Per chiederci qualcosa, per segnalare l’arrivo di un intruso, per tenere a distanza un altro cane incontrato per strada, il nostro amico spesso si fa sentire attraverso l’abbaio.
E lo fa con frequenza, ormai abituato e convinto che in questo modo riuscirà a ottenere quanto preteso, intimato, urlato.
In men che non si dica, ci troveremo a confessare a noi stessi “di avere un problema”, chiedendoci come si possa farlo smettere di infastidirci e infastidire gli altri.
Questo problema aumenta a dismisura di fronte alle possibili ire dei vicini, spesso pronti a comunicarci quanto, in nostra assenza, il cane abbia rovinato la quiete generale.
Eppure, pensandoci bene, quasi sempre siamo proprio noi a incentivare l’uso dell’abbaio, mettendo il cane nelle condizioni di comprendere come l’impiego della voce sia appagante e vincente.
All’inizio può sembrare un gioco, quasi ci compiacciamo nel sentirlo rivolgersi in questo modo, o nel verificare come i vocalizzi emessi siano divenuti un deterrente.
A lungo andare, tuttavia, la situazione potrebbe sfuggirci di mano, richiedendo in alcuni casi l’intervento di esperti del settore. Ancora una volta, quindi, vale il detto “meglio prevenire che curare”!
Inattività, ricerca di attenzione, allontanare una minaccia… il cane ha imparato ad abbaiare per ottenere ciò che vuole e per comunicare con noi. Se esagera, possiamo insegnargli a contenersi. Ecco come!
1. Non è più un lupo
Che i lupi ululino è noto e questo suono serve, tra le altre cose, a entrare in contatto con il resto del branco quando i membri sono fuori vista.
Ma non è raro sentire l’ululato provenire anche dalle nostre case... soprattutto quando il cane resta solo.
Ebbene, esattamente come il lupo, il nostro amico sta disperatamente cercando di entrare in contatto con il suo branco lontano e invisibile, cioè noi.
Un chiaro segnale di forte disagio, dunque. Ma a volte i cani ululano anche in risposta al suono emesso da altri cani lontani oppure per reazione a suoni come quelli delle sirene o delle campane.
Per quanto possa sembrarci strano, siamo stati proprio noi a incoraggiare il cane a comunicare con la voce. Infatti, facendo un raffronto con il suo progenitore selvatico, il lupo, notiamo come quest’ultimo preferisca un repertorio comunicativo per lo più silenzioso, fatto di mimiche e di posture.
A parte l’ululato, è molto difficile assistere a veri e propri abbai, a eccezione di qualche rimbrotto verso i cuccioli oppure di brevi sussulti di allerta.
Gli studi sul passaggio dal lupo al cane avrebbero dimostrato che i soggetti più inclini a interagire con l’uomo, con minore distanza di fuga e caratterizzati da una maggiore socialità, erano anche quelli che, in un certo qual modo, prediligevano l’impiego della voce in differenti situazioni.
I successivi accoppiamenti, volti a ottenere determinate caratteristiche funzionali, avrebbero fatto il resto, rendendo il nostro amico capace di esprimersi in molti modi e tonalità differenti a seconda delle situazioni.
L’abbaio è così divenuto il maggior strumento di comunicazione vocale, differenziandosi per tipologia in base ai diversi conte- sti in cui il cane si viene a trovare.
Una sorta di effetto da “selezione artificiale”, in base al quale le comunicazioni vocali vengono ormai espresse a brevi o elevate distanze, con stimoli fermi e in movimento, in situazioni di calma apparente o molto concitate. Si tratta, quindi, di un “vocabolario” da conoscere, comprendere e canalizzare nei giusti modi.
Un’altra teoria spiegherebbe il frequente uso della voce come una sorta di imitazione interspecifica: essendo noi umani molto inclini alle comunicazioni vocali e passando il cane molto tempo a osservarci parlare, rispondere, imprecare e urlare, il nostro amico ha imparato a comportarsi come noi.
Un’imitazione che, in un certo qual modo, l’avrebbe reso “più umano”.
2. Introduciamo comportamenti alternativi
Spesso il cane abbaia quando vuole allontanare ciò che ritiene essere una possibile minaccia, per se stesso, per noi o per l’ambiente in cui vive.
In questi casi, si tratta di sequenze composte da tre-quattro vocalizzi, separate da intervalli variabili e necessari per comprendere se l’intimazione ha avuto il suo effetto.
