Il Cirneco dell'Etna è una delle razze canine esistenti più antiche del mondo.
Arrivato in Sicilia nel IV secolo avanti Cristo proveniente dall'Africa, il Cirneco dell'Etna è uno dei rappresentanti della più antica forma di Levriero conosciuta, la cui culla fu la steppa africana.
Dallo studio delle razze mediterranee si deduce che il Cirneco debba trarre le sue origini da antichi cani da caccia allevati in età faraonica nella valle del Nilo e diffusi, in Sicilia dai fenici.
Si può anche supporre sulla base di ricerche molto recenti che il Cirneco sia razza autoctona della Sicilia e precisamente della regione Etnea poiché i documentari di monete ed incisioni rivelano come il Cirneco colà esistesse sin da molti secoli prima della venuta di Cristo.
E' un cane di tipo primitivo dalle forme eleganti e slanciate, di media taglia, poco ingombrante ma robusto e resistente.
Originariamente cane da caccia, il Cirneco dell'Etna è dotato di indiscutibili qualità come cane da compagnia: di taglia poco ingombrante (quella di un Whippet, all'incirca), coperto da un pelo che non necessita di alcuna cura, è, sotto un'apparente gracilità, estremamente robusto e anche rustico.
Silenzioso e discreto, di carattere un poco indipendente – senza essere tuttavia restio all'obbedienza – questo cane si mostra riservato e diffidente verso gli sconosciuti, esercitando, quando la situazione lo esige, una grande vigilanza.
Ma scopriamo da vicino e più dettagliatamente questi meravigliosi e straordinari "amici siciliani", rappresentanti della più antica famiglia canina del mondo, che risale a 7000 o 9000 anni fa.
1. Origine
Arrivato in Sicilia nel IV secolo avanti Cristo proveniente dall'Africa, il Cirneco dell'Etna è uno dei rappresentanti della più antica forma di Levriero conosciuta, la cui culla fu la steppa africana.
Se non è sicuro che il Canide che si vede accompagnare un cacciatore in un'incisione rupestre di 9.000 anni fa, rinvenuta lungo lo Uadi Djerat (massiccio del Tassili-n-Ajjer), sia effettivamente un Levriero dalle orecchie diritte, altre incisioni trovate in questa regione montuosa del Sahara e datate fra i VI e il III millennio rappresentano prove indiscutibili dell'antichità di questo cane dalla silhouette snella, dalle orecchie diritte e dalla coda arrotolata (a forma di scimitarra).
Gli Egizi hanno conosciuto e impiegato questo cane: un bassorilievo che figura su un disco in steatite, trovato a Menfi e vecchio di 6.000 anni, ne riproduce con precisione la sagoma.
Si è spesso accostato il Levriero africano, denominato Tesem dagli egittologi, al dio dei morti della mitologia egizia, Anubi (nella foto). Senza dubbio a torto, perché se il Canide che rappresentava Anubi aveva una testa fine, munita di grandi orecchie diritte, il suo aspetto era in realtà di uno sciacallo (alcuni bassorilievi e degli affreschi mostrano la sua coda larga e folta).
Il Tesem nondimeno condivideva la vita quotidiana degli antichi Egizi: numerose mummie, ben studiate, mostrano fianco a fianco Levrieri, Tesem, sciacalli e cani paria... Il Tesem è stato progressivamente soppiantato in Egitto, a partire dal II millennio prima di Cristo, da Levrieri asiatici con le orecchie cadenti, nettamente più veloci.
Tuttavia, grazie ai Fenici, che controllavano il commercio nel Mediterraneo, il Levriero dalle orecchie diritte si è potuto diffondere su tutto il bacino mediterraneo e sulle isole. Tra il XIV e il X secolo avanti Cristo i Fenici crearono infatti delle colonie a Malta, in Sardegna, in Sicilia, in Spagna e nell'Africa del Nord.
I Levrieri dalle orecchie diritte restarono associati ai Cartaginesi, poiché una di queste colonie era divenuta celebre, nel corso dell'ultimo millennio prima dell'era cristiana, con il nome di Cartagine; a Ibiza, per esempio, hanno la reputazione di essere stati i cani di Annibale.
