Camminare: tutti i benefici di una semplice attività

Sapere genericamente che “muoversi fa bene” è una frase fatta che difficilmente può spingere qualcuno a vincere la naturale tendenza alla sedenta­rietà.

Viceversa, avere una maggiore consapevolezza di quali sono i benefici scientifi­camente accertati, derivati da un’attività fisica anche solo di media intensità, può consentire di riconoscersi in una delle ca­tegorie che andremo a descri­vere e, quindi, avere la consa­pevolezza che questo tipo di esercizio è assolutamente adat­to alle proprie necessità.

Anche se è sempre bene ricor­dare che il dimagrimento non può prescindere da una corre­zione delle abitudini alimentari, è giusto sottolineare che l’atti­vità fisica di media intensità aggredisce le riserve adipose e a facilita il calo ponderale.

Ciò accade perché un particolare meccanismo metabolico fa sì che quando l’esercizio si man­tiene costantemente tra le 100 e le 140 pulsazioni al minuto, si utilizzano principalmente i grassi come fonte energetica.

Il grasso che viene bruciato, pe­raltro, è soprattutto quello viscerale, quello più pericoloso perché innesca fenomeni di tipo infiammatorio che possono pre­disporre verso malattie di vario genere. Per fortuna questo tes­suto adiposo, purtroppo assai facile da accumulare, è anche quello che per primo viene eli­minato quando si inizia a fare movimento.

È stato dimostrato che l’attività del camminare consente di di­minuire la quantità di coleste­rolo totale nel sangue ma, so­prattutto, aiuta a riequilibrare il rapporto tra colesterolo LD e HDL.

 

Noi, infatti, non dobbia­mo mirare all’eliminazione del colesterolo, dato che questa so­stanza è indispensabile per la nostra salute poiché aiuta la sintesi degli ormoni, è coinvol­to nei processi di crescita e di­ visione cellulare ed è essenzia­le, per esempio, nello sviluppo embrionale.

Bisogna però tene­re in equilibrio i due tipi di co­lesterolo, cioè quello che porta il grasso alle cellule e quello che, invece, serve a riportarlo al fegato.

La camminata spor­tiva, condotta in maniera rego­lare, è in grado di far aumenta­re la quantità di colesterolo definito “buono” (cioè l’HDL) del 9%. Una quantità non tra­scurabile considerando che, eliminando le proteine animali, non si riesce a far scendere il colesterolo totale più del 20%.

Una ricerca neozelandese dell’università di Otago ha di­ mostrato che bastano 10 minu­ti di camminata dopo i pasti per diminuire in maniera significa­tiva i picchi di glicemia.

Si trat­ta di una ottima notizia per tut­ti coloro che soffrono di quella condizione chiamata “resisten­za insulinica” , che spesso pre­cede il diabete vero e proprio, e che determina una sovra-produzione di insulina da parte del pancreas per consentire alle cellule di immagazzinare gli zuccheri in eccesso nel sangue.

La riduzione della glicemia può giungere fino al 12% dopo soli 10 minuti di camminata, ma raggiunge addirittura il 22% se la passeggiata dura mezz’ora. Si tratta di una conferma scien­tifica dell’antica abitudine di fare una passeggiata dopo un pasto per digerire meglio: la scienza dimostra che migliora 11 profilo glicemico e consente di prevenire il diabete.

Continuiamo allora la nostra “carrellata” di benefici per l’organismo che si possono conseguire attraverso una pra­tica regolare della camminata come esercizio per la salute.

 

1. PROTEGGE IL SISTEMA CARDIOVASCOLARE ED AIUTA A PREVENIRE PERSINO I TUMORI

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- PROTEGGE IL SISTEMA CARDIOVASCOLARE

