Da un paio di mesi circa, i turisti diretti a Firenze hanno un'altra straordinaria meta da aggiungere ai loro itinerari: stiamo parlando del Parco mediceo di Pratolino, che domenica 6 aprile è stato riaperto al pubblico e sarà visitabile tutti i venerdì, i sabati, le domeniche e i festivi fino a ottobre. Se non lo conoscete, vale la pena ricordare un'altra data recente, l'11 maggio, quando, nel giardino, è stata inaugurata la targa ricevuta dall'Unesco in qualità di Patrimonio dell'Umanità.
Il Parco Mediceo di Pratolino è ubicato sulla via Bolognese, che dal capoluogo toscano conduce a San Piero a Sieve. Se, com'è probabile, soggiornate in un hotel (su Venere.com si possono incontrare offerte interessanti), potete raggiungere il Parco in poco meno di mezz'ora, sia che vi spostiate in auto sia che vi muoviate in autobus: l'ingresso principale, quello di "Villa Demidoff", è situato al 276 di via Fiorentina, nel territorio di Pratolino (Vaglia).
La storia di questo meraviglioso giardino risale alla seconda metà del Cinquecento, quando il Granduca Francesco I de’ Medici (n.1541 – m.1587), acquista da Benedetto Uguccioni per 3000 scudi, 12 poderi di “una possessione” a Pratolino situata a dodici chilometri da Firenze al valico delle colline a nord della città, lungo l’antica strada romana che traversava l’Appennino.
Oggi, il percorso dei turisti alla scoperta del parco include 17 esaltanti tappe corrispondente ad altrettante aree. Tra le attrazioni principali, spiccano: la statua del Gigante dell'Appennino, originariamente costruita da Gianbologna, a cavallo tra il 1579 e il 1580; la Cappella, eretta dal Buontalenti nel 1580 e unica struttura pressoché inalterata nel tempo; la Villa Demidoff, dove non si può assolutamente perdere la grandiosa Sala Rossa.
Ma vediamo un po' più da vicino le tappe storiche più importanti di questo meraviglioso ed unico Parco mediceo di Pratolino.
1. L'origine del Parco Mediceo di Pratolino
Il Parco Mediceo di Pratolino nasce alla seconda metà del Cinquecento, precisamente nel 1568, quando il Granduca Francesco I° de’ Medici (1541 - 1587), acquista da Benedetto Uguccioni per 3000 scudi, 12 poderi di “una possessione” a Pratolino situata a 12 chilometri da Firenze al valico delle colline a nord della città, lungo l’antica strada romana che traversava l’Appennino.
Francesco I de’ Medici assegnò il compito di progettare una villa (fatta demolire dai Lorena nel 1824 e oggi non esiste più) e un parco ad essa circostante a Bernardo Buontalenti, celebre architetto dell'epoca.
Nelle intenzioni di Francesco I de’ Medici, il luogo doveva diventare il posto delle fiabe di sua moglie, Bianca Cappello. I lavori, che furono portati a termine in 12 anni, dal 1569 al 1581, diedero vita a uno scenario magico e sorprendente: la sontuosa villa sovrastava un insieme di grotte artificiali ed era attorniata da un bosco di abeti bianchi, mentre il parco era un trionfo della fantasia.
Il palazzo era magnifico ed imponente: al piano terra vi erano le stanze di uso comune e uno spazio per la prima accoglienza delle carrozze. Al primo piano vi erano i quartieri dove si svolgeva la vita dei Granduchi al quale vi si accedeva da due rampe di scale.
Il secondo piano era destinato ai Principini mentre il terzo piano alla servitù che veniva chiamata all’occorrenza. In prossimità della Villa, in direzione sud-est, si trovava una grandissima gabbia detta la Voliera, coperta con reti di rame su sbarre di ferro, contenente uccelli di tutti i tipi, anche esotici, con all’interno una Fontana che serviva per abbeveratoio.
2. Il Pratolino fino all'avvento dei Lorena
Alla morte di Francesco I nel 1587, assunse il potere il fratello Ferdinando I (1549 - 1609) e la Villa di Pratolino continuò ad essere la residenza preferita dalla famiglia medicea per la quale il Granduca Ferdinando I fece costruire appositamente gli appartamenti privati al primo piano.
A testimoniare la cura e l’interesse dei Medici per Pratolino nel lungo arco di tempo che va dal 1587 al 1737, rimangono le perizie per i lavori di restauro e di manutenzione eseguite da numerosi architetti di corte come il Mechini, Giulio ed Alfonso Parigi, Ferdinando Tacca, Antonio Ferri e Alessandro Galilei i quali si occuparono del Parco e della Villa, ma anche dei condotti delle acque che erano occlusi e perdenti.
Antonio Ferri poi nel 1687 costruì un edificio detto l’Arsenale dei legnami, successivamente adibito a serra ed a rimessa per le carrozze, ancora oggi esistente e conosciuto come la Villetta.
