Le notizie sono piuttosto scarne: si sa che era figlio di Simone e che fu chiamato per ultimo a seguire Cristo.
Nel suo apostolato ricoprì il ruolo di tesoriere e consegnò il Maestro ai sommi sacerdoti, sapendo che lo avrebbero condannato.
Ma gli studiosi non sono concordi sul modo in cui Giuda pose poi fine alla sua vita. Sulla figura di Giuda molti hanno scritto.
È possibile immaginare che fosse consapevole di dover consegnare Gesù per consentire che si compisse il disegno della passione, della morte e della resurrezione? O il suo è un puro gesto di tradimento?
1. Figlio di Simone
Nella grande narrazione biblica c’è posto per tutti. Non deve stupire, dunque, che vi si ritrovi anche un filone di “storie maledette”: dall’assassino Caino che uccide suo fratello Abele fino ad Assalonne, il figlio di re Davide che vorrebbe uccidere il padre.
Dunque, le pagine della Bibbia raccontano anche le vicende di quei personaggi che si potrebbero definire “i cattivi” della storia.
Un po’ come gli orchi nelle fiabe, questi co-protagonisti della narrazione divina riassumono nei loro comportamenti tutte le caratteristiche negative dell’uomo di fronte a Dio.
Tra essi ce n’è però uno che spicca su tutti e che ha legato il proprio nome al concetto stesso di tradimento: Giuda, l’apostolo che gli evangelisti presentano come “Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì”.
Controverso e discusso, Giuda è una delle figure centrali nella narrazione del Nuovo Testamento: è proprio a causa del suo tradimento, infatti, che si compie l’atto finale della vita di Gesù, con il suo arresto, la condanna e la crocifissione.
Per comprendere meglio chi fosse Giuda e ripercorrere la sua storia, bisogna partire dalle fonti, cioè dalle quattro testimonianze evangeliche che raccontano la vita e le opere di Gesù: «Sono ventidue le ricorrenze del nome di Giuda nei Vangeli di cui tre in Marco, cinque in Matteo, sei in Luca e otto in Giovanni».
Una pluralità di fonti che avrebbero potuto fornire alcune informazioni sulla figura di Giuda e sulle sue azioni, ma in realtà le notizie sul suo passato, cioè prima dell’incontro con Gesù, sono molto scarne, praticamente nulle.
Nei quattro Vangeli non ci sono riferimenti alla sua esistenza precedente: se si escludono l’interpretazione del suo appellativo Iscariota, non c’è, ad esempio, nessun accenno alle sue origini.
L’unica certezza è che suo padre si chiamava Simone, come riporta Giovanni (6, 70) riportando un episodio molto importante: quello, cioè, in cui Gesù, rivolgendosi a Pietro, dice “Uno di voi è un diavolo!” riferendosi appunto a “Giuda, figlio di Simone Iscariota”.
Anche per quanto riguarda il suo lavoro, i Vangeli non riportano riferimenti che lascino intuire di che cosa di occupasse prima di diventare un apostolo.
Questo tipo di informazione è invece chiara e diretta per alcuni degli altri dodici, e in particolare per le coppie di fratelli Pietro-Andrea e Giacomo-Giovanni, che vengono reclutate da Gesù proprio mentre sono intente nel loro lavoro di pescatori. Gesù li trasforma in “pescatori di uomini”.
2. Tesoriere degli apostoli
L’unica informazione esplicita che riguarda Giuda è il suo ruolo ben preciso all’interno della piccola comunità dei dodici apostoli: Giuda faceva il tesoriere.
È sempre Giovanni (12, 1-8) a riferirlo e lo fa raccontando la visita di Gesù a Betània presso la casa di Lazzaro (che era stato resuscitato dallo stesso Gesù): durante la cena, mentre Marta, la sorella di Lazzaro, è affaccendata nel servire i commensali, l’altra sorella, Maria, cosparge i piedi dell’illustre ospite con 300 grammi di profumo di puro nardo per poi asciugarli.
Ed è qui che entra in scena Giuda, il quale si lamenta dello spreco di quei 300 denari spesi per l’acquisto del prezioso olio: sarebbe stato meglio usarli per i poveri.
