«Cinquant’anni fa ho asportato da un edificio questo frammento. Me ne vergogno e lo restituisco al proprietario. Scusate».
Sono le parole scritte a mano da un anonimo cittadino che a febbraio scorso, via posta, ha restituito alla Sovrintendenza archeologica di Pompei il frammento di un manufatto in terracotta raffigurante il volto di una donna.
Il gesto singolare di questa persona, di cui si apprezza un genuino imbarazzo, ci ricorda quanto oggi sia sempre più raro riuscire a chiedere scusa con reale rammarico e non per semplice convenzione sociale.
In un’epoca come la nostra in cui tutti tendono al perfezionismo, ammettere di avere sbagliato è raro e difficile. La maggior parte delle persone se ne vergogna e non esprime reale rammarico per il proprio errore, ricorrendo al massimo a frasi di circostanza ben poco autentiche.
In realtà è vero il contrario: è capace di chiedere perdono solo chi ha un’opinione positiva di se stesso.
1. La paura di sbagliare e la fatica a scusarsi
Le ragioni sono tante ma è certo che la cultura in cui viviamo non aiuta, votata com’è al perfezionismo e in cui l’errore è percepito come un peccato incancellabile.
«Chiedere scusa», spiegano diversi psicoterapeuti, «significa ammettere i propri errori e ciò può farci percepire come deboli. Nessuno, oggi, vuole mostrarsi fragile».
È anche l’educazione che riceviamo a spingerci in questa direzione: «Pensiamo ai genitori che insegnano ai figli che i grandi hanno sempre ragione, quasi come a intendere che un genitore non possa chiedere scusa a un figlio».
Così però sviluppiamo sin da piccoli meccanismi di difesa per camuffare i nostri errori che ci portiamo dietro anche da adulti per apparire sempre nel giusto tanto a noi stessi quanto agli occhi degli altri. Troppo spesso, infatti, crediamo che solo così possiamo salvare la nostra autostima.
Ma perché fatichiamo a scusarci? Lo ha confermato indirettamente anche lo studio pubblicato nel 2018 su Current Directions in Psychological Science da Karina Schumann dell’Università di Pittsburgh (USA): «Le ricerche sulla gestione dei conflitti», spiega l’autrice, «mostrano come le scuse siano uno degli strumenti più potenti impiegati da chi sbaglia per risolvere le questioni, sia dal loro punto di vista sia da quello delle loro vittime».
Tuttavia, è la stessa Schumann a chiarire come spesso evitiamo di scusarci per scarso interesse verso la nostra vittima oppure perché temiamo che farlo possa danneggiare la nostra immagine.
In altri casi, prosegue la studiosa, non chiediamo perdono semplicemente perché siamo convinti che le nostre scuse non sarebbero in grado di salvare il rapporto con la persona a cui dovremmo porgerle.
2. Le scuse “sbagliate” e non accettate
C’è da dire che spesso anche quando chiediamo scusa di fatto non ammettiamo il nostro errore.
Lo facciamo superficialmente, soltanto per dimostrare a noi e all’altro che siamo brave persone.
Le nostre scuse diventano quindi inutili o addirittura sbagliate: «Molte persone, con le migliori intenzioni di questo mondo, vorrebbero chiedere scusa ma proprio non sanno come fare», scrive la psicologa americana Harriet Lerner in Scusa. Il magico potere di ammettere i propri sbagli (Feltrinelli).
«Hanno detto “mi dispiace” e non capiscono perché la parte lesa non si ammorbidisca». Capita in diversi casi, ad esempio quando la nostra scusa contiene la congiunzione “ma”: «Quando a un’offerta di scuse viene accodato un “ma”, se ne mina la sincerità», prosegue l’autrice.
L’avversativo è indice di una giustificazione: “Scusa per come ti ho risposto, è un periodo di stress” spesso può equivalere a “non mi devo scusare perché non è colpa mia se ti ho risposto male”.
