Il nostro cane è davvero felice?
Ciascuno di noi, almeno una volta, si è posto questa domanda, probabilmente in silenzio, magari osservandolo sonnecchiare beato dopo una lunga galoppata al parco.
E, forse, una risposta non è mai arrivata, rimanendo quel dubbio, quell’interrogativo sulla correttezza di ciò che facciamo per lui, sul troppo o sul troppo poco e, ancora, sulle attività che ogni giorno cerchiamo di proporgli.
Stiamo facendo abbastanza? La vita che gli stiamo offrendo è veramente ciò che vorrebbe? Lo stiamo trattando bene oppure il suo benessere dipenderebbe da altro, da qualcosa che non siamo in grado di garantirgli o che, pur nella totale buona fede, ancora non conosciamo?
Diciamo innanzitutto che non siamo diventati improvvisamente matti nel porci questi dubbi: si tratta, infatti, di interrogativi legittimi, fatti emergere da parte di chi prova per il cane un sentimento autentico, incondizionato e responsabile.
Desiderare e volere la felicità altrui, infatti, è una logica e naturale espressione di amore, il più nobile dei sentimenti! Essere felice, per un cane, significa poter esprimere la sua vera natura ogni giorno.
Come possiamo aiutarlo? Comprendendo appieno i suoi bisogni, coinvolgendolo in tante attività e facendolo sentire parte integrante della famiglia. Scopriamolo insieme!
1. Serenità è appagamento - Il cane deve poter fare... il cane
La felicità del nostro amico può essere identificata con uno stato di appagamento psicofisico quotidiano.
Ed è proprio sul suo appagamento che dobbiamo soffermarci, cercando di scoprire e comprendere quali siano le azioni e le attività che possono davvero soddisfarlo.
Per rispondere a questo interrogativo diciamo subito che il nostro amico, come qualsiasi essere vivente, presenta alcuni bisogni, intesi come stati di necessità da colmare nel modo migliore, quasi si trattasse di un bicchiere che, alla fine di ogni giornata, deve essere riempito.
È anche vero che spesso i suoi bisogni non sono perfettamente coincidenti con i nostri, considerato che il cane appartiene a una specie diversa, con caratteristiche etologiche specifiche.
E allora possiamo dire che l’appagamento viene raggiunto quando ogni cane può fare, appunto, il cane, utilizzando i sensi, provando emozioni, esprimendo i propri istinti, ragionando, apprendendo, memorizzando e condividendo.
Infatti, trattandosi di una specie altamente sociale, il cane ha la necessità di vivere insieme a noi esperienze e situazioni di varia natura, traendo i dovuti insegnamenti e migliorando se stesso giorno dopo giorno.
Tutto ciò nel rispetto delle caratteristiche psicofisiche di ogni soggetto, tanto in riferimento alla razza o al ceppo di appartenenza, quanto in relazione ai differenti periodi di sviluppo.
Sempre, tuttavia, con il comune denominatore dell’appagamento.
2. Tutto in una piramide - I bisogni “si fanno in quattro
I più recenti studi sul benessere del cane hanno consentito di sviluppare un raffronto tra i bisogni dell’uomo e quelli del nostro amico, considerando quest’ultimo come un individuo pensante, senziente e, di conseguenza, portatore di necessità.
Un significativo passo in avanti è stato compiuto valutando i bisogni del cane sullo schema già esistente di quelli della specie umana e richiamando, quindi, la “piramide dei bisogni” che lo psicologo statunitense Abraham Maslow predispose e perfezionò tra il 1943 e il 1954.
Lo studioso suddivise i bisogni secondo una gerarchia ascendente, partendo dai più elementari fino ai più complessi.
Allo stesso modo, riferendoci al nostro amico, siamo oggi in grado di definire una simile piramide, costituita nel caso del cane da cinque livelli, alla cui base troviamo i bisogni fisiologici, legati alla sopravvivenza pura e semplice.
Ci si riferisce all’acqua, al cibo, al sonno, all’equilibrio termico e alla salute.
Ottimizzate queste condizioni siamo, infatti, nella possibilità di passare ai “piani superiori”: al secondo piano della piramide si affrontano i cosiddetti bisogni di sicurezza, che si esprimono nella possibilità di appartenere a un “gruppo sociale” definito, come la famiglia umana.
E, in aggiunta, di vivere e provare insieme a questa stati emozionali di diversa tipologia. Solo allora, collocato nel suo branco, si può salire al terzo piano, comprensivo dei bisogni biologici e istintivi, e caratterizzato, oltre che dalla riproduzione quando possibile, dalla possibilità di esprimere i propri “schemi motore”.
Salendo ancora, il quarto piano riguarda i cosiddetti bisogni sociali, fatti di interazioni con soggetti della stessa e di diversa specie, per raggiungere l’apice, il quinto piano, con i bisogni dell’intelletto. Insomma, una sorta di mens sana in corpore sano.
Le esigenze hanno una scala di priorità che può essere raffigurata in questo schema ideato dallo psicologo Abraham Manslow per il genere umano ma del tutto applicabile anche ai nostri cani. Da un “piano” si sale al successivo.
3. Su tutti quello di predazione
Garantita la sopravvivenza del nostro amico e accoltolo nel branco familiare, la prima regola che dobbiamo osservare riguarda il soddisfacimento degli istinti.
Questi sono definiti come tutti i comportamenti che il cane è in grado di esprimere senza un necessario e preventivo processo di apprendimento, essendo già presenti nei suoi geni fin dalla nascita.
