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Dwight Eisenhower: un eroe di guerra alla Casa Bianca

“Le truppe, l’aviazione e la marina hanno mostrato tutto il coraggio e la devozione possibili. Se c‘è un errore o una colpa nell’attacco è soltanto mio”.

Il generale Dwight Eisenhower scrisse queste parole la notte prima del fatidico D-Day, il drammatico sbarco degli Alleati in Normandia, nel caso in cui l’operazione fosse fallita.

Ma quella, seppur a un prezzo altissimo, è stata l’operazione che ha cambiato la guerra.

La grandezza di un comandante non sta solo nella sua abilità tattica e strategica, sta soprattutto nel difendere i suoi uomini e nell’assumersi le proprie responsabilità davanti alla Storia.

Durante la sua esistenza Dwight David Eisenhower ha combattuto Hitler, ha liberato l’Europa dal nazismo, è stato Comandante Supremo della Nato e Presidente degli Stati Uniti d’America.

Più di tutto, però, è stato un autentico condottiero, un uomo che durante una guerra atroce perseguiva massimamente la pace.

Dal D-Day alla presidenza degli Stati Uniti, ecco il ritratto di Dwight Eisenhower, per tutti Ike, uno dei grandi protagonisti del conflitto che ha incendiato il mondo.

 

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1. La carriera militare e il Reich

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  • La carriera militare
    Dwight nasce nel 1890 in Texas, terzo di sette fratelli. I suoi genitori sono emigranti europei, giunti sul Nuovo Continente prima della metà del XVIII secolo.
    Una famiglia unita, estremamente religiosa, guidata da profondi valori etici e morali.
    Il bambino biondiccio dagli occhi azzurrissimi cresce in un contesto semplice, dove le fatiche del lavoro nelle campagne e le ristrettezze sono del tutto oscurate da un clima di affetto, sostegno reciproco e serenità.
    Il padre, David Jacob, a causa di un fallimento economico, si fa agricoltore e già da ragazzino il figlio è chiamato a collaborare.
    In realtà, si era scelto per lui il nome di David Dwight, ma all’ultimo momento la madre inverte i nomi per evitare le prevedibili confusioni causate dall’omonimia con il padre e altri suoi congiunti.
    Sin dall’infanzia lui è per tutti solo “Ike”. I genitori, inizialmente membri di una chiesa mennonita, aderiscono poi agli Studenti Biblici, oggi conosciuti come Testimoni di Geova.
    La famiglia si trasferisce nel 1892 ad Abilene, città che Eisenhower riterrà sempre la sua casa.
    Sin da ragazzino dimostra doti che lo caratterizzeranno per tutta la sua esistenza: ha uno spirito ottimista e solare, ama lo sport, è coscienzioso e responsabile e ha un grande senso del dovere.
    Si diploma del 1909 nella scuola cittadina e, a causa di un infortunio alla gamba e alla conseguente infezione, i medici insistono per amputargli l’arto, ma il ragazzo si oppone con fermezza e incredibilmente guarisce.
    Prima del college, Eisenhower si impiega come operaio. La sua famiglia non può mantenere agli studi più figli contemporaneamente e il primo a poter frequentare l’Università è il fratello maggiore, Edgar.
    Dwight vorrebbe entrare all’Accademia Navale, ma per superati limiti di età non gli è consentito e così, nel 1911, viene accettato all’Accademia Militare di West Point, la più antica e blasonata del Paese.
    Qui Ike fa un buon percorso, ma non si distingue in maniera particolare. Inizia la sua carriera nell’esercito. Appena dopo la laurea chiede di essere assegnato alle Filippine, ma non ottiene il servizio.
    Allo scoppio della Prima guerra mondiale, vorrebbe andare in Francia ma anche stavolta deve restare alla base, dove gli viene affidato l’incarico di addestrare le reclute che partiranno al posto suo.
    Nel frattempo, in maniera lenta ma progressiva, Eisenhower inizia ad avanzare di ruolo e a dimostrare notevoli qualità organizzative. Nel 1935 riesce ad affiancare il generale Douglas Mc Arthur nelle Filippine e a farsi apprezzare.
    La svolta non arriva con la deflagrazione del nuovo conflitto mondiale nel 1939, ma con l’attacco che dà un’accelerazione all’impegno americano in questa guerra: il bombardamento giapponese a Pearl Harbor alla ne del 1941.
    Eisenhower viene nominato generale e da lì la sua carriera non si arresta più.