Parliamo da un princi­pio molto importante: il cuore è un muscolo e, come tutti i musco­li, si mantiene ben efficiente se viene allenato.
Il movimento che mantiene in salute il cuore è quello di contrazione e rila­scio (diastole e sistole). Quan­do facciamo attività fisica, do­vendo portare più nutrimento a muscoli e cervello, la frequen­za cardiaca aumenta.
In questo modo il cuore accelera il suo battito ma, se questo viene ese­guito entro certi ritmi che defi­niamo fisiologici, dargli questi piccoli momenti di impegno non gli fa assolutamente male, anzi, lo rende pronto per tutte quelle situazioni di necessità in cui deve pompare più forte.
Uno studio svedese pubblicato sulla rivista specialistica “Journal of the American cardiology”, ha stabilito che possono bastare anche soli 20 minuti di camminata quotidiana ogni giorno, di buon ritmo, per diminuire in maniera sostanziale il rischio di patologie cardiovascolari connesse alla sedentarietà.
Tale effetto è stato anche quan­tificato nel 21% di diminuzio­ne relativa al rischio di andare incontro a un evento acuto.
Secondo i ricercatori l ’età in cui si comincia a fare esercizio non conta: ogni momento è buono per ottenere il beneficio desiderato, a patto che l’ ap­proccio sia commisurato alle capacità fisiche del soggetto. Insomma: si raccomanda sem­pre gradualità.
Un altro effetto positivo della camminata riguarda la circolazione delle gambe che, dopo una certa età, può diventare più rallentata e difficoltosa, dando così origine a problemi vascolari che possono degenerare in varici e flebiti.
Ebbene camminare con una certa regolarità, stimola tutta la muscolatura che comprime la vena safena, migliorando il ritorno del sangue al cuore e impedendo in questo modo (o quantomeno mitigando) la tendenza al ristagno a livello delle caviglie o dei piedi.
Per completare l’effetto positivo della camminata si può eseguire a fine esercizio un pediluvio fresco, in modo da dare un’ulteriore sferzata di energia ed elasticità.
Se il disturbo cardiaco o vascolare è compatibile con l’attività fisica, ecco che la camminata è sicuramente la migliore, tra le tante.
Alcune metanalisi compiute dai ricercatori dell’Università di Harvard hanno infatti chiarito che una camminata a passo moderato della durata di almeno 30 minuti per tre giorni a settimana riduce il rischio di recidiva dall’evento del 20%.
Sempre gli stessi scienziati hanno stabilito che due gemelli con abitudini di vita differenti godono della stessa salute fino a circa 50 anni. Poi, coloro che hanno praticato attività fisica dopo questa età, godono di salute migliore, maggiore benessere e resistenza alle malattie.

 

 

- AIUTA A PREVENIRE PERSINO I TUMORI

Negli ultimi anni l’oncologia ha acquisito una maggiore consapevolezza di come, a fianco delle sostanze cancerogene e nocive, anche la sedentarietà costituisca un fattore di rischio per la malattia tumorale.
Il motivo è parzialmente sovrapponibile a quelli che abbiamo già espresso nel corso delle pagine precedenti, quando abbiamo trattato l’argomento delle malattie metaboliche: la sedentarietà, innescando meccanismi di accumulo di adipe specie a livello dei visceri, porta a una situazione costante di infiammazione e questa è coinvolta nella genesi di diversi tipi di cancro.
Ma la ricerca è andata oltre e siamo in grado, oggi, di descrivere una lunga teoria di ragioni per cui l’attività motoria aiuta a prevenire le malattie neoplastiche. Prima di rendere conto di queste ragioni, è però necessario offrire qualche numero in più: quello relativo alla diminuzione delle percentuali di rischio.
Una ricerca congiunta, condotta negli Stati Uniti da parte del National Cancer Institute, dell’American Cancer Society e dell’Harvard T.H. Chan School of Public Health e pubblicata sul Journal of Clinical Oncology, ha chiarito che lo sport svolge un ruolo importante nella prevenzione di ben sette malattie oncologiche.
Secondo le ricerche, implementando l’attività fisica nelle proprie abitudini di vita è possibile ridurre fino al 18% il rischio di tumore del colon e del 10% quello del seno. Ottimi risultati si ottengono anche con il mieloma (fino al 19%) e con il carcinoma renale (fino al 17%).
Anche il fegato se ne giova perché, come abbiamo visto, agisce sulla condizione di fegato grasso che è un fattore di rischio: la riduzione in questo caso giunge fino al 27%.
Per le donne è interessante notare il calo del rischio di carcinoma all’endometrio (fino al 18%) così come per l’uomo è notevole la protezione sul carcinoma della prostata (fino a 15%).
Anche un tumore particolare, come il linfoma non-Hodgkin, si sviluppa meno tra chi ha una vita attiva (fino al 18%).
Secondo altre ricerche, condotte però su un numero inferiore di persone, gli effetti preventivi si estenderebbero anche su altre neoplasie; gli esperti del National Cancer Institute, in una ricerca pubblicata su Jama Internal medicine, aggiungono alla lista anche i carcinomi a carico di stomaco, vescica, pancreas, esofago e le leucemie.
L’attività fisica induce nelle cellule maligne quella sorta di “suicidio cellulare programmato” che in termini medici viene chiamato apoptosi, grazie al quale le cellule mutate si eliminano prima di proliferare. Inoltre, regolando i meccanismi infiammatori, diminuisce anche il turnover cellulare, con una conseguente diminuzione dei meccanismi di replicazione delle cellule stesse.
Ciò fa sì che si riduca il rischio di errore tra la cellula madre e la cellula figlia, con un conseguente ulteriore calo del pericolo.

