Come fanno i gatti a trovare la strada di casa?

Quante volte abbiamo letto storie incredibili di gatti che si sono allontanati di casa per vari motivi, portati a centinaia di chilometri dalla famiglia ma sono riusciti a tornare?

Anche se può sembrare incredibile queste storie sono quasi sempre vere e ogni volta ci pongono di fronte a una domanda forse destinata a rimanere senza una risposta certa.

Come fanno i gatti a trovare la strada di casa?

1. QUESTA È CASA MIA

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Per provare a dare una risposta al quesito “come fanno i gatti a trovare la strada di casa”, bisogna innanzitutto capire per quale motivo un gatto si può allontanare da casa, perché se la partenza è spontanea, frutto di una decisione ben ponderata dell’animale, difficilmente ci sarà un ritorno.

Diversamente se il gatto viene portato, più o meno accidentalmente, lontano le probabilità di rivederlo sono notevolmente più alte.

Il gatto, è risaputo, è un animale curioso che per sua natura può mettersi nei guai, allontanarsi troppo oppure seguire piste che lo portano a scegliere altri ambienti in cui adattarsi.

Noi possiamo, tuttavia, adottare qualche accorgimento per fa sì che tutto ciò non accada perché, diciamolo, non veder tornare a casa Micio, non poter sapere dove si trova e se sta bene, è davvero il peggior incubo di qualsiasi proprietario.

Cerchiamo allora di capire per quale motivo un gatto possa allontanarsi in modo definitivo da casa.

Innanzitutto, è bene sapere che ogni gatto ha un suo territorio, un vero e proprio feudo che controlla e delimita con segnali odorosi: non solo l’urina ma anche le tracce che lascia strusciando le guance contro angoli e spigoli.

Questa “proprietà”, che nel caso dei gatti domestici corrisponde inevitabilmente al nostro appartamento e al nostro giardino, è da considerarsi out per i gatti (e in generale per tutti gli esseri viventi) che non fanno parte del gruppo familiare.

La trasgressione improvvisa o continua di questa regola può portare un gatto, specie non sterilizzato, a decidere di lasciare il suo territorio.

Ecco, dunque che se portiamo a casa un gatto, o un cane, con il quale il micio di casa non riesce proprio ad andare d’accordo trovando una pacifica convivenza questo possa decidere di lasciare il feudo al nuovo arrivato e andarsene.

Lo stesso dicasi se il territorio viene “inquinato” da qualche elemento fortemente disturbante come rumori e odori che noi non riusciamo a percepire come, per esempio, il ronzio di un apparato elettrico o i residui di qualche solvente usato di continuo.

2. UN ANIMALE LIBERO

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Un gatto può, però, decidere di allontanarsi per altri motivi, indipendenti dal mantenimento e controllo del territorio.

È un cacciatore di grande abilità, infatti, il gatto è un animale curioso, dedito alla scoperta e alla perlustrazione.

È quindi facile che seguendo una pista odorosa interessante o saltando di tetto in tetto e di cortile in cortile possa arrivare a trovare una situazione più congeniale di casa nostra nella quale stabilirsi definitivamente oppure per lunghi periodi.

Se accade non dobbiamo offenderci: un buon metodo per riportare micio a casa, se scopriamo dove è andato a stabilirsi, è quello di farsi vedere e di riportarlo a casa tutte le volte che si stabilisce nel nuovo ambiente per fargli capire che può tornare quando vuole.

Potrebbe trattarsi anche solo di un capriccio momentaneo: chiunque ha un gatto sa bene quanto si innamorino improvvisamente di un luogo per dormire per poi abbandonarlo improvvisamente a favore di un altro.

Ben diverso, purtroppo, è il caso se non si riesce a capire dove sia finito il gatto. In tal caso possiamo sperare che sia stato adottato da qualche famiglia del vicinato che magari lo sta viziando con leccornie e coccole.

Per questo motivo è bene mettere subito volantini in tutto il quartiere (sempre senza promettere ricompense per non attrarre furbetti) e applicare una medaglietta incisa col nostro telefono al collarino antipulci (non scrivete dentro il numero col pennarello perché scolora).

3. INSTANCABILI CAMMINATORI

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Torniamo ora al nostro interrogativo iniziale. Come fanno i gatti a ritrovare la strada di casa? Secondo il progetto “Lost Pet Research”, sito che ha lo scopo di coordinare e aiutare chi ha perso un animale domestico, sono stati riportati casi di gatti che hanno percorso anche un massimo di 25 chilometri in 21 giorni.

