Una delle opere scientifiche che maggior impatto ebbe sul mondo occidentale e che rivoluzionò la visione dell’uomo e della natura, è “On the Origin of Species”, ovvero “L’origine delle specie”.
In realtà il titolo che gli aveva dato Darwin, qui tradotto per intero, era molto più lungo: L’origine delle specie ad opera della selezione naturale, ossia il mantenimento delle razze avvantaggiate nella lotta per la vita.
Tale titolo era piuttosto esemplificativo poiché menziona sia il concetto di selezione naturale, alla base della teoria darwiniana dell’evoluzione, sia il meccanismo attraverso il quale avviene una simile selezione: la lotta la vita, per la sopravvivenza, che chiama in causa ogni organismo vivente.
Il libro, pubblicato nel 1859, cercava di risolvere un problema scientifico all’epoca molto sentito, cioè l’origine delle specie.
Come avrebbe poi ammesso lo stesso Darwin, anche altri autori prima di lui avevano parlato della la possibilità che le specie si trasformassero, ma nessuno di loro era riuscito a esporre le proprie idee e i propri argomenti all’interno di una teoria così coerente e convincente come quella formulata dal naturalista inglese, scienziato metodico con un’indubbia capacità d’osservazione e di sintesi.
1. La lotta per la sopravvivenza
Tra il 1831 e il 1836 Darwin aveva viaggiato come naturalista a bordo del Beagle, un brigantino britannico impegnato in una missione cartografica.
La traversata lungo il pianeta era stata lo spunto per diverse riflessioni: Darwin aveva avuto modo di conoscere l’immensa ricchezza naturale della terra e l’incredibile diversità degli esseri che la popolavano.
Non solo: i fossili che aveva trovato nell’America meridionale e le formazioni geologiche che aveva potuto studiare in quei luoghi lo avevano spinto a credere che né il mondo né le specie rimanessero invariati.
Quando tornò in Inghilterra, all’età di ventisette anni, cercò di mettere per iscritto il suo pensiero sulla trasmutazione delle specie. In realtà, cominciò a lavorare in tale direzione solo dalla metà del 1837, quando inaugurò il primo di una serie di quaderni.
Qui cercò di raccogliere le prove che gli consentissero di esaminare e di ragionare sulla questione dell’origine delle specie. Il giovane iniziò le proprie riflessioni a partire da alcune idee formulate dal nonno Erasmus e poi si concentrò soprattutto sullo studio di animali addomesticati e di piante coltivate.
Con grande pazienza raccolse il maggior numero possibile di analisi e d’informazioni sulla selezione artificiale di vegetali e animali, scrivendo e parlando con allevatori di bestiame, agricoltori, giardinieri...
In tal modo poté disporre di dati sugli organismi “manipolati” dall’essere umano. Pensava infatti che, se avesse indagato sulla selezione volta a ottenere razze più utili per l’uomo, avrebbe capito il processo grazie al quale nuovi esseri viventi comparivano nel mondo naturale.
Fu la lettura di un libro del sociologo inglese Thomas Malthus, An Essay of the Principle of the Population as it affects the future Improvement of Society (Saggio sul principio della popolazione), a fornirgli la chiave per applicare alla natura il principio di selezione che avveniva nell’addomesticamento degli animali.
E la chiave era una dinamica che si sviluppava durante la lotta per la sopravvivenza. Difatti nel suo libro Malthus sosteneva che, se non si fossero prese misure adeguate, la popolazione umana sarebbe cresciuta molto più rapidamente rispetto alle risorse alimentari allora disponibili.
Ne sarebbero derivate epidemie e carestie, che avrebbero decimato la fascia più denutrita della popolazione. Tale dottrina portò Darwin a concepire l’idea di una dura competizione tra le specie in un contesto di materie prime scarse. Inserì quindi le conclusioni di Malthus all’interno della sua indagine.
Se applicato al regno vegetale e animale, il pensiero malthusiano si traduceva nella seguente osservazione: in natura nascono più individui di quanti siano in grado di sopravvivere, ed è perciò inevitabile la lotta per la sopravvivenza.
In simili circostanze tendono a conservarsi le variazioni favorevoli, corrispondenti agli individui più sani e maggiormente idonei, destinati quindi a sopravvivere; i meno portati ad adattarsi, invece, tendono a estinguersi. Il risultato è la formazione di una nuova specie.
Nella foto sotto, Charles Darwin nel 1839.
2. L’antecedente del libro
Nel 1842 Darwin scrisse un brevissimo riassunto delle sue tesi in un testo di appena trentacinque pagine, che due anni più tardi ampliò a circa duecento.
Si trattava di un saggio che raccoglieva l’elaborazione delle idee evoluzionistiche e anticipava L’origine delle specie, il libro in cui avrebbe esposto la sua famosa teoria dell’evoluzione.
