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Cloni: ma che fine hanno fatto?

Vent’anni fa, a Edimburgo, fu clonata la pecora Dolly.

All’epoca si disse che il mondo sarebbe stato invaso da cloni umani ed animali: ma oggi dove sono? Scopriamolo insieme.

CURIOSITA’:  LA LINEA DEL TEMPO: ANIMALI GIÀ CLONATI

  • 1894: Il biologo tedesco Hans Driesch mette un riccio di mare raccolto allo stadio bicellulare dalla Baia di Napoli in una provetta piena d’acqua: la agita e le cellule si dividono, dando origine a due ricci, indipendenti ma identici.
  • 1902: Hans Spemann, un altro scienziato teutonico, utilizza un finissimo capello di suo figlio appena nato per dividere un embrione di salamandra in due: dalle metà nascono due anfibi.
  • 1952: Negli Stati Uniti, Robert Briggs e ThomasKing eseguono con successo il trasferimento del nucleo da una cellula embrionale di rana a una cellula uovo alla quale avevano in precedenza asportato il nucleo.
  • 1962: Invece di utilizzare nuclei provenienti da embrioni di rana, il biologo di Oxford john Gurdon li preleva da anfibi adulti, dimostrandoche un nucleo già differenziato è comunque in grado di dare origine a un nuovo animale.
  • 1963: L’embriologo cinese Tong Dizhou applica la stessa tecnica ai pesci; il suo lavoro, però, originariamente pubblicato in cinese, non attira particolare attenzione a livello mondiale.
  • 1996: La tecnica di clonazione della pecora Dolly è un’evoluzione del metodo ideato da Gurdon e dimostra che il nucleo prelevato da una cellula differenziata è comunque in grado di ricreare un intero animale, perfino un mammifero.
    Delle 227 cellule ovine clonate in totale, 29 si sviluppano fino allo stadio embrionale. Una sola continua a crescere dopo l’impianto in una madre surrogata: nasce Dolly.
  • 2001: Ricercatori presso la Texas ASM University creano il primo animale domestico clonato, utilizzando una cellula prelevata da un gatto tigrato bianco e marrone, di nome Rainbow, per creare “CC” (in sigla, Copy Cat oppure Copia Carbone).
  • 2001: Scienziati di Advanced Cell Technology, negli Stati Uniti, sono i primi a ricorrere alla clonazione per tentare di proteggere una specie in pericolo: nasce Noah, un esemplare di gaur, un bovino selvatico indiano, che muore però di dissenteria dopo due giorni.
  • 2005: Il controverso scienziato sudcoreano Hwang Woo-Suk utilizza una cellula prelevata dall’orecchio di un levriero afgano per creare Snuppy, il primo cane clonato al mondo. Una femmina di Labrador funge da madre surrogata.

1. Il caso Dolly

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L'embriologo Bill Ritchie sapeva che la pecora Dolly sarebbe diventata famosa.

Ancora oggi, però, ripensando alle giornate che seguirono le prime rivelazioni alla stampa, si stupisce dell'effettivo clamore suscitato.

“Fin dall'inizio, fummo assediati dai media con i loro mezzi mobili dotati di antenne satellitari, per diffondere la notizia in tutto il mondo”, racconta Ritchie, che all'epoca lavorava al Roslin Institute della capitale scozzese e che contribuì alla creazione di Dolly. “Si era scatenato l'inferno”.

Un giornalista ipotizzò che l ’evento potesse innescare “una rivoluzione in campo scientifico simile a quella scatenata dalla bomba atomica, dal primo razzo sulla Luna o dalla scoperta del DNA”.

Gli scienziati vennero accusati di “giocare a fare Dio”. Alcuni predissero branchi di pecore clonate, formati da migliaia di esemplari identici tra loro.

Un commentatore arrivò a prospettare l'allarmante possibilità che “qualsiasi bravo studente universitario” avrebbe potuto “potenzialmente, clonare un essereumano”.

Altri vedevano il lato positivo, assegnando alla clonazione il ruolo di àncora di salvezza per le specie in via di estinzione. Ricordando quel clima di entusiasmo e le previsioni iperboliche di un futuro invaso dai cloni, viene da pensare a che cosa sia successo da allora.

