Fra Polonia e Ucraina, 3.000 anni fa, gli Slavi formarono i primi insediamenti.
Rimasero nell’ombra per tutta l’antichità. Poi, nel Medioevo, si affacciarono alla Storia.
Nell’Europa medievale divennero celebri come “schiavi”, tanto che la parola sclavus, da cui appunto schiavo, prese forma dal loro nome: slavi.
Questo appellativo indicava un puzzle di gruppi tribali indoeuropei che, muovendo da est, si erano gradualmente avvicinati all’Occidente, venendo ridotti in schiavitù prima di riuscire ad affermarsi in tutta l’Europa Centro-orientale.
Ma chi sono gli Slavi e quali erano le loro origini? Scopriamolo insieme.
1. In cammino e parentele linguistiche
- In cammino
I primi insediamenti slavi, secondo gli archeologi, risalirebbero al I millennio a.C. e sono attestati in un “territorio comune” a nord dei Carpazi, tra la Polonia e l’Ucraina Settentrionale.
Un’area ricchissima di corsi d’acqua, fatto che spiegherebbe lo stesso nome “slavi”, derivante dalla radice skloav, o sklav: acquitrino, canale.
Un’altra interpretazione fa invece derivare il termine da slovo, parola: in tal caso gli slavi sarebbero i “parlanti”, coloro che usano una lingua comprensibile, al contrario dei popoli nemici, germanici in primis, definiti “muti”.
Dubbi etimologici a parte, quel che è certo è che queste popolazioni rimasero a lungo stanziali e ignote.
Il mondo slavo restò nell’ombra per tutta l’antichità, se si pensa che le sue genti non sono citate in fonti greche o latine prima del VI secolo.
Fu attorno al V secolo che, spinti da una crescita demografica interna e dall’espansione degli Unni, guerrieri nomadi provenienti dall’Asia Centrale, iniziarono a incamminarsi verso nuove terre, occupando gradualmente la riva sinistra del Danubio, varie regioni della penisola balcanica, fino al Peloponneso, dell’Europa Orientale e di quella Centrale.
Qui, in un’area indefinita, sorse tra il 623 e il 624 il primo regno slavo di cui si abbia notizia, fondato da un certo Samo, mercante a capo di un’unione di tribù.
Poco dopo, verso il 680, nacque il primo vasto regno slavo, quello dei Bulgari.
- Parentele linguistiche
Nella loro espansione, questi popoli procedettero in direzioni diverse.
Tanto che nel VI secolo lo storico bizantino Giordane prospettò una distinzione in tre grandi gruppi: slavi meridionali, occidentali e orientali.
Una divisione valida ancora oggi e che corrisponde ad altrettanti gruppi linguistici, peraltro affini. In effetti, pur occupando territori distanti tra loro, i vari gruppi svilupparono delle parlate, poi divenute lingue nazionali, connotate da similitudini tuttora evidenti.
Parentele linguistiche, e non solo. Gli storici bizantini e persiani riportano anche alcune caratteristiche fisiche comuni, come i capelli biondo-rossastri, la pelle chiara e i corpi robusti.
Nella foto sotto, Battaglia tra Sciti e Slavi, quadro del 1881 di Viktor Michajlovič Vasnecov.
2. Contadini pagani e gli anni della schiavitù
- Contadini e pagani
Dal punto di vista economico-sociale, gli slavi basavano la loro esistenza sull’agricoltura, legata soprattutto a ortaggi e cereali (pur praticando anche allevamento, pesca e caccia).
Era una civiltà contadina, organizzata in una rete di villaggi nei quali avevano un ruolo di rilievo le donne, che godevano di rilevanti diritti in tema di eredità, famiglia e commerci.
Sul piano politico, gli slavi si rifacevano a primitive organizzazioni tribali basate su stirpi legate a un capostipite comune, con più tribù che formavano un popolo.
La gestione della cosa pubblica era tendenzialmente “collettivistica”: ogni villaggio era infatti amministrato da un consiglio di anziani; una forma di governo che trova riscontro anche nel fatto che non esistono parole di origine slava per indicare la figura del re.
Gli slavi praticavano una forma di politeismo in cui spiccava, in alcune aree, una “divinità superiore” chiamata Perun (foto sopra), “signore del tuono”.
- Gli anni della schiavitù
Dopo secoli di espansione, gli Slavi si scontrarono con i nuovi regni europei che, nell’Alto Medioevo, ripresero il controllo di varie aree slavizzate.
Iniziava per queste genti un periodo oscuro di sottomissione e schiavitù.
A partire dall’VIII secolo, subirono la violenta pressione del Regno franco, del Sacro Romano Impero e dell’Impero bizantino, finché non prese vita, ai loro danni, una tratta degli schiavi di enormi proporzioni.
La quantità di slavi venduta come merce fu così ingente che al latino servus si sostituirà appunto il termine sclavus, mutuato dal loro nome.
Diffusissima dal XIII secolo, questa parola si ritrova oggi nell’inglese slave e in altre lingue. A sfavore degli slavi giocò tra l’altro il loro paganesimo: la Chiesa infatti riteneva immorale vendere “merce umana” soltanto se cristiana.