In realtà la diffusione di questo cane andò di pari passo con quella di una nuova selvaggina, originaria della penisola iberica: il coniglio.
Facile da cacciare, assai prolifico e piuttosto sedentario, dalla carne molto apprezzata, questo animale fu infatti, secondo lo storico Robert Delort, introdotto dai Fenici in tutte le isole del Mediterraneo e, a partire dalla Spagna, si diffuse poi nel resto dell'Europa e in Africa.
Il Levriero dalle orecchie diritte, che non sosteneva il confronto con i Levrieri asiatici per cacciare la gazzella e la lepre, si rivelava al contrario imbattibile sul coniglio, una selvaggina che richiede, piuttosto che uno sprint di alcune centinaia di metri, estrema vivacità e che si insegue a vista, certamente, ma anche grazie al fiuto e all'udito (ora, occorre sapere che il Levriero dalle orecchie diritte è dotato di un eccellente fiuto e di un udito assai fine).
Il coniglio sì moltiplicò nelle isole mediterranee, dove trovo il suo habitat ideale: terreni molto asciutti, pietrosi e accidentati, non popolati da grandi predatori selvaggi. Divenne persino dannoso. I Fenici non ebbero quindi alcuna difficoltà a commerciare il solo cane capace di evitare la proliferazione eccessiva della selvaggina che essi stessi avevano diffuso.
2. Storia
I Fenici prima e i Cartaginesi poi costituirono presto delle colonie in Sicilia e grazie a esse il Cirneco vi si stabilì nel IV secolo a.C. (delle monete battute con la sua effigie e, secondo fonti italiane, alcune statue e incisioni su pietra attestano la sua anzianità sull'isola).
Lo scrittore e filosofo Claudio Eliano (c. 165/170 - c. 235) riferisce, nel suo "De natura animalium", che ad Adrano, in Sicilia, un tempio dedicato a una divinità locale era sorvegliato da tempi memorabili da alcuni Cirnechi che sapevano, per un dono soprannaturale, distinguere i devoti dai ladri sacrileghi, facendo festa agli uni e attaccando gli altri.
Nel Medio Evo l'abbondanza dei conigli in Sicilia fece del Cirneco un aiuto molto prezioso. A Brucato alcuni recenti scavi hanno mostrato che il 40% della fauna selvatica cacciata dall'uomo, nel XIII e nel XIV secolo, era costituito da conigli.
La quantità catturata era considerevole. Il Cirneco si è così integrato, dopo molto tempo, nel paesaggio e nell'economia della Sicilia e si comprende come sia stato possibile considerarlo autoctono.
Il suo adattamento alle condizioni locali spiega forse il fatto che la sua taglia (dai 43 ai 50 cm al garrese) sia inferiore a quella degli altri rappresentanti del Levriero d'Africa (Podenco Ibicenco: da 60 a 72 cm; Cane dei faraoni: da 53 a 63,5 cm).
Questa taglia modesta comporta certamente una minor velocità, ma favorisce dall'altro canto l'attitudine a girare (cambiare direzione), una qualità preziosa per un cane che debba cacciare il coniglio.
Dopo la seconda guerra mondiale, a causa della rarefazione del Cirneco dell'Etna, la cinofilia italiana ha cominciato a interessarsi a lui e ha corredato uno standard della razza.
Se questo cane è al presente ben caratterizzato, resta tuttavia praticamente sconosciuto al di fuori della Sicilia e dell'Italia (salvo che in Francia, dove un allevamento si è sforzato di promuoverlo), anche se i Britannici se ne sono senza dubbio serviti quando hanno selezionato dei Levrieri di Malta per ricreare il cane dei faraoni.
3. Comportamento
Da molto tempo il Cirneco dell'Etna non è considerato come un Levriero, specialmente da parte dei suoi utilizzatori.
