L’uso illegale del veleno è, purtroppo, una pratica diffusa in tutta Europa, in campagna come in città.
Essa rappresenta, oltre che un pericolo per l’uomo e per gli animali domestici, una minaccia sempre più pressante per la sopravvivenza di grandi predatori come il lupo e l’orso bruno e di rapaci necrofagi come il capovaccaio, il gipeto e il nibbio reale.
Anche in questo campo, però, ci vengono in aiuto i nostri amici a quattro zampe. Il naso del cane contiene 250-300 milioni di cellule olfattive (noi ne possediamo appena cinque milioni): ecco perché il suo potente olfatto è prezioso in numerosi settori.
Una delle più recenti attività che sfrutta il potente fiuto canino è proprio la ricerca di esche e bocconi avvelenati con l’ausilio di cani addestrati a questo scopo.
Questi cani sono eroi veri che salvano animali selvatici e domestici dai bocconi avvelenati che incivili e criminali spargono nei boschi, nelle campagne e anche nelle città.
A loro e ai loro conduttori va la riconoscenza di tutti noi che amiamo la natura e la vita! Scopriamoli insieme.
1. Una pratica abominevole. A rischio animali, persone e ambiente
Il veleno viene nascosto in esche appetibili o nelle carcasse animali disseminate sul territorio (foto grande, sotto).
Gli animali che si cibano di esche o carcasse avvelenate muoiono fra atroci sofferenze, diventando a loro volta serbatoi mortali per altri animali che si cibano di carcasse, innescando un’inarrestabile catena di morte.
Il veleno è usato a volte per difendere il bestiame e le specie cacciate dai predatori, altre volte per eliminare i cani degli “avversari”, cosa molto frequente nel redditizio settore della cerca dei tartufi.
Ancora, il veleno serve a sterminare colonie feline o a sbarazzarsi di cani “colpevoli” di insozzare le strade cittadine.
I veleni maggiormente utilizzati sono i fitofarmaci, i lumachicidi e i ratticidi, benché di molti di questi siano proibiti l’uso e la vendita da molti anni.
Non dimentichiamo che questa abominevole pratica può avere ripercussioni su tutto l’ambiente, basti pensare che esche o carcasse avvelenate abbandonate vicino a corsi d’acqua, per esempio, possono mettere a rischio la salute e la vita delle persone e degli animali domestici e che bocconi mascherati con qualcosa di colorato possono attirare i bambini.
2. Fiuto e alta predisposizione al gioco: ecco le doti dei cani antiveleno
Non esiste una razza canina più adatta al particolare compito di individuare e segnalare i bocconi avvelenati.
Sicuramente, però, un buon cane antiveleno deve possedere ottimo olfatto, alta motivazione al gioco, attitudine all’esplorazione e alta sociabilità.
L’addestramento di questi cani deve tener conto delle peculiarità di razza: un Malinois, per esempio, è più nevrile di un Labrador, in genere più tranquillo.
Si tratta di un metodo di addestramento che utilizza il rinforzo positivo: il cane è premiato quando porta a termine con successo la sua attività, in caso contrario non viene né premiato né punito.
In questo modo lo si induce a ripetere un’azione che gli ha procurato un vantaggio che si concretizza nell’ottenere un premio, una carezza di approvazione e poi un gioco, come una pallina o un manicotto. Ecco perché questi cani devono avere un’alta motivazione al gioco, che va costruita nelle fasi di allenamento.
Il gioco utilizzato come premio soddisfa comunque diversi bisogni del cane: il bisogno primario dell’istinto di predazione, attraverso l’inseguimento di una pallina, ma anche i bisogni secondari dell’istinto di competitività con il “tira e molla” e il contatto sociale attraverso le carezze.
Questa fortissima motivazione si rivelerà fondamentale nel momento del ritrovamento del boccone avvelenato: il cane, concentrato sul premio che riceverà per aver fatto bene il suo esercizio, non sarà interessato a mangiarlo, ma segnalerà la presenza dell’esca sedendovisi accanto e attenderà immobile la sua meritata ricompensa.
L’addestramento non si ferma qui: quotidianamente viene svolta un’attività di perfezionamento che alterna sessioni di obbedienza a sessioni di ricerca simulata del veleno e di allenamento fisico.
L’attività con i cani antiveleno è in prevalenza di tipo preventivo, con un controllo del territorio nelle zone più a rischio, mentre le uscite di emergenza vengono effettuate su segnalazione del rinvenimento di bocconi avvelenati o animali morti per sospetto avvelenamento e hanno come obiettivo di bonificare l’area interessata e di esercitare un’azione dissuasiva.
3. Life Antidoto
Si è iniziato a parlare di cani antiveleno nella regione spagnola dell’Andalusia nel 2004: qui si è formato il primo Nucleo Cinofilo Antiveleno (Nca) e l’idea si è rivelata subito vincente.
Sull’onda di questo successo, dal 2009 il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, la Junta de Andalucía e il Gobierno de Aragón (Spagna) hanno dato vita al progetto Life Antidoto (www.life-antidoto.eu), finanziato dal programma comunitario Life, allo scopo di attuare una serie di misure innovative per conoscere, prevenire e fronteggiare l'uso illegale del veleno.
Operativi sin dal 2010, i due Nuclei Cinofili Antiveleno creati dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga nell’ambito del progetto Life Antidoto continuano a lavorare soprattutto nel Parco Nazionale Gran Sasso-Laga e nell’area di distribuzione dell’orso bruno marsicano (tra Abruzzo, Lazio e Molise,) grazie a un finanziamento del Ministero dell’Ambiente.
