Cosimo de’ Medici, il banchiere

Alla morte del padre Giovanni di Bicci de’ Medici, il quarantenne Cosimo ereditò quella che oggi si chiamerebbe una vera holding finanziaria.

I grandi banchieri del Trecento (Bardi, Peruzzi e Acciaiuoli) erano, per vari motivi, falliti e le nuove famiglie borghesi fiorentine emergenti, tra cui Medici, Pazzi e Strozzi, ne avevano subito approfittato per conquistare il potere economico.

E i Medici più di tutti, dal momento che per la loro banca si erano aggiudicati un cliente d’eccezione, il papato. 

Nel XV secolo il Banco Medici, con filiali in molti Paesi, fu una delle più importanti banche d’Europa.

Nel 1429, alla morte di Giovanni, la famiglia Medici era molto in vista a Firenze ed era pronta per una nuova sfida: la scalata al potere.

Cosimo de’ Medici divenne padrone di Firenze grazie alla sua abilità politico e al denaro. E come fondò una delle dinastie protagoniste del Rinascimento.

1. Un gemello misterioso e trame di partito

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  • Un gemello misterioso
    Cosimo de’ Medici nacque nel 1389, ma le fonti divergono sulla data (Machiavelli dice il 27 settembre, altre fonti il 10 aprile). Non è l’unico enigma intorno alla sua nascita.
    Secondo qualcuno avrebbe avuto un gemello, chiamato Damiano, morto però prima di compiere un anno.
    Tuttavia di ciò non si ha alcuna certezza: si sa solo che Cosimo crebbe con il fratello, Lorenzo, più piccolo di 6 anni.
    Cosimo e il fratello diventarono grandi in un clima favorevole alle arti e allo studio dei classici: il padre era amico dell’umanista fiorentino Leonardo Bruni.
    A 30 anni Cosimo aveva una biblioteca degna di uno studioso e spesso alla compagnia di giocolieri e menestrelli preferiva quella degli intellettuali. L’attenzione all’arte e alla cultura in famiglia si tramandò per molte generazioni.
  • Trame di partito
    Quanto alla città di Firenze, ai primi del Quattrocento era di fatto una repubblica.
    Ma certo non nel senso che la intendiamo noi: era più che altro un regime oligarchico nel quale dominavano le famiglie dei magnati, cioè banchieri e commercianti.
    Proprio in quegli anni si stava consumando una lotta spietata tra le vecchie famiglie fiorentine, più conservatrici, e quelle più “borghesi” che avevano fondato le loro fortune sul commercio e la finanza.
    Per cercare di sopire questi contrasti, e le maldicenze sulla sua famiglia, Giovanni di Bicci (nella foto) scelse per il figlio Cosimo una moglie che proveniva da una delle famiglie più antiche e in vista di Firenze: Lotta de’ Bardi, detta “Contessina”, che Cosimo sposò nel 1416.
    I Medici, tuttavia, per i nobili fiorentini rimanevano degli arricchiti, arrampicatori sociali senza scrupoli, gente che non aveva meriti.
    Anzi, da condannare moralmente perché si era arricchita prestando denaro. Non potevano certo ambire a prendere parte attiva nella prestigiosa signoria di Firenze.
    E i Medici sul loro cammino trovarono un altro grande ostacolo: Rinaldo degli Albizi che, insieme a Palla Strozzi, rappresentò la fazione anti-medicea.
    Il 5 settembre 1433 i nemici di Cosimo ebbero la meglio e lo fecero imprigionare nel Palazzo dei Priori, con l’accusa di tramare contro la repubblica a favore della dittatura. Albizi lo voleva morto.
    Ma l’intervento di Venezia, favorevole ai banchieri, e della curia romana (Eugenio IV era da poco il nuovo papa) commutò la morte in esilio.

2. Signore “criptico”

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“Gli uomini grandi, o non s’hanno a toccare, o tocchi, a spegnere”: secondo le Istorie Fiorentine di Niccolò Machiavelli (nella foto accanto) queste sarebbero state le parole con cui Rinaldo degli Albizi commentò l’esilio di Cosimo.

Parole profetiche, possiamo dire oggi: da quel- la disavventura, infatti, il Medici uscì più forte di prima.

E da lui ebbe origine una delle dinastie politiche più importanti d’Italia.

Il 5 ottobre 1434, infatti, dopo un anno passato a Venezia, fu richiamato in città dal governo fiorentino: un rientro trionfale, secondo quanto raccontato da Cosimo stesso nei suoi Ricordi: di notte, alla luce delle torce, fu accolto da una folla di cittadini festante.

Dopo il suo reinsediamento nella repubblica, Rinaldo degli Albizi fu ovviamente esiliato. Cosimo poteva contare sui forzieri del Banco Medici e su importanti manifatture di tessuti.

Sfruttando le sue ricchezze e affidandosi a quello che oggi si chiamerebbe un ottimo network, una rete di contatti che già Giovanni aveva saputo creare, riuscì a manovrare la vita politica della sua città.

Gli storici parlano di “cripto-signoria”. Cosimo infatti aveva il pieno potere a Firenze senza tuttavia aver assunto su di sé cariche istituzionali: fu gonfaloniere solo tre volte e per breve tempo.

3. Diplomatico

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Abile e prudente non fu promotore di grandi riforme, ma cercò comunque di ottenere il favore dei ceti emergenti.

