Confucio, fu il pensatore cinese a cui si attribuiscono le basi del sistema etico-politico che va sotto il nome di confucianesimo. Tale sistema è una delle tradizioni filosofiche, morali e politiche della Cina.
Il confucianesimo fu brutalmente combattuto sotto il regno dell'imperatore Qin Shi Huangdi, ma poi fu imposto come dottrina di Stato sotto l'imperatore Han Wudi ed è restato tale fino alla creazione della Repubblica di Cina nel 1912.
Confucio visse nello Shandong fra il 551 e il 479 a.C., in un periodo in cui la Cina centro-settentrionale era solo formalmente governata dalla dinastia Zhou, ma in realtà era divisa fra tanti staterelli. Il suo nome originario era Kong Qiu, mentre Confucio deriva dalla latinizzazione operata dai gesuiti (Confucius) da Kong fuzi, ossia il Maestro Kong.
Egli nacque ed operò per una parte della sua vita nel piccolo principato di Lu, benché la sua famiglia fosse originaria del territorio di Song, area assegnata alla famiglia reale Shang, dopo che questa era stata detronizzata dalla successiva dinastia dei Zhou.
Da qui deriva la leggenda secondo cui il filosofo sarebbe stato un discendente della stirpe Shang. In realtà, benché fosse probabilmente di origini aristocratiche, le condizioni sociali della sua famiglia erano ormai decadute.
Poté comunque apprendere, durante la giovinezza, le «sei arti» (riti, musica, calligrafia, matematica, guida dei carri e tiro con l’arco) che costituivano la base dell’educazione nobiliare.
Né la sua vita privata né quella pubblica si distinguono per la straordinarietà dei risultati o per il successo. Sposatosi nel 533 a.C., secondo la tradizione avrebbe poi divorziato dalla moglie, che si sarebbe distinta per il carattere particolarmente prepotente. Dal matrimonio ebbe un solo figlio (532-482) che morì prima del padre.
Nel principato di Lu, Confucio occupò alcune cariche amministrative, fra cui quella di ministro della Giustizia, cercando di mettere in pratica le sue teorie politiche.
Nonostante i suoi sforzi, non riuscì a sventare il complotto ordito dal principe di uno Stato rivale, quello di Qi ai danni di Ding, il duca di Lu: il principe di Qi, infatti, tentò di corrompere il duca di Lu inviandogli come dono delle bellissime cantanti e splendidi cavalli, che lo distolsero dai suoi doveri verso lo Stato. In seguito ad una serie di contrasti con Ging, Confucio dovette quindi abbandonare la corte di Lu.
Nel 496 a.C. iniziò così una nuova fase nella sua vita, che lo portò a peregrinare in vari Stati della Cina di allora, nella ricerca di un signore che fosse disposto ad accettare le sue teorie politiche e a nominarlo primo ministro.
Tale azione tuttavia si dimostrò inefficace, e, visto che i suoi insegnamenti non avevano influito sulla politica dei vari Stati da lui visitati, nel 483 a.C. Confucio si ritirò al suo paese natale, dedicandosi all’insegnamento privato con lo scopo di formare degli uomini saggi e statisti di valore.
Dai suoi discepoli si sarebbe sviluppata la scuola confuciana. Secondo la tradizione, nel 481 a.C., due anni prima della sua morte, Confucio avrebbe incontrato un animale fantastico, una specie di unicorno, il Qilin, che gli preannunciava la fine.
La fama di Confucio ha superato oltre due millenni e tutte le grandi trasformazioni storiche intercorse; il suo messaggio, che ancora influenza il comportamento di un quarto dell'umanità, può avere un significato pregnante anche per l'occidentale contemporaneo.
1. Il progresso morale
1) Il Maestro disse:
A 15 anni ero determinato nello studio.
A 30 anni ero indipendente.
A 40 anni non avevo più esitazioni.
A 50 anni ho compreso la volontà del cielo.
A 60 anni le mie orecchie erano pronte ad ascoltare.
A 70 anni potevo seguire i desideri del cuore senza deviare.
2) Fang Chi interrogò il Maestro sulla virtù dell’umanità.
Il Maestro disse: «Amare il prossimo».
Fang Chi interrogò il Maestro sulla conoscenza.
Il Maestro disse: «Conoscere e comprendere il prossimo».
3) Zhong Gong interrogò il Maestro sulla virtù dell’umanità.
Il Maestro disse: «In pubblico, comportati come se accogliessi un ospite di riguardo; tratta la gente come se stessi celebrando un sacrificio importante; non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Non sorgeranno così ostilità nei tuoi riguardi né nello Stato né nelle grandi famiglie».
4) Il Maestro disse: «Ciò che l’uomo superiore cerca, lo cerca in se stesso, mentre l’uomo dappoco lo cerca negli altri».
5) Volendo coltivare se stessi occorre prima regolare la propria mente. Questo vuol dire che quando si cade in preda alla collera, non è più possibile essere equilibrati. Lo stesso se si è preda della paura, della gioia e della malinconia. Quando si è preda di questi sentimenti la mente è come assente, e allora anche se si guarda non si vede, anche se si ascolta non si sente, anche se si mangia non si coglie il sapore dei cibi. Ecco perché volendo coltivare se stessi occorre anzi tutto regolare la propria mente.
2. Studio ed educazione
1) Esiste una parola che possa esser la norma di tutta una vita?
Questa parola e' «reciprocita'». E cioe', non comportarti con gli altri come non vuoi che gli altri si comportino con te.
2) Il Maestro disse: «Quando incontri un uomo virtuoso pensa ad emularlo; quando incontri un uomo privo di valore ripensa a te stesso e fatti l’esame di coscienza».
