I test nucleari e i lanci di missili. La guerra (verbale) tra il leader nordcoreano Kim Jong-un e il presidente Usa Donald Trump.
E poi la “diplomazia delle Olimpiadi”, con la partecipazione congiunta con i vicini della Corea del Sud ai Giochi invernali di Pyeong-chang.
La Corea del Nord è da tempo al centro delle attenzioni internazionali.
Ha la bomba H? Chi può colpire? E perché continuano a esserci due Coree? Ecco una guida per capirlo.
1. Le due Coree
I test nucleari e i lanci di missili. La guerra (verbale) tra il leader nordcoreano Kim Jong-un e il presidente Usa Donald Trump.
E poi la “diplomazia delle Olimpiadi”, con la partecipazione congiunta con i vicini della Corea del Sud ai Giochi invernali di Pyeong-chang.
La Corea del Nord è da tempo al centro delle attenzioni internazionali. Ma come si è arrivati a questo punto? Che cosa sta succedendo in quell’angolo d’Asia?
Cominciando dalla prima domanda: come mai ci sono due Coree? Due Paesi diversissimi, oggi: il Nord un regime tra i più chiusi al mondo, il Sud una potenza economica. La divisione risale alla fine della Seconda guerra mondiale.
La Corea era stata sotto controllo del Giappone dal 1910. Nel 1945, Urss e Usa decisero la divisione della penisola in due zone, una settentrionale occupata dai sovietici e una meridionale occupata dagli statunitensi. il "confine" fu fissato al 38° parallelo.
Le prospettive di riunificazione sfumarono però nel nuovo clima della Guerra Fredda. E nel 1948 si formarono due governi per due “Coree”: quella del Nord alleata con Urss, quella del Sud con gli Usa.
Dopo poco, nel 1950, scoppiò la guerra. Le truppe del Nord invasero il Sud e lo conquistarono quasi interamente, prima che l’intervento di Usa e Paesi alleati, su mandato dell’Onu, ribaltasse la situazione.
I nordcoreani, che ricevettero l’aiuto dell’esercito cinese e i rifornimenti militari sovietici, ricacciarono gli alleati sotto il 38° parallelo. Si determinò una situazione di stallo a cui mise fine, nel 1953, un armistizio.
Che resiste fino a oggi, visto che non si è mai tradotto in un trattato di pace definitivo, che metta formalmente fine alla guerra. Le Coree da allora hanno preso vie opposte.
Il Nord, organizzato sul modello socialista, oggi ha un’economia centralizzata e chiusa: l’export vale meno di 3 miliardi di $ ed è all’85% verso la Cina. Il Sud, per anni governato da regimi autoritari, si è trasformato in una democrazia e in una potenza economica: esporta per 552 miliardi di $.
2. La minaccia nucleare e i test dei missili
- La minaccia nucleare
Alla tv nordcoreana, nel settembre 2017, una conduttrice in abito tradizionale rosa ha dato fiera l’annuncio: il test della bomba all’idrogeno è stato un successo.
È stato il sesto test nucleare sotterraneo dal 2006, e il secondo di una bomba H (ben più potente di una bomba atomica come quella di Hiroshima), a quanto dice il regime.
La certezza che i nordcoreani abbiano davvero la bomba H non c’è, anche se questa volta - a differenza della precedente - gli esperti internazionali hanno detto che il terremoto registrato nell’area del test era compatibile con un’esplosione violenta.
Ci sono dubbi anche sulla reale capacità di miniaturizzare gli ordigni per montarli sui missili.
Comunque, si stima che il regime abbia tra dieci e venti bombe atomiche.
- I test dei missili
Oltre alle bombe, Pyongyang sta sviluppando i missili che le porterebbero sugli obiettivi: i test sono stati 117, dal 1984.
Nel novembre 2017 è stato lanciato primo Hwasong-15, nuovo missile balistico intercontinentale. Ha volato per 960 km e si è schiantato in mare non tanto lontano dal Giappone.
Avrebbe una gittata di 13.000 km: il primo missile balistico nordcoreano in grado di colpire tutto il territorio degli Stati Uniti.
Tuttavia, questi missili hanno una traiettoria a parabola: vanno nello spazio e tornano giù puntando sull’obiettivo.
E tra gli esperti restano dubbi sul fatto che Pyongyang abbia già sviluppato un veicolo di rientro - la parte del missile che contiene la testata - in grado di resistere al ritorno in atmosfera.
3. Olimpiadi e diplomazia
Il simbolo della distensione è stata una squadra di hockey su ghiaccio.
Per la precisione, la formazione femminile "unificata" con giocatrici delle due Coree, presentata alle Olimpiadi di Pyeongchang, in Corea del Sud.