I Medici si erano inimicati le grandi famiglie fiorentine perché erano stati sostenitori del catasto (avviato da Giovanni di Bicci): un elenco nel quale erano iscritti tutti i beni immobili.

Così, per la prima volta, a Firenze si sarebbero pagate le tasse in base alle proprietà. La mossa fece guadagnare alla famiglia Medici il consenso della classe media.

In politica estera Cosimo mantenne la stessa prudenza e cercò di assicurare alla città una relativa pace, compito non facile nel tumultuoso Quattrocento.

Il principale successo della sua capacità di mediazione fu la Pace di Lodi del 1454, tra Venezia e Milano, che garantì un periodo di tranquillità sul territorio italiano per qualche decennio.

Certo, quando era necessario, anche Cosimo sapeva imporsi con decisione.

Dopo la nomina di Francesco Sforza a duca di Milano (nella foto), propose (e ottenne) di allearsi con gli Sforza, capovolgendo la tradizione fiorentina che voleva la città toscana alleata di Venezia contro Milano.

4. La famiglia prima di tutto e in cerca di onori

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  • La famiglia prima di tutto
    Cosimo, nonostante i numerosi impegni politici si dedicava molto alla famiglia, moglie e due figli: Piero (il futuro padre di Lorenzo il Magnifico, nella foto accanto) e Giovanni.
    Ebbe, pare, un solo figlio illegittimo, Carlo, nato da una relazione con una schiava della Circassia (Caucaso) comprata a Venezia, Maddalena.
    Carlo, futuro ecclesiastico, fu cresciuto da Contessina insieme agli altri figli.
    Quando firmò la Pace di Lodi, Cosimo aveva 64 anni ed era tormentato dalla gotta, malattia di cui soffriva anche il figlio Piero (detto appunto il Gottoso).
    Poi arrivò un duro colpo: la morte del secondogenito Giovanni: proprio il Medici che avrebbe dovuto prendere il suo posto.
    Nell’ultima parte della sua vita Cosimo si dedicò alle letture che gli suggeriva l’amico umanista Marsilio Ficino.
    Era ormai lontano dalla vita politica attiva, ma non smise mai di pensare a come aumentare il prestigio della sua famiglia.
  • In cerca di onori
    Cosimo aveva investito molto nella promozione delle arti e della cultura.
    Proseguì l’opera iniziata dal padre per la Basilica di San Lorenzo progettata da Brunelleschi (ci lavorò anche Donatello), finanziò il rifacimento del monastero di San Marco incaricando un architetto importante, Michelozzo.
    Inoltre fondò una delle prime biblioteche pubbliche, aprendo a tutti la sua collezione di libri: la Biblioteca Laurenziana raccoglie ancora oggi manoscritti dei filosofi greci e romani e dei padri della Chiesa.
    In una parola, Cosimo capì prima di altri che la cultura, oltre che uno strumento di crescita individuale e politica era anche un potente strumento di promozione e propaganda per la dinastia di cui si sentiva in qualche modo il vero fondatore.
    Quando Cosimo morì, nel 1464 a 75 anni, sulla sua tomba cittadini e parenti decisero di scrivere pater patriae: “padre della patria”.
    Ma Cosimo, verso la fine, ebbe un grande cruccio: non avere assicurato una discendenza capace di governare Firenze. Lo consolava solo l’adorato nipote, Lorenzo.
    Cinque anni dopo, ventenne, Lorenzo diventò signore di Firenze. Era lui, destinato a passare alla Storia come “il Magnifico”, il futuro dei Medici.
    La sua discendenza garantì potere alla dinastia per molto tempo. Proprio come avrebbe voluto Cosimo, ormai detto il Vecchio.





5. Campioni di mecenatismo

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Nel 1459 i Medici erano così potenti che le decisioni importanti che riguardavano la repubblica si prende­ vano direttamente a casa loro.

E proprio in quell’anno l’affermazione della casata fu celebrata da una pro­ cessione, che si svolgeva tradizionalmente nel giorno dell’Epifa­nia.

L’evento è stato raffigurato dal pittore Benozzo Gozzoli nella Cavalcata dei Magi (nella foto accanto).

L’affresco, dipinto su una parete di Palazzo Medici Riccardi, rappresenta il passato (Cosimo, vestito di scuro), il presente (il figlio Piero a fianco di Cosimo sul cavallo bianco) e davanti a tutti il futuro di Firenze, rappresentato dal giovane nipote Lorenzo il Magnifico.

Tra le molte cose che Lorenzo ebbe in comune con Cosimo ci furono l’in­tuito politico e l’amore per le lettere e per l’arte. Ma il nipote fece molto più del nonno.

La sua “magnificenza” fu dovuta alla tra­sformazione che subì Firenze grazie al suo mecenatismo. Lorenzo investì parte delle ricchezze di famiglia per rendere unica la sua città, affinché fosse ammirata anche fuori dall’Italia.

Era sicuro che ne avrebbe tratto beneficio politico. Cosimo protesse artisti come Brunelleschi, Do­natello e Beato Angeli­co.

Lorenzo “ingaggiò” Botticelli, Pollaiolo, Lippi, Verrocchio, Leo­nardo da Vinci e un giovanissimo Miche­langelo Buonarroti.

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