Venne pubblicato il 24 novembre 1859 in un’edizione sobria, senza troppe pretese e, sebbene il loro prezzo non fosse certo contenuto, i 1.250 esemplari andarono a ruba quello stesso giorno.
Nel gennaio 1860 comparve una seconda edizione di tremila esemplari, e nell’aprile 1861 uscì la terza, rivista e corretta, che includeva la biografia di alcuni autori che avevano già anticipato parte della teoria evoluzionista.
Solo nel 1872 vide la luce la sesta edizione, la definitiva, con un nuovo capitolo dedicato alle obiezioni fin lì ricevute. Sin dall’inizio Darwin s’impegnò in prima persona per promuovere il libro inviando copie e lettere.
Pur di essere tenuto in considerazione, non esitò a muoversi, persuadere e, in un certo senso, esercitare pressione sul pubblico.
Mentre cercava l’approvazione delle proprie idee nelle riviste, ottenne tra gli studiosi e gli intellettuali l’appoggio di amici e alleati, che facevano parte dell’élite e giocavano un ruolo nella valutazione delle nuove proposte scientifiche.
Si dimostrò particolarmente abile anche nella corrispondenza con i potenziali lettori: mandò omaggi agli amici, a naturalisti stranieri, a persone che potessero rivelarsi influenti, e anche a eventuali detrattori, dei quali cercava di anticipare il rifiuto.
Nei suoi scambi con le persone a lui contrarie diede prova di pazienza e di diplomazia, e si premurò di non ferire le sensibilità religiose e culturali più radicate.
Giornali e riviste pubblicarono numerose recensioni del libro, che divenne un fenomeno editoriale e destò un enorme interesse in tutto il mondo occidentale. Negli anni seguenti sarebbe stato tradotto nella maggior parte dei Paesi europei. In Italia uscì nel 1864 per i tipi di Zanichelli Modena.
3. Gli amici di Darwin
Il circolo di scienziati amici di Darwin si rivelò fondamentale per la diffusione dell’opera.
I più importanti furono il biologo inglese Thomas Henry Huxley, il geologo scozzese Charles Lyell e due botanici, l’inglese Joseph Dalton Hooker e lo statunitense Asa Gray.
Occupavano tutti ruoli rilevanti nella vita intellettuale anglosassone, dirigevano riviste scientifiche e insieme agirono come un gruppo coeso.
Dimostrarono inoltre una particolare abilità nel convincere i lettori riguardo alle tesi contenute nella teoria di Darwin.
Ognuno di loro intervenne in un settore ben preciso. Huxley stabilì le basi scientifiche delle relazioni tra uomini e scimmie, mentre Hooker diffuse le opinioni di Darwin dalla sua solida posizione istituzionale nel campo della botanica.
Lyell invece si occupò della storia geologica dell’umanità, e con i colleghi francesi sostenne che il genere umano aveva avuto origine in tempi antichissimi. Asa Gray, infine, fu la porta d’ingresso di Darwin nell’America anglosassone.
La diffusione della teoria evoluzionistica divise la società dell’epoca. Se le nuove generazioni di naturalisti si mostravano inclini ad accogliere le tesi darwiniane, gli scienziati più anziani facevano fatica ad accettarle, perché queste mettevano in dubbio il racconto biblico sulla creazione del mondo.
Difatti allora la Genesi costituiva ancora il modello per spiegare l’origine della vita, delle specie e dell’umanità. Secondo questo libro della Bibbia, in quanto figlie di Dio tutte le specie sono fisse e immutabili, e non sono cambiate dalla loro creazione. E tale assunto è inconfutabile nel caso della specie umana, che Dio ha provvisto di un’anima.
4. Il dibattito di Oxford
Il 30 giugno 1860 ebbe luogo a Oxford un celebre dibattito sulla mutabilità delle specie.
Anche se Darwin non vi prese parte per ragioni di salute, la disputa esemplificò il conflitto tra i sostenitori e i detrattori dell’evoluzione.
Lo scontro più eclatante avvenne tra Samuel Wilberforce, vescovo anglicano e rappresentante delle posizioni conservatrici, e Huxley, noto per la veemenza con cui difendeva le posizioni evoluzioniste.
Oltre ai rappresentanti della stampa vi partecipò un folto pubblico, attirato da quello che prometteva di essere uno spettacolo del quale si sarebbe potuto parlare a lungo. Vi accorsero centinaia di persone, e fu perciò necessario adibire a tale scopo una sala più grande di quella prevista.
Il culmine della teatralità si raggiunse alla fine dell’arringa di Wilberforce: ritto come un attore, il vescovo si rivolse a Huxley e gli chiese se discendesse dalla scimmia da parte di nonno o da parte di nonna.
Davanti a un pubblico in fibrillazione, Huxley rispose con sarcasmo: «Preferisco discendere da una scimmia che da un uomo di cultura che ha prostituito il sapere e l’eloquenza al servizio del pregiudizio e della falsità».
