Creta è un'isola che si stende al centro del mare Egeo per una lunghezza di 250 chilometri e una larghezza di circa 55; la superficie totale, pari quasi a quella della Corsica, è di circa 8.000 chilometri quadrati.
Fu a Creta che la cultura egea dell’età del bronzo si sviluppò molto precocemente, toccando i vertici più alti. A partire dal 2300 a.C. circa fino al 1200 a.C. circa, l’isola si popolò di città e di palazzi che testimoniano un elevato livello di benessere, le navi cretesi si spingevano a commerciare negli empori di tutto il Mediterraneo e i Cretesi erano conosciuti ovunque come eccellenti mercanti e marinai.
I Cretesi parlavano una lingua che ci è tuttora sconosciuta, anche se alcune parole si conservarono in greco, infatti erano di derivazione cretese molti nomi di piante e frutti, oggetti e materiali come i metalli che a Creta erano già diffusi quando giunsero i Greci. Era cretese gran parte della terminologia marinaresca compreso lo stesso nome del mare (thalassa), nonché molti oggetti di uso quotidiano.
Racconta Omero: « C’è una terra nel mezzo del mare scuro come il vino, Creta, fertile e bella, circondata dall’acqua: in essa vi sono innumerevoli uomini e novanta città: chi ha una parlata, chi un’altra, un miscuglio.., tra loro è Cnosso, una grande città, nella quale regnò per nove anni Minosse, confidente del grande Zeus »(Odissea).
Va respinta l’ipotesi, formulata da Sir Arthur Evans, secondo la quale furono gli immigrati egizi, in fuga davanti a Menes, ad accelerare lo sviluppo. I primordi dell’età del bronzo egea, vengono fatti risalire, sulla base del carbonio 14, intorno al 2900 a.C.
Recenti studi archeologici condotti da un gruppo di ricercatori dell'Università di Crera a Heraklion e dell'Università di Washington a Seattle (che firmano un articolo pubblicato su “Nature Communications”), sostengono che la civiltà minoica era autoctona e fu fondata dai discendenti dei primi coloni europei dell'isola di Creta, che vi approdarono durante il Neolitico, circa 9000 anni fa.
Verso il 2500 a.C. i portatori di una cultura straniera (forse provenienti dalla Libia), sviluppatasi nei pressi di Festo, sulla costa meridionale, assimilarono, in breve, i costumi dell’isola. Quantunque le tecniche di base nella lavorazione dei metalli e della ceramica e in altre forme di artigianato fossero state importate dall'Oriente, la grande civiltà cretese fu una manifestazione autoctona.
Ma esaminiamo un po' meglio questa straordinaria e tuttora parzialmente misteriosa civiltà preellenica, impropriamente chiamata minoica.
1. La denominazione "minoica"
Secondo la leggenda, Minosse, Radamante e Sarpedonte furono i tre figli nati in seguito all’amore tra Zeus (trasformatosi per l’occasione in un toro bianco) ed Europa. Ognuno di questi tre fratelli è stato associato con uno dei
principali palazzi di Creta: Minosse con Cnosso, Radamante con Festo e Sarpedonte con Mallia.
La denominazione "minoica", che - va notato - appartiene all’epoca moderna, venne introdotta da Evans (i suoi scavi presso Cnosso portarono alla luce, per la prima volta, i resti di tale civiltà nel 1899), che si ispirò al nome di Minosse di Cnosso, il famoso re della leggenda greca.
Si obiettò subito che, stando a Omero, Minosse fu l’antenato di un eroe greco che combattè a Troia molti secoli dopo, e che dividere i secoli anteriori al 1600 a.C nei periodi alto minoico e medio minoico era come chiamare il nostro primo e secondo Medioevo, rispettivamente, alta età vittoriana ed età vittoriana di mezzo.
Oggi si tende a individuare nell’età del bronzo cretese tre epoche: quella del prepalazzo, del primo palazzo e del secondo palazzo. In ogni caso, la denominazione «minoico» ha ormai da tempo conquistato credito internazionale.
Il periodo alto minoico, d’altra parte, non durò a lungo, come ritenevano i primi studiosi. Evans distingueva al suo interno tre sottoperiodi - l’alto minoico I, II, III - cosicché ogni oggetto o evento, all’interno di ciascuna serie temporale, si situa in prossimità dell’inizio, del punto di mezzo o della fine.
Ma oggi R.W. Hutchinson (L ’antica civiltà cretese, 1962) afferma che la cultura del primo periodo alto minoico, teorizzato da Evans, «non è affatto unitaria». Non è stato ancora ritrovato nessuno strumento di rame risalente con certezza a quell’epoca, sebbene se ne dovesse probabilmente far uso. Non bisogna dimenticare che il rame e il bronzo, se non andavano casualmente perduti, venivano fusi.
Assistiamo, invece, a un rinnovato stimolo nella sperimentazione, nella pittura vascolare, nell’uso della pietra e della creta per la produzione di statuine, e in più ambiziose costruzioni edilizie. È anche l’età che vide la nascita di insediamenti permanenti lungo la costa e su isole. È questo il «tempo dei piccoli passi» per numerosi processi interessanti per gli sviluppi che ne sarebbero seguiti.
