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Cani e gatti: insegniamogli a non aver paura dei botti delle Feste

Le richieste di aiuto a veterinari ed esperti di comportamento da parte di proprietari di cani e gatti sensibili ai botti arrivano, nella maggior parte dei casi, nelle ultime settimane di dicembre, cioè quando petardi e altri “artifizi” rumorosi sono già oggetto di gioco, pericoloso, da parte dei ragazzini e con la “notte dei fuochi” di Capodanno che incombe.

È tardi, perché il problema, cioè le esplosioni, è presente e non può essere affrontato con grande successo proprio mentre il cane o il gatto sono già entrati nel tunnel della paura.

Conviene, infatti, prevenire la cosa iniziando con un po’ di anticipo, per esempio da metà novembre, quando l’eventualità che i petardi esplodano di frequente intorno a noi è bassa.

Vediamo come fare e anche come insegnare ai nostri amici a non aver paura dei botti delle Feste.

 

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1. Per prevenire: bisogna riprodurre i rumori

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Per cani e gatti che non hanno ancora manifestato timore per i botti, cosa che non sempre emerge in giovane età oppure che si attiva quando un evento è particolarmente invasivo, per esempio un petardo che esplode molto vicino, una valida opera di prevenzione consiste nell’abituarli gradualmente a questi rumori violenti.

In Rete si possono reperire CD che riproducono fedelmente molti suoni (si tratta di prodotti spesso sviluppati proprio per questo scopo), inclusi scoppi e spari.

Inizieremo a riprodurre i suoni partendo da un volume quasi impercettibile, per aumentare l’intensità molto gradualmente e, nell’arco di diversi giorni, arrivare al volume massimo.

La nostra “colonna sonora” deve essere riprodotta in più occasioni possibili, sia ambientali (nelle varie stanze della casa e all’esterno) sia di orari (mattina e sera), perché deve diventare un rumore di fondo costantemente presente: sembra incredibile ma capita che un cane o un gatto reso insensibili a questi rumori in un punto della casa possa dimostrare la medesima paura in un’altra stanza.

Se all’aumento di volume il nostro amico inizia a manifestare segnali di ansia, bisogna avere l’accortezza di tornare indietro, al volume precedente, fino a quando lo scoglio non viene superato.

In realtà il lavoro è semplice, richiede solo tempi piuttosto lunghi e molta pazienza, ma una delle regole principali è che il cane o il gatto non devono mai essere esposti al rumore al suo volume originale sino a quando non siano “pronti” per affrontarlo, pena l’insuccesso di quello che è stato fatto fino ad allora.

Il metodo è definibile come “desensibilizzazione preventiva”.

 

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2. Per chi ha già paura: associamo il cibo ai suoni

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Rassicurarli in genere peggiora la situazione perché confermiamo al nostro amico che qualcosa non va.

Esiste anche un altro metodo per affrontare il problema, definito “controcondizionamento”, che funziona in maniera quasi opposta al primo e serve soprattutto per i soggetti che hanno già manifestato paura dei botti.

Si tratta, in pratica, di far associare al cane o al gatto lo stimolo che lo preoccupa, sempre partendo dal volume minimo e andando ad aumentarlo molto gradualmente, con qualcosa di molto piacevole, in genere il cibo.

Purtroppo, nel caso dei botti il controcondizionamento non è molto funzionale, perché difficilmente un soggetto che ha paura accetta di mangiare o di giocare.

Proprio per questo, è utile integrare il processo di desensibilizzazione spiegato sopra con la presenza del cibo, quindi far ascoltare il rumore registrato, sempre partendo dal minimo, anche durante i pasti: chi ha paura non mangia, quindi se il nostro amico mangia... non ha realmente paura.

Entrambi i metodi valgono, in linea di massima, per qualsiasi paura abbiano i nostri amici, ma per essere efficaci vanno applicati con precisione, gradualità e costanza.

E nei tempi necessari, che variano da soggetto a soggetto. Il supporto di un esperto di comportamento ovviamente aiuta moltissimo.

 

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3. Precauzioni in casa, all’esterno e mai all'aperto

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Precauzioni in casa: ridurre gli effetti visivi e sonori

Non basta chiudere le tende: la sera bisogna isolare la casa il più possibile.
A parte i metodi di prevenzione o riduzione del problema, ci sono anche altre cose importanti da fare per aiutare i nostri amici a vivere al meglio durante il periodo dei botti.
Una di queste è rendere l’ambiente il più possibile tranquillo anche per quanto riguarda gli effetti visivi di petardi e fuochi artificiali.
Infatti, le luci prodotte da questi ordigni quando esplodono sono tra le cause che innescano lo stato di agitazione di cani e gatti, perché le ricollegano ovviamente alla causa.
Conviene perciò tenere chiuse finestre, persiane o tapparelle quando scende il buio, per annullare il “riferimento visuale” all’evento temuto.
In questo modo, inoltre, anche la potenza delle onde sonore dovute al botto cala, perché lo schermo di tapparelle e vetri le smorza notevolmente, a meno che non siano proprio nelle immediate vicinanze.
In tal caso, si può sempre intervenire direttamente sui “bombardieri”, chiedendogli di allontanarsi per evitare di terrorizzare i nostri amici.
Anche la televisione oppure musica ad alto volume possono aiutare a ridurre l’impatto dei botti all’esterno.