 

2. L’AZIONE SULLA PSICHE

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Camminare, come abbiamo visto, rappresenta una importante protezione contro alcune delle più temibili malattie del nostro tempo.

Ma i motivi per cui dovremmo introdurre questa preziosa abitudine di vita nel nostro quotidiano non si fermano al benessere del corpo e riguardano anche la mente.

L’attività fisica di tipo aerobico, di cui la camminata fa parte ed è il gesto più naturale in tal senso, serve infatti a migliorare l’efficienza del cervello, con importanti conseguenze sul piano neuro-psicologico.

 

- PREVIENE IL PARKINSON E ANCHE L’ALZHEIMER
I benefici di tipo neurologico si concentrano essenzialmente nella prevenzione (ma anche nel sostegno alle terapie) delle malattie di Parkinson e Alzheimer.
Come spiegano i documenti OMS, la prevenzione si giova del moto quotidiano perché questo porta un maggiore afflusso di sangue al cervello, migliorando quindi la rimozione delle placche tossiche di proteina beta amiloide (nel caso dell’Alzheimer) e proteina tau (per ciò che riguarda il Parkinson) dai neuroni e contribuendo, in questo modo, a una loro più efficace ossigenazione.
Non è un caso che un capitolo importante sul contrasto a queste malattie sia dedicato proprio al ruolo delle attività fisiche, che si sono dimostrate in grado di migliorare l’effetto di quelle farmacologiche e contribuiscono così in maniera sensibile al rallentamento del decorso delle malattie stesse.

 

- STIMOLA LA RIGENERAZIONE DEI NEURONI
Camminare, peraltro, rappresenta anche un modo assolutamente naturale per stimolare la neurogenesi, cioè la formazione di nuove cellule cerebrali: un tempo si riteneva che ciò fosse impossibile ma oggi sappiamo che tale meccanismo si giova del moto e dell’attività aerobica.
Uno studio pubblicato sulla rivista Cell ha infatti dimostrato che, mantenendo la camminata a passo svelto come abitudine di vita quotidiana, si stimola la crescita di nuove cellule cerebrali a sostituzione di quelle vecchie.
Ciò vale soprattutto per quelle del sistema dopaminergico le quali, come suggerisce il nome, servono a sintetizzare a livello cerebrale la dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto in moltissime funzioni: serve infatti a definire la precisione e il controllo dei nostri movimenti (inibendo quelli caotici che andrebbero a disturbare gli stessi), aiutando così a combattere i tremori del Parkinson.
Ma la dopamina è anche un agente che serve a generare il senso di appagamento e gratificazione e non a caso la sua carenza è spesso connessa all’insorgere di sindromi di tipo depressivo.

