A Epidauro gli antichi greci eressero un grande santuario dedicato ad Asclepio, il dio della medicina.
Ogni anno vi si recavano migliaia di malati per curare varie tipologie di disturbi tramite il rituale dell’incubazione dei sogni.
Secondo il mito, Asclepio, figlio del dio Apollo, aveva la capacità di guarire da ogni malattia e persino di resuscitare i morti.
Per questo di solito veniva rappresentato vicino a un serpente, animale che simboleggiava sia il ringiovanimento – dato che periodicamente cambia la sua pelle – sia la rinascita, giacché il suo veleno può uccidere e al contempo servire da antidoto.
Al giorno d’oggi il bastone di Asclepio con il serpente è l’emblema della medicina.
1. Nasce il santuario
In Grecia il culto di Asclepio si sviluppò sin dall’epoca arcaica.
Vennero costruiti templi dedicati a questa divinità chiamati Asklepieia (Asklepieion al singolare), dove i malati accorrevano con la speranza che questi intervenisse nella loro guarigione.
Il più importante di tali santuari si trovava a Epidauro. La collocazione della città sulla costa occidentale del golfo Saronico permetteva un facile accesso sia a chi arrivava via terra sia, soprattutto, a chi veniva dal mare.
Difatti è probabile che pure gli abitanti delle zone più lontane del Peloponneso o della Grecia continentale effettuassero il viaggio in barca, poiché era un sistema di trasporto più comodo e rapido.
Per facilitare l’arrivo e l’accoglienza dei futuri degenti, alla fine del V secolo a.C. venne promosso l’ingrandimento e il miglioramento delle installazioni, e i nuovi edifici e templi vennero commissionati ai più noti artisti dell’epoca.
Tutto ciò fu reso possibile perché il soggiorno nell’area non era certo gratuito, e gli introiti venivano reinvestiti nell’abbellimento del recinto sacro. All’inizio non c’era un listino degli onorari, e ognuno dava secondo le proprie disponibilità.
Nei primi tempi forse era sufficiente donare gli animali da sacrificare, i cereali, il vino o il latte per le libagioni: sarebbe stato così garantito il sostentamento dei sacerdoti che vivevano nel santuario.
Tuttavia, a mano a mano che questo cresceva, gli amministratori iniziarono a chiedere una tariffa e a vendere gli animali offerti in dono. Aprirono anche delle botteghe dove si vendevano stele ed ex-voto; in tal modo gli introiti aumentarono ancora di più.
Nella foto sotto, ex-voto miracolosi. I pazienti che si recavano nel santuario di Epidauro portavano con sé delle offerte che raffiguravano la parte del corpo da guarire. Decine di questi ex-voto decorano le pareti dell’attuale museo del sito archeologico.
2. Il tempio di Asclepio
L’Asklepieion, area dedicata alla divinità, era aperto tutti i giorni dell’anno per accogliere chiunque fosse in cerca di un rimedio a problemi quali arti paralizzati, cecità, calcoli biliari, pidocchi, emicranie o sterilità.
Allo scopo di preservare la purezza e la sacralità del luogo erano proibite due cose: morirvi e dare alla luce.
Lo sottolineava nel II secolo d.C. in Periegesi della Grecia Pausania: «Il bosco sacro di Asclepio è da ogni parte rinchiuso da termini. Né permettono che si muoia o che le donne partoriscano dentro il recinto».
Nella foto sotto, l’Asklepieion, il tempio di Asclepio. Di stile dorico, era circondato da colonne: sei sulla facciata e 11 su ogni lato.
Si alzava su tre gradoni, e oltre a questi c’era una rampa per l’accesso 1. Le metope del fregio erano coperte da semplici lastre senza rilievi istoriati 2.
Dei frontoni si conservano solo alcuni frammenti; l’occidentale rappresentava una battaglia con le amazzoni e l’orientale una scena della caduta di Troia 3.
All’interno si trovava la statua criselefantina (in oro e avorio) di Asclepio 4, opera di Trasimede di Paro.
3. L’arrivo al santuario
I visitatori potevano accedere all’Asklepieion da qualsiasi punto perché, contrariamente agli altri santuari greci, non era delimitato da mura.
Ciononostante di solito i viaggiatori giungevano per la strada che proveniva da Epidauro e vi entravano da nord attraverso un ingresso monumentale.
Qui dei propilei o portici recavano l’iscrizione: «Puro sia colui che entra nel tempio d’incenso odoroso, ché puro è colui che in animo nutre pensieri santi».
Tramite quel percorso, noto come via Sacra, si raggiungeva il tempio di Asclepio, davanti al quale si trovava il grande altare della divinità, dove venivano compiuti i sacrifici propiziatori.
Tutto il resto della spianata dell’Asklepieion era occupato da templi secondari e da locali amministrativi, e pure da edifici destinati ad agevolare il soggiorno di chi avrebbe dormito nel santuario.
È difficile capire per quanto tempo i malati vi rimanessero. Si conoscono casi di persone che vi risiedettero perfino quattro mesi, mentre in altre occasioni i degenti potevano fare ritorno a casa dopo due o tre giorni.
Chi non era abbastanza grave dimorava nel katagogion, situato a sud-est dell’area, mentre i pazienti in condizioni serie erano ospitati in alcuni edifici posti vicino al tempio di Asclepio e al grande portico conosciuto come abaton. Era qui che si effettuava probabilmente il rituale dell’incubazione.
