Per conoscere e capire il nostro cane dobbiamo scoprire quali sono state le sue origini. E se l'uomo discende dalla scimmia, come intuì Charles Darwin quando pose le basi della sua rivoluzionaria teoria dell'evoluzione, quali sono, invece, gli antenati arcaici del cane?
Per saperlo dobbiamo fare un passo indietro nelle ere zoologiche e spingersi almeno fino a 50 milioni di anni fa, quando gli antenati di gran parte degli animali attuali già popolavano la Terra. Recenti studi sulla genetica molecolare hanno poi consentito di stabilire che la differenziazione del nostro cane dal lupo deve essere avvenuta circa 135.000 anni fa.
Resti di ominidi e lupi sono stati rinvenuti a partire dal Pleistocene Medio nelle località più diverse: in Gran Bretagna (400.000 anni fa), in Cina (300.000 anni fa), in Francia (125.000 anni fa). Ma le prime tracce di modifiche strutturali e di una pur minima differenziazione morfologica tra il lupo e il protocane (cranio e denti più piccoli, muso più corto) si ritrovano solo nei reperti non più antichi di 15.000 fa.
Tra i ritrovamenti più interessanti c'è quello del sito di Ein Mallaha, in Israele, di 12.000 anni fa: lo scheletro di un anziano sepolto insieme con un cucciolo di cane. In questo caso è la posizione dei due, la mano dell'anziano sul torace del cane e la testa adagiata sugli arti posteriori, che fa pensare all'esistenza di un legame affettivo tra uomo e cane. Circa 20.000 anni fa, il cane accompagnava i cacciatori siberiani.
Resti di ossa, datati intorno al 12.000 a.C., sono stati ritrovati all'interno di un sepolcro palestinese e in una grotta irachena. Nell'Europa del nord – si sa che le torbiere costituiscono un ambiente molto favorevole alla conservazione degli animali e degli uomini – sono stati scoperti dei resti di "cane delle torbiere, datati intorno al 1000 a.C.; il loro studio ha permesso di concludere che questa varietà aveva un aspetto simile a quello degli Spitz nordici, con orecchie coperte diritte, pelo lungo e coda arrotolata al di sopra del treno posteriore.
Presente negli ammassi di conchiglie delle paludi del Mare del Nord (7000 a.C. circa), il cane lo è anche sulle pareti dipinte dei "tassili" degli Ajjer, nel Sahara e sulle rocce del lago Onega in Russia. Ma cerchiamo di capire un po' meglio la storia evolutiva del nostro amico cane e il processo della sua domesticazione.
1. La storia evolutiva del cane
I Miacidi, rappresentanti della famiglia dei carnivori, capostipiti sia dei Felidi che dei Canidi, erano presenti in Nord America circa 40 milioni di anni fa.
Erano animali piccoli, più o meno della dimensione di una volpe, che andavano a caccia e avevano una dentatura molto simile a quella dei carnivori moderni (dotati di denti ferini).
Dalla loro evoluzione si svilupparono sia i carnivori feliformi, e quindi gli antenati del gatto, che avevano una natura più stanziale e praticavano una caccia solitaria basata sull'agguato alla preda, sia i carnivori caniformi da cui poi derivò il cane, per lo più inclini alla socializzazione e alla caccia al branco.
Fu un processo lunghissimo che attraversò tutto il Cenozoico e si svolse nelle sue prime fasi in America settentrionale per poi approdare nel vecchio continente e giungere a compimento, ancora una volta, nel nuovo.
Dei circa 50 generi di Canidi che si avvicendarono nel corso del Cenozoico, tra i più antichi conosciuti c'è l'Hesperocyon (i resti ossei risalgono a circa 37 milioni di anni fa e sonos stati rinvenuti in Nord America) da cui nel Miocene sarebbe derivato il Leptocyon, una sorte di volpe all'origine di tutti i Canidi attuali.
Una prima differenziazione tra i generi Vulpes e Canis si ebbe, sempre in America, circa 10 milioni di anni fa e circa 8 milioni di anni fa sarebbe stato l'Eucyon, un canide primitivo simile al Cane Procione, a migrare verso il vecchio continente attraverso lo stretto di Bering.
Fu così che, a partire dalla fine del Miocene e per tutto il Pliocene e il Pleistocene, il genere si diffuse prima in Eurasia e in Africa e poi in Europa. Risalgono proprio al periodo compreso tra la fine del Pliocene e l'inizio del Pleistocene alcuni dei reperti ossei più antichi rinvenuti in Toscana e attribuiti al genere Canis arnensis e Canis etruscus, entrambi scomparsi.
