Se la tesi secondo cui la bruttezza fisica è lo specchio di un’anima maligna avesse qualche fondamento scientifico, Elsa Maxwell ne sarebbe la conferma.
Piccola, grassa, sgraziata, col doppio mento e un viso senza alcun pregio e sempre corrucciato in qualche smorfia, la regina del gossip non ha mai direttamente ucciso nessuno.
Ma la sua perfidia ha mietuto parecchie vittime e inaugurato una vera scuola.
La sua più temibile “avversaria” è stata però una coetanea: Louella Rose Oettinger Parsons, titolare di una celebre rubrica di gossip sul Los Angeles Examiner e responsabile del tramonto di alcune dive, dagli anni Venti ai Cinquanta.
Rispetto a lei, la Maxwell aveva tuttavia una dote in più: oltre a distruggere le star, era in grado di crearle.
“Prendi con leggerezza le cose serie e con serietà quelle frivole”, pare le avesse detto il padre in punto di morte, ricordandole, in quella stessa occasione: “Ridi di te stessa, prima che lo facciano gli altri”.
La prima frase sarebbe in qualche modo diventata il manifesto del giornalismo scandalistico. La seconda il viatico che permise alla Maxwell di accompagnare le donne più belle del mondo e di apparire con disinvoltura nelle foto al loro fianco, il che rendeva ancora più grottesche le sue improbabili mise serali.
Ma chi era questa celebre “pettegola” che con la sua penna al cianuro fece tremare tutta Hollywood (e non solo)? Scopriamola insieme.
1. Origini e la rapida ascesa
Elsa Maxwell nacque il 24 maggio 1883 a Keokuk, un piccolo centro dell'Iowa, negli Stati Uniti.
Racconta poi che sua madre, Laura, aveva avuto le doglie mentre assisteva al teatro dell'opera alla Mignon di Ambroise Thomas.
La famiglia era poverissima, il padre James era un musicista squattrinato, e la ragazza, cresciuta in California, lasciò la scuola a 14 anni per una rapidissima quanto inaspettata carriera.
Cominciò come pianista teatrale, pur non avendo mai studiato una nota, e come accompagnatrice di cantanti. In seguito, come suo solito, mentì e raccontò di aver proseguito gli studi prima all'Universita della California e poi addirittura alla Sorbona di Parigi.
Le bugie rimasero una costante di tutta la sua vita: una volta chiese agli amici un prestito per il funerale della madre. Ma la madre, ovviamente, era viva e vegeta.
Lasciò San Francisco, dove viveva, nel 1905, per seguire come tuttofare una compagnia shakespeariana. Subito dopo apparve sulla scena in alcuni vaudeville. In seguito si unì a una serie di band di musica sudafricana.
Nel frattempo aveva iniziato a scrivere canzoni; arrivò a pubblicarne un'ottantina. Ancora nel 1959, quando ormai faceva tutt'altro, sarebbe uscito negli Stati Uniti un album con le sue composizioni.
Da San Francisco, che rimaneva la base della Maxwell, e dove lei si trovava durante il tremendo terremoto del 1906, le sue composizioni presero a circolare.
In breve, grazie al loro successo, ma soprattutto alla sua intraprendenza, Elsa riuscì a diventare amica di personalità dell'arte e dell'industria che decisero di lanciarla in campo internazionale.
La sua rapida ascesa in campo mondano, nel secondo decennio del '900, è rimasta pero sostanzialmente un mistero. Quando, anni dopo, l'attore Noel Coward, che faceva parte del mondo dorato di Hollywood, tentò di venirne a capo, non ci riuscì: sospettò nefandezze e menzogne, ma era difficile intuire quali.
La cosa, in verita, non doveva indignarlo più di tanto perche in seguito, nel 1963, si adegua alia generale esaltazione della Maxwell e firmò l'introduzione del suo libro più famoso, The Celebrity Circus.
In fondo, non è un caso che quel gruppo di ricchi annoiati, star del cinema, scrittori e intellettuali a vario titolo che pendola tra America ed Europa nel priml trent'anni del '900, e di cui Elsa fu una sorta di grande anfitrione, sia passato alla storia col nome di Lost Generation, la generazione perduta.
Di eroico avevano pochissimo. Erano corrotti, dediti all'alcool e alle droghe, e con piu di un vizietto.
2. Una miniera di idee
Ammessa nel ristretto circolo dei super-ricchi, la Maxwell cambiò del tutto lavoro.
Abbandona la musica e iniziò a organizzare le serate dei magnati statunitensi che si recavano in Europa a caccia di nuovi stimoli e quasi immediatamente si annoiavano a morte.
Si trasferì quindi nel Vecchio continente e diede vita, per prima, a una serie di importanti manifestazioni mondane.
Quella che la consacrò fu una cena organizzata nel 1919 al Ritz Hotel di Parigi per Arthur Balfour, ministro britannico degli Esteri. Da lì fu un'escalation.
Nel 1925 e 1926, per esempio, avrebbe inventato le gare dei motoscafi al Lido eli Venezia e nel 1926 avrebbe dato un importante contributo al lancio del Monte Carlo Beach Club, del Casino Hotel e del Piscine Restaurants, su incarico del principe di Monaco.