Gli etologi, dal canto loro, hanno formulato diverse ipotesi a riguardo e attivato anche numerose ricerche sul campo applicando collari GPS, scoprendo che i mici, indipendentemente da quanto si possono allontanare, hanno uno straordinario senso dell’orientamento potenziato da sensi davvero sviluppatissimi che gli consentono di immagazzinare nel cervello molte più informazioni di quello che possiamo fare noi.

E, soprattutto, quando viaggiano non si fanno distrarre da nulla, restando tenacemente concentrati sull’unica cosa che davvero conta: il tragitto.

In pratica, quando un gatto percorre una strada, anche molto lunga, grazie al naso, alle orecchie e agli occhi riesce ad archiviare migliaia di dati che, una volta rielaborati, consentono di ricostruire con grande efficacia anche i percorsi più complessi, seguendo piste odorose, rumori singolari o segnali visivi lasciati su rocce, tronchi o asfalto.

Poi c’è il fattore “bussola”, ossia la straordinaria capacità che hanno molti animali, e i gatti in modo particolare, di orientarsi con i punti cardinali: negli anni Sessanta, al fine di testarlo sul campo, si arrivò a portare gatti lontani da casa per vederli tornare con relativa facilità, ma perdere completamente l’orientamento se circondati da magneti applicati al collare.

Ancora prima, sul finire degli anni Quaranta del Novecento, lo psicologo americano Edward Tolman (foto sotto) portò a termine un esperimento che rivoluzionò la concezione che fino ad allora si dava per scontata circa i metodi di apprendimento animale, ossia si era convinti che gli animali imparassero sostanzialmente per tentativi ed errori: provavano qualcosa di casuale e se ottenevano un vantaggio ripetevano il comportamento, altrimenti riprovavano con qualcosa di diverso e altrettanto casuale.

In poche parole si riteneva che se gli animali imparavano qualcosa era solo perché l’ambiente forniva loro un incentivo. Tolman dimostrò inoltre che dei topolini inseriti all’interno di un labirinto erano in grado di imparare a orientarsi nel giro di pochi giorni anche senza trovare lungo il percorso nessun tipo di ricompensa, affermando la sua ipotesi per cui sembravano apprendere come orientarsi in forma latente.

Tolman formulò così l’idea di mappa cognitiva, ossia la capacità di costruirsi un’immagine mentale dello spazio e delle relazioni tra stimoli ambientali che gli animali riuscivano a sfruttare anche successivamente per l’orientamento. Il motore di questa costruzione mentale, quello che consentiva ai topolini di muoversi con competenza sempre crescente all’interno dello spazio, era la possibilità di esplorarlo.

Ecco dunque come farebbero i gatti a ritrovare la strada di casa: esattamente come i topolini di Tolman. Grazie alle loro mappe cognitive. Bisogna tuttavia ricordare però che nel gatto il “ritorno a casa”, ossia alla sua tana, è un comportamento assolutamente innato, come si può ben osservare nei gattini già a 3-4 settimane di vita quando iniziano a sgambettare nel nido materno.

I gatti hanno un cervello “cablato” per fare esattamente questo: esplorare, allontanarsi dalla tana quel tanto che serve per cacciare o gestire il territorio e poi rientrare sistematicamente e lo fanno a 3 settimane.

Le abilità di orientamento sono dovute alla capacità del gatto di organizzare le informazioni spaziali raccolte durante l’esplorazione attiva (cioè quella che lo coinvolge in prima persona) in insiemi di relazioni, di informazioni sensoriali e di punti visuo-spaziali di riferimento.

Il gatto conosce il suo territorio e i percorsi che lo caratterizzano perché ha memorizzato le caratteristiche fisiche di alcuni punti salienti e il rapporto tra vari elementi dello scenario.

Sotto, le mappe realizzate grazie ai GPS nei collari dei mici dello studio dell’Università Norvegese di Scienze della Vita.

4. UNA STORIA DAL NORD

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Tra i ricercatori che ultimamente si sono dedicati a questo “mistero” ci sono i ragazzi che hanno partecipato a uno dei master organizzati dalla NMBU, ossia l’Università Norvegese di Scienze della Vita, i quali hanno scelto come campo d’osservazione quasi cento mici di una piccola città di provincia ai quali è stato assegnato un collarino dotato di GPS con tracciamento digitale.

«L’obiettivo era mappare i movimenti di un’intera popolazione di gatti domestici all’interno di un’area relativamente circoscritta», ha affermato il professore Richard Bischof, docente del master norvegese.