A questo scambio dialettico seguì il clamore della folla, in mezzo alla quale si trovava perfino Robert Fitzroy, il capitano del Beagle, che agitò un’enorme Bibbia mentre gridava che nel libro sacro era contenuta ogni risposta.
La confusione, l’affollamento, il vociare provocarono lo svenimento di una delle molte donne presenti, lady Brewster: probabilmente all’origine di tale incidente vi furono gli spintoni e l’ambiente claustrofobico ma, chissà, forse anche il pensiero di avere una scimmia tra i propri antenati.
La teoria evoluzionistica sarebbe stata diffamata ampliamente nei sermoni impartiti dai pulpiti di cattedrali e chiesette rurali, e pure in pamphlet, conferenze e libri.
Le critiche alle tesi di Darwin riguardavano soprattutto la parentela genealogica tra uomini e primati, e ciò gli valse una dura campagna di discredito in cui non mancarono le prese in giro e le caricature. Tuttavia, questo clima di tensione fece sì che storici, filologi e archeologi decidessero di studiare la Bibbia in modo più scrupoloso.
L’analisi di monumenti, iscrizioni, tavolette e altri reperti avrebbe messo in luce la scarsa originalità dei testi biblici, nonché una sospetta somiglianza con altre narrazioni di gran lunga anteriori provenienti dalle civiltà del Vicino Oriente.
Il libro di Darwin non costituì quindi solo una sfida ai valori tradizionali del suo tempo; fu anche una delle pietre miliari per l’evoluzione del pensiero occidentale.
Nella foto sotto, lo studio di Down House. Charles Darwin scrisse la sua più famosa opera in questo studio della sua casa di Down. Il lavoro lo tenne impegnato per molto tempo.
5. Pietre miliari nel cammino di Darwin
La formulazione della teoria dell’evoluzione venne preceduta da molteplici esperienze, letture e indagini portate avanti per un quarto di secolo. Qui citiamo le più importanti.
1. IL VIAGGIO DEL BEAGLE
Il soggiorno in America meridionale, avvenuto tra il 1832 e il 1835, fornì a Darwin molti spunti sulle trasformazioni delle specie.
I fossili che trovò in Argentina appartenevano a specie estinte ma, secondo Darwin, rispondevano al modello anatomico di specie ancora vive nella pampa; e la scoperta di una seconda specie di nandù lo portò a meditare sulle ragioni della sua comparsa.
2. LA GEOLOGIA DI LYELL
Nel 1831 il capitano del Beagle, Fitzroy, regalò a Darwin il primo volume dei Principles of Geology (Principi di geologia) di Charles Lyell, la cui lettura gli fu decisiva: secondo Lyell, la superficie della terra va incontro a continui e numerosi cambiamenti su periodi molto lunghi.
Darwin avrebbe applicato tale gradualismo alla sua teoria dell’evoluzione: le specie si trasformano in altre a causa di lenti cambiamenti.
3. LE IDEE DI MALTHUS
Nel settembre 1838 Darwin lesse il Saggio sul principio della popolazione di Thomas Malthus, il quale spiegava che l’esistenza umana è segnata da carestie, malattie e guerre che mantengono l’equilibrio tra la popolazione e gli alimenti di cui questa dispone.
Tale lotta per l’esistenza fu un concetto chiave per la teoria della selezione naturale di Darwin.
4. LA LETTURA DI CHAMBERS
Nel 1844 venne pubblicato in modo anonimo Vestiges of the Natural History of Creation (Vestigia della storia naturale della creazione), che scandalizzò per le sue tesi evoluzionistiche: tutti gli esseri viventi provengono da alcuni nuclei di aggregazione di materia animata; ma la sua base scientifica era molto debole.
Quell’anno Darwin aveva finito la sua prima stesura sull’evoluzione e dedicò 15 anni della sua vita a cercare l’appoggio scientifico affinché la sua teoria non fosse messa in discussione com’era successo con il libro di Chambers.
5. CIRRIPEDI E COLOMBE
Per sostenere in modo solido la sua teoria dell’evoluzione Darwin si concentrò sull’allevamento di colombe al fine di studiare la trasmissione dei caratteri ereditari e dedicò otto anni, dal 1846 al 1854, allo studio dei cirripedi sia vivi sia fossili.
Ciò gli permise di capire come una stessa specie si fosse differenziata nel corso del tempo; il lavoro gli valse la medaglia della Royal Society di Londra.
6. LA LETTERA DI WALLACE
Nel giugno 1858 Darwin ricevette un manoscritto del naturalista Alfred Russel Wallace (foto sotto) inviato dall’isola Ternate, nell’attuale Indonesia. Wallace vi esponeva la stessa teoria sulla quale stava lavorando Darwin.
Poco dopo Lyell e Hooker, amici del secondo, fecero conoscere contemporaneamente le teorie di entrambi, e Darwin dedicò tredici mesi a ridurre il lungo manoscritto che aveva redatto e che pubblicò nel 1859.