Cane di tipo primitivo (5° gruppo) nella nomenclatura delle razze canine del 1990, era classificato prima del 1987 fra i segugi per la piccola selvaggina (6° gruppo). Il suo modo di cacciare è in effetti assai differente da quello del Levriero che insegue a vista una selvaggina veloce, come la lepre, sicuro delle vaste estensioni scoperte.
Il Cirneco dell'Etna, al contrario, caccia con il naso a terra, seguendo con pazienza e metodo la traccia della selvaggina, silenziosamente, al trotto.
Fa lui stesso il lavoro dal principio alla fine, senza che il cacciatore siciliano abbia bisogno di impiegare una sola cartuccia - comportandosi come scovatore di selvaggina e animale da cespugli, alla stessa stregua del Cocker, come un Levriero, per l'inseguimento, e infine come un Retriever, quando riporta.
Questo metodo di caccia rende i Cirneco particolarmente efficace contro il coniglio, specialmente lungo i pendii rocciosi dell'Etna.
Ma, grazie alla sua conoscenza dei terreni difficili, alla sua resistenza, particolarmente al calore, il Cirneco è impiegato anche per altri tipi di selvaggina: la lepre e gli uccelli (fagiani, pernici, beccacce, quaglie).
In più il Cirneco permette di cacciare all'alba o al tramonto, il che favorisce una caccia tanto più discreta, perché questo cane silenzioso lancia solo piccoli latrati quando serra da vicino la selvaggina o quando scava.
Tuttavia, è come cane da compagnia che il Cirneco dell'Etna, sembra avere ultimamente successo nel nostro paese. Il suo aspetto insolito, molto originale, dovrebbe in effetti fargli guadagnare degli amatori al di fuori dell'ambiente dei cacciatori.
È dall'altra parte dotato di indiscutibili qualità come cane da compagnia: di taglia poco ingombrante (quella di un Whippet, all'incirca), coperto da un pelo che non necessita di alcuna cura, è, sotto un'apparente gracilità, estremamente robusto e anche rustico.
Silenzioso e discreto, di carattere un poco indipendente - senza essere tuttavia restio all'obbedienza - questo cane si mostra riservato e diffidente verso gli sconosciuti, esercitando, quando la situazione lo esige, una grande vigilanza.
Assai calmo in casa (al pari di un gatto si adatta bene all'appartamento), dà prova di una vivacità e di un dinamismo stupefacenti quando gli si dà l'occasione di spassarsela; si rivela allora un notevole saltatore e un autentico acrobata.
Gli occorre quindi un minimo di esercizio per vivere in un ambiente cittadino. Senza essere molto espansivo, il Cirneco dell'Etna è amichevole e affettuoso; si intende bene con i bambini, con i quali si mostra insieme assai dolce e giocherellone.
Ma il Cirneco non ha solo delle qualità di comportamento: è capace di sedurre gli appassionati di storia che, con un tale cane, potranno gloriarsi, senza alcuna millanteria, di possedere un raro e assai discreto rappresentante della più antica famiglia canina del mondo, che risale a 7000 o 9000 anni fa.
4. Razze affini
Benché separati da millenni, al riparo delle loro rispettive isole, Cirneco dell'Etna, Podenco Ibicenco (nella foto) e Cane dei faraoni sono cugini prossimi, discendendo direttamente dal Levriero d'Africa.
Venendo da Malta, il Cane dei faraoni è del tutto un isolano, anche se gli inglesi gli hanno dato un nome che fa riferimento alle sue prime origini.
Chiamato Tal-Fenek (in lingua maltese fenek significa coniglio), è stato negli anni Settanta oggetto di un'accurata selezione britannica, che ha portato alla redazione di uno standard omologato nel 1976 dalla FCI.
Dal canto loro, Tedeschi e Svizzeri avevano avuto un'idea simile: per salvare dall'estinzione gli ultimi esemplari rappresentanti l'antico Levriero degli Egiziani, hanno selezionato dei Levrieri delle Baleari; poi, nel 1963, hanno fatto approvare - grazie alla mediazione di un organismo affiliato alla FCI (L'Unione internazionale delle corse dei Levrieri, UICL) - uno standard dei Pharaon hound.