 

- È UNA VERA TERAPIA CONTRO LA DEPRESSIONE
Tale effetto sul sistema dopaminergico spiega anche come mai la camminata abbia un effetto sulla depressione.
Lo dimostra uno studio norvegese condotto su 34 mila persone da parte di un ente chiamato Black dog (cane nero), un istituto dedicato alla ricerca sui disturbi di tipo depressivo. Ebbene Samuel Harvey, neurologo e ricercatore dell’istituto, ha dimostrato che il 12% del totale dei casi di depressione di grado lieve o moderato (i più diffusi), sarebbero evitabili con sole due ore di moto alla settimana.
Una quantità di esercizio assolutamente alla portata di tutti e facilmente implementabile nella vita quotidiana. Già addirittura con una sola ora di attività fisica settimanale (la camminata di buon passo è proprio quella suggerita da Samuel Harvey) il beneficio è sensibile e la riduzione del rischio significativa.
Ma non è tutto, perché la camminata veloce è utile anche per il controllo di altri disturbi della sfera psicologica, a cominciare dalla gestione dello stress e del suo correlato psichico più stretto: l’ansia.

 

3. GLI ALTRI BENEFICI DELL’ATTIVITÀ FISICA PER LA SALUTE DELLA NOSTRA PSICHE

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La camminata, come abbiamo visto, modifica in positivo la chimica cerebrale.

Ciò aiuta a liberarsi dalle morse della preoccupazione, della fretta immotivata e dei pensieri che sembrano soffocare.

Ciò accade anche perché, oltre a bloccare la produzione di sostanze positive, favorisce la produzione di quelle che ci fanno stare bene.

- AIUTA A PRODURRE PIÙ ENDORFINE
Le endorfine sono dei veri e propri ormoni della felicità e concorrono a darci sensazioni di benessere.
Per esempio, sono le sostanze che vengono rilasciate in grandi quantità con il piacere sessuale e non danno solo un senso di maggiore rilassatezza, ma concorrono anche al porsi positivamente nei confronti degli avvenimenti della vita.
Anche durante l’attività fisica si liberano significative quantità di endorfine e ciò avviene perché il lavoro muscolare può provocare delle minime lesioni ai muscoli stessi (la rottura delle fibrille) che, il giorno dopo, tutti avvertono con il classico “mal di gambe”.
L’organismo reagisce a questo dolore liberando queste sostanze e ciò determina, alla fine del tempo dedicato all’esercizio, quella sensazione di calma e serenità che molti raccontano.
La quantità di endorfine rilasciate in seguito ad una seduta di attività fisica è cinque volte superiore a quella che viene prodotta riposando. Ecco perché, almeno a livello cerebrale, non è certo l’ozio l’attività più rilassante.

 

- ANNULLA GLI EFFETTI NOCIVI DEL CORTISOLO
Quando siamo sotto pressione, il nostro cervello ha bisogno di lavorare velocemente e, per fare ciò, il corpo si adegua producendo una serie di ormoni che convogliano le energie verso il sistema nervoso.
Il principale è il cortisolo, rilasciato su comando del cervello lungo l’asse ipotalamo/ipofisi/surrene. Un po’ di cortisolo serve a essere attivi e pronti, ma una continua produzione finisce con intossicare l’organismo: aumenta il desiderio di zuccheri e determina, alla lunga, insonnia, stanchezza, confusione mentale, insicurezza e ansia.
Camminare, è stato accertato dagli scienziati dell’Università di Princeton (Stati Uniti), aiuta a spezzare la catena della produzione di cortisolo e a riequilibrare la chimica cerebrale del cervello, restituendo quindi maggiore serenità ma non solo: migliorando anche i parametri di resa intellettuale.

 