In breve fu nota in tutta Europa. Era efficiente. E sapeva,sempre trovare il modo di divertire gli ospiti. "Era un giullare", avrebbe detta in seguito il pittore Rene Robert Bouché, grande illustratore di Vogue e suo ritrattista, "ma anche una donna disperatamente seria che si giudicava una seria critica della società."
Elsa, che proveniva da una famiglia così povera da non conoscere il lusso della depressione, aveva presto intuito che la noia era il "grande male" dei ricchi. Ne morivano.
Chiunque fosse stato in grado di offrire loro un nuovo piacere, li avrebbe avuti in pugno. E lei si rivelò a tale proposita una vera miniera di idee. Amava in particolare i party nei quali le donne si travestivano da uomini e viceversa.
Il gusto per i travestimenti non era casuale. "Non sono mai stata penetrata", dichiarava orgogliosamente Elsa Maxwell, "ne mai lo sarò." La verità è che amava le donne. E quindi non rifiutava il sesso in sé.
Una volta affermò: "Troppe persone fanno sesso col cervello. L'organo sbagliato". Ma aggiungeva anche: "Ho sposato il mondo. Il mondo è mio marito. Per questo sono cosl giovane. Non faccio sesso. Il sesso è la cosa più stancante che esista".
3. Bisogna essere "crudeli" per conquistare il pubblico
Se qualcosa dell'aspetto della Maxwell si poteva salvare, erano forse gli occhi: sembravano quelli di un falco.
E in effetti la signora sapeva sempre scegliere con cura le sue "prede".
Le piaceva fare da pigmalione, non certo per bontà ma per poter dimostrare, per l'ennesima volta, di aver fiuto. Cercava di scovare nuovi grandi artisti e gettarli nel mondo dei potenti, poiche il talento e la stravaganza erano le uniehe doti per le quali perdonava la nascita modesta.
La Grande Depressione del 1929 ricondusse Elsa a Hollywood dove tentò, senza successo, la carriera di attrice cinematografica. Comparve in molti film nonostante non raggiunse mai il successo popolare con il cinema, ma solamente grazie alle sue trasmissioni radiofoniche.
La più celebre fu Elsa Maxwell's Party Line, che prese avvio nel 1942. Ma ciò che andava letteralmente a ruba erano gli articoli di pettegolezzo mondano pubblicati per Harper e altre importanti riviste americane.
Nel 1936 la sua serie I Live by My Wits (Vivo delle mie battute) fu pubblicata a puntate su Harper's Bazaar per la gioia di un pubblico sempre più avido di indiscrezioni sul bel mondo.
Per la capacita di scavare senza remore nella vita dei potenti, per il modo pionieristico di "darli in pasto" a un pubblico che li adorava e li odiava al tempo stesso, che sognava dei loro trionfi e gioiva delle loro cadute catastrofiche, Elsa si conquistò in breve la fama della più cattiva e agguerrita giornalista di costume degli Stati Uniti.
Era logorroica e salace. Sapeva che essere spiritosa non bastava: bisognava essere "crudeli" per conquistare il pubblico. "Non odio nessuno", sosteneva, "al massimo disistimo." "Ma", aggiungeva maliziosamente, "Ia mia disistima equivale per chiunque altro all'odio."
La differenza tra i suoi articoli e le precedenti cronache mondane era proprio questa: le celehrita non erano mai mancate dalle pagine dei giornali. Gia a fine '800, le ricchissime cortigiane-attrici, erano state seguite passo passo dai cronisti.
Ma si era trattato quasi sempre di una venerazione molto maschile o di una condanna morale altrettanto maschile. Elsa non giudicava. E non esaltava. Raccontava. E nel raccontare le debolezze delle star e dei ricchi ne creava il mito.
Uno dei suoi motti era: "Never complain. Never explain. Never apologize", ovvero "Non lamentarsi mai. Non dare mai spiegazioni. Non chiedere mai scusa".
Quello che la rendeva così irresistibile era la prontezza di battuta: era salace, veloce, colpiva sempre nel punto giusto. La Maxwell era capace di dipingere un personaggio con una frase.
Non solo, ma poiché era lei l'inventrice dei più ambiti eventi mondani, dettava anche le regole del gioco.
4. Intuito infallibile ma fuori dalla politica
II suo inesauribile intuito le suggerì ben presto che, nella cerchia delle sue conoscenze, doveva far entrare anche i politici più potenti.
Ma soprattutto Elsa si mise a combinare matrimoni tra bellissime e ricchissimi.
Lo faceva quasi più per piacere, magari anche delle successive separazioni, che per interesse.
Però, il primo obiettivo restava quello di creare nuovi scoop. Il risultato finale fu che venne strapagata dai media. Questo le permetteva una vita lussuosissima.
A New York abitava in una suite del Waldorf-Astoria, che in realta le era stata concessa gratuitamente vista la pubblicità suscitata dalla sua presenza e dalle sue feste.
