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El Alamein: l’eroismo dei nostri parà

Inverno 1941, inizio del terzo anno della Seconda guerra mondiale (scoppiata il 1° settembre 1939). Sul fronte nordafricano si combatte la campagna d’Africa che oppone italiani e tedeschi da una parte, inglesi e altre forze alleate dall’altra.

Comandate da Erwin Rommel, le forze dell’Asse ottengono successi che culminano nella battaglia di Tobruk (chiusasi il 27 novembre 1941) e nella presa di Marsa Matruh (1942).

L’obiettivo principale di Hitler e Mussolini è la conquista dell’Egitto, il controllo del canale di Suez e dei pozzi petroliferi mediorientali: il petrolio è essenziale per alimentare i mezzi militari.

Alla fine del giugno 1942, le forze italo-tedesche giungono vicino a El Alamein dove gli inglesi si sono trincerati per bloccarli.

Nel deserto egiziano gli italiani combattono a fianco dei tedeschi contro gli inglesi. Mal equipaggiati e con pochi viveri (sono costretti a bere la propria urina quando finiscono le scorte d’acqua), i nostri uomini lottano fino allo stremo.

E i parà della Folgore, soprannominati i “leoni di El Alamein”, danno al mondo una lezione di coraggio.

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1. La prima e la seconda battaglia

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- La prima battaglia
Le forze italo-tedesche tentano la conquista dell’Egitto e il primo luglio 1942 attaccano l’8a Armata britannica, guidata dal generale Claude Auchinleck.
Due divisioni corazzate degli Africa Korps e il XX Corpo italiano tentano di sfondare la resistenza britannica a Ruweisat Ridge e Bab el Qattara.
Gli inglesi resistono e contrattaccano. Dopo quasi un mese di combattimenti, il 27 luglio la battaglia si chiude senza vincitori.
Il premier inglese Winston Churchill sostituisce il generale Auchinleck con William Gott e, dopo la sua morte, con Bernard Montgomery. Rommel, nel frattempo, riorganizza le truppe: fa arrivare dalla Germania la 164a Divisione leggera e la Brigata paracadutisti Ramcke; dall’Italia giungono la Divisione paracadutisti Folgore, comandata dal generale Frattini, e una nuova divisione corazzata, la Littorio.

- La seconda battaglia
Il 31 agosto Rommel attacca con l’obiettivo di aggirare la postazione inglese sulle alture di Alam el Halfa, ma l’attacco riesce solo in parte a causa dei numerosi campi minati, degli attacchi della Royal Air Force britannica e della scarsità di benzina a disposizione.
La battaglia si chiude dopo pochi giorni con la vittoria degli Alleati. Italia e Germania perdono 2.910 uomini e 49 carri armati, 36 aerei, 60 cannoni e 400 veicoli.
I britannici contano 1.750 tra caduti, feriti e dispersi e la distruzione di 18 cannoni, 68 carri armati e 67 aerei.
Gli inglesi si aspettano un nuovo contrattacco e durante l’autunno si organizzano: gli alleati americani li riforniscono via mare di carri armati, artiglierie, automezzi e carburante, mentre Berlino non può fare altrettanto.
Il fronte di guerra in Russia ed Europa dell’Est è incandescente e mancano rinforzi per il Nord Africa; anche Mussolini destina i pochi mezzi e gli uomini che ha a disposizione al fronte russo anziché a quello africano. Un errore che sarà pagato a caro prezzo.

 

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2. La terza battaglia

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Il 23 ottobre 1942 parte l’offensiva britannica con il nome di Operazione Lightfoot: l’obiettivo è attaccare a nord, aprendosi due varchi nei vasti campi minati, detti i “giardini del diavolo”, che Rommel ha predisposto a propria difesa.

A sud, le truppe inglesi affrontano gli italiani della Folgore e della Pavia per impedire lo spostamento di rinforzi a nord, punto principale dell’attacco.

