Non è un disturbo né un disordine della personalità.
Consideriamo però l’indolenza una mancanza di volontà e ne diamo un giudizio negativo.
In realtà si tratta di un meccanismo di difesa psicologica, inventato dall’evoluzione.
Gli esperti sostengono che la pigrizia non esista e che anzi “prendersi il proprio tempo” sia un’abitudine salutare.
1. SPINTA EVOLUTIVA
Da un certo punto di vista hanno ragione loro: non esistono manuali di psicologia che contemplino la voce "pigrizia”.
Non si tratta di un disturbo, insomma. E a quanto pare nemmeno di un ben preciso tratto della personalità come il narcisismo o, all'opposto, la generosità.
La pigrizia era in origine solo una delle componenti dell'accidia, "peccato" che in realtà consisteva nel non agire, nel non fare il bene. È stata descritta per la prima volta da Evangrio Pontico, un monaco del quarto secolo, che si propose di studiare le cause delle crisi spirituali.
Arrivò così a elencare otto vizi, tra i quali appunto l’accidia, ovvero la mancanza di impegno nella preghiera (poca voglia di svegliarsi presto la mattina per partecipare alle funzioni, per esempio).
Due secoli dopo, papa Gregorio Magno ridusse i vizi a sette, e più tardi Tommaso d’Aquino definì tutti i vizi come peccati della stessa gravità (l'accidia, che in precedenza era ritenuto uno dei più gravi divenne quindi solo uno dei sette).
Per alcuni filosofi cristiani la pigrizia rimase comunque all'origine di tutti i vizi, anche perché la fatica era vista come mezzo per espiare i peccati, quindi era positiva, e chi vi si sottraeva era ritenuto perlomeno un codardo. Ed è questa idea filosofica di fondo, che definisce "sbagliato" sottrarsi a un impegno (anche se gravoso), ad essere arrivata fino ai nostri giorni.
Quindi cos’è la pigrizia? Si tratta di rimandare nel fare qualcosa? O di fare le cose troppo lentamente? O di non farle affatto? In generale, la pigrizia è definita come “la riluttanza a svolgere un’attività o a fare uno sforzo nonostante si abbia la capacità di agire o di sforzarsi”: che è come dire “ci sono i mezzi ma non la volontà”.
In altri termini, un individuo è pigro se la sua motivazione a risparmiarsi lo sforzo vince sulla spinta opposta a fare la cosa giusta o prevista.
Una reazione assolutamente normale, secondo i biologi: gran parte degli animali in fondo trascorre la maggior parte del tempo a non fare nulla in particolare. E anche noi ci siamo evoluti per spendere meno energia possibile e concentrarci sulle ricompense immediate.
Di conseguenza, qualsiasi comportamento che non è immediatamente gratificante è percepito dal nostro cervello come inutile. Per questo è così difficile metterlo in pratica.
I nostri meccanismi psicologici per la gratificazione istantanea sono molto più antichi e quindi molto più forti di quelli che mettiamo in atto quando è utile ritardare la gratificazione (studiare per non essere bocciati a fine anno, andare in palestra per apparire in forma la prossima estate ecc.).
2. COSÌ FAN TUTTI
Alzi la mano quindi chi non si è mai fatto tentare da un po' di riposo anche quando in realtà avrebbe avuto tanto lavoro (o studio) da sbrigare.
Secondo un’indagine Doxa del 2018 l’aspirazione più importante dell’85% degli italiani è evitare lo stress.
E nel mondo, dice un sondaggio WIN international del 2020, le persone sane che non fanno nessun tipo di esercizio fisico sono circa un terzo.
La pigrizia dunque è innanzitutto un problema di volontà. Alcuni scienziati hanno trovato la causa nel cervello, nel neurotrasmettitore dopamina, che influenza la motivazione ad agire. Chi esita o manca di volontà avrebbe uno squilibrio nei valori di dopamina in alcuni circuiti cerebrali.
Un gruppo di ricercatori della Vanderbilt University (Stati Uniti) ha infatti scoperto che la quantità di questa sostanza chimica in tre regioni del cervello determina se una persona è intraprendente o procrastinatrice. La dopamina fa cose diverse in diverse aree del cervello.