L'iniziativa poteva comprendersi in un'epoca in cui la cinofilia spagnola non era quasi attiva. Ma al giorno d'oggi si dà molto da fare, preoccupandosi seriamente dell'avvenire delle sue razze nazionali e specialmente del Podenco Ibicenco.
D'altronde, uno studio recente mostra che anche gli abitanti di Maiorca non trascurano assolutamente i loro Levrieri; al contrario, conservando gelosamente le loro tradizioni di caccia senza fucile, essi venerano questo cane, mantenutosi puro dall'epoca di Annibale.
Si constata, quindi, che queste 3 razze, minacciate di estinzione ancora poco tempo fa, suscitano oggi un ritorno di interesse, anche se il loro aspetto sconcerta ancora un po' il grande pubblico.
Curiosità: Il Cirneco dell'Etna è al giorno d'oggi ancora totalmente sconosciuto nei paesi anglosassoni. Benché nota da molto tempo alla Federazione cinologica internazionale, la razza non è quasi uscita dall'Italia.
5. Lo standard del Cirneco dell'Etna
FCI Standard N° 199 / 03.11.1999
CIRNECO DELL’ETNA
ORIGINE: Italia
DATA DI PUBBLICAZIONE DELLO STANDARD ORIGINALE VIGENTE: 27.11.1989
UTILIZZAZIONE: Cane da caccia al coniglio selvatico
CLASSIFICAZIONE F.C.I.: Gruppo 5 Cani di tipo Spitz e di tipo primitivo
Sezione 7 tipo primitivo
Senza prova di lavoro
ASPETTO GENERALE DEL CANE
Cane di tipo primitivo dalle forme eleganti e slanciate, di media taglia, poco ingombrante ma robusto e resistente. La conformazione è quella del sub-dolicomorfo costruito leggermente, con tronco che sta nel quadrato e con pelo fine.
PROPORZIONI IMPORTANTI
Lunghezza del tronco uguale all'altezza al garrese (costruzione quadrata); altezza del torace leggermente inferiore all'altezza dal gomito a terra; rapporto tra la lunghezza della canna nasale e la lunghezza totale della testa; la canna nasale non raggiunge la metà della lunghezza totale della testa (il muso sta al cranio come 8 a 10, ma sono maggiormente apprezzati i soggetti il cui muso raggiunge la lunghezza del cranio).
COMPORTAMENTO E CARATTERE
Cane da caccia adatto a terreni aspri e specialmente indicato per la caccia al coniglio selvatico - cane dotato di grande temperamento, e dolce ed affettuoso, nel contempo.
TESTA
Regione cranica
In senso longitudinale, forma ovaleggiante; gli assi cranio-facciali sono fra di loro appena divergenti o paralleli. Il profilo superiore del cranio leggermente convesso quasi da apparire piatto, la larghezza bizigomatica del cranio non deve superare la metà della lunghezza totale della testa, arcate sopracciliari poco elevate, solco frontale poco sviluppato, cresta occipitale quasi nulla, protuberanza occipitale poco sviluppata. Stop: Grado di accentuazione all'incirca 140ƒ.
Regione facciale
Tartufo: forma abbastanza rettangolare, piuttosto grande, colore in relazione al manto (marrone piuttosto scuro, marrone chiaro, carnicino).
Muso: la lunghezza del muso raggiunge almeno 1'80% della lunghezza del cranio, profondità od altezza (misurata alla metà del muso) raggiunge almeno la metà della sua lunghezza del muso stesso, la larghezza (misurata alla metà del muso) è inferiore alla metà della sua lunghezza. Il muso quindi è a punta con profilo della canna nasale rettilineo, il suo profilo laterale inferiore è dato dalla mandibola.
Labbra: fini, sottili e tese, ricoprono appena i denti della mandibola. La commessura labiale è appena visibile.
Mascella: mascella di sviluppo normale anche se d'apparenza non robusta, mandibola poco sviluppata con mento sfuggente. Incisivi impiantati posti verticalmente sulle mascelle e perfettamente allineati e combacianti fra di loro.