Ma la sua preoccupazione, sottolinea Giovanni nel suo Vangelo, è solo apparente: “Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro”.
Un’altra notizia certa su Giuda è ovviamente la sua nefasta decisione di tradire Gesù. Sin dalla sua appari- zione nei Vangeli, Giuda (non a caso) viene presentato per ultimo nella lista dei dodici apostoli con le frasi “Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì” (Matteo, 10,4) o “Giuda Iscariota, che divenne il traditore” (Luca, 6,16).
Non è quindi per l’accusa di furto fatta da Gesù che Giuda passa alla Storia: il suo ruolo, infatti, diventa cruciale nell’ultima fase della vita del Salvatore, con la sua nefasta decisione di tradirlo, nonostante Lui lo avesse accettato tra i più stretti e fedeli amici.
Ma solo Gesù conosce il suo destino e lo annuncia ai discepoli con una serie di frasi come “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà” (Matteo, 17, 22-23).
Oppure: “il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà” (Marco, 10, 33-34). Quanto agli altri, apostoli compresi, nessuno è in grado di conoscere l’identità del traditore.
3. L’accenno ai 30 denari e la morte di Giuda
Il ruolo decisivo di Giuda nella tragica conclusione della vita terrena di Gesù si manifesta in tre scene: quella del patteggiamento con le autorità giudaiche per la consegna di Gesù, quella dell’Ultima Cena e quella dell’arresto.
L’incontro di Giuda con i sommi sacerdoti si inserisce in un complotto che le autorità locali stanno architettando per eliminare Gesù, che era divenuto molto popolare e quindi potenzialmente pericoloso.
Come racconta Luca (22, 2), “i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano in che modo toglierlo di mezzo, ma temevano il popolo”.
Ed è qui che entra in scena la scelta scellerata di Giuda, che si reca dai sacerdoti, offrendo loro il suo tradimento: “Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?”. Qua sotto, dettaglio dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci.
E quelli gli fissarono trenta monete d’argento” (Matteo, 26, 15). Curiosamente solo Matteo fa riferimento alla somma pattuita, richiamando alla memoria un passo del libro di Zaccaria (11, 12) in cui “trenta sicli d’argento” erano il prezzo di risarcimento per uno schiavo perduto.
Le trenta monete sono riportate anche nel libro dell’Esodo (21, 32): “Se il bue colpisce con le corna uno schiavo o una schiava, si darà al suo padro- ne del denaro, trenta sicli, e il bue sarà lapidato”.
Portato a termine il suo compito e consegnato Gesù alle autorità, per Giuda si compie l’atto finale della sua esistenza terrena. Come per quanto riguarda le trenta monete, solo il Vangelo di Matteo racconta le sue ultime ore di vita, mentre gli altri tre non ne danno notizia.
L’unico altro accenno si trova negli Atti degli Apostoli, ma le due versioni sono diverse. Per Matteo (27, 4-5), infatti, saputo della condanna a morte di Gesù, Giuda si pente, torna dai sacerdoti e dice: “‘Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente’. Ma quelli dissero: ‘A noi che importa? Pensaci tu’. Egli allora, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi”.
Negli Atti degli Apostoli (1, 18), invece, Luca racconta una fine decisamente diversa esente da ogni forma di pentimento: “Giuda dunque comprò un campo con il prezzo del suo delitto e poi, precipitando, si squarciò e si sparsero tutte le sue viscere”.
Queste due diverse narrazioni, secondo alcuni studiosi, hanno intenti differenti: se da un lato, si vuole sottolineare il ruolo dei sommi sacerdoti nell’uccisione di Gesù, dall’altro si evidenzia quello di Giuda, il quale, venuto meno al patto di amore e amicizia con Gesù, non può che andare incontro a una morte atroce.
4. Qual è l’origine dell’appellativo “Iscariota”? Giuda è citato nella Divina Commedia
- Qual è l’origine dell’appellativo “Iscariota”?
Nei Vangeli Giuda viene indicato 11 volte come Giuda Iscariota ma, tra i commentatori non c’è accordo sul significato da dare a questa parola.