 

  • Sconfiggere il Reich
    I vertici militari dopo l’attacco si spaccano: da una parte ci sono i sostenitori del “Prima l’Europa”, cioè di un’immediata azione contro l’Asse nel vecchio continente, dall’altra quelli che chiedono di intervenire massicciamente nel Pacifico per colpire il Giappone.
    La situazione è molto complicata e a Washington non è facile prendere una decisione.
    Il premier britannico Winston Churchill stava spingendo da tempo per un’azione americana al suo fianco, ma la sortita nipponica aveva innescato il desiderio di una reazione diretta verso Oriente. Dopo molte pressioni, gli Stati Uniti decidono di dare priorità all’Europa.
    Nel frattempo, però, il tentativo di espansione italiano sull’altra sponda del Mediterraneo aveva portato in Africa le forze tedesche e uno dei suoi migliori uomini, il celebre feldmaresciallo Erwin Rommel.
    È quindi prioritario scegliere la scaletta degli interventi. La dura sconfitta subita a Dunkerque da Francia e Gran Bretagna aveva fatto capire in maniera inequivocabile che per bloccare l’efficientissima macchina da guerra nazista erano necessari mezzi e uomini in gran numero.
    Eisenhower viene quindi messo a capo dell’Operazione Torch, con la quale si vuole dare un colpo mortale e definitivo alle potenze dell’Asse stanziate in Africa.
    Le forze anglo-americane, sotto la sua guida, sbarcano sulle coste del Marocco e della Tunisia, ma prima ancora dello scontro militare con l’Afrika Korps è indispensabile trovare un accordo con le truppe francesi del Nord Africa, affiliate alla Repubblica di Vichy che è controllata dal regime nazista.
    I comandanti francesi non intervengono e lasciano approdare i contingenti alleati. Non senza difficoltà, si ottiene la vittoria e si costringono tedeschi e italiani alla ritirata.
    Nel 1943, il presidente Roosevelt gli dà in mano il comando su tutte le truppe alleate che dovranno penetrare in Europa e sconfiggere il Reich.
    Nella foto sotto l’incontro tra alti ufficiali del 1 febbraio 1944 per preparare lo sbarco alleato in Normandia. Al centro, si riconosce Eisenhower.

 

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2. Sbarchi in Europa e il giorno più lungo

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  • Sbarchi in Europa
    Anche stavolta il piano è arduo da realizzare. Il vecchio continente è difeso egregiamente dai tedeschi.
    I nazisti si vantavano dell’impenetrabilità del loro Vallo Atlantico, una serie di strutture difensive disposte capillarmente sulle coste – in particolare nel tratto della Manica – atte a impedire sbarchi nemici.
    Si decide allora di fiaccare la potenza avversaria sottraendole un alleato già fortemente in difficoltà: le prime operazioni europee di sbarco sono dirette alla conquista della penisola italiana.
    Americani e inglesi sbarcano prima in Sicilia (Operazione Husky) e successivamente a Salerno (Operazione Avalanche).
    Più che sotto il profilo militare i risultati sono politici e sociali: con lo sbarco alleato cade, dopo un ventennio, il regime fascista e Mussolini viene destituito.
    La situazione per l’Italia però non è chiusa: i tedeschi si riversano con ancora più forza sul territorio e sostengono l’ex dittatore nella nascita dello stato fantoccio della Repubblica di Salò, lottando contro gli Alleati e contro i partigiani italiani.

