Paura, rabbia, noia… non c’è emozione o stato mentale che non sia stato indagato dai neuroscienziati.
Oggi faremo un viaggio nei meccanismi del nostro organo più nobile.
Ve lo siete mai chiesti che cosa succede al nostro cervello quando guardiamo film di paura, quando qualcuno ci fa arrabbiare o quando diventiamo aggressivi?
Oppure quando beviamo alcolici o quando abbiamo un’idea? Quando ci annoiamo o ci viene offerto un dolce?
E ancora, quando vediamo un volto familiare o ci resta in testa una canzone?
Scopriamolo insieme.
1. Cosa succede al cervello quando...... guardiamo film di paura?
Le immagini agghiaccianti di film come Poltergeist o Il silenzio degli innocenti non ci lasciano indifferenti.
Secondo quanto rivela un esperimento realizzato dall’Università di New York e pubblicato sulla rivista Science, situazioni di stress acuto come quelle causate dalla visione di un film di terrore obbligano il cervello a riorganizzarsi.
I sensi si acuiscono e si crea uno stato di allerta che rinforza e ci fa rivivere il ricordo di esperienze passate stressanti.
Inoltre, si riduce la capacità di analisi: e tutto questo per l’azione di un solo neurotrasmettitore, la noradrenalina. D’altro lato, la paura stimola l'amigdala.
I ricercatori hanno scoperto che, quando sullo schermo succede qualcosa che ci terrorizza, questa struttura cerebrale viene stimolata come se quella cosa si stesse verificando davvero.
Subito dopo, però, la corteccia prefrontale è in grado di interpretare e ricollocare le informazioni nel contesto giusto, rammentandoci che si stratta solo di finzione.
Poiché la paura iniziale ha liberato una buona dose di adrenalina e dopamina - gli ormoni del piacere - e allo stesso tempo siamo ben consapevoli che non esiste nessuna reale minaccia, molti di noi in questi momenti provano piacere.
Soprattutto i cosiddetti cercatori di emozioni. Queste persone, secondo quanto ha dimostrato David Zaid, psichiatra della Vanderbilt University (Tennessee), hanno più recettori per la dopamina e, di conseguenza, sentono più piacere.
Per giungere a queste conclusioni, l’équipe di Erno Hermans (Università di New York) ha monitorato con risonanza magnetica l’attività cerebrale di 80 volontari... al cinema.
2. Cosa succede al cervello quando... qualcuno ci fa arrabbiare o quando diventiamo aggressivi??
- Cosa succede al cervello quando qualcuno ci fa arrabbiare?
Quando ci arrabbiamo, il cuore accelera, la pressione arteriosa aumenta, l’organismo rilascia testosterone in abbondanza e si abbassano i livelli di cortisolo (ormone dello stress).
Anche a livello cerebrale l’emisfero sinistro - legato alla parte razionale - diventa iperattivo.
Questa constatazione ha portato gli autori di un recente studio dell'Università di Valencia (condotto da Neus Herrero e pubblicato sulla rivista Hormones and Behavior) a una singolare conclusione.
Poiché la regione frontale sinistra è associata alle emozioni positive, che a loro volta spingono il soggetto ad avvicinarsi alla fonte di queste sensazioni piacevoli, ciò spiegherebbe come mai quando siamo infuriati tendiamo ad avvicinarci alla persona verso la quale nutriamo sentimenti ostili e rabbiosi.
E ancora. Nel momento in cui ci invade l’ira, ai nostri neuroni i viene a mancare serotonina, e la rabbia può essere più intensa. La ragione?
Quando questi neurotrasmettitori scarseggiano, la comunicazione fra il sistema limbico (il centro emozionale del cervello) e i lobi frontali (responsabili del controllo degli impulsi) si indebolisce.
Ciò nonostante, la rabbia non sempre ha conseguenze negative. L’attivazione asimmetrica del cervello fa si che la gente arrabbiata si senta più motivata a perseguire ciò che desidera.
E la conclusione di un altro studio condotto dall’Università di Utrecht (Olanda) pubblicato su Psychological Science. - Cosa succede al cervello quando diventiamo aggressivi?
In uno scontro fisico con un’altra persona, è normale che i neuroni specchio si attivino e ci spingano a metterci nei panni dell’altro.
“Sentire” la sofferenza dell’avversario ci induce a fermarci. Non solo.