L’incubazione, o terapia dei sogni rivelatori, era una fase fondamentale del trattamento: i degenti attendevano che Asclepio gli comparisse in sogno per curarli o fornire indicazioni su ulteriori terapie da seguire.
Il processo per beneficiare di un simile sogno era relativamente semplice: le persone venivano condotte dai sacerdoti nell’abaton, dove entravano scalze, con indosso delle tuniche speciali. Una volta purificate, si stendevano su dei letti in cuoio per dormire tutta la notte.
Poiché non sempre Asclepio appariva subito in sogno, i malati potevano seguire il rituale per diversi giorni fino all’attesa rivelazione.
Nella foto sotto, il teatro di Epidauro. Tra gli edifici che costituiscono il complesso di Epidauro risalta il suo teatro monumentale, costruito nel IV secolo a.C. per accogliere le Asclepiee, feste in onore della divinità. La sua acustica era una delle migliori del mondo greco.
4. Guarigione spirituale
La medicina che si praticava nel santuario era più legata alla sfera spirituale che alla scienza.
In tal senso risulta esemplificativa la moltitudine d’iscrizioni ritrovate a Epidauro, che mostrano la profonda relazione tra fede religiosa e medicina.
Si conservano liste di guarigioni miracolose, che vanno dal recupero della vista (dopo che il malato aveva sognato un cane che gli leccava gli occhi) alla guarigione dal morso di serpente (dopo aver sognato di essere stati leccati da un ofidio), passando per il recupero dei capelli (dopo che nei sogni lo stesso Asclepio aveva steso un unguento sulla nuca calva del visitatore).
Tuttavia è importante considerare che la maggior parte di tali recuperi prodigiosi risaliva all’epoca arcaica ed è probabile che fosse un’invenzione dei sacerdoti per giustificare i trattamenti e gli onorari.
Con il passare del tempo e lo sviluppo delle conoscenze mediche, il soggiorno nel santuario iniziò a includere, assieme all’incubazione, tutta una serie di attività e raccomandazioni, come per esempio la musica, i canti e gli spettacoli teatrali.
Si credeva infatti che questi potessero accompagnare lo spettatore in un salutare stato di concentrazione e di rinnovamento spirituale (katarsis in greco).
Si è perciò pensato che il tholos, l’edificio circolare dell’Asklepieion, eretto su una serie di cerchi concentrici connessi tra di loro a mo’ di labirinto, potesse servire come luogo per intonare preghiere e canti.
Questi sarebbero risuonati nell’ambiente circostante grazie alla particolare struttura architettonica del tholos. Secondo altri studiosi, invece, veniva utilizzato per le libagioni, rituale nel quale si mescevano alcuni liquidi in onore di un dio.
Nella foto sotto, il medico. Il bassorilievo mostra un medico e i suoi strumenti. Inciso all’interno di un rettangolo, il dottore riceve gli onorari dei pazienti. Il serpente, simbolo di Asclepio, compare attorcigliato a un albero. Secoli I a.C.-I d.C. Staatliche Museen, Berlino.
5. Salute mentale e fisica
Parallelamente alla cura spirituale, i malati erano incoraggiati a svolgere esercizio fisico sia nella palestra sia all’aria aperta, nello stadio.
I pasti prescritti erano frugali: pane, a volte bagnato nel vino, latte cagliato, lattuga e acqua con limone e miele.
Non dimentichiamo poi che i degenti mangiavano la carne degli animali uccisi in onore di Asclepio.
Dopo i sacrifici si consumavano dei pasti in comune nell’hestiatorion, a sud dell’Asklepieion; tali occasioni erano essenziali, perché permettevano anche di unire il gruppo grazie alla condivisione delle sofferenze.
Si raccomandavano inoltre frequenti bagni con acqua fredda o calda e bevande ricavate da erbe medicinali, come la cicuta oppure l’elleboro (piante tossiche che, in piccole dosi, potevano rispettivamente avere la funzione analgesica o lassativa).
Insomma riposo, alimentazione semplice, igiene, esercizio, e pure gli spettacoli nel teatro, avvicinavano questo santuario più a una casa di cura che a un ospedale moderno.
Dopo diversi giorni di routine, chi non era troppo ammalato poteva riprendersi dai malesseri quotidiani e perfino lasciarsi alle spalle qualche lieve acciacco. Logicamente alcune patologie complesse o letali erano destinate a peggiorare durante il soggiorno.
Non sappiamo come venisse interpretato lo scarso intervento della divinità nel processo di guarigione: con ogni probabilità se ne attribuiva la responsabilità al paziente per mancanza di fede o di convinzione.
A ogni modo, in molti dovevano spirare nelle vicinanze dell’Asklepieion, perché i sacerdoti e i dipendenti erano implacabili con i malati terminali: dal momento che era proibito morire dentro l’area sacra, gli agonizzanti venivano abbandonati alla loro sorte sul monte accanto al recinto.
Così almeno avveniva fino al II secolo d.C., momento in cui furono erette nei dintorni delle strutture specifiche per accogliere i moribondi.
L’intero complesso rimase in uso in epoca romana; alcuni imperatori portarono a termine notevoli rinnovamenti aggiungendovi, per esempio, delle terme. Il santuario di Epidauro venne però abbandonato definitivamente dopo l’avvento del cristianesimo.
Nella foto sotto, resti dell’abaton di Epidauro, parzialmente ricostruito dagli archeologi.