Che fine hanno fatto tutti i cloni? Che cosa ha funzionato e cosa no? Chi si sta ancora occupando di clonazione e perché? A vent'anni di distanza, quale eredità ha lasciato la pecora Dolly?

“Tutti pensavano che sarebbe stato facile”, dice Ritchie. Invece, non lo è affatto: per creare Dolly, Ritchie era riuscito a ottenere 277 cellule ovine clonate. Di queste, soltanto 29 avevano iniziato a dividersi senza errori, ed erano state impiantate nelle madri surrogate. Una sola gravidanza giunse a termine.

“Non è una tecnica particolarmente efficace”, spiega il ricercatore. “Anzi, a volte mi chiedo come faccia a funzionare”. Ma da allora, abbiamo imparato qualcosa che consenta di incrementarne le prestazioni?

“Non molto”, ammette Ritchie. “Il processoè ancora fortemente inefficiente”. Ciò aiuta a capire perché tante delle applicazioni immaginate per la clonazione non si sono ancora affermate.

Prendiamo, per esempio, l'allevamento. Sarebbe estremamente utile poter “copiare” gli esemplari più pregiati di una mandria e migliorare così la qualità e l'omogeneità del gruppo.

La bassa percentuale di successi del procedimento di clonazione, però, associata alle preoccupazioni relative alla salute dei consumatori di prodotti clonati, ha spinto solo pochi coraggiosi a sperimentare. 

In Cina, verrà presto attivato lo stabilimento di clonazione animale più grande del mondo, nella città di Tianjin.

L’obiettivo di BoyaLife sarà di realizzare 100mila embrioni bovini di alta qualità, per riuscire a soddisfare l'appetito crescente dei cinesi per la carne di manzo, arrivando gradualmente a produrre un milione di animali all’anno.

Le inefficienze del processo sono tali, però, che anche la clonazione di esemplari di pregio resta un'attività relativamente di nicchia, accessibile soltanto ai super ricchi.

Nello Stato dell'Idaho, negli USA, per esempio, l'imprenditore e appassionato di corse di muli Donald Jacklin ha investito parte del suo patrimonio in un progetto di clonazione di uno dei suoi quadrupedi da competizione.

Un procedimento analogo è stato utilizzato per creare repliche idonee alla riproduzione di cavalli da corsa castrati.

Certo, non è una tecnica a buon mercato, ma dato il costo astronomico di uno stallone di valore, è ben intuibile il vantaggio economico dell'operazione. Parliamo, però, di ambiti ristretti e rigorosamente selezionati.

2. Un'altra vita

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Un'ulteriore applicazione della clonazione è la possibilità di ricreare un animale domestico particolarmente amato dopo la sua morte.

L'idea però, manca di logica, sia commerciale sia generale: “Perché clonare un animale da compagnia?”, si chiede Ritchie.

“Potrà avere lo stesso aspetto del suo predecessore, ma non la stessa personalità”.

Questa precisazione non ha scoraggiato una coppia inglese, Richard Remde e Laura Jacques, volati in Corea del Sud alla fine dello scorso anno per assistere alla nascita di due cuccioli (nella foto), cloni del loro boxer Dylan, di recente scomparso e al quale erano molto affezionati.

Il conto presentato loro dalla Sooam Biotech Research Foundation è stato di oltre 70mila euro: una somma principesca per prolungare il rapporto speciale con il proprio cane nell'illusione di portare indietro le lancette del tempo.

Anche l’ipotesi della clonazione come espediente per salvare specie in pericolo non ha trovato applicazione pratica, per il semplice motivo che esiste, per definizione, una grave carenza di femmine da poter utilizzare come madri surrogate.

Alcune esperienze in questo campo hanno avuto successo (il muflone, una specie ovina selvatica originaria di Corsica e Sardegna, è stato clonato nel 2011), ma soltanto quando erano disponibili specie domestiche strettamente imparentate e in grado di ospitare gli embrioni.

Per gli scienziati responsabili della creazione di Dolly, tuttavia, queste applicazioni della clonazione (allevamento, animali da pedigree, animali da compagnia, conservazione di specie protette) non sono mai state una priorità, spiega Miguel Garcia-Sancho, storico delle scienze presso l’Università di Edimburgo.

“Per loro, la clonazione non è mai stata un fine, ma solamente una delle tappe, per quanto cruciale, nel percorso di creazione di individui geneticamente modificati”.