 

  • Il giorno più lungo
    Nel frattempo continuano gli impegnativi preparativi per la più grande operazione alleata di tutto il conflitto, in codice “Operazione Overlord”.
    Un piano ambizioso che prevede l’uso contemporaneo di forze navali, aeree e terrestri.
    La marina e l’aviazione devono supportare lo sbarco di migliaia di uomini e mezzi sulle coste francesi: Eisenhower, nel suo diario di guerra, scrive che il primo giorno dovevano sbarcare oltre 20mila veicoli e quasi 180mila soldati.
    L’azione aerea è fondamentale per indebolire il nemico con bombardamenti continui e limitare la sua controffensiva. È però indispensabile muoversi con la bassa marea per ridurre i rischi: da fine maggio il D-Day è pertanto posticipato al 5 giugno del 1944.
    Gli Alleati sanno bene che non possono tenere nascosta interamente un’azione di quelle dimensioni ai tedeschi. Per questo il controspionaggio alleato lavora intensamente all’Operazione Fortitude, un complesso gioco di inganni e realtà distorte (vengono persino costruiti carri armati finti) fatto per fornire informazioni errate al nemico.
    L’obiettivo primario è quello di confonderlo sulla data esatta dello sbarco e soprattutto sul luogo. Un compito rischioso, perché bisogna anche essere credibili e convincenti.
    I nemici si aspettavano di essere attaccati all’altezza di Calais, molto più vicina alle coste inglesi. Gli Alleati fanno in modo di sostanziare questa convinzione nel Reich mentre progettano di approdare su cinque spiagge della Normandia nella zona di Calvados, in prossimità di Caen.
    È vitale mantenere il segreto e si prendono misure eccezionali per impedire una fuga di notizie anche involontaria. Le pessime condizioni meteorologiche costringono però a slittare il primo passo di Overlord di un giorno ancora: il D-Day diventa ufficialmente il 6 giugno.
    Il mare è ancora mosso, ma l’alternativa sarebbe di attendere ancora altre due settimane a causa dell’alta marea. Il generale Eisenhower decide allora che non si può più aspettare. Gli Alleati sbarcano in Normandia.
    È un calvario: nella prima giornata le divisioni di inglesi, americani e canadesi non riescono a raggiungere i primi obiettivi terrestri posti all’interno per le difficili condizioni con cui guadagnano terra e per la reazione tedesca.
    Le mine iniziano a scoppiare in mare e continuano sulla sabbia, ma Hitler ha rafforzato solo la linea costiera e lasciato più sguarnita la fascia interna.
    Così, tra sacrifici immani, gli Alleati riescono a creare una testa di ponte e ad aprire un altro fronte per costringere il nemico a dividere le armate. Le operazioni sono però molto più lunghe del previsto. 
    Nella foto sotto Eisenhower parla con i paracadutisti americani prima del D-Day. Il generale fu nominato comandante supremo dell’operazione, chiamata in codice Overlord.

 

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3. Il grande trionfo e alla Casa Bianca

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  • Il grande trionfo
    Le azioni dopo lo sbarco avevano insegnato, inesorabilmente, come la decisione sbagliata potesse costare la vita di migliaia di uomini.
    Fu a caro prezzo che gli Alleati ebbero ragione della Germania nazista, quasi a un anno dallo sbarco sulle coste francesi.
    Undici mesi spaventosi e convulsi che hanno cambiato per sempre il corso della storia e dell’esistenza di milioni di persone.
    Il 30 aprile del 1945 Hitler si suicida nel suo bunker di Berlino, il 2 maggio Helmuth Weidling consegna la città ai sovietici, il 7 Alfred Jodl e Wilhelm Keitel firmano la resa incondizionata del Reich e nei giorni successivi le forze tedesche navali e terrestri si arrendono progressivamente.
    Al momento della resa Eisenhower aveva sotto il suo comando ben novanta divisioni, composte da americani, inglesi, canadesi, francesi e polacchi.
    L’8 maggio gli Alleati dichiarano la vittoria. Dopo le esultazioni di gioia dell’Europa finalmente libera, Eisenhower inizia a visitare i lager appena scoperti.
    Filmati raccapriccianti testimoniano le condizioni dei sopravvissuti nei campi di concentramento e si capisce la vera entità dello sterminio ai danni degli ebrei: Ike costringe gli ufficiali tedeschi e le popolazioni dei villaggi limitrofi a entrare nei lager e a vedere con i loro occhi quello che essi stessi avevano consentito con l’indifferenza, pur non avendovi partecipato in maniera diretta.
    La vittoria ha un gusto amaro e mentre Eisenhower rientra negli Stati Uniti, il fronte con l’Impero del Giappone è ancora aperto.
    Per chiudere la partita definitivamente il neo-presidente Harry Truman, nominato dopo la morte di Roosevelt, decide di sganciare la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki.
    Il 2 settembre del 1945 la guerra più sanguinosa della storia dell’Umanità (almeno 55 milioni di morti, secondo alcune stime addirittura 70) è davvero finita.
    A chi vi ha partecipato questa esperienza resterà per sempre scolpita negli occhi, nel cuore e nello spirito. La guerra non ammette vie di mezzo: in essa gli uomini danno il meglio o il peggio di sé. Dwight D. Eisenhower, detto Ike, compare senza dubbio tra i primi.

