Significa “figlio del leone” il cognome Ben Gurion, che il futuro presidente dello stato ebraico adottò a vent’anni al posto del proprio.
Fondatore (1920) e segretario generale, fino al 1935, dell’Histadrut (Federazione generale dei lavoratori d’Israele), fondatore (1930) e leader del Mapai (Partito laburista israeliano), nel 1935 divenne presidente (fino al 1948) dell’Agenzia ebraica, salendo al vertice dell’Organizzazione sionistica mondiale.
Dopo aver guidato la lotta politica e militare che doveva portare alla proclamazione dello stato d’Israele (maggio 1948), ne divenne primo ministro, conservando tale carica, con una breve interruzione (1953–55), fino al 1963.
Ecco la storia dell’uomo che convinse il suo popolo ad accettare i territori offerti dall’Onu e fondò Israele, aprendo un insanabile conflitto con il mondo arabo.
1. Primi passi in politica
Erano le quattro del pomeriggio del 14 maggio 1948.
Nella sala del museo di Tel Aviv, oggi Independence hall, il neopresidente di Israele, David Ben Gurion, pronunciò con voce emozionata ma ferma la dichiarazione di indipendenza del nuovo stato.
Con un discorso di 15 minuti, in cui affermava il diritto degli ebrei ad avere un proprio stato, avrebbe cambiato la storia del Medio Oriente e del mondo intero.
Ben Gurion non era il suo vero nome. Si chiamava David Grün ed era nato nel 1886 a Płonsk, cittadina polacca all’epoca occupata dai russi.
Perse la madre a 11 anni di età e fu educato dal padre agli ideali socialisti. Iniziò l’attività politica a 18 anni, fondando un piccolo movimento che si proponeva di aiutare gli ebrei a trasferirsi in Palestina.
Lo stesso David vi andò nel 1906, dedicandosi alla politica attiva in un movimento sionista e cambiando il proprio cognome in “Ben Gurion” (Figlio del Leone) in onore di Josef Ben Gurion, un eroe della rivolta dei Giudei contro i Romani nel I secolo.
Quando scoppiò la Prima guerra mondiale voleva arruolarsi nell’esercito turco per combattere i russi, ma rischiò di essere imprigionato per le sue origini e scappò negli Stati Uniti.
Tornò in Palestina nel 1918 e fondò il partito di ispirazione socialista Mapai, che nel 1968 sarebbe confluito nel Partito Laburista.
Il suo prestigio crebbe fino a farlo eleggere nel 1935 capo dell’Agenzia Ebraica, che s’occupava di immigrazione degli ebrei, acquisto di terra dagli arabi e organizzazione della difesa tramite il suo braccio armato, la Haganah (difesa), nucleo del futuro esercito di Israele.
2. Il ruolo degli inglesi
Negli anni Trenta tutto il territorio palestinese era controllato dagli inglesi, i quali, pur avendo promesso durante la Grande Guerra la nascita di un embrione di stato ebraico, appoggiavano apertamente gli arabi.
Nel 1936 questi ultimi scatenarono una violenta rivolta per protestare contro l’immigrazione degli ebrei (in quel periodo c’erano circa 360mila residenti), stroncata dagli inglesi nel 1939.
Questi s’impegnarono a ridurre drasticamente l’immigrazione ebraica, anche se ciò significava impedire agli ebrei tedeschi di fuggire dalle persecuzioni di Hitler.
Lo scoppio della Seconda guerra mondiale costrinse gli ebrei a collaborare con gli inglesi ma, come dichiarò apertamente Ben Gurion, ciò non avrebbe impedito loro di lottare per un proprio stato non appena possibile.
Dopo la fine del conflitto, gli inglesi vietarono l’ingresso in Palestina agli scampati ai lager e le formazioni paramilitari ebraiche estremiste (come l’Irgun e la cosiddetta Banda Stern) iniziarono una serie di attacchi terroristici contro di loro.
Tristemente famosa fu la bomba fatta esplodere al King David Hotel di Gerusalemme il 22 luglio 1946 che provocò un centinaio circa di morti e oltre 50 feriti.
Nel febbraio 1947 il governo britannico rinunciò al mandato sulla Palestina, rimettendolo nelle mani della neonata Organizzazione delle Nazioni Unite, la cui proposta fu di dividere il territorio tra il Mediterraneo e il Giordano in due stati, uno ebraico e uno arabo.