Un Nca è gestito dall’Ente Parco Gran Sasso-Laga ed è formato da tre cani (i Pastori Belga Malinois Maya e Karma e il Border Collie Datcha) e dal conduttore dell’Ente Parco Alberto Angelini; l’altro Nca è gestito dal Coordinamento Territoriale Carabinieri per l’Ambiente del Cfs del Parco Gran Sasso-Laga, con due cani (il Malinois Dingo e il Labrador Jonai) e il conduttore, Brigadiere Capo Alessandra Mango.
Nessun caso di avvelenamento è stato registrato nel Parco Gran Sasso-Laga negli ultimi cinque anni; inoltre, il progetto Life Antidoto ha spinto enti e istituzioni a occuparsi dell’uso illegale del veleno e in molte zone d’Italia hanno preso il via iniziative per fronteggiare la problematica, come il progetto Life Pluto.
4. Un’altra iniziativa. Nel 2014 ha preso il via il progetto Life Pluto
Nato nel 2014 e della durata di cinque anni, il progetto Life Pluto (www.lifepluto.it) contempla numerose misure sinergiche finalizzate a contrastare l’uso del veleno grazie all’impiego di Nuclei Cinofili Antiveleno.
Inoltre, vengono tenuti corsi specifici di formazione e incontri di sensibilizzazione che coinvolgono altre figure come allevatori, tartufai e cacciatori.
Il progetto ha portato all’attivazione di sei Nca da parte dei Carabinieri Forestali (ex Corpo Forestale dello Stato), ciascuno dei quali formato da un conduttore e da due cani, che operano in tutta l’Italia centrale e meridionale coprendo complessivamente undici regioni.
Questi i protagonisti a due e quattro zampe:
- nel Parco Nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna il Carabiniere scelto Sc. Nicola Gonfiacani con Puma (Malinois) e Titán (Labrador);
- nel Parco Nazionale Monti Sibillini il Brigadiere Capo Giovanni Bucciarelli con Vida (Malinois) e Malta (Labrador);
- nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise l’App. Alessandro Carfagnini con Noche (Malinois) e Byron (Labrador);
- al Comando Provinciale di Isernia l’App. Andrea Lamarucciola con Africa (Malinois) e Furia (Labrador);
- nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni l’App. scelto Federico Ferraro con Danko (Labrador) e Gala (Malinois);
- nel Parco Nazionale del Pollino il Brigadiere Cosimo Cervellera con Thor (Labrador) e Kyra (Malinois).
I sei Nca hanno iniziato a operare dal luglio del 2016, svolgendo complessivamente 59 ispezioni periodiche e 21 ispezioni urgenti; queste ultime, che sono state attivate a seguito della segnalazione di bocconi o di altri materiali sospetti, hanno avuto esito positivo in nove casi.
I Nuclei hanno condotto ricerche accurate nelle aree interessate, bonificandole da bocconi potenzialmente avvelenati. A far registrare le nove ispezioni positive sono stati i Nuclei con sede nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, in provincia di Isernia (Molise) e nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
In totale questi tre Nca hanno rinvenuto, grazie alle insostituibili capacità dei cani Puma, Noche e Africa, ben 24 bocconi sospetti, quattro carcasse di animali e vari materiali utili alle successive indagini.
Nel 2017 la prima ispezione positiva è stata registrata all’inizio di febbraio nei pressi di San Sepolcro (AR) da parte del Nucleo Cinofilo Antiveleno del Coordinamento Territoriale Carabinieri per l’Ambiente del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.
Il Malinois Puma e il suo conduttore hanno rinvenuto un boccone composto da una salsiccia contenente granuli neri, che è stata poi portata all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lazio e Toscana per le analisi del caso.
5. Sulle Alpi e in Appennino
- Sulle Alpi cani in aiuto dei loro progenitori
Nell’ambito del progetto europeo Life WolfAlps (www.lifewolfalps.eu) per la conservazione a lungo termine della popolazione alpina di lupo e la convivenza stabile tra il predatore e le attività economiche tradizionali, sono stati addestrati cinque cani provenienti dall’allevamento del professionista spagnolo Raul Martin Molina che sono stati poi affidati ai rispettivi conduttori veneti e piemontesi.
Fanno eccezione Luna e Trilli che sono state addestrate in Italia; Trilli è entrata in attività da poco in sostituzione di Zac ed è stata addestrata da Elio Martini che è anche il suo conduttore.
Questi i conduttori: Emanuele Gallo Appuntato Scelto della stazione Carabinieri Forestali di Borgo San Dalmazzo (CN), Simone Peraldo, Carabiniere Scelto della stazione Carabinieri Forestale di Omegna (VB), Giuseppe Gerbotto di Chiusa Pesio (CN), guardia parco delle Alpi Marittime, Gian Abele Bonicelli di Avigliana (TO), guardia parco delle Alpi Cozie, Elio Martini di Villanova Mondovì (CN), addestratore cinofilo.
E questi i loro quattrozampe: Kira e Puma (Malinois), Nala e Luna (Labrador), Luna (Epagneul Breton) e Zac, un Pastore Tedesco “grigione”, unico maschio del gruppo.
- Gli altri Nuclei Operativi nel Centro Italia e in provincia di Grosseto
l progetto Life MIRCO-Lupo (Minimizzare l’Impatto del Randagismo Canino sulla Conservazione del Lupo in Italia - www.lifemircolupo.it) si propone di assicurare migliori condizioni di conservazione per il lupo agendo, in particolare, sui cani vaganti e randagi, con due Unità Cinofile Antiveleno dei Carabinieri Forestali: Alma, Labrador Retriever, e Loba, Pastore Tedesco.
L’area include il Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. Nel Grossetano, nell’ambito del progetto Life MedWolf, (www.medwolf.eu) per la conservazione del lupo nelle aree mediterranee, sono operativi Mora e Lapa, condotti da Simona Palmieri, appuntato scelto dei Carabinieri Forestali.