 

Precauzioni all’esterno: evitiamo luoghi e orari a rischio

Anche fuori casa conviene assumere precauzioni contro i botti.
Per esempio, evitando di portare il cane a passeggio in aree come parchetti e giardini pubblici, dove spesso i ragazzini vanno per divertirsi con i petardi senza correre il rischio di essere allontanati come facilmente capita se, invece, si danno al “bombardamento” vicino alle case.
Stesso discorso vale per locali dove si tengono feste di fine anno: all’esterno è facile che vengano fatti esplodere petardi e altri arnesi simili, e ben prima della mezzanotte, per cui stiamo alla larga da questi posti a partire dalle prime ore serali.
In città, inoltre, la frequenza dei botti lanciati da finestre e balconi è notevole; di nuovo, meglio non avventurarsi a passeggio dall’imbrunire ma prevedere uscite anticipate e posticipare a fine festeggiamenti, cioè molto tardi, l’ultima pipì del nostro amico, se necessaria.

 

Mai all'aperto

Ogni primo gennaio, purtroppo, si contano a decine gli animali scomparsi da giardini e cortili perché, terrorizzati dal bombardamento incessante della notte di Capodanno, trovano nella disperazione la forza per scavalcare reti e cancelli e darsi a un’inutile fuga. Inutile perché i dannati botti sono tutto intorno, in quei momenti.
Molti di questi poveri animali muoiono investiti, altri feriti dai petardi stessi e altri ancora non ritrovano più la strada di casa e finiscono in canile o in gattile.
Dunque, mai lasciare i nostri animali all’aperto in queste occasioni.
E in realtà, soprattutto i cani dovrebbero stare sempre con noi, dentro casa. Il loro posto è quello, se li amiamo davvero.
Anche perché sono animali sociali, nati per vivere in gruppo e la solitudine li fa soffrire profondamente.

 

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4. Le reazioni dell’organismo e paura o dolore?

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Le reazioni dell’organismo

Viene sconvolto da un “terremoto” metabolico!
La paura ha forti conseguenze a livello fisiologico, nel cane come nel gatto e anche nella nostra specie.
Infatti, l’organismo entra in una modalità particolare che possiamo chiamare “emergenza” e che viene gestita da uno dei due “meccanismi” che compongono il sistema nervoso autonomo.
In pratica, il controllo del corpo passa dalla volontà a quella del “sistema simpatico”.
Questa complessa rete di collegamenti, che ha il suo centro direttivo in due file di neuroni organizzati in gangli lungo la colonna vertebrale e da qui raggiunge gli organi interni, governa tutte le emozioni legate a stati di ansia e paura, e predispone la “difesa”: il sangue si sposta verso gli arti, per dare più forza, il respiro accelera per ossigenare di più il sangue, il battito cardiaco aumenta per alimentare i muscoli, gli occhi si dilatano per cogliere ogni dettaglio della minaccia, e così via.
Tutto questo serve a favorire la fuga o l’attacco di chi ha paura e non è controllabile. Si tratta di una condizione fisiologica molto faticosa per l’organismo e, infatti, cessa gradualmente una volta passata la paura.
Se la paura è costante, però, anche “l’emergenza” perdura e questo, a lungo andare, danneggia l’organismo. Una ragione in più per aiutare i nostri animali a non avere paura.

 

Paura o dolore? Una teoria interessante

Relativamente alle ragioni che inducono la paura dei rumori molto violenti in tanti cani e gatti c’è una teoria interessante che meriterebbe probabilmente un’indagine scientifica seria.
Posto che entrambe le specie hanno una gamma di percezione dei suoni molto più ampia rispetto alla nostra e posto che i suoni sono vibrazioni che si diffondono nell’aria, perché non immaginare che determinate frequenze, per noi magari impercettibili, non siano fonte di dolore a livello auricolare in queste creature tanto sensibili ai suoni?
Se così fosse si spiegherebbe la notevole diffusione del problema. L’obiezione ovvia è la seguente: già, ma perché non tutti i cani e gatti temono i rumori forti?
La risposta potrebbe essere che, non conoscendo noi quali frequenze possano essere responsabili di una percezione dolorosa e non sapendo che livello di soglia del dolore abbia ciascuno soggetto, cosa spesso individuale, l’obiezione non è tanto fondata...
E se anche una sola volta il cane o il gatto, esposti a una particolare frequenza, avessero provato dolore, sarà sufficiente che sentano un suono analogo anche se non causa di dolore per entrare in ansia. Un caso classico di “generalizzazione della paura”.