Quando vennero divulgate le prime notizie relative alla pecora Dolly, nel febbraio 1997, i ricercatori del Roslin Institute erano già nelle fasi avanzate della produzione di diversi altri cloni, ma con una sostanziale differenza: non erano copie esatte, come lo era stata Dolly.

Il nucleo (la parte della cellula che contiene quasi tutto il corredo genetico) utilizzato per generare ogni pecora, infatti, era stato modificato, aggiungendovi il fattore IX, ovvero la proteina dell'emocoagulazione umana.

I ricercatori volevano che gli animali producessero latte contenente questa proteina, per poterla raccogliere e destinare al trattamento dei pazienti emofilici.

Il ragionamento era corretto, e le pecore clonate avevano, effettivamente, il fattore IX presente nel latte, ma non in quantità sufficienti per giustificarne lo sfruttamento commerciale.

3. Un aiuto dai cloni

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Nonostante le difficoltà incontrate, la clonazione si conferma una fase indispensabile nel processo di creazione di animali geneticamente modificati, che può rivelarsi vitale per la ricerca scientifica.

Una delle sue applicazioni più valide è stata il miglioramento dei modelli di topo utilizzati per la rappresentazione di patologie umane.

“Un topo è diverso da un umano”, dice Angelika Schnieke, che ha contribuito in maniera fondamentale al progetto Dolly ed è ora direttrice del dipartimento di biotecnologie zootecniche presso la Technische Universitat di Monaco, in Germania. “Anche un maiale è diverso da un umano, ma la sua fisiologia è molto più simile”.

Negli ultimi anni, la clonazione è stata utilizzata per creare modelli suini di fibrosi cistica, carcinomi intestinali, diabete e malattie cardiovascolari, poi adottati per testare nuovi farmaci, tecnologie di imaging e opzioni terapeutiche.

Inoltre, la clonazione ci ha permesso di rendere più concreta la possibilità di utilizzare, un giorno, organi animali come soluzione di routine per i trapianti.

Apportando modifiche alle cellule embrionali di suino e aggiungendo una piccola quantità di geni umani, infatti, i ricercatori sono riusciti a clonare maiali i cui organi sono meno soggetti a rigetto da parte del nostro sistema immunitario.

Grazie alla clonazione, è inoltre possibile ipotizzare l'ingegnerizzazione di animali resistenti alle più comuni malattie.

Nel 2014, alcuni scienziati cinesi hanno applicato tecniche di manipolazione genetica per creare mucche resistenti al batterio responsabile della mastite, una patologia che colpisce il tessuto mammario rendendolo dolente e infiammato.

La ricerca potrebbe avere ricadute positive non soltanto per il patrimonio zootecnico ma anche per gli allevatori, che negli anni hanno subito perdite per miliardi di dollari.

Un approccio analogo potrebbe essere adottato per creare bestiame resistente al parassita che causa la tripanosomiasi africana o malattia del sonno, una grave piaga per la produzione zootecnica nell’Africa Subsahariana.

La clonazione potrebbe offrire persino benefici ambientali: ricercatori dell’Università di Guelph, in Canada, hanno creatogli Enviropig, maiali arricchiti di un particolare enzima che riduce la quantità di fosfati contenuta nel letame prodotto dagli animali, e di conseguenza, la sua carica inquinante.

Per lo storico Garcia-Sancho, però, la vera eredità lasciata da Dolly ha poco a che fare con la creazione di greggi di ovini tutti uguali tra loro o con la “resurrezione” di animali domestici.

Questa pecora speciale, e il clamore che ha suscitato, hanno stimolato notevolmente la ricerca e l'interesse nel campo delle staminali embrionali umane.

Forse, il maggior pregio di Dolly è stato proprio aver contribuito alla scoperta, nel 2006, della possibilità di convertire cellule adulte già differenziate in staminali totipotenti, senza dover ricorrere al trasferimento nucleare tra cellule, un processo irto di insidie e dall’esito incerto.