 

  • Alla Casa Bianca
    Eisenhower rientra negli Stati Uniti dall’Europa come il vincitore di Hitler e il grande eroe della guerra che aveva infiammato il mondo dal Pacifico all’Atlantico.
    Non erano certo mancate critiche nei suoi confronti: gli avversari gli contestavano alcune decisioni e sostenevano che il trionfo contro il dittatore nazista era costato troppe vite umane sia per gli USA sia per quei Paesi le cui popolazioni si erano trovate loro malgrado coinvolte.
    Nonostante ciò, Eisenhower era all’apice della popolarità ed era sempre più vicino agli ambienti politici a contatto con i quali era entrato grazie alle sue cariche militari e che in tempo di pace stavano per trovare nuova collocazione.
    Terminato il mandato di Truman, Eisenhower inizia allora la sua corsa alla presidenza per il Partito Repubblicano.
    Lo slogan immediato e orecchiabile della sua campagna elettorale diventa subito “I like Ike”, gioco di parole con il suo celebre soprannome.
    Sebbene inficiata dalle voci su una sua relazione adulterina – che nell’America perbenista degli anni Cinquanta non erano poca cosa – durante la campagna elettorale il veterano sorpassa l’avversario democratico Adlai Stevenson con una maggioranza schiacciante: nel 1953 Dwight D. Eisenhower diventa il trentaquattresimo presidente degli Stati Uniti.
    Il suo vice è Richard Nixon. Alle prime dichiarazioni il suo sorriso è accompagnato da un gesto, diventato familiare al mondo proprio con la guerra che lo aveva visto protagonista: le due dita sollevate in segno di V per “Victory” (come aveva fatto più volte anche Winston Churchill).
    Accanto ad Ike, immancabile e solare, Mamie Doud, sua moglie dal 1916 e donna di spiccata personalità.
    Eisenhower manterrà la carica per due mandati consecutivi, nel rispetto del 22esimo emendamento della Costituzione, che vieta di restare alla Casa Bianca per oltre due turni e che era entrato in vigore nel 1951.
    Per questa ragione l’ex comandante della Nato non può continuare oltre al 1961. Della presidenza Eisenhower – al di là della Guerra Fredda, della Pace con la Corea e della questione libanese – è da ricordare il suo impegno contro la discriminazione razziale.
    Quando, nel 1957, il governatore dell’Arkansas Orval Faubus minaccia di far intervenire la Guardia Nazionale per non lasciar accedere alla scuola “bianca” i bambini di colore (sebbene dal 1954 la Corte Suprema avesse sancito la fine del Segregazionismo) Eisenhower manda l’esercito presso la cittadina di Little Rock per scortare e proteggere gli studenti.
    Anche come Presidente, Ike resterà nella memoria come l’uomo misurato, ma determinato. Un soldato d’acciaio al servizio della pace e della giustizia.

