Vi sono persone che alla sola idea di parlare in pubblico vengono colte da forte ansia, accompagnata da sudorazione, bocca secca e tremori.
Queste persone soffrono di glossofobia, termine che definisce la paura di rivolgersi a una platea o, semplicemente, a un gruppo di persone.
Nei casi più gravi, il disturbo può causare attacchi di panico e perdita di controllo.
Per fortuna vengono in aiuto gli esperti con tre trucchi infallibili. Scopriamoli insieme.
1. Non è solo timidezza, la colpa dei genitori e il timore del giudizio
Non si tratta solo di timidezza. Le origini del problema affondano nel passato – spesso nell’infanzia – e sono legate alle relazioni con i genitori e ai feedback ricevuti da piccoli dall’ambiente (famiglia, scuola, gruppo dei pari, eccetera).
Può trattarsi di ripetute osservazioni del tipo “come parli male”, “mangi le parole”, “ripeti sempre le stesse cose”, “dici stupidaggini”, oppure delle prese in giro dei compagni di scuola o delle osservazioni negative dell’insegnante davanti alla classe.
L’atteggiamento ipercritico dei genitori sull’espressione dei figli potrebbe generare bassa autostima e senso di inadeguatezza.
In altri casi, genitori con aspettative troppo elevate tendono a sovraccaricare i ragazzi di responsabilità, inculcando in loro il timore di essere deludenti e non all’altezza. A sua volta, questa idea suscita la paura di perdere i propri genitori, coinvolgendo profondamente l’affettività.
Altre volte accade l’inverso: il forte attaccamento ai genitori e la paura di perderli genera l’autoconvincimento di aspettative elevate che non hanno riscontro nella realtà, ma che sono solo frutto delle fantasie dei ragazzi.
A crearle potrebbe anche essere una forte sensibilità che spinge a far felici i genitori per non farli soffrire.
In mancanza di feedback che supportino la fiducia in se stessi, tutti questi timori riemergeranno nelle relazioni da adulti sotto forma di un senso di inadeguatezza e della paura di “non andare bene”.
Si temerà di essere rifiutati, emarginati, di perdere il lavoro, ma soprattutto che gli altri si allontanino da noi. La fortissima paura alla base della glossofobia è quella del giudizio, che ne nasconde un’altra ancor più intima: quella di perdere la stima altrui e di rimanere soli.
Come esseri umani cerchiamo sempre le relazioni e in presenza di traumi infantili che le hanno ferite, è facile che si generi insicurezza nell’esporsi e nel costruirne di nuove nel corso della vita.
Completano il quadro la timidezza caratteriale, le scarse doti comunicative e l’incertezza sull’argomento che si deve affrontare.
2. Come vincere l’ansia
Quando si manifesta, l’ansia è molto difficile da gestire. Pertanto, è necessario lavorare sulla prevenzione. Il primo passo è autorizzarsi all’errore.
Spesso non ci autorizziamo a sbagliare, mentre accettare l’idea che tutti sbagliano e che quindi anche noi possiamo sbagliare allevia notevolmente l’ansia.
Il momento più temuto in ogni presentazione è l’ingresso in scena, per il quale sarà molto utile la tecnica della visualizzazione dell’esito positivo.
Utilizzata dai grandi atleti, è una profezia positiva che consente di immaginarsi mentalmente oltre il problema (come il saltatore in alto che ha superato l’asticella o il calciatore che ha segnato un gol).
Da attuare giorni prima, va corredata immaginando gli applausi, la soddisfazione per la buona performance e le sensazioni positive ad essa associate.
Per ottimizzare la performance oratoria sarà utile fare delle prove preliminari davanti ai familiari, oppure osservandosi allo specchio.
Meglio ancora sarà filmarsi e rivedersi in video, per correggere gli eventuali difetti di dizione, modulare il volume della voce e controllare la gestualità involontaria.
Il punto fermo rimane comunque la buona conoscenza del tema da trattare, che andrà preparato con cura fissando i punti chiave del discorso in un’apposita scaletta.
3. In sintonia con l’audience
L’ansia si vince anche entrando in sintonia con il pubblico. Questo aspetto andrà curato sin dall’esordio del discorso, in modo che fra l’oratore e l’audience si crei la giusta empatia.
Il consiglio per rompere il ghiaccio è fare un’apertura simpatica e leggera che crei subito un’atmosfera di fiducia e simpatia.
È una simbolica stretta di mano con chi ascolta, che predispone all’attenzione e all’interesse per le vostre parole. Si va dal classico “sono molto contento di essere qui fra voi” ad accenti decisamente più emozionali.
Di solito, soprattutto nei discorsi professionali, tendiamo a evitare di trasmettere agli altri le nostre emozioni. Ma per quanti vivono il contatto con l’audience come fonte d’ansia, portare esperienze personali emotivamente cariche può aiutare ad avvicinare il pubblico.