Dopo qualche giorno, però, gli inglesi abbandonano l’offensiva perché gli italiani resistono più del previsto. L’attacco a nord riesce ma le perdite sono elevate.

Il 2 novembre Montgomery vara l’Operazione Supercharge, la seconda massiccia offensiva. Gli inglesi travolgono le difese italo-tedesche con mezzi corazzati appoggiati dall’aviazione.

Rommel ripiega con le truppe motorizzate, mentre quelle italiane, appiedate e prive di mezzi, oppongono una strenua resistenza. Grazie al loro sacrificio, Rommel porta in salvo quanto gli resta degli Afrika Korps.

Le divisioni italiane Trento, Pavia e Brescia vengono aggirate e distrutte dalle unità corazzate e meccanizzate britanniche.

I superstiti della divisione di fanteria meccanizzata Trento ripiegano verso ovest la sera del 3 novembre, ma al mattino del 4 sono attaccati dalla 2a divisione neozelandese; il loro ultimo messaggio fu: «Munizioni quasi esaurite. Le spareremo tutte sul posto».

La divisione corazzata Ariete è invece attaccata da due brigate corazzate inglesi (la 4a e la 7a) e resiste, pur nella penuria di mezzi e munizioni (i soldati bevono la propria urina o l’acqua bollente dei radiatori perché le scorte d’acqua si sono esaurite presto).

Nelle sue memorie Rommel scrive: «A sud del comando si vedevano grandi nuvole di polvere. Qui si svolgeva la disperata lotta dei piccoli e scadenti carri armati italiani contro circa 100 carri pesanti britannici. Verso le 15.30 giunse l’ultimo messaggio radio dell’Ariete: “Carri armati nemici fatta irruzione a sud dell’Ariete; con ciò Ariete accerchiata. Trovasi a circa 5 km a nord-ovest di Bir el Abd. Carri Ariete combattono”.

La sera del 4 novembre il corpo d’armata corazzato italiano fu annientato».

 

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3. Eroica Folgore

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I parà della Folgore coprono un fronte di 155 km nell’area di Munassib; 3.500 uomini, 80 cannoni prestati da altre unità, 5 carri, qualche mediocre pezzo anticarro da 47/32, pochi veicoli da trasporto, viveri scarsi, munizioni e proiettili contati.

Davanti a loro c’è il 13° Corpo d’Armata britannico: 4 divisioni, 50mila uomini, 400 cannoni, 350 carri armati, 250 blindati, munizioni e scorte illimitate, migliaia di automezzi, benzina a profusione.

I nostri parà resistono fino al 4 novembre senza arretrare di un metro: molti hanno marciato nel deserto a piedi nudi e sono indeboliti dalla dissenteria e dal vitto scadente, ma sono decisi a rispettare la consegna del comandante Enrico Frattini: “Non mollare!”.

Restano in 304, senz’acqua e senza munizioni, ma non abbassano lo sguardo. «Gli ultimi superstiti della Folgore sono stati raccolti esanimi nel deserto. La Folgore è caduta con le armi in pugno», così disse lo speaker della Bbc il 3 dicembre 1942. Per questo i nostri parà sono passati alla storia come “i leoni di El Alamein”.

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Quattro mesi di sanguinosi scontri si chiudono con la definitiva sconfitta delle forze dell’Asse. Rommel darà battaglia in Tunisia e vincerà al Passo di Kasserine nel febbraio 1943, ma questa vittoria non riuscirà a mutare le sorti della campagna d’Africa: un vero fallimento di Hitler e Mussolini.

Gli Alleati dominano saldamente il canale di Suez e gran parte del Mediterraneo, grazie alla base di Malta. La campagna di Russia, che si chiuderà nel marzo del 1943, con la totale disfatta del Terzo Reich toglierà alle forze dell’Asse le illusioni di una vittoria in guerra.

