rami garantiscono una presa perfetta.
Si capisce insomma perché un camaleonte ha bisogno del suo ramo per sperare di sopravvivere.
3. Chi sta guardando?
Le zampe non sono l’unica caratteristica che fa apparire questi animali un po’ alieni. Gli occhi, infatti, sono un vero capolavoro extraterrestre!
Pur non essendo l’unico animale al mondo a poter muovere i due occhi indipendentemente (lo fanno altri rettili, molti uccelli e persino i ratti), è l’unico che riesce a unire la precisione della visione stereoscopica con la comodità di quella panoramica.
La visione stereoscopica è tipica dei predatori, e in generale degli animali che hanno gli occhi posizionati frontalmente sul cranio.
Consente di giudicare con precisione la profondità e di focalizzare lo sguardo su un singolo obiettivo, un risultato che i camaleonti ottengono semplicemente ruotando gli occhi nella stessa direzione.
La visione panoramica, invece, è caratteristica degli animali che hanno gli occhi sui due lati della testa, e che li usano per concentrare l’attenzione su un singolo oggetto senza rinunciare a tenere d’occhio l’ambiente circostante.
L’angolo di visione varia da animale ad animale, e nei camaleonti raggiunge i 360°: il nostro errore, come ha scoperto nel mese di ottobre 2015 un team dell’Università di Haifa, in Israele, è stato credere che l’indipendenza dei due bulbi fosse totale, e che il camaleonte, semplicemente, vedesse il mondo da due telecamere contemporaneamente.
Facendo interagire i camaleonti con un videogioco (pare che ne vadano matti) che li obbligava a seguire due bersagli diversi, i ricercatori hanno notato invece che c’è coordinazione tra gli occhi: uno si focalizzava sull'obiettivo statico, mentre l'altro seguiva quello in movimento, in attesa che si sovrapponesse con il primo.
Solo a quel punto scattava la lingua, a prova del fatto che i camaleonti sanno coordinare la visione tra gli occhi ma anche dare la priorità a uno dei due, mettendo l’altro al suo servizio. Una soluzione che ha stuzzicato l’interesse dell’industria militare e robotica.
4. Ci sono, non ci sono e la tecnologia da copiare
Che dire infine della sua caratteristica più famosa, ovvero la sua incredibile capacità mimetica?
Il camaleonte cambia colore per adattarsi alla superficie su cui è appoggiato grazie a un complesso sistema di nanocristalli che stiamo già cercando di copiare.
Ci sono specie, come il camaleonte nano di Smith (Bradypodion taeniabronchum), che usano questa abilità per nascondersi.
Nella maggior parte dei casi è però inesatto affermare che il camaleonte cambia colore per mimetizzarsi con il fondale: anzi, la pelle è uno dei suoi principali strumenti di comunicazione.
Un camaleonte che vuole mettersi in mostra o affermare il proprio dominio su un territorio si accenderà di colori brillanti, mentre diventerà nero prima di uno scontro. Le femmine cambiano tinta quando sono pronte a riprodursi, e un camaleonte malato sarà pallido e smorto.
Senza dimenticare che una pelle più scura trattiene meglio il calore, e che un esemplare accaldato può sempre impallidire per rinfrescarsi (i camaleonti sono eterotermi, e usano la pigmentazione per regolare la temperatura).
Tecnologia da copiare:
Nessun animale terrestre cambia colore con l’efficienza e la rapidità del camaleonte. Il segreto sta nelle cellule chiamate cromatofori, che si trovano, divise in strati di diverso colore, sotto l’epidermide (che è trasparente).
Gli strati sono tre: quello più profondo è composto di melanofori (marroni); seguono gli iridofori (blu); infine, gli xantofori (gialli) e gli eritrofori (rossi).
Attivando selettivamente ciascuno di questi strati, e combinandoli tra loro, i camaleonti coprono un’intera gamma di colori se esposti a una fonte di luce.
È proprio questo dettaglio che ha ispirato Debashis Chanda della University of Central Florida, che è riuscito a creare un materiale ultrasottile e molto flessibile che può cambiare colore grazie a uno stimolo elettrico.
Il nanomateriale è strutturato come la pelle di un camaleonte, con uno strato di cristalli liquidi (i cromatofori) appoggiato sopra una struttura metallica in grado di reagire a scariche elettriche che gli fanno cambiare colore.
Il nuovo materiale potrebbe essere usato per creare schermi ultrasottili o nella produzione di tessuti.
5. Un’arma in bocca e mascotte ambientale
- Un’arma in bocca
Speriamo allora che i militari non mettano mai gli occhi sulla ricerca di Chris Anderson (Brown University) che per la prima volta ha misurato la velocità della lingua delle specie più piccole (e meno studiate) di camaleonte.
La lingua è un altro dei marchi del camaleonte: velocissima e appiccicosa, lunga circa il doppio del corpo dell’animale, è composta di un tessuto muscolare elastico che viene prima contratto e poi istantaneamente rilasciato.
Il risultato è un rimbalzo che fa accelerare spaventosamente la lingua in estensione: se fosse una macchina, diremmo che fa da 0 a 100 km in un centesimo di secondo!
La ricerca si è focalizzata su specie minuscole (e in particolare sul Rhampholeon spinosus), delle quali si pensava non potessero fornire prestazioni simili; e invece, spiega Anderson, «le loro performance sono state incredibili, migliori anche di quelle delle specie più grandi. Nessun vertebrato terrestre raggiunge queste velocità». - Mascotte ambientale
Un’ultima prova dell’eccezionaiità dei camaleonti arriva da una scoperta avvenuta a maggio 2015 e che darebbe a questi rettili un ruolo da protagonista nella salvaguardia della foresta tropicale.
Su Molecular Ecology è comparso uno studio che svela come il camaleonte pantera (Furcifer pardalis), un enorme (60 cm) camaleonte del Madagascar la cui colorazione vivace varia da zona a zona dell’isola, non sia una singola specie, ma undici diverse.
Secondo gli scienziati è una (ideale) esplosione di biodiversità, l'arrivo sulla scena di nuovi protagonisti che serviranno come simbolo per sensibilizzare ancor di più il mondo sui rischi della deforestazione selvaggia.
Non male per un animale che è famoso per la sua capacità di sparire sullo sfondo.