 

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4. Le più grandi battaglie

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  • Operazione Torch
    Alla guida di Eisenhower le forze anglo-americane sbarcano, l’8 novembre 1942, in Marocco e Tunisia determinate ad assestare un colpo mortale alle truppe dell’Asse impegnate dal 1940 nella campagna d’Africa.
    L’operazione è delicatissima, poiché il Nord Africa francese è legato al regime di Vichy, ma grazie all’azione diplomatica gli sbarchi alleati non vengono ostacolati.
    Il nemico è il feldmaresciallo tedesco Erwin Rommel, “la volpe del deserto” capo dell’Afrika Korps. Le truppe di Hitler e di Mussolini alla fine sono sconfitte.
  • Operazione Husky
    Il 10 luglio del 1943 gli Alleati sbarcano in Sicilia. Si tratta di un’operazione anfibia di dimensioni straordinarie.
    L’idea era di penetrare in Europa, sbaragliando le truppe italiane per fiaccare il nemico e iniziare a togliere una pedina dalla scacchiera.
    Dal punto di vista militare i risultati non sono significativi, ma lo sbarco dà l’impulso alla destituzione di Mussolini e alla caduta del regime fascista.
    Il 3 settembre a Cassibile, oggi frazione di Siracusa, l’Italia firma l’armistizio con gli Alleati. Il 23 l’Asse dà vita allo stato fantoccio della repubblica sociale italiana.
  • Operazione Overlord
    Dopo lunghi preparativi, l’esercito anglo-americano sbarca su cinque spiagge delle coste francesi della Normandia: il celebre “D-Day” avviene il 6 giugno del 1944.
    Il piano di penetrazione europea, che prende il nome in codice di “Operazione Overlord”, ha l’obiettivo di aprire un fronte occidentale per alleggerire la pressione su quello orientale che i russi da anni stavano sostenendo e per costringere i tedeschi a dividere le loro forze.
    È l’operazione che cambierà, al costo di enormi sacrifici in termine di vite umane, la sorte della Seconda guerra mondiale.
  • Assedio di Bastogne
    La controffensiva delle Ardenne è voluta da Hitler per mettere alle corde l’esercito anglo-americano.
    Gli scontri partono il 16 dicembre 1944 e si protraggono per un mese, fino a metà gennaio del 1945. Alla fine gli Alleati vinceranno ma a un costo altissimo e la tensione tra il maresciallo Montgomery e il generale Eisenhower arriva alle stelle.
    Uno degli episodi chiave è l’assedio di Bastogne, una piccola cittadina belga con un’importanza strategica fondamentale, poiché crocevia di cinque linee ferroviarie che consentivano il vitale trasporto dei rifornimenti.
    Nel dicembre del 1944 i tedeschi accerchiano il villaggio e gli americani mandano la 101° Divisione Aviotrasportata, un corpo d’élite dell’esercito, capeggiato
    dal generale Anthony C. McAuliffe, noto per aver risposto al comandante avversario che gli offriva di arrendersi: “Aw, nuts”, letteralmente “noccioline”, ma anche una metafora per testicoli.
    Il giorno di Natale di un inverno rigidissimo – con scarsità di munizioni, viveri e dotazioni invernali e anche in inferiorità numerica – gli americani resistono gloriosamente alla 5a Armata tedesca, fino all’arrivo dei rinforzi di Patton.
    Bastogne resta in mano agli Alleati: Eisenhower premia personalmente i soldati.

 

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5. L’arte del comando e timeline