Proprio al Waldorf-Astoria, nel 1937, Elsa aveva organizzato uno dei suoi storici party: aveva lanciato tra gli ospiti galline vive e capre profumate. E aveva convocato un porcaro perche conducesse lì una mezza dozzina di maiali.
Tra le sue indicazioni per far riuscire un party c'era: "Invita Ie persone sbagliate e poi mischiale". Le sue "vittime" furono sostanzialmente tutte volontarie: ci si scannava per poter partecipare ai suoi party e quindi anche per sottostare ai suoi scherzi a sorpresa.
Ma così, soprattutto i parvenu conquistavano l'illusione di far parte del club di chi contava davvero. In questo senso Elsa Maxwell è stata la pigmaliona della moderna società dell'immagine. Resisterle era praticamente impossibile.
La Maxwell non nutriva il minimo interesse per la politica. E rimasta celebre una sua affermazione: "Una settimana dopo che rifiutai di incontrare Mussolini, passai casualmente una serata con un megalomane ancora più fuori di testa, Adolf Hitler. Tentai di imbastire una conversazione convenzionale... ma fu così maleducato che rinunciai" .
Certo, in questa apparente indifferenza c'era anche il compiacimento delle proprie frequentazioni, come quando ricordò: "Subito dopo incontrai Einstein a casa di Charlie Chaplin". Buttare lì questi incontri, come se fossero cose da nulla, faceva parte del suo gioco, più che della sua incapacità a capire la storia.
"Prendi con leggerezza le cose serie e con serietà quelle frivole", pare le avesse detto il padre in punto di morte, ricordandole, in quella stessa occasione: "Ridi di te stessa, prima che lo facciano gli altri".
La prima frase sarebbe in qualche modo diventata il manifesto del giornalismo scandalistico. La seconda il viatico che permise alla Maxwell di accompagnare le donne più belle del mondo e di apparire con disinvoltura nelle foto al loro fianco, il che rendeva ancora più grottesche le sue improbabili mise serali.
5. Combinare folli storie d'amore
Combinare folli storie d'amore, soprattutto fra persone già sposate, rimase comunque l'hobby preferito della Maxwell.
Tra i suoi "colpi riusciti" si ricorda quando, dopo aver avvertito l'amica Rita Hayworth che suo marito, il regista Orson Welles, aveva una storia con un'italiana, le fece conoscere al Casino d'estate di Cannes il trentasettenne playboy Aly Salomone Khan, figlio dell'Aga Khan III, uno degli uomini più ricchi del mondo.
Era il 1948: a fine anno l'attrice ottenne il divorzio dal marito, che non ne fu troppo amareggiato, e l'anno successivo sposa Aly, già incinta di due mesi.
Allo stesso modo, di fatto, la Maxwell consegnò l'infelice Maria Callas, della quale era innamorata, ad Aristotele Onassis, che le aveva confidato di voler assolutamente andare a letto con la diva e aveva chiesto il suo aiuto.
Era il settembre 1957: Elsa invitò Maria a un suo party a Venezia e la presentò all'armatore. II marito della Callas, Giovanni Battista Meneghini, in quell'occasione si limito a commentare che la Maxwell era la donna più brutta che avesse mai visto. Era molto di più: era pericolosa.
La Callas e Onassis sarebbero divenuti amanti due anni più tardi, durante una crociera sullo yacht Christina; il matrimonio della soprano sarebbe cosl naufragato. Quell'amore, "brutto e violento", come lo definì la stessa Callas, l'avrebbe distrutta.
La cantante avrebbe anche diradato i suoi impegni di lavoro pur di stare accanto all'armatore greco, che invece, il 20 ottobre 1968, sposò Jacqueline Kennedy, vedova del presidente americano ucciso a Dallas.
Dove si rivelò in quest'occasione la perfidia della Maxwell? Fu lei, che si dichiarava così amica della Callas, a presentare a Onassis prima Lee Bouvier, sorella di Jacqueline Kennedy, e poi, visto il non gradimento del miliardario greco, la stessa Jackie.
AlIa Maxwell si deve anche il successo mondano di Capri, dove sbarca all'inizio degli anni Cinquanta. Elsa riuscì in qualche modo a far sì che tutti, nobill, magnati dell'industria, vip e attori famosi, appena arrivati sull'isola, corressero a omaggiarla.
Eppure lei si compiaceva di dire: "Ho conosciuto sette presidenti degli Stati Uniti, intrattenuto una dozzina di re e ho dato del tu alla meta dei titolati sull'Almanacco del Gotha".
Elsa non finse mai la minima modestia: già nel 1954 uscì la sua autobiografia, R.S.v.P., mentre nel 1957 apparve How to Do It; The Lively Art of Entertaining, il suo manuale e galateo dell'arte di ricevere.
Morì a New York, il 10 novembre 1963, per un attacco di cuore. E inevitabilmente, per descriverla, tornano in mente le sue stesse, impietose, ma orgogliose parole:
« ... una bassa, grassa, dilettante suonatrice di pianoforte nata a Keokuk, nell'Iowa, senza soldi né una buona famiglia alle spalle, [che] decise di diventare una leggenda e semplicemente ci riuscì".