I confini dello stato ebraico (appena 14mila km2, poco più della Campania) erano contorti perché coincidevano con le zone a maggior concentrazione di ebrei, che erano 600 mila contro 1 milione 200mila arabi: lo stato avrebbe compreso una sottile striscia sulla costa, la zona vicino al mar di Galilea a nord, e una regione più ampia a sud, nell’inospitale deserto del Negev.
Gerusalemme restava indipendente e neutrale, sotto l’amministrazione diretta dell’Onu.
3. Ebrei contro arabi
Le forze politiche ebraiche accettarono il piano dell’Onu (votato il 27 novembre 1947) con la risoluzione 181.
Il piano era nato da un accordo tra Stati Uniti e Unione Sovietica, che sperava di far nascere uno stato socialista in Medio Oriente.
Nonostante le frange ebraiche più estremiste fossero contrarie, in quanto volevano per gli ebrei tutta la Palestina, l’autorevolezza di Ben Gurion fece pendere la bilancia a favore dell’accettazione. Gli arabi invece rigettarono in blocco la risoluzione.
Gli scontri iniziarono immediatamente sotto forma di continui attacchi, da una parte e dall’altra, a qualunque obiettivo: tra dicembre 1947 e febbraio 1948 si contarono 427 arabi, 381 ebrei e 46 britannici uccisi; nel solo mese di marzo si ebbero 271 ebrei e 257 arabi uccisi.
La Gran Bretagna, che voleva mantenere il controllo della regione, fece di tutto per favorire gli arabi. Mentre questi si armavano presso paesi amici, impose un embargo sulle armi agli ebrei e passò informazioni strategiche agli arabi, consegnando loro in anticipo postazioni militari importanti.
Nonostante le difficoltà, però, gli ebrei riuscirono a organizzarsi e a rafforzarsi, fin quando non si profilò la possibilità di proclamare l’indipendenza dello Stato di Israele.
Non tutti i membri del Direttorio del Popolo, cioè il governo provvisorio, erano favorevoli a questa dichiarazione: di fronte a una situazione militare difficilissima (solo due terzi dei soldati ebrei avevano un’arma), molti speravano in un intervento degli Stati Uniti, che intendevano imporre una tregua di tre mesi.
I favorevoli alla proclamazione immediata dello Stato di Israele, invece, fecero notare che solo così l’esercito avrebbe potuto procurarsi in tempi rapidi e alla luce del sole armi per respingere la prevedibile invasione degli arabi.
Alla fine la decisione passò per 6 voti a 4. Al momento della proclamazione ufficiale, il 14 maggio, mancavano solo otto ore alla scadenza del mandato britannico in Palestina (il giorno successivo sarebbe stato un sabato, giorno sacro per gli ebrei).
La notizia della nascita del nuovo stato piombò come un fulmine sull’Assemblea delle Nazioni Unite, che stava discutendo proprio del destino della Palestina dopo l’uscita di scena della Gran Bretagna.
Pochissimi minuti dopo la mezzanotte, però, il neonato stato di Israele poteva già contare su un importantissimo successo diplomatico: il riconoscimento di fatto da parte degli Stati Uniti, seguito rapidamente da quello dell’Unione Sovietica.
Nella foto in alto a sinistra il King David Hotel di Gerusalemme il giorno dopo il 22 luglio 1946, quando formazioni ebraiche estremiste lo fecero esplodere con una bomba: l’attentato causò un centinaio di morti e 50 feriti.
4. Attacchi da quattro eserciti e l’alleanza con gli Stati Uniti
- Attacchi da quattro eserciti
La vittoria israeliana non era sicura.
Subito dopo la proclamazione d’indipendenza, Israele venne attaccato dagli eserciti egiziano, giordano, iracheno e siriano, con l’aggiunta di volontari dall’Arabia e dallo Yemen.
L’esercito israeliano,
inizialmente in inferiorità numerica e con un armamento nettamente inferiore a quello degli avversari, riuscì ad aumentare i propri effettivi più rapidamente delle forze attaccanti, procurandosi armi sul mercato internazionale.
Le forze siriane a nord vennero bloccate presso il kibbutz Degania, un insediamento a circa 20 chilometri da Nazareth, dagli stessi coloni, che resistettero no all’arrivo dei rinforzi.