- MIGLIORA LA LUCIDITÀ MENTALE E IL “PROBLEM SOLVING”
Gli esperti dell’Università di Princeton hanno accertato sperimentalmente che il moto migliora le performance di ragionamento.
Hanno preso due gruppi di cavie e la prima è stata “impigrita”, mentre la seconda ha avuto modo di rimanere attiva.
Con l’introduzione di alcuni stressor ambientali nel “setting” di sperimentazione, è stato notato che le cavie abituate a muoversi hanno risposto in maniera più serena e si è strumentalmente riscontrata una minore eccitazione dei neuroni dell’area dell’ippocampo.
Questo esperimento si concilia perfettamente con le testimonianze di coloro che, di ritorno da una camminata, riescono a riprendere il loro lavoro intellettuale in maniera più serena e produttiva di quanto non riuscissero a fare prima della seduta allenante.
Se i livelli di ansia scendono, i neuroni diventano meno suscettibili ai meccanismi di eccitazione biochimica che sono alla base dell’ansia stessa.
Ecco perché questo tipo di attività è suggerita a tutti coloro che soffrono di disturbi correlati a questo stato psichico: è probabile che la sedentarietà giochi un ruolo importante nella genesi del disturbo.

 

4. GLI ALTRI VANTAGGI ACCERTATI

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Quando parliamo di problemi cardiovascolari, tumorali e anche della psiche tocchiamo un tasto che colpisce l’emotività di tanti: si tratta infatti di patologie importanti da un punto di vista epidemiologico e che creano grandi preoccupazioni, quando pensiamo al mantenimento della nostra salute.

Tuttavia la vita di ogni giorno è fatta anche di altri fastidi, forse meno significativi da un punto di vista clinico, ma non per questo da trascurare se parliamo del loro impatto sulla qualità della vita.

Ebbene, la camminata veloce è in grado di “dire la sua” anche in queste situazioni. Vediamo alcuni esempi importanti.

 

- UN RIMEDIO CONTRO IL MAL DI TESTA
La giusta dose di esercizio fisico può essere molto utile per migliorare lo stato dei cefalalgici, cioè coloro che soffrono di mal di testa.
Tra gli esercizi suggeriti, la camminata è uno dei più gettonati perché si tratta di uno sforzo non troppo intenso (e quindi non provoca spasmi a livello dei vasi sanguigni, innescando emicrania) e che ossigena in maniera ottimale le cellule del sistema nervoso.
Inoltre, abbattendo i livelli di stress, aiuta nella prevenzione della cefalea tensiva (quella che si manifesta con la sensazione di avere un casco troppo stretto che cinge il capo).
Combattendo la sedentarietà si annulla anche l’effetto di una sostanza, il Cgrp. Si tratta di un potente vasodilatatore che tende a prodursi per eccesso di grasso viscerale che innesca le crisi di emicrania (il mal di testa pulsante che insiste su uno dei due emisferi cerebrali).

 

- PROTEGGE LA CAPACITÀ RESPIRATORIA
La Società Italiana di Pneumologia ha già diversi anni fa lanciato una campagna chiamata “Get Moving BPCO”, laddove BPCO sta per broncopneumopatia cronico ostruttiva, una forma di bronchite cronica evolutiva che, nel tempo, determina scompenso cardiaco e insufficiente capacità respiratoria e polmonare.
Ebbene, al di là dei rimedi farmacologici, per la prevenzione e la gestione della BPCO i medici raccomandano una attività fisica di tipo aerobico regolare.
La camminata è esattamente il tipo di esercizio fisico suggerito a questo scopo e, oltre a svolgere un’azione preventiva, è anche molto utile per i pazienti, al fine di stabilizzare la loro condizione clinica ed evitare che questa possa peggiorare nel tempo.
Il movimento può ridurre i ricoveri per difficoltà respiratorie del 30% e la mortalità del 40%.

 

- STIMOLA L’ATTIVITÀ DIGESTIVA
Secondo Loretta Di Pietro, docente di scienze motorie alla Milken Institute School of Public Health della George Washington University, la tradizionale abitudine italiana di fare due passi dopo mangiato è tra le più consigliabili, dopo un pasto, più ancora se abbondante.
La saggezza popolare ha infatti anticipato alcune importanti scoperte fatte più di recente, per cui una camminata (anche a passo lento, ma costante) dopo essere stati a tavola, oltre a stimolare la digestione e velocizzare il transito lungo lo stomaco, migliora l’assorbimento dei nutrienti e diminuisce quello degli zuccheri, “appiattendo” così la curva glicemica e migliorando l’azione dell’insulina.
Peraltro gli studi hanno anche accertato che, portando il cibo verso l’intestino grazie al moto, si regolarizza più facilmente l’azione di alcuni ormoni che sono correlati al senso di sazietà e che vengono prodotti con maggiore efficienza mano a mano che il cibo transita dallo stomaco verso le vie digestive più basse.
Infine una camminata aiuta a superare la sonnolenza post prandiale, dovuta al maggiore afflusso di sangue verso stomaco e intestino.