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  • L’arte del comando
    Una guerra delle proporzioni e della durata del secondo conflitto mondiale, che dal 1939 al 1945 aveva coinvolto, a seconda dei conteggi, tra i cinquanta e gli ottanta Stati nei cinque continenti, richiedeva necessariamente la presenza di molteplici comandanti e non potevano che emergere personalità forti e spesso anche in contrasto fra loro.
    Tra i tanti protagonisti, un ruolo chiave fu giocato anche da George Marshall (ricordato soprattutto per il piano postbellico che porta il suo nome e per il quale nel 1953 vinse il Nobel per la pace) che, nominato Capo di Stato Maggiore per gli USA, contribuì alla promozione di Eisenhower.
    Era appunto a Marshall che sembrava naturale venisse assegnato il comando delle campagne europee, ma Roosevelt aveva optato per Ike.
    Se si parla di contrasti, però, rimangono emblematiche le figure di sir Bernard Law Montgomery e George Smith Patton.
    Un inglese e un americano che non potevano essere più diversi nel carattere e nello stile e che si trovarono spesso in competizione sebbene formalmente nella stessa squadra alleata.
    Entrambi diedero filo da torcere al generale Eisenhower, sia discutendo e criticando le sue decisioni, sia rivaleggiando tra loro.
    Montgomery si era già distinto in Africa ed è oggi ritenuto dalla maggior parte degli storici uno stratega di levatura notevole ma dal carattere spigoloso.
    Dall’altra parte, Patton era un uomo di coraggio e di spirito combattivo, ma era anche incline all’iracondia, eccentrico e propenso all’insubordinazione.
    In seguito a sue animose dichiarazioni verso i sovietici venne rimosso da ruoli di comando. Perse la vita in Germania nell’estate del 1945 per un incidente d’auto.
    Proprio con Montgomery e Patton, Eisenhower aveva dato dimostrazione delle sue doti diplomatiche.
    Per vincere la guerra serviva anche non perdere il controllo nei momenti topici ed essere in grado di gestire i propri subordinati, anche quando sono comandanti di grande levatura.

 

  • TIMELINE
    - 14 ottobre 1890 - Nascita
    Eisenhower nasce a Denison (Texas) ed è il terzo di sette fratelli. Gli Eisenhower sono emigrati negli Stati Uniti dall’Europa a metà del Settecento.
    - 1915 - Laurea
    Il giovane Eisenhower, appassionato di temi militari e sport sin dall’infanzia, si laurea all’accademia di West Point. Durante gli studi e i primi anni di carriera non si distingue e non appare molto brillante.
    - 1 luglio 1916 - Matrimonio
    Eisenhower sposa Mamie Geneva Doud, sua compagna per tutta la vita e donna di grande personalità da cui avrà due figli. Il primo morirà a soli 4 anni, lasciando nel padre una ferita mai rimarginata.
    - 1915-1918 - Primo conflitto
    Ike vorrebbe essere mandato al fronte a combattere, ma gli sono affidati solo incarichi amministrativi e l’addestramento delle reclute destinate alle fasi operative.
    - 1929-1939 - Gli anni della grande Depressione e della crisi asiatica
    Nel periodo compreso tra le due guerre mondiali Eisenhower inizia a dare prova delle sue capacità. Di stanza nelle Filippine, torna negli Stati Uniti nel 1939 allo scoppio del Secondo conflitto.
    - Gennaio 1943 - Conferenza di Casablanca
    Eisenhower vi partecipa insieme a Churchill, Roosevelt e De Gaulle. Subito dopo il Presidente Roosevelt lo nomina comandante in capo di tutte le forze alleate in Europa per la liberazione dal nazismo.
    - 1948 - Presidente della Columbia University
    Viene così nominato da un ateneo di New York che fa parte della Ivy League, titolo che accomuna le otto più antiche e prestigiose Università private americane.
    - 1951 - Comandante della NATO
    Questo ruolo testimonia che il prestigio e la popolarità del veterano sono ormai altissimi e la vicinanza con gli ambienti politici sempre più stretta.
    - Gennaio 1953 - Presidente degli Stati Uniti
    Alle elezioni presidenziali del 1952, Ike si presenta per il Partito Repubblicano e vince sul candidato democratico, diventando presidente. Resterà in carica no al 1961, per due mandati consecutivi. Durante la sua presidenza si troverà a dover gestire situazioni delicate e di grande tensione.
    - 28 marzo 1969 - Morte
    A Washington, presso il Walter Reed Army Medical Center, Eisenhower si spegne per insufficienza cardiaca all’età di 78 anni. Nei giorni successivi si terranno i solenni funerali di Stato, seguiti dalla reazione commossa di una nazione intera.
    Ike sarà tumulato ad Abilene, la cittadina della sua infanzia, dove oggi c’è un museo a lui dedicato.

 

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