Tra tutti, emerge quello che viene chiamato l’istinto di predazione, ovvero quella sorta di forza interiore che rende ogni cane capace di cacciare prede vere o simulate.
L’istinto di predazione è così composto da un insieme di azioni, chiamate “schemi motori”, attraverso le quali una possibile preda viene individuata, avvicinata, inseguita, catturata, uccisa, dissezionata, mangiata, riportata o seppellita.
A differenza di quanto accade nel lupo, portatore della totalità di questi schemi, la selezione artificiale ha consentito la creazione di razze che, in base alle mansioni previste per ciascuna, presentano oggi solo una porzione di questi “programmi”.
Per poter essere veramente appagato, il cane deve poter esprimere queste azioni e soddisfare quindi i suoi istinti.
Naturalmente questa esigenza può realizzarsi senza una reale azione di caccia ma mediante oggetti adatti allo scopo, come palline, frisbee, trecce, manicotti e così via. Sono facili da usare, costano poco e... ci si diverte!
4. Vivere nel mondo - Socializzare e interagire come si deve
Da essere sociale per eccellenza quale è, il cane necessita di entrare in contatto quotidianamente con soggetti della sua stessa specie e di quella umana, che è l’altra specie con cui condivide la vita.
Sotto il primo profilo, affrontati correttamente i primi mesi di vita, quelli che la natura ha destinato alla socializzazione, è importante che il nostro amico incontri altri suoi simili e che interagisca con loro, sebbene ciò debba avvenire nei modi corretti.
Infatti, per evitare malintesi comunicativi, è importante valutare l’età, il sesso, la taglia, la razza e il carattere dei cani con i quali gli consentiremo di “colloquiare”, facendo sì che ogni incontro risulti divertente e per nulla traumatico.
Riguardo a noi, invece, oltre alla famiglia di adozione, il nostro cane necessita di interfacciarsi con le persone che ci stanno accanto, dagli amici ai conoscenti: dobbiamo, quindi, permettergli di salutarli con educazione e di essere ugualmente considerato e rispettato.
Allo stesso modo, il cane compie quella sorta di socializzazione indiretta che lo porta a entrare in contatto con estranei, nella normale routine della vita cittadina, senza che ciò possa in alcun modo produrre disagio.
Tutti questi obiettivi possono essere perseguiti con maggiore facilità grazie alla frequentazione di centri cinofili, dove cani e proprietari hanno la possibilità di condividere momenti di gioia e di spensieratezza in un ambiente dedicato a loro e insieme a persone esperte e competenti.
Così facendo, anche le giornate del nostro cane saranno ricche di episodi, incontri ed esperienze da ricordare. Percepire, provare emozioni, comprendere e interagire sono tutti elementi idonei ad aumentare il suo stesso livello di appagamento.
5. Usare il cervello e la formula perfetta
Usare il cervello - Non è prerogativa solo umana
Per molto tempo si è ritenuto che l’attività intellettiva fosse prerogativa solamente umana, pensando che gli animali non fossero predisposti a compiere sufficienti processi cognitivi.
Gli studi derivanti dalla psicologia sperimentale, dall’etologia e dalla biologia evoluzionistica hanno, fortunatamente, dimostrato l’esatto contrario: il nostro amico, infatti, è in grado di comprendere, apprendere e memorizzare migliaia di informazioni.
Addirittura, per lui imparare insieme a noi è di fondamentale importanza, si tratti di acquisire nuove competenze, di risolvere problemi pratici o di esprimersi in attività cinofile varie e complesse.
Non soltanto il cane ci sarà grato per le lodi e i premi che riceverà, ma il suo stesso organismo potrà produrre sostanze e ormoni preposti a garantirgli piacere e appagamento.
Naturalmente, anche il coinvolgimento mentale deve avvenire per gradi, nel rispetto dell’età, della razza, delle attitudini e della sua stessa personalità.
Una sorta di tabella personalizzata, da incrementare e sviluppare in base alle risposte di ciascun soggetto.
Anche in questo caso, frequentare un centro cinofilo gestito da personale con la cultura e l’esperienza adeguate è la strada migliore per arrivare insieme al nostro amico a una felicità condivisa.
La formula perfetta
Pur nella consapevolezza della peculiarità di ciascun cane, alcuni illustri studiosi hanno previsto una media di attività psicofisica giornaliera necessaria per il nostro amico.
Tracciando un’immaginaria curva di Gauss e raffrontando gli elementi della popolazione canina rispetto alla percentuale di attività necessaria, si è giunti alla conclusione che tre-cinque ore giornaliere di coinvolgimento complessivo rappresentino la giusta media.
A questo dato si è arrivati considerando che ci possono essere soggetti che richiedono tempi minori e cani che hanno bisogno di molte più ore, persino undici-quindici.
Per poter trovare un compromesso tra le esigenze del nostro amico e la nostra stessa disponibilità, è stata predisposta una sorta di “formula” atta a declinare le principali attività a cui possiamo sottoporlo.
In termini di sintesi, si è parlato di attività alimentare, sociale, locomotoria, morsicatoria, ludico-olfattiva e intellettiva, fornendo parametri di appagamento per ciascuna di esse.
L’obiettivo finale è quello del benessere totale, in contrasto con i due più grandi nemici da evitare con cura: la noia e la solitudine!
Quanta attività e di quale tipo serve al nostro amico? Non esiste una ricetta universale ma ogni cane merita che il suo padrone si attivi!