Con oltre 15 milioni di follower, Chiara Ferragni, l’italiana più cliccata al mondo, al terzo posto tra i fashion blogger più pagati, guadagnerebbe 19mila dollari per ogni post sponsorizzato su Instagram (circa 17mila euro), secondo la lista dei più ricchi instagrammer (quelli che usano Instagram) di Hopperhq.com, sito di un’agenzia inglese che offre servizi di Instagram Marketing.
Cifre da capogiro che la trentunenne cremonese si è guadagnata passando attraverso diverse communities e creando il fortunato blog The blonde salad nel 2009.
Un successo che è frutto di un impegno costante e di un esordio precoce, quando Instagram era solo agli inizi.
La app per condividere le foto è stata sviluppata nel 2010 da Kevin Systrom e Mike Krieger che hanno lasciato l’azienda dopo l’acquisizione da parte di Facebook nel 2012 per un miliardo di dollari e la decisione di trasformarla in una macchina per macinare soldi attraverso le sponsorizzazioni.
Sono stati aggiunti infatti maggiori servizi per le aziende: primo di tutti, la possibilità gratuita di passare a un profilo business che offre strumenti di analisi dati e di promozione, oltre all’opportunità di creare campagne pubblicitarie a pagamento.
Oggi Instagram ha 800 milioni di utenti, dei quali il 41 per cento ha meno di 24 anni. Un pubblico che fa gola a molti e un trampolino di lancio per aspiranti creativi, modelli, fotografi e giovani in cerca di fortuna.
Ma è ancora possibile emergere sul social delle foto? E ne vale la pena, visto che il successo si paga con una pesante perdita della privacy?
Instagram è diventato uno strumento di lavoro sia per le aziende sia per i privati che aspirano a diventare influencer. Ecco come creare un profilo di successo e sfruttarlo (senza giocare sporco)!
1. Il segreto? Trovare una nicchia
Con otto anni di vita alle spalle, Instagram è un mercato in cui è difficile inserirsi, anche se c’è ancora spazio per chi vuole affermarsi.
Dobbiamo distinguere tra aziende e privati, i cosiddetti influencer, ovvero persone che hanno raggiunto un certo seguito di follower (seguaci) e per questo sono divenuti testimonial appetibili.
Per le aziende avere un profilo Instagram è di grande utilità, ma devono essere costantemente presenti sul social e farsi aiutare dagli influencer per le sponsorizzazioni.
Anche i profili privati possono crescere, a patto di occuparsi di un settore ben preciso. Oggi, per esempio, aprire un account dedicato ai soli viaggi non ha senso, ce ne sono milioni.
Dobbiamo individuare qualcosa in cui siamo competenti e costruirci un’immagine attorno. Non è cosa semplice e non si fa in due giorni. Chi lo ha fatto in poco tempo ha giocato sporco».
E qui si apre tutto il capitolo dell’acquisto di like e follower, dei profili falsi e dei bot, programmi automatici che rilasciano commenti preconfezionati e “mi piace”.
A parte le modelle e i vip, dotati naturalmente di un largo seguito, le persone comuni che vantano centinaia di migliaia di follower spesso usano questi strumenti illeciti nella speranza di essere notati da un’azienda e di poter fare delle “marchette”, cioè pubblicizzare dei brand inserendoli nei loro contenuti.
Il problema è che i follower comprati non sono realmente interessati al profilo. Sono numeri che alimentano l’ego, ma rendono un cattivo servizio alle aziende.
Ormai molte agenzie di marketing sanno riconoscere un profilo “pompato”, anche se molte aziende ci cascano ancora o sono più interessate ai numeri che alla qualità dei follower.
Vuoi diventare un influencer?
I passi da compiere su Instagram sono 6. Eccoli:
1) Imposta un profilo business: è gratuito e offre strumenti di analisi dati e promozione.
2) Crea un contenuto coerente con il settore che hai scelto.
3) Impara a usare gli hashtag, parole chiave che assegnano una categoria alla foto e permettono di raggiungere gli altri utenti.
4) Crea una community, cioè un pubblico interessato.
5) Fidelizza la community interagendo con le persone che ti seguono con commenti e like.
6) Contatta le aziende della tua nicchia per avviare collaborazioni retribuite.