 





5. DALLA TESTA AI PIEDI, TUTTO IL CORPO SI GIOVA DI QUESTO MOVIMENTO NATURALE

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È significativo comprendere come la camminata (a passo più o meno svelto) sia in grado di aiutare la salute di qualsiasi distretto corporeo e di tantissime funzioni.

Non c’è che dire: nel nostro DNA i geni della camminata riescono ad attivare molti meccanismi benefici per l’organismo.

 

- STIMOLA L’INTESTINO PIGRO
Sempre continuando il discorso sulla digestione, è importante ricordare che la camminata aiuta l’intestino pigro a liberarsi, perché il movimento migliora la peristalsi.
Non è solo una questione di “forza di gravità”: il motivo è anche di tipo biochimico. Abbiamo detto che la camminata stimola la produzione di serotonina, ebbene questa viene sintetizzata anche a livello intestinale e governa i movimenti dello stomaco e dell’intestino stesso.
Ecco perché camminare di buon passo (se unito a una dieta che facilita il compito) aiuta a regolarizzare l’alvo e a eliminare così le infiammazioni di tipo enterico, che provocano spasmi, dolori, gonfiore e altri fastidi.

 

- MANTIENE ELASTICHE LE ARTICOLAZIONI
Quando camminiamo, sollecitiamo in maniera dolce le nostre articolazioni senza provocare grandi traumi e, soprattutto, usando muscoli, tendini e legamenti nel modo corretto.
La regola che molti ortopedici adottano, nella prevenzione dei fenomeni artrosici a carico delle ginocchia, delle caviglie e delle anche, è quella dei seimila passi al giorno.
Si tratta di un movimento che serve a rigenerare le cartilagini e a far produrre nuovo liquido sinoviale (quello di nutrimento delle parti molli delle articolazioni) da parte dei sinoviociti, le cellule preposte a questo importante scopo.
La facoltà del camminare, insomma, si mantiene proprio camminando ed è quindi necessario mantenersi attivi per ritardare i fenomeni artrosici, che dipendono da uno stato di costante infiammazione connesso alla sedentarietà.

 

- DIFENDE DALL’INVECCHIAMENTO OSSEO
Similmente a quanto abbiamo detto per i fenomeni di invec­chiamento articolare (le artro­si), anche l ’invecchiamento osseo viene efficacemente combattuto grazie a un’attività fisica come la camminata.
Ciò avviene essenzialmente per tre motivi. Il primo è quello corre­lato all’ attivazione degli osteoblasti, le cellule deputate alla rigenerazione dell’osso.
Il mo­vimento (lo ricordiamo) mi­gliora anche l’assetto ormona­le, risveglia queste cellule che, nel corso del tempo, tendono a impigrirsi già dopo i 30 anni di età. In secondo luogo non dobbiamo trascurare l’ azione della stessa sui muscoli, i quali of­frono così un migliore sostegno a ossa che potrebbero essersi infragilite e, dunque, l ’azione di sostegno delle fasce musco­lari è molto importante. In ter­zo luogo dobbiamo pensare che, quando si pratica attività fisica all’ aperto, ci si espone all’ azione dei raggi solari.
Di­venta quindi più facile sintetiz­zare la vitamina D, che è un vero e proprio ormone utile a stimolare processi di calcifica­zione delle ossa.