Nella stessa Cnosso, situata a metà strada lungo la costa settentrionale, con pianure adatte all’agricoltura e accessi ai migliori valichi attraverso il centro dell’isola, i resti della nuova età si sovrappongono a quelli dell'epoca neolitica.
Nella parte orientale di Creta, quando fa la sua comparsa, l’età del rame è già compiuta; la popolazione era in espansione. Nella parte occidentale, che, più umida e fredda, attrasse meno i colonizzatori, lo sviluppo fu lento,
limitato, e le antiche usanze sopravvissero probabilmente più a lungo.
2. L'inizio dello sviluppo culturale
Nel secondo e terzo sottoperiodo alto minoico (c. 2600-2100? a.C.) è in pieno sviluppo la cultura dell’isola.
Collane di terracotta (di pasta blu) e ornamenti provenienti dall’Egitto, avorio originario dell’Egitto (o della Siria, dove si trovavano ancora gli elefanti), importato e lavorato a Creta, attestano il fervore dei commerci; i gioiellieri lavoravano l’oro (guarda foto accanto).
Ma fra i prodotti più affascinanti dell’alto minoico sono i vasi di marmo locale, di steatite o altra pietra, che mostrano una lavorazione artigianale attenta alle venature e alle variazioni di colore, secondo il gusto evidente nei vasi importati dall’Egitto, la patria di molti capolavori del genere.
Già conosciuto era l'ulivo, che, insieme ai cereali, costituiva, fin da allora, la base dell’alimentazione greca. A Vasiliki, nella parte orientale di Creta, la «Casa sulla collina», un edificio a forma di L, con le due ali lunghe circa 30 metri, dotato di numerosi locali, molto più ampio delle costruzioni adiacenti, indica il sorgere di differenze di classe e anticipa il celebre palazzo minoico.
Nella vicina Myrtos venne dato alle fiamme (c. 2200 a.C.) un insediamento, una specie di conigliera con 90 stanze, mentre la vita continuava su un’altra collina in cui si trovava una tomba, oggetto di culto. Il rame, relativamente comune, è amalgamato a piccole quantità di stagno, o usato allo stato puro.
La pittura su ceramica, vigorosa e affascinante, si limita ancora a disegni astratti; ma un annuncio di quanto doveva venire fa capolino in casi isolati, come in un esemplare di brocca che il vasaio, con incantevole umorismo, plasmò dandole la forma di un insaziabile uccellino, con l’ampio becco dischiuso, un abbozzo di ali e una coda, piantato su quattro piedi umani; o come nel coperchio di pietra di un astuccio per gioielli o cosmetici, il cui manico (sul coperchio ci sono i fori per farvi passare due cordicelle) è reso nelle sembianze di un delizioso cagnolino, accovacciato, ma inquieto, con le zampe e la coda allungate.
Oltre alla ceramica, in questo periodo i Cretesi svilupparono raffinate tecniche di lavorazione dei metalli e delle pietre semipreziose (agata, calcedonia, cristallo di rocca). Con queste ultime produssero gemme e sigilli incisi con motivi sia naturalistici sia astratti.
3. La rivoluzione urbana
Intorno al XX secolo a.C., Creta conobbe la sua rivoluzione urbana. Quasi all’improvviso - così ci appare oggi - il progresso, maturato nel corso di sei secoli, raggiunse l’apice in un’epoca di repentini mutamenti.
Avvenimenti politici, dei quali siamo completamente all’oscuro, furono, forse, all’origine dello spostamento del centro di gravità della vita cretese, dalla parte orientale verso il centro dell’isola.
A Cnosso, che possedeva un porto ad Amniso, a Mallia, circa trenta chilometri a est, e a Festo, in prossimità della costa meridionale, sorsero vere e proprie cittadine, con fìtte case lungo vie anguste. I 3 agglomerati possedevano, ciascuno, un palazzo che, costituito da un vasto complesso di sale, con corridoi pavimentati e scale di pietra, intorno a una corte centrale, evidenzia la mancanza di un progetto mirato a effetti architettonici.
Stanze e stanzette erano costruite e aggiunte secondo la necessità del momento; l’architettura minoica è stata definita «agglutinante». Mancano, inoltre, locali sufficientemente ampi per ospitare ricevimenti o funzioni di corte durante l’inverno, come potremmo aspettarci.
Può darsi che tali cerimonie avessero luogo al primo piano, raggiungibile attraverso le scale delle quali restano i bassi gradini. Nelle cittadine più piccole, Gournia e Paleokastron (i nomi sono moderni), situate nella Creta orientale, sono state scoperte piante complete delle strade; a Gurnià in una «grande casa», di dimensioni più ridotte rispetto a quelle delle altre città, si è voluto individuare la residenza del signore locale.
