Il 28 agosto 1802 una torta con 53 candeline è pronta per celebrare il compleanno di uno dei più noti scrittori europei del Romanticismo, Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832).
Questa data può essere individuata come la nascita del compleanno, per lo meno nei termini in cui lo si conosce oggi.
Un’occasione – come racconta Goethe stesso in alcune lettere inviate alla sorella – per fare un bilancio della propria vita, una ricorrenza che assume una dimensione collettiva e festosa, che ripropone antiche tradizioni e che si ripete ogni anno.
Il compleanno in questi termini esiste solo a partire dall’800 e, come dimostra l’esempio dello scrittore tedesco, all’inizio si diffonde fra le classi sociali più alte.
Solo nei decenni successivi l’usanza comincia a penetrare in tutte le classi sociali, finché nella seconda metà del secolo in Germania nasce la Kinderfest, la festa dei bambini: il piccolo (o piccola) festeggiato veniva svegliato all’alba con una torta decorata di candeline.
Una più della sua età, a rappresentare la “luce di vita”: le candeline stavano accese per tutto il giorno e si sostituivano quando si consumavano.
Oggi scopriremo tante cose che riguardano la festa del compleanno.
Faremo un tufo nella storia, per arrivare ai nostri giorni: sveleremo cosa rappresentava al passato, quando nasceva e tante altre curiosità. Buona lettura.
1. Auguri all’antica
Nonostante la festa di compleanno sia così “recente”, le tradizioni che la accompagnano vengono da tempi molto più lontani.
Prendiamo ad esempio il dolce: pare sia di origine egizia.
Tradizione vuole infatti che in occasione del compleanno del faraone i sudditi festeggiassero con cibi squisiti.
Lo stesso facevano i Persiani, che preparavano una torta speciale, riservata al re, da offrire anche alle divinità e ai nobili. Il tutto, però, senza candeline.
A quelle, secondo alcune ricostruzioni storiche, pensarono per primi i Greci. Sarebbero legate al culto della dea della caccia, Artemide, simboleggiata talvolta dalla Luna crescente e dalla sua luce. A lei venivano offerti dolci rotondi, decorati con lumini per renderli, appunto, brillanti come la Luna.
Proprio come facciamo noi oggi con le candeline, gli antichi spegnendo quelle luci rivolgevano delle richieste alla divinità: gli antenati dei desideri che accompagnano oggi il “soffio” sulle candeline. I Greci infatti credevano che il fumo trasportasse agli dèi le preghiere.
Dèi a parte, i Romani rendevano omaggio soltanto alla nascita di chi era dotato di un certo “pedigree”: nel loro calendario si festeggiava ad esempio il dies natalis (“giorno di nascita”) degli imperatori e la ricorrenza di particolari eventi.
Dal natalis Romae (il 21 aprile, data tradizionale della fondazione dell’Urbe) al dies natalis Solis Invicti, festa per la nascita del Sole (a dicembre, quando le giornate cominciano a riallungarsi) istituita da Aureliano (nella foto) nel 274.
Da allora a Goethe trascorsero più o meno 1.500 anni, durante i quali il compleanno fu poco considerato, se non addirittura osteggiato.
2. Il compleanno nel Medioevo
Fino al XVI secolo, del resto, pochissimi conoscevano la propria data di nascita.
Non c’erano i registri dell’anagrafe (c’erano quelli parrocchiali, ma solo nelle città e solo in certe epoche) e gli unici a venire in soccorso a figli e nipoti erano i familiari con la loro memoria.
Ma anche così, non bastava: il fatto di conoscere il giorno del proprio compleanno non significava infatti tenere anche il calcolo della propria età.
Come racconta lo storico francese Jean-Claude Schmitt nel libro L’invenzione del compleanno, misurare il passare del tempo prevede competenze culturali che, per esempio in epoca medioevale, non erano diffuse.
Le varie forme di calendario utilizzate nella Storia, servono sì a scandire il tempo, ma in modo circolare (seguendo il ritmo delle stagioni). Il compleanno invece, pur ricorrendo ogni anno, offre un calcolo del tempo lineare (con gli anni che passano). Sono due concezioni differenti.
Insomma, per secoli nessuno ebbe a cuore il festeggiamento del proprio compleanno. Ciò che mancava era la coscienza della persona in quanto individuo.
È riconoscere l’individualità, propria e degli altri, che ci spinge a festeggiare una persona. Un concetto che, storicamente parlando, è molto recente.
Nel Medioevo ai neonati veniva quasi sempre dato il nome del santo festeggiato in quel giorno: la festa era quella religiosa, non quella dell’individuo. Come dire che l’onomastico coincideva con il compleanno, e sicuramente era più importante.
Persino il compleanno cristiano per eccellenza, il dies natalis di Gesù, per secoli è stato negato dalla Chiesa. Le sue origini pagane non rendevano il Natale una festa ben vista. Ben più importante era il giorno della morte di Cristo, considerata la sua “vera nascita”, che portava salvezza all’umanità.
Per assurdo, durante il Medioevo i vocaboli anniversarium e dies natalis designavano non il compleanno, ma il giorno della morte. Per indicare la nascita si usava invece il termine “natività” (che anche oggi, con la maiuscola, indica il 25 dicembre): era questo unico evento a essere celebrato.