Secondo la spiegazione più plausibile deriverebbe dal suo ipotetico luogo di nascita, il villaggio di Keriot, un luogo identificato con le rovine di El Kureitein, a circa 16 chilometri a sud di Ebron, in Palestina. Iscariota, quindi, sarebbe che la traslazione greca di ‘îš qerîyot, cioè “uomo di Keriot”.
Secondo altre teorie meno credibili e non supportate da evidenze storiche, il nome Iscariota deriverebbe dall’ebraico ekariot, che significa “sicario” e sarebbe da associare all’ipotetica appartenenza di Giuda agli zeloti, gruppo politico-religioso che combatteva contro l’occupazione dei Romani.
Un’ultima ipotesi richiama invece il termine aramaico sakar, traducibile con “fraudolento”, “falso”, e che definirebbe Giuda come “l’uomo della menzogna”.
- È citato nella Divina Commedia
Non poteva che finire all’Inferno, Giuda, traditore per eccellenza. Precisamente, nella quarta e ultima sezione del IX cerchio, il luogo cioè dove sono collocati quanti hanno tradito i benefattori.
Un posto che, non a caso, si chiama proprio “Giudecca”: è qui che Dante incontra Giuda. Siamo nell’ultimo Canto dell’Inferno: Quell’anima là sù c’ha maggior pena”/disse ‘l maestro, “è Giuda Scariotto,/che ‘l capo ha dentro e fuor le gambe mena.
Virgilio indica Lucifero che tormenta i tre maggiori traditori della Storia: Giuda, Bruto e Cassio, i due uomini dell’antica Roma che congiurarono contro Giulio Cesare e lo assassinarono.
5. I quattro Vangeli pietra miliare del Nuovo Testamento
La vita e le opere di Gesù sono narrate nei quattro Vangeli, cioè i libri scritti da Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Il termine “vangelo” deriva dal greco euanghèlion (evangelium in latino) che nel mondo antico indicava la ricompensa data al messaggero per la buona notizia annunciata.
Vangelo, quindi, è la narrazione della “buona notizia”, che ha come protagonista Gesù e il suo annuncio del Regno di Dio.
Dei quattro evangelisti solo due, cioè Matteo e Giovanni, facevano parte dei 12 apostoli, mentre Marco era in stretto rapporto con l’apostolo Pietro e Luca discepolo di Paolo.
I primi tre Vangeli (Marco, Matteo e Luca) vengono definiti sinottici (dal greco syn, cioè insieme, e òpsis, sguardo) e presentano molte somiglianze nei loro aspetti narrativi (episodi, linguaggio, eccetera), mentre il Vangelo di Giovanni presenta particolarità tutte sue, a partire dal vocabolario, abbastanza ristretto. Assieme agli Atti degli Apostoli (che narrano ciò che accadde dopo la morte di Gesù) formano il Nuovo Testamento.
C’è anche il Vangelo di Giuda (foto sotto). Nel 1978, in una caverna in Egitto, venne ritrovato un papiro scritto in lingua copta, denominato Codex Tchacos, che riportava anche il cosiddetto Vangelo di Giuda.
Il testo, scritto da autori sconosciuti con ogni probabilità tra il 130 e il 170 d.C., riporta alcune conversazioni avvenute tra Gesù e Giuda.
Dall’analisi del testo emerge una visione diversa del discepolo che poi tradì Gesù: stando a questo Vangelo, infatti Giuda sarebbe l’unico tra i dodici apostoli a comprendere appieno la vera natura di Gesù il quale, addirittura, deciderebbe di rivelare solo a lui i misteri del Regno.
Il Vangelo di Giuda, tuttavia, non rientra tra quelli riconosciuti dalla Chiesa cattolica e sul suo contenuto gli studiosi non hanno trovato visioni comuni: problemi relativi alla traduzione dal copto, infatti, non rendono il messaggio del testo univoco, lasciando spazio a interpretazioni diverse che, dal punto di vista della Chiesa, non aggiungerebbero alcune informazione utile alle narrazioni dei quattro Vangeli riconosciuti.