2. Una vera professione
Il giro d’affari dell’influencer marketing ha superato il miliardo di dollari.
Secondo un sondaggio condotto da eMarketer, nel corso del 2019 l’85 per cento degli imprenditori digitali coinvolgerà degli influencer per avviare delle campagne pubblicitarie.
Quella dell’influencer, quindi, è diventata una vera professione, tanto che l’Università autonoma di Madrid (UAM), in Spagna, ha istituito il primo corso accademico al mondo per diventarlo.
Se sei un creativo, un modello o un fotografo e vuoi diventare influencer, devi spendere molto tempo sul social per crearti un seguito.
E, naturalmente, devi postare ottimi contenuti in un profilo specializzato e riconoscibile: tutti postano immagini di splendidi paesaggi, mentre pochi si occupano di cura del corpo, yoga, sport, meditazione, imprenditoria femminile.
Raggiunti almeno diecimila follower, soglia minima richiesta dalla maggior parte delle piattaforme online di marketing per influencer dove è possibile candidarsi, si diventa interessanti per le aziende.
Se il profilo è forte, saranno le stesse agenzie di comunicazione a contattarci oppure possiamo proporci con una mail di presentazione che include i nostri lavori e i dati relativi all’audience e all’engagement (cioè al reale interesse in termini di like e commenti) forniti dalla stessa app quando si attiva un profilo business.
Se si è molto bravi e costanti, in sei, otto mesi ci si può far notare. Ma ne vale la pena?
Quella dell’influencer sembra una vita bellissima, scandita da viaggi, inviti, posti splendidi ed eventi interessanti, ma per arrivare a questi risultati bisogna lavorare sodo, avere un team di supporto o essere così creativi e abili da costruire da soli i progetti da proporre alle aziende.
Più saremo attivi, più avremo seguito. Ma guardiamo l’altro lato della medaglia: alcuni diventano prigionieri del loro stesso personaggio e sbandierano ai quattro venti la loro vita, i figli, l’intimità.
Il pubblico li ama o li odia e talvolta si sente libero di insultarli: è il triste fenomeno degli haters, coloro che odiano. Vale la pena esporsi così tanto?
Forse no, dal momento che Instagram causerebbe nei giovani ansia e depressione, secondo uno studio britannico condotto dalla Royal Society for Public Health su 1.479 giovani fra i 14 e i 24 anni.
Le ricadute sulla salute mentale sarebbero peggiori rispetto ad altri social come Facebook, Twitter, Snapchat e YouTube.
3. Il futuro è nelle Stories e quanto si guadagna
Il futuro è nelle Stories
Se tutto questo non ci spaventa e siamo decisi a tentare la carriera dell’Instagrammer, dobbiamo impegnarci a diventare videomaker.
Oggi vanno per la maggiore i contenuti volatili come le Stories, brevi apparizioni (video o foto) di 15 secondi che restano attive per 24 ore, e i Live, per raccontare in diretta quello che accade davanti ai nostri occhi.
Anche le aziende iniziano a usare questi contenuti a breve termine per fare pubblicità in modo coinvolgente.
Sono questi i nuovi trend digitali, ma un video è più difficile da produrre di una foto: non basta una buona fotocamera e un microfono: bisogna avere qualcosa da dire e saperlo fare.
La fase del montaggio, poi, è essenziale e non facile.
Quanto si guadagna
Ma concretamente, quanto si guadagna con Instagram?
Dipende da quante campagne pubblicitarie riusciamo a produrre in un mese e da quanti brand si affidano a noi per pubblicizzare i loro prodotti o eventi.
Il tariffario varia a seconda della notorietà del personaggio coinvolto. In genere, ogni contenuto sponsorizzato viene pagato da un minimo di 150 euro a oltre 5.000, in base a follower, engagement e tipo di progetto.
Esiste anche una forma di pagamento cambio-merce: si sponsorizza qualcosa in cambio di un regalo. Possono essere operazioni occasionali oppure campagne di lungo respiro.
Secondo Blogmeter, società che si occupa di ricerche e analisi nel campo dei social media, negli ultimi mesi è esploso il numero di post con dichiarati fini pubblicitari: se da marzo a giugno 2018 i messaggi sponsorizzati sono stati quasi 1.800 su 275mila, da luglio a ottobre il loro numero è cresciuto a quasi 7.000 su 245mila.