Purtroppo per noi, questo accade nella maggior parte dei casi e così il nostro cane ha modo di verificare che con il suo comportamento è riuscito ad allontanare la persona o il cane che lo stava infastidendo.
Certamente, il nostro amico non può sapere che, indipendentemente dal suo agire rumoroso, quella persona o quel cane, avrebbero comunque proseguito il cammino: per lui la tecnica messa in atto è risultata vincente.
Nel rispetto delle basilari regole dell’apprendimento, questo successo farà sì che la volta successiva, nella medesima situazione, il cane abbai ancora e così accadrà tutte le volte.
Un esempio tipico si riferisce al cane lasciato da solo in giardino, soprattutto se la strada su cui affaccia la proprietà è molto trafficata o ci sono molte persone che passano di lì.
Preso nel suo compito di “difesa” del territorio, il cane potrebbe iniziare ad abbaiare dinanzi a qualsiasi persona compaia all’orizzonte. È questa una delle ragioni per cui si suggerisce di evitare che il nostro amico rimanga da solo nelle zone attigue alla casa.
Anche per strada, durante la passeggiata, questa modalità chiassosa può divenire frequente: ancora una volta, vedendo l’estraneo allontanarsi, il cane rafforzerà il suo comportamento abbaiando sempre di più.
Di fronte a passanti e cani, è meglio richiedere al cane di attivare comportamenti alternativi già conosciuti, come sedersi e guardarci, per poi premiare questa risposta.
In breve tempo, alla vista di chiunque, il nostro amico si fermerà, sedendosi spontaneamente e guardandoci negli occhi. Problema risolto.
3. Come intervenire quando diventa eccessivo
Una delle situazioni più fastidiose, dal nostro punto di vista, si verifica quando il cane, fissandoci negli occhi, ci domanda di fare quello che lui vorrebbe.
Si tratti di una carezza, di una leccornia o di un invito a giocare, il nostro amico ha ormai imparato che in quel modo vociante qualcosa di bello accade sempre.
La prima volta, magari, è stato solo un caso, una sorta di tentativo senza troppe illusioni.
Poi, capendo che funziona, e che con l’uso della voce ha potuto ottenere quanto sperato, il cane impara a riproporre questo modo di fare con sempre maggiore frequenza, aumentando la convinzione e, con essa, la tenacia.
Si tratta di situazioni molto diffuse in cui la modalità comunicativa prevede la presenza di un “attivatore”, il cane, e di un “esecutore”, noi.
Sotto l’aspetto tecnico, così facendo il nostro amico emette un segnale, cui segue una risposta che ha, per lui, una piacevole conseguenza: ricevere attenzioni, affetto o un beneficio diretto.
Molti esperti del settore, di fronte a una problematica di questo tipo, suggeriscono di non dare più retta al fedele amico, riprendendo l’interazione solamente quando avrà smesso di tormentarci.
Questa tecnica, basata sulla cosiddetta estinzione, è certamente molto efficace, ma anche di difficile attuazione, in molti casi.
Una buona alternativa consiste nel domandare al cane di attivare comportamenti che gli rendano difficile continuare ad abbaiare, come lo svolgimento di esercizi specifici, oppure la ricerca di qualche bocconcino a terra o, ancora, il rivolgere l’attenzione verso un’altra cosa più interessante.
In breve tempo, il cane non ci vedrà più come la “figura” che risponde a ciò che viene chiesto ma come il referente da cui ricevere indicazioni sul da farsi.
Un altro intervento risolutore potrebbe essere il time out, cioè posizionare il nostro amico in una zona di relax, per esempio un trasportino, un recinto o un’altra stanza, dove possa calmarsi.
Meglio ancora se durante questi momenti il cane può mordicchiare qualcosa, magari un oggetto in gomma pieno di gustosi bocconcini.
Passato il tempo dell’eccitazione, possiamo ricongiungerci al cane evitando che riprenda le sue richieste vocali. Naturalmente possiamo evitare tutto questo se, fin dai primi tentativi di abbaio, la nostra risposta sarà di assoluta neutralità.
4. Noia, solitudine e abbaiare a comando
Noia e solitudine - Il distacco è spesso fonte di stress
Talvolta gli “sfoghi” vocali possono dipendere dal fatto che il cane rimane troppo tempo da solo.
Si tratta, in questo caso, di una sorta di “liberazione momentanea” oppure di un richiamo verso coloro che, chiusa la porta, se ne sono andati lasciandolo a casa senza nessuno a fargli compagnia.
In questa situazione, gli abbai possono essere ripetuti per diverso tempo, con brevi intervalli tra un’emissione e l’altra.
