Alzi la mano chi non ha mai avuto l’impressione che il suo cane sapesse in anticipo cosa stava per accadere.
Capita spesso, vero? Tanto che qualcuno sospetta che i nostri amici abbiano doti paranormali…
Siamo seduti sul divano di casa davanti alla televisione, alla vana ricerca di qualcosa di interessante. È un giorno della settimana in cui, in genere, siamo al lavoro ma oggi è festa. Il nostro cane ci osserva dal suo cuscino.
Annoiati, decidiamo di portarlo a fare una passeggiata extra, visto che il tempo è bello e sapendo che così lo faremo felice.
Non facciamo in tempo a proferire la “a” di “andiamo a fare una passeggiata” che il nostro amico è già in piedi davanti alla porta, in scodinzolante attesa di un’uscita fuori programma.
Ma come ha fatto? È dotato di poteri “magici”? No, però possiede alcune capacità che, sommate ai suoi sensi estremamente acuti, gli consentono spesso di anticipare gli eventi. Ecco di cosa si tratta.
1. Nulla gli sfugge! Un esperimento svela perché...
Il cane è un vero maestro dell’apprendimento per associazione.
Vale a dire che è bravissimo a legare diversi eventi che si verificano uno dopo l’altro e a ricordarsi la sequenza, se la cosa lo interessa.
Dunque, quando accade qualcosa che è già avvenuto in passato poco prima che si verificasse qualcosa d’altro che il cane ritiene importante, lo riconosce immediatamente.
Di conseguenza, la memoria richiama le conseguenze di quel “qualcosa” di interessante e, in base a questa logica, il cane si aspetta che tali conseguenze si ripresentino.
Ma il nostro amico è anche estremamente attento a cogliere tutti i dettagli che possono anticipare il verificarsi di un evento che a sua volta ne preannunci un altro, piccoli indizi che possiamo definire “segnali premonitori”, e riesce a estendere questa sua percezione anche a segnali che noi, invece, non coglieremmo mai, sia perché siamo meno attenti sia perché abbiamo sensi meno sviluppati.
Ecco perché spesso il nostro cane dimostra di sapere cosa sta per accadere con ampio anticipo, quasi fosse dotato di una magica sfera di cristallo. In realtà, non fa che mettere insieme informazioni ed eventi che lo inducono a creare collegamenti anticipatori e predittivi... solo che spesso è talmente bravo a farlo da lasciarci a bocca aperta!
Ma come funziona questa “magia”? Per capirlo, dobbiamo tornare ai primi del Novecento, quando il medico russo Ivan Pavlov annunciò di aver scoperto, nei cani, il meccanismo del “condizionamento classico”.
In estrema sintesi, Pavlov scoprì che se un certo evento è in grado di causare automaticamente una determinata risposta, un evento diverso, ripetutamente associato al primo, provocherà la stessa riposta.
Nel suo esperimento, Pavlov faceva apparire della carne davanti ai cani che, stimolati all’idea di mangiarla, salivavano. Poi associò alla comparsa della carne il suono di un campanello e infine eliminò la carne, mantenendo solo il suono: i cani salivavano ugualmente.
Per etichettare ciò che aveva scoperto, Pavlov chiamò il primo evento, la comparsa della carne, “stimolo non condizionato”, poiché è spontaneo che i cani desiderino mangiare la carne, mentre il secondo, il suono, è uno “stimolo condizionato”, attribuendo alla risposta emessa dai cani il significato, rispettivamente, di “reazione non condizionata” e “reazione condizionata”.
Tutto questo ha molto a che fare con le capacità di “preveggenza” dei cani...
2. Ragionare a ritroso. E se la premonizione non si avvera?
Riprendiamo il nostro esempio iniziale, portare fuori il cane, ma stavolta inseriamolo nella routine quotidiana, per capire come agisce il sistema di apprendimento scoperto da Pavlov nella vita di tutti i giorni del nostro cane.
É mattina presto e siamo ancora assonnati, tra il primo caffè e una lavata al viso, ma notiamo il cane che, scodinzolando eccitato, alterna lo sguardo tra noi e la porta di casa: ha bisogno di uscire, come ogni mattina.