Secondo i neuroscienziati, ci asteniamo dal danneggiare il prossimo perché la corteccia cingolata anteriore e l’insula ci anticipano le conseguenze: il danno per l’altro ma anche la sensazione di rifiuto sociale che ne deriverebbe per noi.
Il brutto è che alcune abitudini possono anestetizzare la nostra empatia. Un esempio?
Secondo uno studio dell'Università della Columbia, pubblicato su PLOS One, film e videogiochi violenti ci rendono più insensibili alla nostra stessa aggressività. E in alcune persone questa sorta di anestesia morale è insita nella loro natura.
Gli psicopatici per esempio. Secondo Michael Koenigs, dell’Università di Wisconsin-Madison, in loro non funziona bene la zona cerebrale responsabile dei sentimenti di empatia e colpa. Il che spiegherebbe l’insensibilità dei criminali verso le loro vittime.
Un altro studioso, Alessio Avenanti, firma un lavoro uscito su Current Biology dove sostiene che lo stesso avviene nei razzisti: sono incapaci di fermarsi di fronte al dolore di individui con un colore di pelle diverso dal loro.
3. Cosa succede al cervello quando... beviamo alcolici o abbiamo un’idea?
- Cosa succede al cervello quando beviamo alcolici?
Se dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo la nostra coordinazione lascia a desiderare, è perché l’alcol deprime l’attività di quelle aree del cervello che presiedono alle informazioni visive.
Senza questa, non possiamo dare ordini corretti ai nostri muscoli affinché collochino un piede davanti all’altro per camminare, né aprire una porta.
A ciò si aggiunga che il cervello, che controlla il movimento, funziona più lentamente in seguito a una sbronza.
Ciò riduce ulteriormente le capacità motorie e l’equilibrio e, non per niente, in queste situazioni cadere è un attimo. Tutto qui? Oh, no.
L’alcol attenua anche l’attività dei circuiti preposti a dare l’allarme quando commettiamo errori.
Risultalo: il nostro senso del ridicolo viene temporaneamente disattivato e le figuracce sono in agguato. Fra i diversi effetti curiosi della sbronza, ce n’è uno che spiegherebbe la disinvoltura con cui ci si accoppia da ubriachi.
Secondo i ricercatori dell’Università di Glasgow, l’alcol ci fa vedere le persone che ci circondano più attraenti di quello che sono in realtà.
A venirci in soccorso potrebbe essere un altro effetto collaterale della sbronza: poiché quando alziamo il gomito la memoria fa cilecca, il giorno dopo della sciagurata liaison potremmo anche essercene dimenticati. - Cosa succede al cervello quando abbiamo un’idea?
Un attimo prima di risolvere un problema, nella corteccia cingolata anteriore del nostro cervello si accende in un certo senso una lampadina.
Gli scienziati hanno dimostrato che i neuroni di questa zona si “attivano” soprattutto se siamo di buon umore.
Portare la dimensione ludica anche in ambito professionale sarebbe pertanto un modo per stimolare la creatività. Il lampo di genio, le idee migliori, vengono però nei momenti di distrazione.
Perché in realtà si tratta “di uno stato molto più attivo di quanto immaginiamo" puntualizza Kalina Christoff, dell’Università della Columbia Britannica (Canada).
Lo scienziato Joydeep Bhattachar è riuscito a trovare il centro cerebrale (nella corteccia frontale destra) che si attiva un attimo prima che venga formulata l'idea.
«È sorprendente» ha detto lo studioso: «per un breve lasso di tempo il cervello conosce la soluzione, ma noi no!»
4. Cosa succede al cervello quando... ci annoiamo o ci viene offerto un dolce?
- Cosa succede al cervello quando ci annoiamo?
Teresa Beltà e Esther Pryadharshini dell’Università di East Anglia (Regno Unito) hanno dimostrato che essere sempre impegnati, soprattutto durante l’infanzia, impedisce di sviluppare l’immaginazione.
Al contrario, annoiarsi e non far nulla ha conseguenze positive per il cervello.
Mentre contempliamo il soffitto e non facciamo niente, si attiva una rete di neuroni particolare che qualche anno fa i neuroscienziati Raichle e Shulman dell’Università di Washington chiamarono “default mode".
Sarebbe questo circuito neuronale a farci sognare a occhi aperti; a farci mettere in relazione esperienze e nozioni apprese nel passato con piani per il futuro; a farci fantasticare sui nostri ricordi o a fantasticare... e basta. E non illudiamoci: tutto questo costa fatica, eccome!