 

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4. La schiacciante superiorità britannica

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- ITALO-TEDESCHI

Il comando superiore di tutte le forze armate dell’Asse in Nord Africa spetterebbe al maresciallo italiano Ettore Bastico che dal luglio 1941 è governatore della Libia.
A lui dovrebbe subordinarsi il feldmaresciallo tedesco Erwin Rommel (1891-1944), detto la Volpe del deserto, al comando della Panzerarmee Afrika che ingloba tutte le truppe italo-tedesche, inclusi gli Afrika Korps (Dak); in realtà Rommel non ha alcuna stima di Bastico e si muove come fosse un suo pari.
Su suo ordine, le truppe italo-tedesche vengono organizzate in reparti misti per compensare l’insufficiente armamento italiano.
Rommel può contare su 96mila-104mila uomini (le valutazioni degli storici oscillano leggermente), 751 cannoni, 522 pezzi anticarro, 489 carri armati (211 tedeschi, 278 italiani), poche decine di autoblindo, 675 aerei, dei quali però solo 150 tedeschi e 200 italiani sono efficienti e in grado di volare.
Nella foto sotto, Erwin Rommel detto la Volpe del deserto, usurpa il comando al nostro Ettore Bastico e di fatto è a capo delle truppe italo-tedesche.
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- INGLESI E ALLEATI

L’8a armata britannica al comando del generale Bernard Law Montgomery (1887-1976), soprannominato Monty, è affiancata da divisioni australiane, neozelandesi, sudafricane, indiane, dalla brigata Francia libera e da un gruppo di brigata greco.
In totale, le forze alleate possono contare su 200-220mila uomini, 939 pezzi di artiglieria, 1.500 pezzi anticarro, 1.348 carri armati, 400 autoblindo, 1.200 aerei da caccia e da bombardamento; hanno anche ottime dotazioni di autoveicoli, benzina e munizioni.
La superiorità delle forze inglesi sugli italo-tedeschi è schiacciante: gli storici contemporanei hanno calcolato che tra le truppe italo-tedesche e quelle inglesi il rapporto era di 1 a 13 per gli uomini, 1 a 5 per le artiglierie, 1 a 70 per i carri armati.
Nella foto sotto, Bernard Montgomery detto Monty, guida lo schieramento inglese e i suoi numerosi alleati.
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5. 17mila caduti italiani

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Le forze dell'Asse perdono 26mila uomini (17mila italiani, 9mila tedeschi) tra morti, feriti e dispersi, ai quali si sommano 30mila prigionieri (20mila italiani e 10mila tedeschi).

Gli inglesi perdono 13.560 uomini, tra morti, dispersi e feriti.

Ci sono voluti 10 anni per seppellirli. Situato in Egitto, al 120° km della litoranea tra Alessandria e Marsa Matruh, il sacrario di El Alamein è stato progettato dal tenente colonnello Paolo Caccia Dominioni ed eretto tra 1954 e 1958 a ricordo dei caduti italiani nelle tre battaglie di El Alamein.

La ricerca e l'esumazione delle salme dei soldati sono durate 10 anni: i loro corpi erano stati seppelliti in piccole fosse nel deserto e alcuni giacevano ancora insepolti.

Le ricerche sono state durissime anche a causa degli estesi campi minati e ben 7 persone sono morte nei lavori preparatori. Alla fine, i resti di 5.200 soldati italiani hanno trovato pace nel sacrario.

Molti non sono mai stati identificati perché gran parte dei nostri soldati, per scaramanzia, non portava il piastrino di riconoscimento.

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El Alamein:
Quando: Dal 1° luglio al 4 novembre 1942
Dove: Presso la stazione ferroviaria di El Alamein, nell’Egitto settentrionale, un centinaio di chilometri a ovest di Alessandria d’Egitto. I combattimenti si sono svolti all’interno di un corridoio naturale, ampio 60 km circa, delimitato a nord dalla costa e a sud dalla depressione desertica di El Qattara, inaccessibile per le paludi e per le sabbie mobili.
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