Nel periodo minoico di mezzo (c. 1950-1550 a.C.) le strade erano provviste di posti di polizia a intervalli, specialmente sui valichi che portavano da Cnosso a Festo; fu inoltre adottato un sistema di scrittura geroglifico, che ricalcava forse l’egizio; da esso si sviluppò più tardi una tavola di caratteri sillabici più semplice, chiamata Lineare Minoico A.
4. Una "terra in pace"
In alcune località dell’isola sono state rinvenute delle asce (nella foto accanto), alcune delle quali con una sola lama, altre con due lame. L’ascia a due lame era il simbolo del potere minoico.
Era in uso il vero e proprio bronzo. Il pugnale si allunga a formare una spada di bronzo; ma più che lo sviluppo delle armi colpisce il fatto che fossero abbastanza rare e che le ricche e prosperose cittadine non fossero ancora fortificate.
I palazzi hanno, sì, entrate anguste, protette da massicci torrioni o corpi di guardia, in caso di sommosse, ma l’impressione generale è quella di una terra in pace.
Se i vari palazzi suggeriscono l’idea che non vi fosse ancora una monarchia centralizzata alla guida dell’isola, l’assenza di fortificazioni fa pensare che i principi della città, forse re sacerdoti o consorti di regine di natura divina (la divinità dominante era una dea madre, e l’arte mostra l’alta condizione nella quale erano tenute le donne di corte), vivessero in pace tra loro, spinti dal comune interesse di conservare le loro posizioni di privilegio.
La massa della popolazione era probabilmente tenuta soggetta e tassata in natura (specialmente olio: infatti il posteriore palazzo a Cnosso possedeva enormi magazzini) attraverso gli espedienti della religione e con lo scopo di sostenerne le spese inerenti, cioè quelle necessarie a mantenere le venerabili autorità che conservavano l’equilibrio tra gli dei e gli uomini.
Al pari degli imperatori romani, gli uomini al potere provvedevano all’organizzazione dei giochi; alcuni famosi affreschi in miniatura del minoico di mezzo si dilettano a mostrare nutrite folle riunite in occasione di uno spettacolo.
Si tratta, in un caso, di una danza di nobili dame sotto enormi ulivi; in un altro, probabilmente, di un combattimento di tori o piuttosto di un volteggio sul toro (un gioco molto rischioso per gli atleti) davanti a un tempietto munito di colonne. La folla - gli uomini arrossati, bruciati dal sole, le donne dalla carnagione chiara - è resa in modo sommario.
Maggiore cura è dedicata alle dame di corte sedute in una tribuna nei pressi del tempietto, nelle loro complicate vesti - gonne fluttuanti, maniche a sbuffo, seni scoperti -, ma l’artista le mostra impegnate a conversare, non già a seguire lo spettacolo.
5. Il declino della civiltà minoica
Per due volte (nel 1730 e nel 1570 circa), il palazzo di Cnosso venne distrutto dal terremoto; oggi sappiamo che, per errore, fu costruito lungo una linea tellurica.
Ma, a quanto pare, il popolo, ancora solidale con i suoi governanti, non si ribellò, ma sgombrò le macerie e ricostruì di nuovo. A Thera (c. 1520 a.C.) un’eruzione vulcanica ricoprì di lava la cittadina (la popolazione era fuggita in tempo); e nel 1480 ne seguì un terribile disastro, conseguenza del primo.
Probabilmente sprofondò il cono del vulcano, sollevando onde di marea più grandi di quelle di Cracatoa nel 1883 d.C. Le località costiere di Creta subirono danni spaventosi. Molte vennero abbandonate; ma Cnosso, nel suo sito sopraelevato, fu una delle poche a sopravvivere.
Nel frattempo, un popolo chiamato Micenei o Achei avevano occupato la Grecia, costituendovi solide monarchie militari e provvedendo all'arruolamento di soldati mercenari. Già indeboliti dagli eventi sopra descritti, i signori di Creta non furono in grado di resistere ai Micenei e si arresero all'invasore.
I nuovi conquistatori si insediarono nei palazzi reali imponendo il loro dominio sulla popolazione locale. La vita quotidiana rimase pressoché immutata anche durante il dominio della nuova dinastia.
Conquistata l’isola di Creta, i Micenei si insediarono nei palazzi reali imponendo il loro dominio sulla popolazione locale: in questo periodo fu elaborato un secondo tipo di scrittura (Lineare B), identica a quella usata sul continente greco.
Il periodo miceneo sull’isola fu breve: attorno al 1200 a.C. (secondo la datazione oggi più accreditata) una catastrofe definitiva si abbatté su Creta. I palazzi reali furono distrutti e dati alle fiamme e non risorsero più.
Sulle macerie dei palazzi furono costruite modeste abitazioni e da allora in poi non si parla più di Cretesi nei documenti egiziani, l’artigianato s’impoverisce e la scrittura locale scompare. Tra le ipotesi sulle cause (tutt'oggi ignote) di questo disastro possono essere un’incursione disastrosa di popolazioni straniere o una ribellione contro i nuovi conquistatori, o ancora una guerra tra i Micenei del continente e quelli di Creta.