Soprattutto in fase iniziale è molto utile esprimere le proprie emozioni. Se si è molto emozionati è vantaggioso farlo sapere al pubblico, poiché questa anticipazione alleggerisce l’atmosfera, creando empatia, condivisione e solidarietà: ammettendo una debolezza ci si sente poi più forti, in quanto si percepiscono le persone dalla propria parte».
Nel prosieguo del discorso, anziché fare una presentazione fredda e distaccata, il consiglio è di inserirvi qualche battuta e qualche aneddoto personale che trasmetta emozionalità.
Rispetto ai contenuti asettici, questi accenni personali aumentano significativamente l’attenzione dell’audience, suscitano simpatia e rendono l’intervento coinvolgente, spostando il focus dalla performance dell’oratore alla condivisione delle informazioni e delle emozioni.
4. Di fronte alla paura
Se la paura di parlare in pubblico è talmente intensa da porre dei limiti nella propria professione, sarà bene rivolgersi a uno psicoterapeuta.
La terapia breve strategica si avvale di tecniche paradossali basate sullo stratagemma di guardare in faccia la paura prima esasperandola e poi ridimensionandola.
Di fronte alle paure, il nostro cervello cerca di scappare e di rassicurarsi, ma il problema è che ogni volta che scappiamo il cervello percepisce un segnale di pericolo.
Quindi, paradossalmente, più cerchiamo di fuggire le paure e di rassicurarci, più accresciamo le paure stesse e l’ansia a esse legata. Grazie alle tecniche paradossali, la terapia breve strategica allena il cervello ad andare incontro alla paura e a ridimensionarla.
Nello specifico, al paziente vengono fatte immaginare situazioni paradossali dall’esito catastrofico (per esempio, si immagina di balbettare davanti al pubblico, che questo tiri i pomodori fra le risate generali, oppure di avere un attacco di panico e di svenire, o ancora, di scivolare e planare in mezzo alla platea in stile Fantozzi).
Dinanzi a esiti immaginari così disastrosi e irreali, il paziente stesso finisce per ridere e sdrammatizzare, il che aiuta già molto a sciogliere l’ansia. Segue un percorso personalizzato formulato ad hoc in base alle cause che hanno generato la glossofobia.
5. Tre consigli preziosi per vincere la paura di parlare in pubblico
- Primo consiglio: parlate lentamente
L’ansia nei confronti del pubblico spinge a parlare in fretta e a terminare il discorso nel più breve tempo possibile.
Così facendo tuttavia, aumenta il rischio di parlare male, di impaperarsi e di essere precipitosi e poco chiari nell’esposizione. Quindi, una parlata troppo frettolosa finisce per acuire l’ansia.
Il consiglio degli esperti è di parlare più lentamente, per ottenere un doppio risultato positivo: si apparirà più tranquilli al pubblico e ci si sentirà tali dentro di sé.
Inoltre, si avrà anche il tempo per osservare l’audience e notarne le reazioni.
- Secondo consiglio: cercate nel pubblico una persona rassicurante e guardatela
Quando si parla a un gruppo di persone, indirizzare correttamente gli sguardi aiuta a sciogliere l’ansia.
Gli psicologi consigliano di individuare, fra gli ascoltatori, una persona con un’aria rassicurante (anche sconosciuta): qualcuno cioè che abbia un’espressione amichevole, annuisca alle nostre parole o ci guardi sorridendo.
Inizialmente ci si concentrerà su questa persona e si immaginerà di rivolgersi a lei. Poi si passerà a guardare un punto fisso della platea e, pian piano, si sposterà lo sguardo in sequenza dal centro ai due lati, per far sentire tutto il pubblico coinvolto.
Il trucco si basa sul fatto che quando il cervello razionale si stacca da quello emotivo, come avviene nel corso di una performance oratoria, non distingue più fra un gruppo di 30 o di 300 persone.
Del resto, l’intensità dello stato d’ansia non è direttamente proporzionale al numero degli ascoltatori e per attivarlo bastano pochissime persone.
Non si può nemmeno guardare in faccia contemporaneamente tutto il pubblico, e quindi, per il cervello, la persona rassicurante a cui ci si rivolge rappresenta tutta la platea e ci invia un incoraggiante feedback positivo.
- Terzo consiglio: fate delle prove e filmatevi
Secondo gli studi psicologici, la prima impressione che abbiamo su una persona nuova si costruisce nei primi 30 secondi.
Questo tempo coincide drammaticamente con il momento più difficile per i glossofobici: quello dell’entrata in scena e del primo contatto con il pubblico, in cui quest’ultimo coglie immediatamente i segnali d’ansia e insicurezza.
Fra questi: la voce tremante, troppo bassa o che si abbassa nei momenti di insicurezza, le pause nel discorso, le ripetizioni del contenuto e il continuo intercalare di forme come “cioè”, “praticamente”, “eh... eh...”, l’affannosa ricerca della giusta parola (l’ansia fa perdere lucidità nel recuperare le informazioni), il rossore, l’eccessiva gesticolazione.
Per evitare di tradire la propria insicurezza con questi segnali, sarà bene fare per tempo delle prove filmandosi e rivedendosi in video.