2. La differenziazione in due taglie e il lupo
La diffusione massiccia nel vecchio mondo avvenne tra 2,6 e 1,6 milioni di anni fa con la differenziazione in due taglie, una più grande, da cui deriveranno i Canidi di mole più grossa con il Licaone e il Cuon, e l'altra più piccola.
Tra i più arcaici sono compresi il Nyctereutus Procyonoides o Cane Procione, di cui si hanno tracce già nel Terziario e che ormai è quasi scomparso dai territori dove un tempo era diffuso (Nord Europa, Asia dell'Est, Giappone), e gli Urocioni, diffusi in Nord e Sud America e appartenenti al ceppo delle Volpi.
Questo ceppo, quello di Lupi, Sciacalli, Cuon, lo Speoto e il Crisocione hanno segnato, in Quaternario, il passaggio dalle forme primitive a quelle moderne raggruppate nelle sottofamiglie: Caninae (cane domestico, sciacallo, dingo, coyote, lupo, cane procione e alcune specie di volpi), Otocyoninae (otocioni e volpi) e Symnocyoninae (licaone, cuon e speoto).
Siamo così arrivati al lupo che compare in Europa circa 750.000 anni fa ed è il più diretto progenitore del cane. E' ormai accertato infatti che da una coppia di lupi e solo da questa si sia originato l'antenato del nostro Canis familiaris.
Lo ammise anche Konrad Lorenz, padre dell'etologia, che sebbene inizialmente parlato di una possibile discendenza del cane dallo sciacallo, nel 1975 smentì questa ipotesi riconoscendo nel lupo il vero ascendente del cane.
Lo confermano, oltre alle affinità comportamentali, le forti somiglianze del corredo genetico delle due specie (entrambe dotate di 78 cromosomi) che possono accoppiarsi e generare prole fertile. Recenti studi sulla genetica molecolare hanno poi consentito di stabilire che la differenziazione del nostro cane dal lupo deve essere avvenuta circa 135.000 anni fa.
3. Il processo di domesticazione e l'interazione con l'uomo
Per mezzo della paleontologia e dello studio dei reperti ossei si possono tracciare solo alcune tappe del percorso evolutivo che ha portato dal lupo al cane domestico.
Infatti, le ossa possono mostrare le trasformazioni morfologiche e strutturali che sono state la causa-effetto del processo di domesticazione, ma non danno alcuna informazione sulle modificazioni biologiche e del temperamento che, secondo gli studiosi, sarebbero avvenute molto prima rispetto a quelle morfologiche.
A dimostrazione di questa tesi, il genetista Robert Wayne portato i risultati dei suoi recenti studi sul DNA mitocondriale del lupo grazie ai quali ha potuto stabilire che la separazione della popolazione canina da quella lupina è avvenuta ben 135.000 anni fa, e non 15.000 come si era dedotto dallo studio dei reperti ossei.
Ma che cos'è il DNA mitocondriale? I mitocondri sono i corpuscoli che compongono la materia (citoplasma) intorno al nucleo della cellula. In essi c'è quella parte di DNA che Wayne ha studiato e considerato quasi un orologio della molecola. La caratteristica del DNA mitocondriale è infatti quella di mutare rapidamente e a intervalli casuali.
Queste mutazioni restano però registrate nel DNA per cui, mettendo a confronto gruppi diversi di cani e lupi, Wayne è riuscito a rilevare e ricomporre le tracce del passato fissando il momento esatto in cui sono avvenute quelle trasformazioni biologiche che hanno segnato la nascita del cane.
Questo significa che il primo cane si ritrovò fianco a fianco con l'Homo sapiens neanderthalensis per poi accompagnarsi all'Homo sapiens sapiens e quindi all'uomo di Cro-Magnon (presente in Europa circa 35.000 anni fa), il progenitore più diretto dell'uomo moderno.
Il sapiens sapiens circa 100.000 anni fa avrebbe lasciato l'Africa per migrare verso il Medio Oriente andando via via a occupare i territori del sapiens neanderthalensis. Secondo alcune ipotesi, proprio l'alleanza tra cane e l'Homo sapiens sapiens potrebbe essere stata l'arma vincente che determinò la superiorità del sapiens sapiens e portò all'estinzione dell'uomo del Neanderthal.
4. Chi dei due scelse l'altro
Non sappiamo con certezza se in origine sia stato l'uomo a scegliere il cane per un concorso di fattori casuali, emotivi e opportunistici.
L'uomo e il cane selvatico vivevano nello stesso habitat, entrambi andavano a caccia per procacciarsi il cibo, per cui si incontravano e scontravano molto spesso. È possibile che in uno dei tanti scontri il cacciatore abbia ucciso mamma cagna e che di fronte ai cuccioli rimasti orfani si sia intenerito fino ad decidere di tenerli con sé.