Quindi, mentre alti livelli in alcune regioni sono associati a un'elevata etica del lavoro, un picco nell'insula anteriore indica esattamente l'opposto: una persona più propensa a prendersela comoda, perfino se ciò significa guadagni minori.
I ricercatori hanno scansionato il cervello di 25 giovani adulti volontari e li hanno sottoposti a un test per vedere quanto fossero disposti a lavorare per una ricompensa in denaro.
Hanno così scoperto che le persone più laboriose avevano un'alta quantità di dopamina in due aree del cervello (striato sinistro e corteccia prefrontale ventromediale) note per svolgere un ruolo importante nella ricompensa e nella motivazione ma bassi livelli di dopamina nell'insula anteriore, una regione legata alla percezione del rischio.
Gli scienziati hanno concluso quindi che mentre alcune persone si concentrano maggiormente sulla grande ricompensa che potrebbero ottenere e minimizzano e possibili perdite (di energia e tempo), altre sono più caute ne) correre un rischio e spendere energia extra per una ricompensa improbabile, ma più grande. E finiscono per apparire più pigre.
3. ERRORI COGNITIVI
A volte quindi si tratta solo di errate valutazioni e perfino di inganni cognitivi. Per esempio, cominciamo tardi un lavoro perché più un futuro è lontano più immaginiamo di avere tempo libero.
Tra l’altro, come ha osservato la psicoioga israeliana Shiri Nussbaum, in questo campo non impariamo mai dagli errori: continuiamo a essere ottimisti sul tempo a disposizione.
Le ricerche dimostrano che se si offre a un gruppo di persone la scelta su quale compito svolgere per primo tra uno noioso ma semplice e uno complesso ma interessante, le persone decidono di rimandare il compito più complicato, senza porsi il problema del tempo necessario a svolgerlo.
Per pigrizia? No: ipotizzano di avere sufficiente tempo. Molti credono davvero che, magari tra un mese, avranno più tempo per andare in palestra, o per svolgere quel lavoro ecc. E rimandano.
«Non è un caso se molte aziende offrono coupon molto scontati per fare cose anche piacevolissime come andare a cena: sanno già che una percentuale di persone non troverà il tempo per farlo, e non certo per pigrizia visto che non si tratta di impegni stressanti», sostiene Suzanne Shu, scienziata della Cornell University (Usa).
Shu ha anche dimostrato, in uno studio condotto a Chicago, che la gran parte delle persone che si trasferivano altrove per lavoro nei giorni precedenti alla partenza cercavano di fare qualche visita del centro città, perché non l’avevano mai visto.
Finché vivevano lì pensavano di avere molto tempo per farlo. In effetti, sottostimare l’impegno necessario al completamento di un lavoro è un fenomeno ben noto agli scienziati che studiano la percezione del tempo: quando pensiamo a che cosa accadrà nelle prossime settimane abbiamo pochi particolari che ci aiutano a stimarne la durata.
Soprattutto se ci riguarda personalmente. Se invece riguarda qualcun altro è molto più facile: una ricerca condotta ormai vent'anni fa ha dimostrato che gli studenti di solito sono più bravi a stimare in quale mese riusciranno a laurearsi i compagni che conoscono bene, rispetto a quando prenderanno loro stessi la laurea.
4. PAURA DI FALLIRE
La scarsa motivazione non è dunque l’unico fattore responsabile dei comportamenti “da pigri’’. Ma rimane il più importante.
Le cause di questa mancanza possono essere parecchie, per esempio una perdita del senso di autoefficacia (non sono capace di fare nulla'.), che è la convinzione che se applicassimo la mente (e il corpo) a fare qualcosa otterremmo un buon risultato.
Inoltre, esistono persone che per convincersi di essere in grado di poter fare qualcosa hanno bisogno che ci siano altri (familiari o amici) a credere in loro e se così non è, non trovano abbastanza motivazione interna.
Insomma, l’uomo, come tutti gli altri animali, per agire ha bisogno che l'azione porti a una gratificazione. E molti compiti “a rischio pigrizia" non offrono una ricompensa, perlomeno non una gratificazione immediata (studiare latino, come mettere a posto qualche pratica in ufficio può essere davvero noioso!).