Simile effetto, spiega sempre Lerner, lo ottiene una scusa del tipo “Mi dispiace che tu l’abbia presa così”: «È un’altra tipica forma di pseudo-scuse, quelle cioè focalizzate sulle vostre azioni e non sulla risposta dell’altra persona».
Dietro a questi atteggiamenti si nasconde una mistificazione: ci si dispiace infatti per la reazione dell’altro, indirettamente giudicata eccessiva, e non per il nostro comportamento che l’ha generata. Per questo occorrerebbe sempre una buona comunicazione tra le parti: anche la parte lesa deve avere la maturità di ammettere di essere stata ferita, senza sminuire ciò che ha subito.
A volte capita di sbagliare anche dopo aver chiesto scusa: sempre più spesso, in coppia o nelle relazioni di lavoro, pensiamo che la parola “scusa” sia una sorta di bacchetta magica che cancella miracolosamente il nostro errore. Così però finiamo col pensare che tutto ci sia concesso: basta poi dirsi dispiaciuti.
Non stupisce che questo atteggiamento sia esso stesso causa di litigi: la persona ferita può rendersi conto che la scusa ricevuta è solo di facciata e dunque può non accettarla. In questi casi la persona che ha chiesto scusa può arrivare a colpevolizzare l’altro per non aver accettato il suo rimorso, attivando così un circolo vizioso che alimenta il rancore.
3. Scuse via WhatsApp e uomini perfezionisti...
- Scuse via WhatsApp
Oggi queste dinamiche sono complicate anche dalle nuove tecnologie.
Sempre più spesso cerchiamo di superare l’imbarazzo chiedendo scusa via messaggio invece che cercando un incontro chiarificatore di persona.
Peccato che i WhatsApp di scuse siano spesso una superficiale convenzione sociale priva di ogni empatia.
Certo possono comunque rappresentare un primo contatto utile ad aprire un dialogo. La comunicazione scritta ha il vantaggio di consentirci di pensare alle parole giuste.
L’importante è che a questa segua un reale rammarico. Del resto anche in psicoterapia gli psicoterapeuti fanno scrivere ai pazienti lettere immaginarie alle persone importanti: la scrittura ha infatti il potere di aiutarci a riordinare emozioni e pensieri.
- Uomini perfezionisti...
Sicuramente però il modo in cui ci scusiamo (o non ci scusiamo) dice molto di noi.
Diversi studi hanno mostrato tratti di personalità ricorrenti nelle persone che sono capaci di farlo di cuore.
Secondo Aaron Lazare, psichiatra alla Harvard Medical School (USA), è più propenso a scusarsi chi mostra umiltà, empatia e orientamento verso gli altri, ma anche chi ha un’opinione positiva di sé.
Queste persone psichicamente equilibrate credono che nella vita si possa sempre migliorare e accettano positivamente ogni accadimento. Al contrario, chi fatica a chiedere scusa si mostra come superbo.
E la superbia va spesso di pari passo con il perfezionismo, tratto secondo Lerner molto maschile: «Alcuni uomini sono così duri con se stessi per gli errori che hanno commesso che non hanno lo spazio emotivo per chiedere scusa ad altri».
Eppure in molti casi basterebbe essere meno rigidi per lasciarci andare all’ammissione delle nostre umane imperfezioni.
4. In coppia: quando le scuse sono solo... scuse e quando le scuse sono odiose
- In coppia: quando le scuse sono solo... scuse
Commettono un torto ma trovano sempre giustificazioni assurde per restare dalla parte della ragione oppure, quando ammettono l’errore, promettono di cambiare ma non lo fanno mai: sono i partner abusanti, quelli che impiegano le scuse come costante mezzo di autoassoluzione.
Questi soggetti manipolativi riescono ad averla vinta perché si legano a partner deboli, che in buona fede continuano a sperare in un loro cambiamento.
A volte però nelle coppie può trasformarsi in abusante anche il partner che riceve le scuse. Succede quando questo rifiuta di perdonare, non per la reale offesa ma per vendicarsi del torto subito.