Nel tardo Medioevo la situazione cambiò, in meglio: oltre a creare varie compagini statali, dal Regno di Polonia a quello di Boemia, si affrancarono dalla condizione di subalternità e si avvicinarono al cristianesimo e alla cultura mediterranea: passo decisivo verso l’assimilazione con gli altri popoli europei.
Protagonista di questa fase fu la Rus’ di Kiev, un potente regno nato dalla fusione fra slavi e guerrieri scandinavi, che comprendeva l’Ucraina e la Bielorussia attuali.
3. Latini o ortodossi e la terza Roma
- Latini o ortodossi?
Il processo di cristianizzazione cancellò i loro riti pagani, anche se nei territori balcanici e orientali la cultura contadina rimase legata alle tradizioni, dando talvolta vita a una vera “doppia fede”.
La conversione avvenne sotto le spinte evangelizzatrici di Roma e Costantinopoli, i maggiori centri missionari del tempo.
Tra i molti evangelizzatori spiccarono i fratelli Cirillo e Metodio, attivi dalla metà del IX secolo.
A loro va anche il merito di aver creato il primo alfabeto slavo: il glagolitico, da cui deriva il cirillico.
Nell’XI secolo arrivò anche lo scossone dello scisma che divise la Chiesa in due: latina, o cattolica, a Occidente, ortodossa, o bizantina, a Oriente.
Si generò così la divisione tra una Slavia latina e una ortodossa, e popolazioni con lingue simili e con la medesima cultura etnica si ritrovarono sulle sponde di due mondi distinti.
Divisione nella divisione: gli ortodossi adotteranno l’alfabeto cirillico anziché quello latino.
- La terza Roma
Il mondo slavo ortodosso conobbe un momento di grande fulgore sotto Ivan il Terribile, (1530-1584), primo zar di tutte le Russie.
Con lui Mosca assunse le funzioni di “terza Roma”, in alternativa all’Urbe e a Costantinopoli. Quest’ultima era caduta nel 1453 sotto i colpi degli Ottomani.
Serviva una “terza Roma” che fungesse da nuovo faro per gli ortodossi. Gli zar successivi continuarono a circondarsi di un alone religioso, ergendosi inoltre a custodi dei tradizionali valori slavi.
Quegli stessi valori a cui, nel XIX secolo, si rifacevano movimenti come lo slavofilismo e il panslavismo.
L’uno, culturale, aspirava a recuperare in Russia l’antico sistema di valori slavi, da contrapporre a quelli occidentali; l’altro, politico, promuoveva la presa di coscienza dei popoli slavi circa le proprie radici e prospettava la fondazione di una grande fratellanza slava.
Nella foto sotto, Ivan il Terribile, primo zar di tutte le Russie.
4. E il futuro?
La voglia di unità non durò: tra Otto e Novecento, i popoli slavi diedero vita a più movimenti nazionalistici – conseguenza della dissoluzione dei grandi imperi – niente affatto disposti a sacrificare la propria identità per una causa comune.
Gli slavi, pur riscoprendo la loro comune origine etnica, avevano anche preso coscienza di appartenere a nazioni diverse.
Ecco perché, con il crollo dell’Impero ottomano, i neonati Stati slavi balcanici entrarono in conflitto fra loro, tanto che nascerà poi il termine “balcanizzazione” quale sinonimo di conflitto endemico ed efferatezza.
La stessa Grande guerra iniziò con un attentato (contro l’erede al trono d’Austria Francesco Ferdinando) per mano di un nazionalista slavo, il bosniaco Gavrilo Princip (nella foto sopra).
Mentre in epoca più recente, i vecchi nazionalismi sono tornati a farsi virulenti con il conflitto che negli anni Novanta ha frantumato la Iugoslavia, federazione che nel dopoguerra aveva aggregato Bosnia Erzegovina, Macedonia FYROM, Montenegro, Croazia, Serbia e Slovenia.
Dall’erosione di quest’entità (così come da quella dell’Urss) si sono ricostituiti nuovi Stati slavi, pronti in molti casi a integrarsi nella comunità europea.
Il forte senso di appartenenza nazionale di queste popolazioni può costituire oggi una fonte di arricchimento per l’Europa. A patto di evitare ogni strumentalizzazione politica.
Una curiosità: durante l’evoluzione della storia slava, il vecchio appellativo sclavus, passando per il veneziano s’ciao, “ti sono schiavo”, ha dato vita a un nuovo vocabolo: il nostro “ciao”, saluto oggi declinato in quasi tutte le lingue europee... incluse quelle slave. Nella foto sotto, i Santi Cirillo e Metodio.
5. In Europa i paesi di lingua slava
Slavi occidentali, orientali e meridionali:
- è questa la differenziazione geografico- linguistica del mondo slavo, che vede nel primo raggruppamento Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia;
- nel secondo Bielorussia, Russia e Ucraina;
- nel terzo Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Macedonia FYROM, Montenegro, Serbia e Slovenia.
Questi Paesi hanno tutti come idioma nazionale una lingua slava e sono a maggioranza cristiana (tranne la Bosnia, dove prevalgono i musulmani), divisi però tra cattolici e ortodossi.
Sei Paesi di lingua slava fanno oggi parte dell’Ue: Bulgaria, Croazia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia, ma solo questi ultimi due hanno adottato l’euro.
La cartina sotto indica le lingue parlate in Europa con, in giallo, i Paesi di lingua slava.