Ma potrebbe anche essere che il lupo già "canizzato" abbia trovato comodo accomodarsi a gruppi di ominidi i cui rifiuti vi garantivano cibo sicuro. Quest'ultima ipotesi è rilanciata da Roberto Marchesini, etologo e zooantropologo, proprio sulla base delle scoperte di Wayne.
Se il cane si è staccato dal lupo circa 135.000 anni fa, e il processo di domesticazione e selezione è stato avviato dall'uomo a partire da 15.000 anni fa, significa che il lupo era già in parte cane quando incontrò l'uomo e scelse di accompagnarsi a lui per una questione di opportunità.
Significa, come fa notare Marchesini, che potrebbe essere stato il cane a selezionare il sapiens sapiens per le sue abilità venatorie e a influenzarne in qualche modo il percorso di vita. Questo vorrebbe dire che forse hanno avuto un maggiore successo evolutivo quegli ominidi che si rivelarono capaci di sviluppare un rapporto positivo con questi lupi "canizzati".
L'Homo sapiens sapiens era ancora un cacciatore nomade e pare che, tra le tante specie, quella del cane sia stata l'unica addomesticata in quel periodo, evidentemente perché le esigenze dell'uomo trovavano riscontro nelle abilità del cane; per tutte le altre specie divenute domestiche bisogna, infatti, aspettare lo sviluppo dell'agricoltura avvenuto a partire da 9.000 anni fa.
In realtà, il cane possedeva più di qualunque altro animale quelle caratteristiche che rendono alcune specie più addomesticabili di altre:
- l'alimentazione molto varia,
- la scarsa paura dell'uomo,
- la grande capacità di adattamento a stili e ambienti diversi di vita,
- la tendenza alla vita collettiva
- l'organizzazione gerarchica dei gruppi sociali al cui vertice l'uomo poteva subentrare come sostituto del capo branco,
- la tendenza a sviluppare forti legami sociali durante le prime fasi di vita (imprinting).... tutte caratteristiche che l'uomo poteva sfruttare per consolidare definitivamente il suo legame con l'animale.
5. Adottare per addomesticare
Si delinea, quindi, molto più che una storia di amicizia antica, e cioè una coevoluzione nel corso della quale a un certo punto l'uomo capì che poteva prendere le redini della situazione e guidare il processo di riproduzione di questi suoi compagni a proprio vantaggio e beneficio.
Solo allora sarebbe incominciato il processo di addomesticamento che durò oltre 2.000 anni e che secondo alcune ipotesi ebbe inizio nell'area indoeuropea compresa tra i fiumi Volga e Indo.
Addomesticare fu in origine sinonimo di adottare, cioè nutrire e curare l'animale inserendo così nel gruppo familiare. Ancora oggi in alcuni popoli del Sud America e dell'Oceania le donne allattano al seno i cuccioli dei loro animali domestici così come fanno con i loro bambini.
Ma adottare i cani era soprattutto conveniente e l'uomo se ne accorse ben presto quando imparò a sfruttare e potenziare alcune loro qualità: lo straordinario olfatto, l'agilità, la forza, la velocità, l'aggressività, l'istinto di difesa e l'istinto predatorio.
L'uomo poteva scegliere di puntare su ciascuno di questi aspetti a seconda delle sue esigenze: nella caccia per avere collaboratori abilissimi nella ricerca, nell'inseguimento e nella cattura della selvaggina oppure, quando incominciò a coltivare ad allevare il bestiame, per avvalersi di aiutanti fidati e capaci nella guardia e nella difesa dei suoi beni.
Adottare significò quindi addomesticate, ma anche assumere il controllo di un'altra specie dal punto di vista dell'alimentazione, dell'ambiente di vita e della riproduzione. In tal modo la specie addomesticata, in questo caso il cane, si adattò al nuovo ambiente di vita e subì alcune trasformazioni indotte non più dalla selezione naturale, ma dall'uomo.
Perché è stato appunto l'uomo a controllare la selezione scegliendo le qualità morfologiche e caratteriali da privilegiare. I nati termini, il processo di evoluzione culturale umano ha influenzato in modo decisivo lo sviluppo della specie attivando nel cane una serie di reazioni a catena che hanno modificato nel tempo le sue caratteristiche.
Per tutta una serie di combinazioni fortunate tra condizioni ambientali, capacità di adattamento e predisposizione all'apprendimento si sono così prodotte le oltre 300 razze attuali alle quali l'uomo ha dato il suo decisivo contributo, fissando i criteri di selezione che hanno favorito la contaminazione di patrimoni ereditari diversi: con risultati a volte eccellenti, a volte discutibili.