Rifiutare delle scuse significa impedire a chi ha commesso un errore di liberarsi del senso di colpa. Questo porta la persona ferita ad assumere un ruolo di potere sull’altro.
Così si innesca un circolo vizioso fatto di torti reciproci, dannosi per entrambi. Se l’offesa non è rilevante, occorre arrivare a un equilibrio.
Se invece la ferita è così grave da non poter essere sanata, allora meglio chiudere del tutto la relazione.
- Quando le scuse sono odiose
«Il treno delle 7.18 arriverà con un ritardo di 45 minuti, ci scusiamo per il disagio». Quante volte, in stazione, abbiamo provato rabbia ascoltando questo messaggio?
Ciò che infastidisce è la scusa ipocrita di fronte a ritardi che continuano a ripetersi. Quando le scuse sono eccessive, infatti, diventano odiose. Ma non solo.
In coppia c’è chi si scusa anche senza aver fatto nulla di grave solo perché ha il terrore di perdere l’altro e vuole mettere le mani avanti. Così però dà di sé un’immagine di debolezza che può paradossalmente portare l’altro a lasciarlo.
Uno studio pubblicato nel 2017 da Frontiers of Psychology dimostrò come scusarci quando rifiutiamo qualcuno – come un datore di lavoro che non assume un candidato oppure una persona che dice di no a un pretendente – fa sentire male l’altro: «Lo induce a credere di dover perdonare chi lo ha rifiutato», spiega Gili Freedman, autrice dello studio.
5. Otto regole per chiedere perdono
Chiedere scusa è più facile se sappiamo come farlo.
Ecco alcune semplici regole suggerite dagli psicologi per chiedere perdono salvando il rapporto con la persona che abbiamo ferito.
1. Diciamo prima “grazie”. Proviamo a iniziare il nostro discorso con “grazie” invece che con “scusa”. A volte dire “ti ringrazio per la pazienza che hai avuto” è meglio di “scusa per esser arrivato in ritardo”. «Ringraziando l’atro si accresce la sua autostima», spiega Xiaoyan Deng, docente di marketing alla Ohio State University (USA) e coautrice di uno studio del 2019 sul tema.
2. Manteniamo il contatto con gli occhi. Mentre chiediamo scusa, guardiamo l’altro negli occhi: è utile a mostrarci sicuri e diretti, e a dare l’impressione che vogliamo essere sinceri.
3. No alle esagerazioni. Chiediamo scusa in modo serio, empatico ma senza cadere nel melodrammatico: esagerare, ad esempio piangendo a dirotto, è controproducente. Inoltre agendo in questo modo spostiamo l’attenzione su di noi e sul nostro dispiacere, mentre occorre concentrarci sui sentimenti della persona ferita.
4. Riconosciamo le nostre responsabilità. Dobbiamo essere onesti e coscienti del fatto che ci rendiamo conto di aver fatto un torto, senza cercare giustificazioni.
5. Impegniamoci a non commettere di nuovo l’errore. Dobbiamo mostrare infatti di aver imparato qualcosa dal nostro sbaglio.
6. Mostriamo di voler fare il possibile per rimediare ai danni. Chiediamo se c’è qualcosa che possiamo fare per l’altro, pur coscienti che non sarà un’azione riparatoria: il nostro errore resta e ce ne dispiacciamo.
7. Facciamo emergere quanto l’altra persona è importante per la nostra vita, senza ipocrisie o falsità. Mostriamo di essere dispiaciuti perché lui o lei è una presenza fondamentale.
8. L’altro potrebbe dire di no. Siamo consapevoli che chiedere perdono non significa ricevere necessariamente un’assoluzione: l’altro potrebbe non accettare le nostre scuse oppure avere bisogno di tempo per decidere. Lasciamo che sia l’altro a guidare la conversazione e non facciamo pressione. Se l’altro accetta le scuse, invece, ringraziamolo di cuore.