Cosa fare e non fare in cucina per evitare rischi di infezioni

Conserve, uova, carne e pesce: i maggiori rischi di contrarre infezioni o intossicazioni non si corrono al ristorante, come si crede, ma a casa maneggiando, in particolare, questi alimenti.

Le cronache italiane recenti ci hanno riferito di diversi casi di infezioni alimentari da Listeria monocytogenes, un batterio molto presente nell’ambiente (terreni e acque), che può contaminare i cibi, soprattutto il latte crudo e i derivati, ma anche i salumi e la carne.

Dal 2020 a oggi sono stati identificati in Italia 66 casi clinici di listeriosi – l’infezione provocata dal batterio – e tre persone sono decedute.

La listeriosi non è una patologia grave se colpisce persone in buona salute. Ma se ne sono vittima i soggetti più fragili, come gli anziani che già soffrono di altre patologie, le donne in gravidanza o i bambini molto piccoli, può evolvere in una forma molto seria.

È così tornato sotto i riflettori il problema delle malattie trasmesse con il consumo di alimenti contaminati. Dobbiamo preoccuparci?

1. Naturale non vuol dire sicuro. Germi sotto la lente

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Nell’Unione europea vengono riferiti ogni anno oltre 320mila casi di malattie varie di origine alimentare secondo i dati dell’EFSA (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare), ma il numero effettivo è probabilmente più elevato perché le forme lievi che si risolvono con 2-3 giorni di malessere (vomito, diarrea, febbre), senza bisogno di cure ospedaliere, restano fuori dai conteggi ufficiali.

Il problema quindi esiste e la guardia non va mai abbassata. Molti associano la contaminazione degli alimenti al “pericolo chimico”, cioè alla presenza di sostanze indesiderate di origine chimica.

Tuttavia questo pericolo è trascurabile, almeno in Europa, rispetto al rischio micro-biologico, cioè al pericolo che un alimento sia contaminato da microrganismi (batteri, funghi, spore ecc.) o da sostanze prodotte da tali microrganismi (tossine).

Queste tossine sono sì composti chimici, ma naturali. Alcuni esempi: i veleni dei funghi, l’amigdalina nei semi di albicocca che poi si trasforma in cianuro con gli enzimi digestivi, la tossina del botulino eccetera.

I microrganismi che più spesso contaminano gli alimenti sono Salmonella, Staphylococcus aureus, Campylobacter, Escherichia coli, Yersinia e Listeria.

«Dobbiamo però distinguere tra infezioni e intossicazioni», spiegano gli esperti. «Per esempio quelle causate da Listeria o Salmonella sono infezioni alimentari, mentre quella provocata dal botulino (Clostridium botulinum) è un’intossicazione dovuta al fatto che questo batterio sviluppa una tossina neurotossica».

La cosa più importante per prevenire le tossinfezioni alimentari è rispettare sia le norme di igiene quando si cucinano o si somministrano alimenti sia le indicazioni delle aziende alimentari sulle confezioni dei prodotti che acquistiamo.

«Buona parte delle recenti infezioni da Listeria, per esempio, ha coinvolto persone che avevano consumato würstel crudi, laddove sulle confezioni è espressamente indicato di cuocerli prima del consumo».

2. Dal campo al piatto e il caso del pesce crudo

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La contaminazione microbiologica dei cibi può avvenire in molti modi.

Alcuni microrganismi sono presenti negli intestini di animali sani e vengono in contatto con le loro carni durante la macellazione per poi trasmettersi a chi le mangia. Oppure sono trasferiti al latte.

Frutta e verdura possono contaminarsi se irrigate o lavate con acqua contaminata. Le uova possono contenere la Salmonella, presente nelle ovaie delle galline.

Il loro guscio, inoltre, è poroso e i batteri fecali dell’animale possono attraversarlo. Se però le cuociamo prima di consumarle, non corriamo rischi.

Molti esperti sconsigliano di acquistare le uova “dal contadino”, potenzialmente più a rischio di quelle confezionate, che non solo hanno la data di scadenza o quella di deposizione, ma una serie di numeri che certificano la provenienza da allevamenti controllati, nei quali si effettuano campionamenti costanti delle feci degli animali per rilevare l’eventuale presenza di Salmonella o di altri microrganismi.

Se al ristorante viene servito pesce crudo, per esempio il sushi, il cameriere ci assicura che è stato “abbattuto”, cioè sottoposto a una temperatura di -20 °C per almeno 24 ore.

Il procedimento serve per uccidere l’Anisakis, un verme parassita che si può trovare nel tessuto edibile dell’animale e che se ingerito provoca nell’uomo un’infezione gastrointestinale, in alcuni casi con gravi conseguenze.