3) Il Maestro disse: «You, hai mai udito i sei precetti accompagnati dai sei errori?».
«Non ancora», rispose Zilu.
Il Maestro disse: «Siediti e te ne parlerò.
Amare la virtù dell’umanità senza amare lo studio fa cadere nella stoltezza.
Amare la sapienza senza amare lo studio fa cadere nell’errore.
Amare la sincerità senza amare lo studio fa cadere nell’oltraggio.
Amare la rettitudine senza amare lo studio fa cadere nell’intolleranza.
Amare il coraggio senza amare lo studio fa cadere nell’insubordinazione.
Amare la fermezza senza amare lo studio fa cadere nella temerarietà».
4) Il Maestro disse: «Il giovane sia filiale verso i genitori, in casa, e rispettoso verso i più anziani, fuori; sia prudente e nello stesso tempo sincero; trabocchi d’amore per tutti, ma frequenti i virtuosi; con le energie che gli
rimangono si dedichi alla propria coltivazione».
5) Il Maestro disse: «L’uomo superiore nei riguardi del mondo non si lascia trascinare né da pregiudizi né da inclinazioni, ma segue soltanto il giusto giudizio».
3. Riti e norme tradizionali di condotta
1) Youzi disse: «Nel praticare le tradizionali norme di buona condotta è l’armonia che costituisce il criterio principale. Essa è l’insegnamento più bello della Via tramandataci dagli antichi sovrani, e va seguita nelle piccole come nelle grandi cose. Eppure non è sempre valida: ricorrere alla sola armonia perché si conosce solo l’armonia, trascurando le norme di condotta, non è funzionale».
2) Esistono tre modi per imparare la saggezza:
Primo, con la riflessione, che è il metodo più nobile;
secondo, con l’imitazione, che è il metodo più facile;
terzo, con l’esperienza, che è il metodo più amaro.
3) Le prospettive della vita dipendono dalla diligenza; l'artigiano che vuole perfezionare la sua opera deve prima affilare i suoi utensili.
4) Il maestro disse a un suo allievo: Yu, vuoi che ti dica in che cosa consiste la conoscenza?
Consiste nell'essere consapevoli sia di sapere una cosa che di non saperla. Questa è la conoscenza.
5) Confucio disse: «Tre sono le amicizie positive, e tre quelle negative. È vantaggioso avere un amico sincero, un amico onesto, o un amico con molte conoscenze. È svantaggioso avere un amico falso, un amico adulatore, un amico chiacchierone».
4. Consigli pratici
1) Zigong chiese: «Che pensi di colui che è amato da tutti i compaesani?».
Il Maestro disse: «Che non è sufficiente per giudicarlo».
Zigong aggiunse: «E che ne diresti di colui che è odiato da tutti i compaesani?».
Il Maestro disse: «Che non è neppure sufficiente. Meglio sarebbe che i compaesani buoni lo amino, e che i compaesani cattivi lo odino».
2) Zilu chiese: «Maestro, se tu dovessi comandare tre eserciti, chi vorresti al tuo fianco?».
Il Maestro disse: «Certamente non vorrei con me chi avesse la spavalderia di affrontare una tigre senza armi o attraversare un fiume a guado, o che affrontasse la morte senza rimpianti. Dovrebbe essere invece uno che abbia paura prima di agire, e che metta in pratica i piani dopo averli accuratamente preparati».
3) Il Maestro disse: «Le donnicciole e la gente dappoco sono difficili da educare: se dai loro confidenza divengono insolenti, se tieni le distanze sono pieni di risentimento».
4) Confucio disse: «Vi sono tre tipi di piaceri vantaggiosi e tre tipi di piaceri dannosi. Vantaggioso è godere nel misurarsi nei riti e nella musica, godere nel parlare di ciò che è buono negli altri, godere nell’avere molti amici virtuosi. Svantaggioso è invece godere di piaceri stravaganti, godere di una vita dissoluta e godere di feste e banchetti».
5) Il Maestro disse: «Soltanto dopo i primi freddi ci accorgiamo che il pino e il cipresso conservano più a lungo le loro foglie».
5. L'impegno politico
1) Ji Kangzi chiese a Confucio sul governo. Confucio rispose: «Governare (zheng) significa correggere (zheng). Se tu dai l’esempio con la tua rettitudine, chi oserà non essere corretto?».
2) Il Maestro disse: «Se il popolo è regolato dalle leggi ed uniformato attraverso le punizioni, esso cercherà di evitarle ma non sentirà alcun senso di vergogna. Se esso è invece guidato dalla virtù e uniformato attraverso le norme di buon comportamento e attraverso i riti, il popolo coltiverà il senso di vergogna, e quindi progredirà».
3) Ji Kangzi interrogò Confucio sul governo, e gli chiese: «Che ne pensi se uccido coloro che non seguono la Via per favorire chi possiede la Via?».
Confucio rispose: «Nel governare, che bisogno hai di uccidere? Se desideri il bene, anche il popolo ti seguirà nel bene. La virtù dell’uomo superiore è come il vento; quella dell’uomo dappoco come l’erba. Quando il vento soffia sull’erba, questa certamente si piega».
4) Il Maestro disse: «Se uno corregge se stesso, che difficoltà avrà a partecipare al governo? Chi non è in grado di correggere se stesso, come farà a correggere gli altri?».
5) Il duca Ai domandò che cosa dovesse fare perché il popolo gli fosse sottomesso.
Confucio gli rispose: «Promuovi i giusti e allontana i disonesti; allora il popolo sarà sottomesso. Se invece promuoverai i disonesti e allontanerai i giusti il popolo non obbedirà».