Un utente su tre non distingue i post sponsorizzati da quelli degli amici. Per evitare di incorrere in possibili sanzioni dell’Antitrust, qualsiasi contenuto pubblicitario su Instagram va segnalato con gli hashtag #advertising, #ad, #pubblicità o #sponsorizzatoda, mentre il cambio merci va dichiarato con la scritta “Prodotto fornito da”.
Non c’è da scherzare: l’Antitrust può emettere sanzioni fino a 40mila euro. Lo sanno bene alcuni Vip come Chiara Ferragni, Fedez, Belen Rodriguez, Melissa Satta, Anna Tatangelo e Federica Pellegrini che sono stati denunciati dall’Unione Nazionale consumatori e Codacons per la massiccia pubblicità occulta sui loro social.
Da allora, anche loro non mancano di inserire #ad nei loro post sponsorizzati. O almeno, dovrebbero.
4. Piccolo glossario degli Instagrammer e i numeri
Piccolo glossario degli Instagrammer
- Celebrity o Vip
Noti grazie alla tv, alla radio o ai giornali, sono anche straseguiti su Instagram.
Pochi hanno una reale strategia digitale e si riconoscono dai post: selfie e foto di famiglia con marcati contenuti pubblicitari.
Reclutarli come testimonial costa molto.
Follower: sopra i 500mila.
- Influencer puri
Nascono sui canali social, sono spesso blogger o youtuber, passano su Instagram molte ore al giorno e sono specializzati in qualcosa.
Ogni contenuto conta almeno due o tremila like e centinaia di commenti. Costano meno di un Vip.
Follower: almeno 50mila.
- Micro-influencer
Sono quelli che si stanno costruendo un seguito e hanno quindi pochi follower, che però sono realmente interessati al loro profilo.
Costano poco e per questo sono molto interessanti per le aziende.
Follower: meno di 15mila.
- Opinion leader
Sono persone in grado di convincere e spostare l’attenzione e il consenso su un tema e una persona.
Un esempio è Oprah Winfrey, la conduttrice del più popolare talk show statunitense, The Oprah Winfrey Show, che nel 2007 portò a Obama milioni di voti per il solo fatto di essersi schierata con lui.
Follower: milioni.
- Digital content creator (Dcc)
Crea i contenuti per le aziende (foto e video) che talvolta, ma non sempre, pubblica sul suo profilo. Spesso un influencer è anche un Dcc o viceversa.
Non ha necessariamente un gran seguito online, ma è una figura chiave per i brand.
Follower: un numero variabile.
I numeri
· Sui dispositivi mobili, 1 minuto su 5 è dedicato a Instagram o Facebook.
· Ogni giorno 400 milioni di utenti usano la app di Instagram.
· Il 60% degli utenti afferma di scoprire nuovi prodotti sulla piattaforma.
· Il 75% esegue un’azione (like, commenti, acquisti...) dopo aver tratto ispirazione da un post di Instagram.
· L’80% segue un’azienda su Instagram.
· Sono oltre 5 milioni le aziende che hanno deciso di usare Instagram come strumento di marketing e promozione.
5. I 10 influencer più pagati al mondo
Su Instagram non ci sono solo gli e le influencer: ci sono anche le celebrities già affermate che sfruttano il canale social per avere delle entrate extra.
Ecco quali sono le mega star che riescono a monetizzare di più la loro presenza online sul social network fotografico:
1. Kylie Jenner
Costo per post: 1 milione
Follower (milioni): 118
2. Selena Gomez
Costo per post: 800 mila
Follower (milioni): 144
3. Cristiano Ronaldo
Costo per post: 750 mila
Follower (milioni): 145
4. Kim Kardashian
Costo per post: 720 mila
Follower (milioni): 120
5. Beyonce Knowles
Costo per post: 700 mila
Follower (milioni): 119
6. Dwayne Johnson
Costo per post: 650 mila
Follower (milioni): 120
7. Justin Bieber
Costo per post: 630 mila
Follower (milioni): 102
8. Neymar Jr.
Costo per post: 600 mila
Follower (milioni): 105
9. Lionel Messi
Costo per post: 500 mila
Follower (milioni): 100
10. Kendall Jenner
Costo per post: 500 mila
Follower (milioni): 97,8