Ma se l’Anisakis si uccide con il congelamento, oltre che con la cottura, lo stesso non si può dire per altri microrganismi, per esempio Salmonella o Norovirus che possono essere presenti nei prodotti ittici e che si distruggono solo cuocendoli, non con la congelazione.

Il modo migliore per conservare batteri e virus è infatti proprio congelarli, come si fa nei laboratori di ricerca, dove i microrganismi sono conservati a temperature sotto lo zero e, una volta scongelati, riprendono a proliferare a temperatura ambiente.

3. Attenti alle conserve

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L’Italia è uno dei Paesi europei con il maggior tasso di incidenza del botulismo alimentare (circa 20 casi all’anno) per la consolidata tradizione di preparare le conserve alimentari a casa.

Il botulismo è una grave malattia neuro-paralitica (con sintomi di progressiva paralisi fino all’arresto respiratorio) causata dalle tossine prodotte dal batterio Clostridium botulinum.

È curabile solo se è diagnosticata in tempo somministrando uno specifico siero antibotulinico.

Prende il nome dal latino botulus (salsiccia) perché la sua descrizione fu associata inizialmente al consumo di salsicce preparate in casa. In Italia, però, la maggior parte dei casi è correlata al consumo di prodotti vegetali.

Ecco a cosa dobbiamo stare attenti.
- Soggetti a rischio:
Tutti i consumatori.
- Alimenti coinvolti:
Conserve di verdura, funghi sott’olio, marmellate e insaccati o conserve di pesce fatte in casa (anche se messe sottovuoto) senza trattamento termico e con acidità superiore a pH 4.6.
- Precauzioni:
Lavare accuratamente la verdura prima di metterla sott’olio e sbollentarla con acqua e aceto o succo di limone. Nelle marmellate usare almeno una quantità di zucchero pari al 50 per cento del peso della frutta. Evitare la produzione domestica di insaccati e conserve di pesce. Sterilizzare accuratamente i contenitori prima dell’uso.

4. Sei luoghi comuni sulla sicurezza degli alimenti: vero o falso?

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- Solo la cottura ad alta temperatura uccide i batteri
VERO Durante la congelazione e la surgelazione, i batteri sono dormienti, ma dopo lo scongelamento si riattivano e vengono distrutti solo dal calore (sopra i 75 °C). L’Anisakis, il verme parassita di molte specie ittiche, è ucciso anche dal congelamento.

- Per capire se un alimento è deteriorato, è sempre meglio evitare di assaggiarlo
VERO Nel caso un alimento presenti muffe, fuoriuscita di gas, bollicine, odore o consistenza non regolari va buttato perché anche piccolissime quantità potrebbero essere rischiose.

- Frutta e verdura vanno lavate con soluzioni disinfettanti o con bicarbonato per renderle più sicure
FALSO Basta un lavaggio accurato con acqua. Dopo il lavaggio, si può eventualmente sbucciare la frutta.

- I pasti consumati fuori casa sono più rischiosi nel provocare malattie a trasmissione alimentare
FALSO Le statistiche dimostrano che consumare cibo in casa propria o di amici e parenti non è più sicuro.

- Il latte crudo è sicuro e genuino
FALSO Consumarlo senza prima bollirlo può causare gravissime malattie per la possibile presenza di batteri nocivi (come E. coli O157). Il latte pastorizzato o UHT è molto più sicuro.

- Consumare un prodotto oltre la data “preferibile” di scadenza è rischioso
FALSO Se sull’etichetta è scritto “consumare preferibilmente entro...”, oltre quella data il prodotto può al limite avere piccole alterazioni di colore, gusto o consistenza,
ma è ancora sicuro per il consumo.





5. Sei regole di igiene da osservare in cucina

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- Lavare bene le mani con acqua e sapone sia prima sia dopo la manipolazione degli alimenti.

- Cuocere i cibi in modo che tutte le loro parti, anche le più interne, raggiungano una temperatura di almeno 70-75 °C, temperatura a cui devono essere riportati, prima di consumarli, anche i cibi cotti conservati in frigorifero.

- Consumare gli alimenti subito dopo la cottura. Se non è possibile, farli raffreddare e poi riporli in frigorifero, in contenitori chiusi, entro due ore dalla cottura, conservandoli per massimo 2-3 giorni. Per conservarli più a lungo, bisogna congelarli.

- Evitare il contatto tra cibi crudi e cotti. Attenzione alla pulizia delle superfici di lavoro, dei taglieri e dei coltelli: non usare i medesimi utensili, non lavati, per trattare cibi crudi e cotti.

- Proteggere gli alimenti dagli insetti, dai roditori e dagli altri animali coprendoli e isolandoli.- Usare per cucinare sempre e solo acqua potabile.

- Usare per cucinare sempre e solo acqua potabile.

 






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