«Il nodo di tutto è il fatto che senza autostima non si può sviluppare l’autodisciplina, che è ciò che ci aiuta ad arrivare a un obiettivo; non si ottiene perciò il successo che fa a sua volta aumentare l’autostima. Si crea cioè un circolo vizioso in cui non resta che essere pigri», fa notare lo psichiatra britannico Neel Burton, che studia in particolare l'atarassia, ovvero l’indifferenza a tutto.
C’è poi un altro fattore da tenere presente, la paura del fallimento, che è il timore di non avere abbastanza forza emotiva per superare una sconfitta: è tipica delle persone perfezioniste. E sono quelle che tendono di più a procrastinare e quindi ad apparire pigre.
Non tanto perché pensano di non essere capaci di svolgere quel compito, ma perché sanno che esiste la possibilità del fallimento e basta questo a bloccarle. «Non è che ho fallito, si dicono, è che non ci ho mai provato», evidenzia Burton.
5. E SE FOSSE PRODUTTIVA?
Forse, però, dovremmo pensarla in modo completamente diverso. Come Robert Heinlein, ingegnere aeronautico, ufficiale di marina e autore di fantascienza, che diceva: "Il progresso non è fatto dai mattinieri. È fatto da uomini pigri che cercano di trovare modi più semplici per fare qualcosa".
La pigrizia, insomma, può essere considerata l'altra faccia della medaglia della produttività. Qualche volta, più che un segno di inefficienza, è il risultato di un lavoro intelligente che libera tempo per il meritato ozio.
La pensava così anche Frank Gilbreth, un ingegnere statunitense che ha innovato alcuni processi industriali, che affermava: “Sceglierò sempre una persona pigra per fare un lavoro difficile perché una persona pigra troverà un modo semplice per farlo”.
Tra l’altro, autorevoli economisti come Ludwig von Mises hanno fatto notare che in fondo si lavora per poter essere pigri, e perfino molte persone che si danno da fare tutta la vita sperano di poter conquistare così un posto in Paradiso (un luogo che, non a caso, la cultura popolare descrive come "star seduti su una nuvoletta" a non far nulla, perfettamente beati).
Del resto, molte ricerche mostrano i benefici dei sonnellini diurni e delle pause regolari, dall’abbassamento della pressione sanguigna allo svuotamento della mente. La pigrizia potrebbe quindi essere il meccanismo con cui il nostro corpo ci dice: risparmia energia, che ne hai bisogno.
«In realtà, siamo condizionati da un sistema di credenze, che io chiamo “la bugia della pigrizia”. Questo sistema dice che il duro lavoro è moralmente superiore al relax e che le persone improduttive hanno un valore intrinseco inferiore rispetto alle persone produttive», afferma lo psicologo sociale Devon Price, docente alla Loyola University di Chicago e autore del saggio Laziness does not exist.
«Se vediamo qualcuno che non sta facendo abbastanza in base al nostro standard lo bolliamo come pigro. Dovremmo invece smetterla di chiederci continuamente "devo fare qualcosa?".Sarebbe molto più salutare cominciare adomandarci: “Ho bisogno di una pausa?”».
CURIOSITA': IN UNA DISCUSSIONE, IL CERVELLO RISPARMIA LE FORZE
Il cervello è pigro: usa moltissime scorciatoie per risparmiare energia.
Una di queste è particolarmente curiosa: Lars Hall, ricercatore dell’università di Uppsala (Svezia), nel 2016 ha dimostrato insieme ad alcuni colleghi francesi il funzionamento di un meccanismo di pensiero chiamato "pigrizia selettiva".
Si tratta della tendenza a non essere troppo rigorosi quando si valutano le argomentazioni che si usano per convincere qualcuno, mentre lo si è quando si ascoltano le motivazioni degli altri.
In un esperimento, i ricercatori hanno fatto dibattere un gruppo di persone su temi controversi e poi in un secondo momento hanno presentato a ogni persona le argomentazioni che essi stessi avevano usato durante la discussione, formulate in modo un po’ diverso.
Molti partecipanti (la metà) le hanno respinte senza accorgersi che si trattava di ciò che avevano invece sostenuto in precedenza. Il che significa che il cervello si impegna davvero a un’analisi lucida di fatti pro e contro solo quando deve smontare un avversario. Altrimenti, risparmia le forze.