 

- REGOLA IL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA IMMUNITARIO
Le ricerche indicano che, gra­zie a una camminata di soli 30 minuti ogni giorno, possiamo potenziare l’azione delle cel­lule B e T del nostro sistema immunitario.
Il rilascio dei globuli bianchi avviene con maggiore rapidità e così la reazione dell’organismo alle aggressioni di tipo virale o bat­terico è più effi­cace e, soprat­tutto, ancor più immediata. Inoltre l’accele­razione del flus­so sanguigno, du­rante il moto, fa sì che gli anticorpi viaggino lungo tutto il corpo, potenziando così l’azione di vigilanza nei confronti dei patogeni.
L’atti­vità di regolazione del sistema immunitario, peraltro, è utile anche a quanti soffrono di pa­tologie autoimmuni, cioè co­loro i quali hanno difese trop­po “aggressive” le quali attaccano per errore anche cellule sane dell’organismo.
Dunque è più corretto parlare di regolazione del sistema, più che di un suo potenziamento, dato che l’effetto positivo si riscontra in ambedue i casi.

 

- SPAZZA VIA I GRASSI DAL SANGUE
Anche in questo caso camminare svolge un’azione benefica sui valori ematici che ci servono a controllare i parametri della nostra salute generale.
I trigliceridi, cioè i grassi disciolti nel sangue, possono subire una diminuzione complessiva che arriva fino al 14% se si esegue questo esercizio con regolarità.
Il punto, come abbiamo avuto modo di accennare prima, è che la camminata rappresenta uno sforzo a bassa intensità, ragione per cui le prime sostanze che vengono mobilizzate per produrre energia sono proprio i grassi. Il sangue, insomma, viene sostanzialmente ripulito e ciò permette di salvaguardare ancora meglio la salute cardiovascolare.

 

PUÒ CURARE IL “FEGATO GRASSO”
Definita anche “steatosi epatica”, il fegato grasso più che una malattia vera e propria rappresenta una condizione di squilibrio che va corretta con rapidità affinché non evolva verso forme infiammatorie che, nel lungo periodo, possono poi generare la cirrosi epatica.
Il nome “fegato grasso” (che rappresenta una efficace traduzione dall’inglese “fat liver”) suggerisce la condizione per cui nella ghiandola si è verificato un eccessivo accumulo di grassi nelle cellule epatiche, che in tale condizione raggiunge e supera (in termini di peso) il 5-10% del peso totale del fegato stesso.
Ebbene l’introduzione di attività fisica (a bassa intensità, come la camminata veloce) aiuta il fegato poiché questo tipo di esercizio consente di bruciare prima proprio le riserve di grasso immagazzinate nel tessuto epatico.

 

- REGOLA LE FUNZIONI DELLA TIROIDE
La sedentarietà è nemica della tiroide: muovendoci poco non ne stimoliamo le funzioni e il metabolismo rallenta. È come quando usiamo poco i muscoli, o le nostre capacità cognitive: quando una funzione del corpo umano non viene adeguatamente tenuta in allenamento, ecco che piano piano inizia a funzionare male.
Uno dei motivi per cui la camminata di buon passo svolge un’azione positiva sulla tiroide è da cercare nel fatto che per muoversi il nostro organismo ha bisogno di tirosina, l’ormone prodotto dalla ghiandola tiroidea.
La sedentarietà fa sì che la ghiandola lavori meno e, dunque, la nostra efficienza metabolica peggiora: ci si sente più deboli, fiacchi, svogliati e aumenta la tendenza ad accumulare peso, con tutte le conseguenze negative che ben conosciamo e che dobbiamo cercare di evitare.

 

- AIUTA A ELIMINARE L’ACIDO URICO
Chi si muove, suda. E chi suda, è spinto a reintegrare i liquidi persi in modo da stimolare l’eliminazione delle tossine. È questo il motivo per cui una costante attività fisica, anche a bassa o media intensità, se seguita da una corretta idratazione, aiuta a diminuire i livelli di uricemia nel sangue.
Scienziati cinesi dell’Università del Sichuan hanno scoperto che grazie a una camminata breve (un chilometro e 600 metri) di buon passo (media di otto chilometri all’ora), in soli 45 giorni si ottiene una riduzione significativa dei livelli di acido urico nel sangue.
Come avviene tutto ciò? La spiegazione è la seguente: grazie a poco meno di 20 minuti (al giorno) di camminata, bruciamo ATP, una sostanza che, se inutilizzata, viene convertita in adenina, una delle basi azotate che concorre alla produzione di acido urico.

 








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