Tra i più assidui nemici del compleanno c’era sant’Agostino (IV secolo, qui nella foto): per il padre della Chiesa la nascita, atto carnale, ricordava troppo da vicino la perpetuazione del peccato originale.
3. La rivoluzione protestante
Molto cambiò con la Riforma protestante che nel Quattrocento mise in discussione il culto dei santi e promosse l’adozione di nomi diversi da quelli canonizzati.
Il compleanno e i suoi festeggiamenti cominciarono così la loro marcia trionfale.
Lo attestano documenti in cui sono menzionati alcuni compleanni di vip.
Il diario di Jean Hèroard, medico di Luigi XIII di Francia, segnala (fatto insolito) con precisione data e ora di nascita del futuro sovrano, venuto al mondo nel 1601 “alle ore quattordici della Luna nuova, alle dieci e mezza e un quarto secondo il mio orologio”.
Sappiamo anche che nel 1605 Luigi “vuol far cantare il Te Deum nel giorno del suo compleanno”, sobria festicciola che si ripeté due anni dopo.
E nel 1611, sovrano da un anno, Luigi XIII (qui nella foto) si rifiutò di studiare “perché quel giorno era quello della sua nascita”.
Insomma, un giorno di festa e di riposo, almeno per lui.
4. Arrivano i bambini
Un dipinto, sempre del Seicento, contiene invece le prime notizie di “compleanni” di bambini senza corona.
Era il 1649 quando Philippe de Champaigne, insieme alla data e alla propria firma, riportò con precisione da ufficio anagrafe, sul loro ritratto collettivo (forse un regalo?), l’età dei sette fratelli de Montort: “Henri Louis Habert 10 anni / Jean Bal thazar 7 anni e 6 mesi / Louis e Jean Paul 4 anni e 9 mesi / Anne Louise 3 anni 3 mesi / François 23 mesi / Jean Louis 8 mesi”.
Passarono un altro paio di secoli prima che, è il caso di dire, la festa cominciasse davvero. Per organizzare una festa di compleanno era necessario avere una disponibilità economica che esulasse dal quotidiano bilancio familiare. Insomma, era cosa da re o da nobili.
E non va sottovalutato il fattore tempo, o meglio tempo libero. In una famiglia di contadini nessuno avrebbe sprecato tempo per festeggiare, perché il tempo era quello del lavoro e delle faccende domestiche.
L’usanza si diffuse quindi quando si cominciò a concepire una dimensione temporale diversa, non più legata solo all’incombenza lavorativa.
Per questo il 53° compleanno di Goethe si può considerare “il compleanno dei compleanni”: per la prima volta ritroviamo tutti gli elementi tipici di un rituale legato alla borghesia e che noi oggi riconosciamo come tradizionali, gli amici e i parenti riuniti, la torta e le candeline.
Elementi, come abbiamo visto, con un passato, ma rivisti in chiave moderna. L’unica cosa che mancò al compleanno del poeta tedesco fu sentire “tanti auguri a te”.
Per quello si dovette aspettare l’inizio del Novecento, l’entusiasmo di due maestrine americane e il potere commerciale di una casa discografica che ha reso celebre il motivetto.
5. La canzoncina contesa
Attenzione a intonare Tanti auguri a te a voce troppo alta: la Warner/Chappell Music potrebbe chiedervi il pagamento dei diritti d’autore.
O meglio, essendo la proprietaria della melodia Happy Birthday to You, ne rivendica i diritti ogni volta che la canzone viene utilizzata in programmi televisivi o film.
La questione dei diritti in realtà è controversa almeno quanto le origini del motivetto.
Fu inventato nel 1893 da due maestre del Kentucky, le sorelle Hill, che cantavano, sulle note di quella melodia, Good morning to all (“Buongiorno a tutti”) ai loro bambini.
Le due sorelle vendettero la musica alla Clayton Summy Company, che la pubblicò.
Le parole di Happy Birthday to You furono invece pubblicate dall’editore Robert Coleman nel 1924: non si sa chi abbia messo insieme la melodia e le parole di buon compleanno.
L’accoppiata ebbe però successo, tanto che Jessica Hill, sorella delle due maestre, ne rivendicò i diritti e vinse la causa.
Dopodiché cedette il copyright alla Clayton Summy Company (poi acquisita dalla Warner), che nel 1935 pubblicò la canzone Happy birthday, con la melodia di Good morning to all e il testo Happy Birthday to You.
Ma un giudice federale di Los Angeles ha deciso martedì 22 settembre 2015 che Happy Birthday è di dominio pubblico e può essere usata gratuitamente da tutti. i diritti d’autore posseduti dalla casa discografica Warner Chappell Music, una divisione della Warner Music Group, non sono validi.
La decisione è arrivata al termine di un processo iniziato nel 2013, quando una regista indipendente che stava girando un film sulla storia della canzone, Jennifer Nelson, portò la questione dei diritti di Happy Birthday in tribunale dopo che Warner Chappell Music le aveva chiesto 1.500 dollari per poter usare la canzone nel suo film.
Per la società di edizioni è un duro colpo visto che le royalties le fruttavano circa 2 milioni di dollari l'anno.