 

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5. «Prevenire è meglio che curare...», parola di veterinario

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Una domanda che viene rivolta spesso ai veterinari è: “Dottore, il mio animale sta malissimo quando ci sono i botti. Cosa posso fare?”

La risposta non è semplice: contro il terrore abbiamo poche armi.

I farmaci veri e propri non creano benessere ai soggetti affetti da questa paura perché l’istinto di fuga persiste e, in più, la crisi di panico può aumentare poiché il soggetto si sente menomato dal suo più primordiale istinto: la fuga dal pericolo!

A noi può sembrare più tranquillo perché potrebbe non correre ovunque, in realtà la frustrazione pare essere maggiore in quanto il cane o gatto sviluppano un senso di impotenza che lo porta allo sfinimento.

Molti proprietari dicono al veterinario: “Il farmaco che mi ha prescritto ha fatto effetto a evento finito“ ma non è così. A evento finito il soggetto si rilassa e permette al farmaco di agire.

Il suggerimento dei veterinari è senza dubbio di usare terapie comportamentali sia preventive, per evitare l’insorgere di paure future, che di distrazione, quando è possibile, in soggetti già traumatizzati.

Ai proprietari di cuccioli ancora ignari e magari incuriositi e semplicemente diffidenti nei confronti di temporali, fuochi d’artificio e petardi si consigli vivamente di cogliere l’occasione per distrarre l’attenzione dell’animale e di intraprendere un gioco bellissimo che coinvolga entrambi, in modo da infondere nel nostro amico la consapevolezza che non c’è nulla da temere.

Noi siamo tranquilli quindi infondiamo sicurezza in lui, anzi in questo modo comunichiamo qualcosa di positivo in questa “fastidiosa anomalia”, fino a renderla quasi bella. È impegnativo , ma ci salverà da notevoli disagi futuri.

Nei soggetti già traumatizzati il discorso è diverso: purtroppo in molti casi né il cibo né il gioco sono in grado di tranquillizzarli... e allora che si fa?

In primis, soprattutto per quando riguarda il prevedibile, i fuochi d’artificio, si farà in modo di fuggire insieme dal luogo dove l’evento avverrà: una bella gita in macchina fuori programma per esempio, cogliere l’occasione per andare a trovare parenti o amici fuori porta...

Se non è possibile, teniamo comunque sempre il cane in casa creandogli un angolo/tana dove si possa sentire sicuro.

E lasciamolo tranquillo, non andiamo a consolarlo, non accarezziamolo, altrimenti non faremo altro che rinforzare il suo terrore: praticamente gli diciamo: “Hai ragione ad avere paura anch’io ne ho tantissima”.

Ignoriamo il più possibile il suo atteggiamento in modo tale che lui si chieda perché noi non abbiamo paura.

A tale affermazione molte persone possono pensare: “Figuriamoci se l’animale si chiede il perché!”. E invece, gli animali lo fanno sempre e sono molto più logici di quanto molti immaginano.

Per quanto riguarda i tranquillanti cosiddetti “naturali”, per usarli bisogna iniziare con ampio anticipo, per esempio almeno un mese prima del periodo “di fuoco”, per avere un effetto soddisfacente a Capodanno e questo non vale per tutti i soggetti: in quelli che già provano panico i risultati sono pressoché nulli, per tranquillizzare questi soggetti ci vorrebbe solo un’anestesia.

Non ultimo, ormai le occasioni di rumori violenti improvvisi non sono più catalogabili in periodi limitati dell’anno, quindi dovremmo somministrali dodici mesi su dodici.

Quindi, il concetto che, come in tutte le cose, dove è possibile prevenire è meglio che curare e la prevenzione migliore è la terapia comportamentale preventiva.

 

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Note

Nemici genetici

Ci sono casi in cui i metodi normalmente utilizzati per aiutare cani e gatti a non sviluppare o superare la paura dei botti, o di altre cose, funzionano solo relativamente.

Se la cosa non è riferibile a un’errata applicazione dei protocolli operativi, allora significa molto probabilmente che la causa del problema è genetica, a meno di non aver sbagliato completamente a identificare la paura in questione.

Che ruolo ha la genetica in questo contesto? Purtroppo, il suo peso è enorme.

Una delle cose che sono emerse relativamente alla relazione tra comportamento e geni è che, molto probabilmente, questo legame influenza innumerevoli aspetti della vita, anche umana: è il caso, a quanto pare, della predisposizione allo sviluppo di dipendenze da sostanze come alcol o tabacco.

E la predisposizione a sviluppare paure per ereditarietà, nei cani per esempio, è stata più volte dimostrata.

In questi casi, il lavoro di supporto va ugualmente applicato e con ancora più cura, ma i risultati saranno comunque inferiori rispetto a soggetti esenti da geni predisponenti e, oltretutto, non duraturi.

Ma è comunque nostro dovere supportarli al massimo e per tutta la loro vita. Non hanno certo colpa degli errori di chi alleva scriteriatamente, senza curarsi di questo importantissimo aspetto.

 

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