I proprietari dei gatti monitorati vivevano infatti entro un perimetro di circa un chilometro quadrato per consentire ai ricercatori una visione molto dettagliata delle attività dei gatti potendo al tempo stesso approfittare una colonia piuttosto numerosa di esemplari.

I risultati di questo test corrispondono a ricerche simili di altri paesi europei: la risposta al mistero del gatto si trova molto più vicino a casa di quanto probabilmente ci si aspettasse. I gatti trascorrevano in media il 79% del loro tempo all’aperto entro 50 metri dalla casa del proprietario. La distanza media massima per tutti i gatti era di 352 metri.

«Alcuni individui hanno viaggiato relativamente lontano, a volte diversi chilometri, ma quelle erano le eccezioni», afferma Bischof. La maggior parte dei gatti si trova letteralmente dietro l’angolo quando invece pensiamo che possa essersi allontanato molto.

La ricerca dell’istituto norvegese sembra trovare particolare conferma nella storia di Willow, un micio inglese che ha gettato la sua famiglia nello sconforto scomparendo per più di 9 settimane.

Al suo improvviso rientro a casa si sono immaginate le più incredibili avventure ma si è presto scoperto, grazie a un giornalista del Mirror, che in realtà si era solo trasferito a pochi isolati. Lo hanno scoperto perché pochi giorni dopo essere tornato a casa è stato visto allontanarsi di nuovo e, pedinato, è stato visto entrare nella casa di un anziano signore nella strada subito parallela.

«Dall’inizio del lockdown - spiega Iris al Mirror - Willow ha iniziato a frequentare la casa di questo anziano, Jan, che vive da solo, e che crede che Willow adesso sia suo. Lo ha anche portato dal veterinario. Dopo la morte dell’altro nostro gatto, Harry, Willow si è trasferito a tutti gli effetti. Mia madre lo ha seguito, ha bussato alla porta di Jan e ha trovato Willow perfettamente a suo agio sul divano di casa. Jan ha confidato che sospettava che non si trattasse di un randagio, dicendo di essere sollevato per aver capito finalmente chi fossero i suoi padroni».

Come risolvere adesso la questione? La famiglia di Iris sta valutando una “custodia condivisa” con Jan, perché il gatto sembra affezionato a tutte e due le sue famiglie e il sentimento è reciproco.





5. STORIE INCREDIBILI

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L’Homing, letteralmente “ritorno a casa”, è l’abilità che alcuni animali e volatili hanno di ritrovare la via di casa partendo da un posto sconosciuto o poco familiare. Per casa intendiamo sia la loro dimora sia dove sono stati allevati.

Questa abilità è stata osservata in alcuni altri animali e in particolar modo tra i piccioni. L’homing è usato da molte specie come guida per tornare a casa dopo la migrazione. Il termine si usa spesso per indicare il ritorno, anche ad anni di distanza, nel posto in cui gli animali sono stati allevati, come nel caso dei salmoni.

Questa abilità è usata anche dagli animali per tornare in territori familiari dopo essere stati dislocati, come nel caso del tritone dal ventre di fuoco.

Le cronache abbondano di casi di “homing”, tanto che perfino il cinema ne ha spesso attinto a piene mani, dal mitico “Torna casa Lassie!” al disneyano “L’incredibile avventura”. Una delle storie che più ha colpito l’immaginario collettivo è però quella di Tigger, gatto diventato famoso per aver percorso 75 volte i cinque chilometri che lo separavano dalla sua vecchia casa.

Come anche Pilsbury, un gatto che ha fatto avanti e indietro dalla sua vecchia casa 40 volte, percorrendo ogni volta più di dodici chilometri.

Sushi è diventata famosa ed è comparsa su tutti i giornali di animali del mondo nel settembre 2013, quando è ricomparsa dopo due anni dall’incendio della sua casa vicino ad Austin, in Texas, in cui si erano perse le sue tracce. Nessuno sa dove sia stata per tutto quel tempo, ma quando è tornata con lei c’era anche un gattino randagio.

Poi c’è l’incredibile storia di Ninja, micio trasferitosi con la sua famiglia dallo Utah allo stato di Washington e che, nonostante l’enorme distanza, decise di lasciare la nuova casa e di tornarsene in quella vecchia percorrendo la bellezza di più di 1300 chilometri in un anno.

La storia più incredibile è forse quella di Howie (foto sotto), un gatto Persiano che ha viaggiato per più di 1600 chilometri attraverso l’Australia per ritornare a casa.








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