La creazione di un unico team per l’hockey, e l’offerta di sfilare insieme all’apertura dei Giochi invernali, sono state un esempio di diplomazia olimpica...
L’invito è stato fatto dal presidente della Corea del Sud, Moon Jae-in; il gesto di distensione con i vicini/nemici del Nord è arrivato dopo mesi di tensioni (non ha però trovato l’approvazione di tutti, visto che il gradimento del presidente sudcoreano è sceso).
Ma quali sono i rapporti della Corea del Nord con i suoi altri vicini, i cinesi?
La Cina è una formale alleata e, con la Russia, punta alla soluzione del “doppio congelamento": stop ai test missilistico-nucleari dì Pyongyang in cambio dello stop delle esercitazioni militari congiunte tra Usa e Corea del Sud (sospese per le Olimpiadi, comunque).
Questo sarebbe il primo passo per aprire le trattative che dovrebbero portare alla denuclearizzazione della penisola e alla firma di una pace definitiva, 65 anni dopo la guerra.
4. La dinastia al potere
Kim Jong-un è il figlio più giovane di Kim Jong-il e di Ko Young-hee, una cantante e ballerina coreana nata e cresciuta in Giappone e rientrata in patria nel 1961.
Sarà ballerina nel corpo di ballo Mansudae Yesuldan ed è svolgendo tale attività che conoscerà il padre di Jong-un.
La data di nascita di Kim Jong-un non è certa: forse l'8 febbraio 1982 (per i nordcoreani), forse l'8 febbraio 1984 (per gli analisti Usa).
Per la propaganda ufficiale, che ama creare simboli, multipli e riferimenti mitologici, invece è nato nel 1982 (il nonno era nato nel 1912, il padre – con una leggera correzione! – nel 1942).
O forse più semplicemente hanno voluto farlo apparire un po’ più “maturo” (29 anziché 27 anni) al momento della successione nel 2011.
E neanche la biografia giovanile: secondo le ricostruzioni, ha studiato in Svizzera. Di certo sappiamo che suo nonno era Kim Il-sung, scelto dai sovietici come leader della Corea Settentrionale nel 1945.
Da lui ha avuto inizio la “dinastia”, proseguita con il figlio Kim Jong-il e alla morte di questo, nel 2011, con l’attuale Kim.
Non è il primogenito, ma ha superato il fratellastro (Kim Jong-nam, favorito caduto in disgrazia e poi, nel 2017, ucciso in Malesia, si sospetta su mandato nordcoreano) e il fratello maggiore (Kim Jong-chul, si dice bollato dal padre come “troppo femminile").
Salito al potere, ha accelerato il programma missilistico-nucleare. Nel suo primo discorso da Capo di Stato, Kim Jong-un pronuncia parole che sarebbero piaciute al nonno e al padre.
Afferma che la pace è certo importante, ma molto più importante è “la gloria militare e la vittoria, specialmente nella lotta contro le forze dell’imperialismo”.
Ribadisce poi che per i “disertori”, ossia coloro che fuggono dal paese, non ci saranno più attenuanti: chiunque prova ad oltrepassare illegalmente i confini della Corea del Nord sarà immediatamente giustiziato!
Una politica dunque già percorsa dal nonno e dal padre quella del giovane Kim Jong-un, che tuttavia presenta alcune incognite in più e maggiori rischi rispetto al passato.
Intanto Kim III dà l’impressione di essere manovrato dalla casta militare che tende con fermezza ad un solo traguardo: il mantenimento del regime e la conservazione del potere.
5. Kim contro Trump
I duelli sono stati molti. Dagli insulti reciproci alla sfida sulla potenza del proprio (inesistente, peraltro) “bottone nucleare”.
C’è stata una successione di schermaglie tra Donald Trump e Kim Jong-un, e un crescendo di minacce.
La Corea del Nord afferma che il proprio programma missilistico-nucleare ha scopi difensivi nei confronti degli Usa, denunciando le periodiche esercitazioni militari congiunte tra forze statunitensi e sudcoreane, considerate “prove” per l’invasione del Nord.
Per questo, alcuni analisti sostengono che l’unico modo per risolvere la crisi nordcoreana sia rassicurare Pyongyang, per convincerla a rinunciare agli armamenti.
Di avviso opposto sono i fautori del pugno duro, secondo cui il regime si starebbe armando per imporre la riunificazione della penisola.
Ma le opzioni militari ipotizzate da analisti e diplomatici appaiono tutte rischiose. Un’invasione porterebbe a una guerra disastrosa per la popolazione e non fermerebbe rappresaglie nordcoreane.
E anche un attacco mirato alle installazioni nucleari nordcoreane non potrebbe impedire che, con gli armamenti convenzionali, venga comunque subito colpita la capitale sudcoreana Seul.