Guance: piatte
Denti: chiusura a forbice e denti completi per sviluppo e numero
Occhi: occhi apparentemente piuttosto piccoli, colore ocra non carico, ambra e anche grigi, mai marrone o nocciola scuro, la loro posizione Ë laterale, espressione dolce, rime palpebrali ovali con pigmentazione uguale a quella del tartufo.
Orecchie: inserite ben in alto e ravvicinate, portamento eretto e ben rigido ad apertura anteriore, forma triangolare con punta stretta, non vanno amputate. La loro lunghezza non oltrepassa la metà della lunghezza totale della testa.
COLLO
Profilo: profilo superiore molto arcuato (convesso).
Lunghezza: lungo quanto la testa.
Forma: leggermente troncoconico, muscoli appariscenti in special modo al suo margine superiore.
Pelle: pelle fine e tesa, molto aderente, assenza di giogaia.
TRONCO
Linea superiore:
Rettilinea, che dal garrese scende bene verso la groppa.
Garrese: elevato sulla linea dorsale, stretto per la convergenza della punta delle scapole, l'attacco del collo Ë armonioso, cioË senza alcuna demarcazione.
Dorso: profilo superiore rettilineo, muscoli senza grande sviluppo, la lunghezza della parte toracica, è all'incirca tre volte la lunghezza della parte lombare, la lunghezza della parte lombare è pressappoco un quinto dell'altezza al garrese e la sua larghezza si avvicina alla misura della sua lunghezza, muscoli corti e poco appariscenti ma sodi.
Groppa: profilo superiore piuttosto piatto, la sua inclinazione è di circa 45ƒ sull'orizzontale, quindi groppa scoscesa, secca e robusta, la sua lunghezza raggiunge, all'incirca un terzo dell'altezza al garrese e la sua larghezza si avvicina come misura alla metà della sua lunghezza, i muscoli della groppa non sono appariscenti.
Torace: la lunghezza del torace è poco più della metà dell'altezza al garrese (circa 57%) e la sua larghezza (misurata nella parte più ampia del torace) è poco meno di un terzo dell'altezza al garrese, il torace scende all'altezza del gomito o quasi senza però oltrepassarlo, coste poco cerchiate, mai piatte, perimetro toracico che supera in misura l'altezza al garrese di circa un ottavo, petto piuttosto stretto.
Linea inferiore
Il profilo inferiore è dato da una linea che rimonta, in corrispondenza del ventre, senza brusche demarcazioni. Ventre asciutto e retratto, fianchi pari in lunghezza alla regione renale.
Coda: inserita in basso, di forma piuttosto grossa ed uniforme in tutta la sua lunghezza, coda lunga sino a raggiungere il garretto o leggermente oltrepassarlo, in riposo è portata a scimitarra, in attenzione a tromba sul dorso, pelo raso.
ARTI
Arti anteriori
Nell'insieme l'appiombo visto di profilo evidenzia la verticale immaginaria calata a terra dall'articolazione scapolo-omerale, sino a toccare la punta delle dita così come la verticale immaginaria abbassata dall'articolazione omero-radiale divide l'avambraccio ed il carpo in due parti quasi uguali uscendo a metý del metacarpo. L'appiombo visto di fronte deve mostrare la verticale immaginaria calata a terra dalla punta della spalla, che divide in due parti uguali l'avambraccio, il capo, il metacarpo ed il piede. L'altezza di tutto l'arto anteriore sino al gomito Ë di poco superiore alla metà dell'altezza al garrese.
Spalle: la scapola deve avere la lunghezza di quasi un terzo dell'altezza al garrese ed una inclinazione di 55° sull'orizzontale, le punte delle scapole sono ravvicinate, l'angolo scapolo-omerale è di 115/120°.
Braccio: la lunghezza del braccio è la meta dell'altezza dell'arto anteriore sino al gomito, il braccio è parallelo o quasi al piano mediano del tronco, poco obliquo sull'orizzontale, la muscolatura del braccio è appariscente e netta.
Gomito: posizione a livello della linea sternale o posto al di sotto e parallelo al piano mediano del tronco, angolo omero-radiale 150° circa.