Servirsi di metodi punitivi, purtroppo in alcuni casi “pubblicizzati” da sedicenti esperti, ha effetti a dir poco peggiorativi, poiché accanto al disagio già presente si instaureranno forme ansiose di difficile cura.
È meglio, invece, insegnare al nostro amico a rimanere da solo per periodi di tempo sempre più lunghi, associando lo stare in casa ad attività alternative di masticazione e garantendo, prima del distacco, un adeguato appagamento psicofisico.
Così facendo, il cane assocerà il nostro allontanamento a momenti di quiete e rilassamento, e non sentirà il bisogno di protestare con la voce.
Gli abbai di solitudine, oltre a essere dovuti a un’insufficiente abitudine al distacco, evidenziano quanto il cane sia realmente un animale sociale, che ha bisogno di vivere molti momenti insieme a suo “branco” umano.
Per questa ragione è comunque meglio evitare di lasciarlo troppe ore da solo: è ormai accertato da numerosi studi che un’eccessiva solitudine porta a un incremento degli ormoni dello stress che, alla lunga, andranno a incidere anche sulla salute fisica del nostro amico.
Dovremo, quindi, trovare il giusto equilibrio tra lo stare insieme e l’attenderci in paziente attesa.
Abbaiare a comando? Utile!
Anche se può suonare strano, uno dei modi migliori per evitare che il nostro amico manifesti l’abbaio in modo incontrollato o eccessivo è proprio quello di insegnargli ad abbaiare... nel modo giusto. Vediamo come fare per riuscirci.
Innanzitutto, se sta abbaiando oppure stimolandolo a farlo tenendo un bocconcino in mano ma senza darglielo, associamo una certa parola, che diverrà poi il comando, all’abbaio emesso e, di seguito, diamogli il boccone.
Dopo un certo numero di ripetizioni, attendiamo il suo silenzio, quindi chiediamogli di emettere l’abbaio con il comando scelto, lodandolo e premiandolo appena lo fa.
Così facendo, legheremo un certo comportamento a un determinato segnale e riusciremo a ottenere quel medesimo comportamento dal cane ogni volta che pronunceremo quel segnale.
In gergo tecnico, si parla di uno “stimolo discriminativo”: in assenza di una precisa indicazione, ci saranno molte probabilità che il nostro amico decida di non esprimersi tanto spesso con la voce.
Questa tecnica è particolarmente efficace nei casi in cui l’abbaiare avvenga in nostra presenza, perché è in queste situazioni che il cane, in mancanza di una specifica richiesta, rimarrà in silenzio.
5. Più il cane è felice... e meno utilizzerà la voce
Qualunque sia la causa dell’abbaiare, una corretta attività psicofisica giornaliera riduce le probabilità di un’eccessiva vocalizzazione.
Ogni cane, infatti, ha la necessità biologica di soddisfare i propri bisogni, si tratti di correre libero, di socializzare con altri cani, di seguire una pista o di svolgere, insieme al proprietario, azioni congeniali alla sua natura.
Si parla, in questo caso, della cosiddetta formula dell’attività, che comprende tutte le azioni legate al consumo dei pasti, alle uscite all’aperto, alla conoscenza del mondo, al mordere e lottare per gioco e all’apprendere nuove abilità e competenze.
Tutto ciò provoca nel cane un aumento del “piacere” e accresce il suo benessere sia fisico sia mentale.
Ciò che si verifica a livello fisiologico è l’incremento di produzione di alcuni neurotrasmettitori, come la dopamina e la serotonina che, insieme alle endorfine, consentono a ogni individuo di raggiungere un adeguato equilibrio psicofisico.
In questo modo, anche gli stimoli più eccitanti, o che comportano disagio, assumono una valenza diversa. In aggiunta, possiamo introdurre un’apposita parola, chiamata “segnale di interruzione”, che pronunceremo ogni qualvolta il nostro amico eccedesse con la voce.
Una volta condizionato alla risposta, possiamo lodarlo e premiarlo, proponendo un comportamento differente che verrà, anch’esso, altamente premiato.
In breve tempo, questo segnale di “off” ci consentirà di intervenire con successo anche nelle situazioni più estreme, rendendoci certi di avere un immediato riscontro da parte del cane.
Alla fine, con un po’ di costanza, riusciremo a dirigere l’attenzione del nostro amico su di noi in ogni situazione critica: il cane, infatti, avrà imparato che assumere questo atteggiamento e rivolgersi a noi sarà ben più efficace e appagante che abbaiare.