Mentre ci prepariamo rapidamente, lui ci gira intorno, spesso emettendo qualche uggiolio di gioia sommessa. Poi la sua eccitazione aumenta, perché metterci la giacca, prendere le chiavi e il guinzaglio e dirigerci verso l’uscio gli dicono chiaramente che la passeggiata mattutina sta per iniziare!
Questo comportamento del cane si deve al fatto che ha imparato a collegare l’evento “principe”, la passeggiata, a tutte le operazioni che usualmente la precedono, fornendo a ciascuna di esse un preciso significato.
Con un ragionamento a ritroso, il cane ha considerato l’insieme degli elementi che conducono al risultato finale partendo proprio dal primo di essi: la sveglia che ci fa alzare dal letto.
Proviamo ora a guardare la cosa alla luce della scoperta di Pavlov: ogni evento di questa lunga sequenza mattutina è uno “stimolo condizionato”, fino a giungere alla parte “non condizionata”, la passeggiata, idonea di per sé a provocare la reazione incondizionata della gioia dell’uscita.
Il nostro cane, quindi, è eccitato e in sostanza già felice perché, grazie al meccanismo di apprendimento che abbiamo visto, lo stato emozionale subentra ben prima dell’evento vero e proprio che lo provoca, cioè uscire, perché tutti i segnali premonitori evocano quello che certamente accadrà: la passeggiata, fonte di piacere.
Ma non è tutto: sorseggiare il caffè, lavarci il viso o indossare la giacca sono tutti “stimoli condizionati” perché ognuno di essi, se non fosse stato collegato all’evento finale, l’uscita, non avrebbe acquisito quel preciso significato premonitore.
Dunque ogni stimolo “condizionato”, per divenire tale, richiede di essere associato temporalmente all’evento principale, comparendo inizialmente come “stimolo neutro”.
In altre parole, se dopo aver bevuto il caffè noi tornassimo a letto, la premonizione “pavloviana” risulterebbe vana e il cane subirebbe un trauma a livello psicologico, perché la sua “credenza” consolidata verrebbe messa seriamente in discussione!
3. Arma a doppio taglio. Ci aiuta molto ma a volte ci ostacola
Questa innata capacità del cane di collegare esperienze diverse e di associarle le une alle altre per cercare di prevedere cosa sta per accadere può avere risvolti molto positivi anche per noi, perché ci aiuta a costruire una serie di competenze del nostro amico.
A ben guardare, infatti, anche le tecniche che impieghiamo per educare il cane o per insegnargli esercizi, attività sportive, operazioni di soccorso e quant’altro si basano in fondo sulla sua capacità di collegare segnali diversi, i “comandi” che usiamo per comunicargli cosa vogliamo da lui e anche i contesti in cui si trova, alle conseguenze che ha imparato ad aspettarsi da tutto ciò: fare una determinata cosa ed essere lodato e premiato.
Ma non sempre questa straordinaria abilità di associare e concatenare segnali è un vantaggio. Il “modus pensandi” del cane è paragonabile a quello di un investigatore molto acuto, in grado di cogliere dettagli e particolarità che gli altri non notano.
Sono proprio i dettagli, infatti, a permettere al nostro amico di costruire sequenze di accadimenti ricche di informazioni che, una volta registrate nel suo cervello, possono produrre reazioni e risposte difficili da estirpare.
Così, se si è verificata un’esperienza spiacevole in un certo luogo, per esempio dal veterinario, in auto o in un’area cani, tutto ciò che ha condotto a quel risultato finale ne diventa segnale premonitore, con conseguenze comportamentali di difficile gestione.
Per restare ai nostri esempi, basta la vista della clinica veterinaria, l’avvicinarsi all’auto o all’area cani dove sì è verificato lo scontro per rievocare la brutta esperienza vissuta, perciò il cane potrà tentare di fuggire o rifiutarsi di avanzare, oppure potrà iniziare ad abbaiare prima ancora di incontrare il “nemico” della volta precedente.
La cosa prende il nome di “processo di anticipazione”. E si tratta di eventi molto frequenti nella vita canina, soprattutto perché la maggior parte di noi non pensa a contrastarne l’instaurazione, cioè non provvede a ridurre l’importanza dell’associazione di eventi che hanno condotto a risvolti negativi attraverso la riproposizione al più presto degli stessi eventi ma con esito piacevole e gratificante per il cane.