Avambraccio: la lunghezza dell'avambraccio è uguale ad un terzo dell'altezza al garrese, la sua direzione è perpendicolare al terreno, scanalatura carpio-cubitale evidente, ossatura leggera ma solida.
Carpo: segue la linea retta dell'avambraccio, osso pisiforme ben sporgente.
Metacarpo: la lunghezza del metacarpo non deve essere inferiore al sesto dell'altezza di tutto l'arto anteriore sino al gomito, largo più del carpo ma piatto e secco, il metacarpo è leggermente inclinato dall'indietro all'avanti, ossatura piatta e secca.
Piede: di forma ovale, da lepre, a dita ben unite fra di loro ed arcuate, unghie forti e ricurve di colore marrone o carnicino-rosa tendente al marrone, mai nere, suole dure e pigmentate del colore di quello delle unghie.
Arti posteriori
Nell'insieme l'appiombo visto di profilo evidenzia la verticale immaginaria calata a terra dalla punta della natica sino a toccare la punta delle dita o quasi, l'appiombo visto da dietro evidenzia la verticale immaginaria, calata a terra dalla punta ella natica e che divide in due parti uguali la punta del garretto, metatarso e piede. La lunghezza totale dell'arto posteriore Ë all'incirca il 93% dell'altezza al garrese.
Coscia: lunga e larga. La sua lunghezza è un terzo dell'altezza al garrese, muscoli piatti con margine posteriore della coscia poco convesso, la larghezza della coscia (faccia esterna) è pari ai 3/4 della sua lunghezza, angolo ileo-femorale è di circa 115°.
Gamba: lunghezza di poco inferiore a quella della coscia, la gamba è inclinata di 55° sull'orizzontale. I muscoli che la ricoprono sono asciutti e ben divisi, ossatura leggera, scanalatura gambale ben marcata.
Ginocchio: il ginocchio deve trovarsi sulla verticale calata dalla punta della natica a terra; l'angolo femoro-tibiale è di circa 120°.
Garretto: lLa distanza della pianta del piede alla punta del garretto non oltrepassa il 27% dell'altezza al garrese, la sua faccia esterna è larga, angolo tibio-tarsico circa 135ƒ.
Metatarso: la sua lunghezza è uguale al terzo della lunghezza dell'arto anteriore al gomito, è di forma cilindrica e la sua posizione è verticale cioé perpendicolare al terreno, assenza di speroni.
Piedi: leggermente ovale e con tutte le caratteristiche di quello anteriore.
ANDATURA
Galoppo anche con tempi di trotto.
PELLE
Fine, ben aderente agli strati sottostanti in ogni regione del corpo. Il pigmento varia col variare delle macchie del mantello. Le mucose e la pelle del tartufo sono dei colori descritti per il tartufo e non debbono mai presentare macchie nere ne essere depigmentate.
MANTELLO
Pelo: pelo raso sulla testa, sulle orecchie e sugli arti, semilungo (cm. 3 circa) ma ben liscio ed aderente alla cute sul tronco ed alla coda, tessitura vitrea.
Colore:
a - fulvo unicolore più o meno intenso o diluito, come isabella sabbia, ecc.;
b - fulvo e bianco nelle sue gradazioni (lista bianca in testa, lista bianca al petto, piedi bianchi, punta della coda bianca, ventre bianco; (meno apprezzato il collare bianco); tollerato il color bianco unicolore o con macchie arancio; ammesso il manto fulvo frammisto di peli più chiari e più scuri.
TAGLIA E PESO
Altezza al garrese:
Maschi: da 46 a 50 cm. Tolleranza massima 52 cm.
Femmine: da 42 a 46 cm. Tolleranza massima 50 cm.
Peso:
Maschi: da 10 a 12 Kg.
Femmine da 8 a 10 Kg.
DIFETTI
Ogni deviazione delle caratteristiche indicate nella descrizione delle varie regioni costituisce un difetto, che deve essere penalizzato nel giudizio in rapporto alla sua gravità e diffusione.
P.S. I maschi devono avere due testicoli di aspetto normale e ben discesi nello scroto.