“Spesso”, conclude Garcia-Sancho, “sono le scoperte casuali a far compiere alla scienza passi da gigante”

4. E' giusto o no clonare?

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  • PRO
    Secondo Angelika Schnieke, (direttrice del dipartimento di biotecnologie zootecniche presso la Technische Universitat di Monaco, in Germania, la clonazione è di fondamentale importanza per la biomedicina.
    "Ci ha consentito di intervenire sugli animali apportando, per la prima volta, modifiche precise e controllate", ha detto. Le possibili applicazioni sono infinite.
    Associando l'ingegneria genetica alle tecnologie di clonazione, potremmo essere in grado di creare bestiame meno soggetto a malattie, migliorando il benessere degli animali ma anche la redditività delle imprese di allevamento.
    La clonazione può anche aiutare a progettare modelli animali di patologie umane e organi idonei al trapianto.
    Non sarebbe etico proibire la clonazione, dice Schnieke. "Perché vietare una tecnica che consente di lavorare con maggior precisione e utilizzando un numero inferiore di animali?" aggiunge.
    "Il mondo sarebbe un posto migliore, sia per gli animali che per gli umani, se si diffondesse, naturalmente con criterio, questa tecnologia".
  • CONTRO
    Gli oppositori della clonazione sollevano parecchie obiezioni. Per Helen Wallace, direttrice di GeneWatch UK, la creazione di Dolly ha fatto da spartiacque nel nostro rapporto con il mondo naturale:
    "È stata un ulteriore passo verso una visione degli animali come beni di consumo, creati per i nostri bisogni".
    Wallace si dice preoccupata anche del fatto che la clonazione sia ancora un processo poco efficiente.
    "Un gran numero di animali viene sottoposto a interventi chirurgici, e il destino dei soggetti clonati è spesso l'aborto o la morte prematura", aggiunge.
    La posizione di Wallace relativa alla clonazione per la creazione di animali da allevamento o da compagnia è molto chiara: non dovrebbe essere consentita.
    Ma anche quando il fine è il miglioramento della salute umana e animale, c'è bisogno di ulteriori indagini, dice la studiosa.
    "Occorre sempre valutare possibili alternative e si dovrebbero sviluppare e rendere maggiormente disponibili tecniche che non prevedano test sugli animali".





5. Come funziona la clonazione e vita da pecora Dolly

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Come funziona la clonazione
Una cellula embrionale nelle prime fasi di sviluppo è dotata di "superpoteri”: può trasformarsi in qualsiasi tessuto di un organismo, per esempio in cellula epiteliale, muscolare, nervosa o ematica.
Prima di Dolly, si riteneva universalmente che, nei mammiferi, questo processo di specializzazione, detto "differenziazione", fosse irreversibile: la pecora clonata dimostrò il contrario.

  1. Gli scienziati iniziano con il prelevare una cellula uovo .
  2. Dal gamete femminile viene estratto il nucleo (la parte della cellula che contiene quasi tutto il corredo genetico).
  3. Una singola cellula differenziata (in questo caso, una cellula di tessuto mammario di donatore adulto) viene prelevata con un finissimo ago.
  4. La cellula mammaria viene iniettata nella cellula uovo e viene utilizzato un delicatissimo impulso elettrico per avviare la fusione del nucleo nel nuovo ambiente e il processo di
  5. divisione cellulare.
  6. La cellula uovo e la cellula differenziata si fondono; in questa immagine è visibile il nucleo ora presente all'interno dell'ovulo.
  7. L'embrione viene impiantato nell'utero di una madre surrogata che porterà atermine la gravidanza fino alla nascita del clone.

 

Vita da pecora Dolly

  • La cellula di tessuto mammario che fornì il nucleo necessario a dare vita a Dolly proveniva da una pecora bianca di razza Finn Dorset, di sei anni di età.
  • Il nucleo della cellula mammaria venne iniettato in una cellula uovo prelevata da una femmina di Scottish Blackface.
  • L'agnellino venne inizialmente identificato con il nome in codice 6LL3.
  • Poiché la cellula originaria era di tessuto mammario, 6LL3 diventò poi Dolly, in onore della cantante Dolly Parton.
  • Quando nacque, il 5 luglio 1996, l'agnellina Dolly pesava ben 6,6 kg.
  • Nel corso della sua esistenza, Dolly ha partorito sei agnelli sani. Il primo, Bonnie nacque nella primavera del 1998.
  • Nel 2001, Dolly venne curata per una forma di artrite. Il Roslin Institute negò che stesse invecchiando prematuramente.
  • Dolly venne abbattuta il giorno di San Valentino del 2003, dopo che le erano state diagnosticate masse tumorali nel torace.







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