4. Le “credenze”. Anche lui addestra noi!
Tutto ciò che abbiamo visto fin qui sul modo che il cane ha per padroneggiare gli eventi tentando di prevederli in base a tanti indizi, e spesso riuscendoci, ha un nome in etologia: “modello delle credenze”.
La ragione è che il cane si costruisce effettivamente delle convinzioni fondate però su ipotesi, nello stesso modo in cui noi stessi ci costruiamo certezze sulla base di abitudini e routine che, però, se vengono disattese ci spiazzano, esattamente come accade al nostro amico quando una sua credenza si rivela infondata perché qualcosa interviene a modificare il corso degli eventi.
Ebbene, il “modello delle credenze” offre ulteriori capacità di “premonizione” del cane: poiché spesso riesce a immaginare ciò che noi stiamo per fare grazie al processo che abbiamo spiegato, a volte cerca di indurci a fare ciò che più gli interessa; in altre parole, tenta di manipolarci!
Non c’è nulla di strano, tutti gli animali sociali tendono a ottenere vantaggi dalla convivenza con i loro simili, noi dovremmo saperlo bene. Anche in questo caso, l’abilità dipende dalle esperienze vissute in precedenza: un’azione che ha condotto a conseguenze positive.
Mettersi vicino alla ciotola del cibo a un certo orario per esortarci a dargli da mangiare, abbaiare in modo veemente per ottenere un boccone o coinvolgerci in attività di gioco sono esempi comuni di questo comportamento.
Il cane si aspetta che una sua determinata azione ci indurrà a fare ciò che si aspetta. La tecnica consiste spesso nell’introdurre un comportamento di “pressione”, come saltarci addosso, per poi smettere se ottiene quanto desiderato oppure replicare la richiesta se ancora non è soddisfatto.
Dal punto di vista mentale (o meglio, cognitivo), ci troviamo di fronte a un ragionamento di alto livello, perché il cane immagina che una sua azione sia il presupposto per una nostra risposta e spesso è davvero così. Basterà, poi, un suo semplice cenno per attivarci a dovere: anche noi siamo addestrabili!
Con il passare del tempo, complice il rapporto sempre più profondo che si crea, noi diveniamo una raccolta vivente di azioni e reazioni, una “miniera” di sequenze di eventi che ci renderà prevedibili. Per evitare tutto ciò bisognerebbe diventare imprevedibili, agendo e reagendo in modi diversi.
Tuttavia, l’alta capacità di cogliere i dettagli da parte del cane gli renderà piuttosto agevole “smascherarci”, credeteci.
5. Se generalizza... Veggente a posteriori
Ma non è tutto. In aggiunta al grande talento da “investigatore”, il nostro amico dispone di un’ulteriore abilità mentale, quella di “generalizzare” le sue esperienze.
Il termine indica che, nel corso del tempo, le esperienze e gli eventi non per forza uguali tra loro ma anche solo simili verranno memorizzati, catalogati e raggruppati sotto una sorta di “etichetta” per essere riconosciuti e affrontati nello stesso modo.
Non soltanto, quindi, il cane sarà preoccupato di avvicinarsi alla clinica veterinaria ove vi è stata l’esperienza sgradevole: tutti i luoghi che, per struttura, odori e presenza di camici bianchi gli faranno ricordare l’esperienza in questione indurranno una reazione di timore, anche se ci trovassimo all’altro capo del mondo!
Allo stesso modo, non solo l’auto che ha causato la forte nausea ma tutti i veicoli a motore simili indurranno il timore di sentirsi nuovamente male.
Ugualmente, non sarà solo quel singolo cane con il quale si è verificato il conflitto a innescare la reazione ma anche altri cani di dimensioni, colore e aspetto simili e via via, in alcuni casi, tutti i cani, senza distinzioni di alcun genere (ma possiamo prevenire questo tipo di generalizzazione, per fortuna, con tecniche facili).
Nel bene e nel male, quindi, le capacità mentali del nostro compagno di vita sono tali renderlo veggente... “a posteriori” ed è di questo che dobbiamo tenere conto, tanto nell’educazione generale quanto nella quotidianità.