L’immaginazione comporta per il nostro cervello un dispendio energetico notevole: per mantenere questa connessione neuronaie impiega fra il 60 e l’80 per cento dell’energia a sua disposizione.
Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Princeton (New Jersey) ha chiarito anche il ruolo dello sbadiglio, comunemente collegato alla noia.
Ebbene, sbadigliare non ha niente a che fare né con la noia né con la fame. È piuttosto una questione di calore: servirebbe a raffreddare la temperatura del nostro cervello. - Cosa succede al cervello quando ci viene offerto un dolce?
In generale sappiamo che i dolci non sono lo spuntino più salutare.
Di fronte alla tentazione la nostra corteccia prefrontale cerca di indurci all’autocontrollo spingendoci a rifiutare l’offerta con un semplice «No, grazie».
Tuttavia, proviamo a immaginare che ci venga offerta una succulenta fetta di torta dopo una faticosa giornata di studio o passata di riunione in riunione, oppure semplicemente in un momento in cui, per vari motivi, ci sentiamo molto stressati.
Ebbene, in questo caso, la corteccia prefrontale, stanca per tutti gli sforzi cui è sottoposta, non avrà energia sufficiente per vincere la tentazione.
In condizioni di stress, solo la vista del cibo può portare a un notevole aumento nel sangue della grelina, conosciuta anche come l’ormone della fame.
Se a questo si somma un lungo periodo di digiuno (per esempio quando si salta un pasto per mancanza di tempo) dove il cervello ha esaurito le sue riserve di zucchero (il suo unico combustibile!), i neuroni dell’ipotalamo attivano i segnali delle aree cerebrali legate alla ricompensa.
Si liberano quindi oppioidi naturali che rilassano e fanno aumentare il piacere che comporta l’assunzione di dolci.
Allo stesso tempo, “zittiscono’’ la corteccia prefrontale affinché il resto del cervello non esegua i suoi ordini di autocontrollo.
5. Cosa succede al cervello quando... vediamo un volto familiare o ci resta in testa una canzone?
- Cosa succede al cervello quando vediamo un volto familiare?
Secondo uno studio inglese pubblicato su Nature Neuroscience, il cervello riconosce un volto in tre fasi.
1) In primo luogo, i neuroni del giro fusiforme (parte del lobo temporale) analizzano i lineamenti.
2) Poi, il cervello giudica se il viso gli “suona familiare”.
3) E, per ultimo prova a mettere in relazione il volto con un nome, cercando negli archivi della memoria.
In genere, ricordiamo meglio qualcuno se la prima volta che lo abbiamo visto ci ha sorriso. Questo perché memorizziamo più facilmente un volto in presenza di segnali sociali positivi.
D’altra parte un recente esperimento dell'Università di Barcellona, presentato sulla rivista PLOS Computational Biology, segnala che il cervello trae le informazioni necessarie per il riconoscimento facciale partendo prima dagli occhi e dopo da bocca e naso.
All’Università di Stirling (Regno Unito) hanno dimostrato che quando percepiamo un viso, la mente lo divide visualmente in linee o bande orizzontali (che formano le sopracciglia, gli occhi, le labbra), “come se si trattasse di un codice a barre" spiega Steve Dakin, autore della ricerca.
Questo spiega perché quando rileviamo simmetrie orizzontali nelle nuvole o negli oggetti che ci circondano, ci sembra di vedere un volto.
Questo fenomeno psichico si chiama tecnicamente “pareidolia”. - Cosa succede al cervello quando ci resta in testa una canzone?
Capita a tutti di essere “colpiti” ogni tanto da una canzone orecchiabile che poi torna continuamente in mente e non si riesce a smettere di canticchiare (in inglese sono famose col termine “earworm").
Ebbene, secondo lo studioso James Kelloris, dell'Università di Cincinnati, il pericolo è in agguato in momenti precisi della giornata.
Una canzone ha più probabilità di diventare un earworm se è la prima che sentiamo al risveglio o l’ultima che ascoltiamo prima di andare a letto.
Poi, rimane attaccata alla corteccia cerebrale uditiva del cervello, che presiede all’elaborazione del suono, e da qui comincia a ronzarci per la testa.
Impossibile eliminarla: l’unico modo per trarre sollievo da questa sorta di “prurito mentale” è canticchiarla o ripeterla mentalmente.
Questi tormentoni mentali colpiscono nove persone su dieci, in genere sono ritornelli di canzoni, non hanno alcuna relazione con la formazione musicale dell’individuo.