Al centro, le truppe giordane occuparono la parte orientale di Gerusalemme, ma non riuscirono a spingersi oltre; a sud, le forze egiziane conquistarono numerosi kibbuztim, ma vennero anch’esse fermate.
L’Onu impose una tregua fino all’8 luglio, della quale Israele approfittò per rifornirsi ancora di armi: alla ripresa degli scontri passò all’offensiva respingendo le forze arabe ovunque e conquistando più territori di quelli previsti dal piano Onu.
L’unico fallimento fu la mancata conquista di Gerusalemme Est, che quindi rimase ufficialmente in mano alla Giordania.
Nella foto in alto a sinistra Ben Gurion (in abito scuro e camicia bianca) e Yitzhak Rabin (con l’elmetto) con i soldati al Monte del tempio di Gerusalemme per celebrare la vittoria nella Guerra dei Sei Giorni, un conflitto tra Israele ed Egitto, Siria e Giordania nel 1967, che si concluse con la vittoria dello stato ebraico.
- L’alleanza con gli Stati Uniti
Ben Gurion governò fino al 1963. Compì fin dall’inizio un’essenziale scelta di campo, alleandosi con gli Stati Uniti e in seguito con la Francia.
Rifiutò sempre di considerare definitive le frontiere raggiunte nella guerra di indipendenza, tenendosi le mani libere per ulteriori aggiustamenti, come avvenne dopo la Guerra dei Sei Giorni nel 1967.
In fine, fu uno dei fautori del programma nucleare israeliano. Dopo essersi definitivamente ritirato a vita privata nel 1970, morì tre anni dopo, a 87 anni.
5. Con queste parole nel 1948 nasce lo Stato di Israele
- Con queste parole nel 1948 nasce lo Stato di Israele
Il documento è fisicamente composto da due fogli pergamena uniti, a cui venne aggiunto, dopo la cerimonia, un terzo foglio, con la firma di 37 signatari.
Recita: «Noi, membri del consiglio nazionale, rappresentanti del popolo ebraico in Palestina e del movimento sionista mondiale, siamo riuniti in assemblea straordinaria nel giorno in cui scade il mandato britannico in Palestina. È in virtù dei diritti storici e naturali del popolo ebraico e della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che qui proclamiamo la creazione di uno stato ebraico in Palestina, che si chiamerà Medinat Israel (lo stato di Israele)».
Nella foto sotto il 14 maggio 1948, David Ben Gurion, in piedi sotto il ritratto di Theodor Herzl, fondatore del movimento politico sionista, e circondato dai membri del Consiglio Nazionale Ebraico, proclama ufficialmente la nascita dello stato di Israele. Quello stesso giorno il nuovo stato viene riconosciuto dagli Stati Uniti d’America e il 17 maggio dall’Unione Sovietica.
- Parole per capire
- Kibbutz
Il kibbutz (plurale kibbutzim) è, almeno in origine, un’azienda agricola impostata secondo gli ideali del socialismo reale.
I membri infatti si impegnano a lavorare senza essere pagati in denaro, ma ricevono dalla collettività tutto ciò di cui hanno bisogno. Il primo kibbutz fu quello di Degania, fondato nel 1909.
- Negev
È un deserto estremamente arido che copre tutta la parte meridionale di Israele per una superficie di 13mila km2.
Nel corso dell’anno si registrano precipitazioni inferiori ai 200 mm; tuttavia, nei periodi favorevoli, la terra si copre di fiori.
- Irgun
È l’abbreviazione di Irgun Zvai Leumi, ossia Organizzazione Nazionale Militare.
È considerata una formazione estremista terroristica, nata nel 1931 dall’Haganah, giudicata troppo moderata.
Il fondatore Zeev Jabotinsky sosteneva che “solo una forza armata ebraica avrebbe assicurato lo Stato di Israele”.
La Irgun ebbe il suo momento di massima attività nella rivolta araba del 1936-39 e poi nell’immediato dopoguerra. Fu sciolta nel 1948.
- Banda Stern
È il nome con cui è comunemente nota la LEHI, acronimo che sta per Lohamei Herut Israel, Combattenti per la libertà d’Israele: era una formazione estremista fuoriuscita dalla Irgun, che si macchiò di numerosi attentati durante il periodo di dominazione inglese in Palestina.