Il maggiore interesse del Gran Principe Ferdinando era quello per il teatro e soprattutto per la musica alla quale era stato educato sin da bambino e per la quale mostrava un innato talento di suonatore; pertanto volle che al terzo piano della Villa venisse costruito, nel 1683, un teatro stabile, capiente di circa 400 posti, dove potesse essere apprezzata la buona musica accompagnata dal canto.
L’avvento della famiglia dei Lorena, significò la chiusura definitiva di un’epoca per tutta la Toscana, e naturalmente anche per Pratolino. La concezione dello Stato che avevano i nuovi regnanti era ben diversa da quella che avevano i Medici.
Nel 1845 il Parco ed i pochi poderi ancora annessi furono comprati dal Granduca Leopoldo II, che governò dal 1824 al 1859, diventando quindi un suo bene personale e in tale “status” rimasero anche dopo l’unione della Toscana al Regno d’Italia (1861) fino alla sua morte, quando gli eredi vendettero l’intero complesso al principe russo Paolo Demidoff di San Donato.
3. Il Pratolino passa alla famiglia Demidoff
Il Principe Paolo Demidoff II (1839 -1885), comprò nel 1872 per lire 300.000 in oro, con atto notarile datato 19 novembre 1872, dagli Arciduchi d’Asburgo-Lorena figli ed eredi legittimi di Leopoldo II, la tenuta di Pratolino.
Nel 1877 fu dato incarico a Rinaldo Barbetti di restaurare il Gigante dell’Appennino, e fu predisposto anche un progetto di generale riordino dei condotti delle acque, con la ricostruzione di vari tratti e la costruzione di una cisterna, presso la Fattoria vecchia, con capacità di 912.000 litri.
Pratolino costituì quindi una residenza “principesca” per i Demidoff e particolarmente fu, fino all’ultimo, luogo di esilio per la principessa Maria, vedova, sin dal 1916, del consorte, il Principe Simone Abamelek Lazarew.
Nell’anno 1963 il Principe Karageorgevich, probabilmente per far fronte anche alle ingenti spese per le tasse di successione, decise di commissionare alla casa di aste internazionali Sotheby’s di Londra la vendita dell’intero patrimonio mobiliare, che aveva costituito per secoli la collezione dei cimeli raccolti dai Demidoff, che così fu disperso nella vendita avvenuta nei giorni dal 21 al 24 aprile 1963 a Firenze.
Sempre dal 1963 al 1981, vennero eseguite varie decurtazioni di superficie tra donazioni, cessione a terzi di piccoli appezzamenti, cessioni in proprietà, trasferimento di terreni per il PEEP (Piano edilizia economica popolare), per un totale di circa 50 ettari, riducendo così la superficie del Parco a 155 ettari.
Finalmente nel 1981 si giunse all’acquisto del Parco da parte della Provincia di Firenze, con atto notarile redatto in data 4 agosto 1981, per dare inizio ad un periodo di nuovi restauri degli edifici e delle parti monumentali e di interventi sulla vegetazione, al fine di garantire un libero accesso alla collettività.
4. La statua del Gigante dell'Appennino
L’Appennino del Giambologna, il Colosso nel Giardino di Villa Demidoff a Vaglia, già Villa di Pratolino, viene considerato come "un'opera d’arte nell’opera d’arte".
La monumentale opera d’arte, modellata secondo il progetto del Giambologna con materiali diversi su un nucleo principale in laterizio e pietre, fu pensata per Francesco I de’ Medici verso la fine del Cinquecento, precisamente a partire dal 1579.
Massima opera d’arte all’interno del parco e quasi unica superstite delle meraviglie d’arte e d’ingegneria in esso contenute al tempo di Francesco I, deve solo alla sua inamovibilità la salvezza dalle spoliazioni e dalle ruberie, che non hanno risparmiato invece le sue “viscere”, cioè le camere e le grotte al suo interno, ricolme un tempo di ornati preziosi.
Il forte degrado del Colosso è stato frenato dal 1984 dal “Comitato per il Restauro dell’Appennino” che ha visto aggregarsi attorno al problema conservativo di un manufatto così particolare, eccezionale e unico, tanti contributi di discipline diverse, tutti tesi a formare un indispensabile mosaico di conoscenze che ha reso la vicenda conservativa per molti versi irripetibile.
L'Appennino, figura virile dall’età matura, ha una singolare potenza d’immagine. Il volto ha delle zone dipinte; ne restano tracce soprattutto nelle zone più protette quali le palpebre e il naso. Oggi la statua si presenta circondata da una folta vegetazione composta soprattutto da farnie e lecci.
5. La Cappella del Buontalenti
La Cappella del Buontalenti, uno dei pochi manufatti originari conservati, fu costruita nel corso del 1580, secondo un modello in legno disegnato da Buontalenti ed è l’unico edificio giunto ai giorni nostri senza profonde trasformazioni.
La fabbrica, a cui si accede da una scalinata, si trova su una collinetta coperta da una folta vegetazione. E’ un edificio costituito da un vano esagonale, coperto da una cupola e circondato da un loggiato anulare sorretto originariamente da 18 colonne in pietra serena.
Un settore situato al retro del porticato, nel corso del XVII secolo, fu trasformato in sacrestia inglobando nella muratura 4 colonne. La cupola, di profilo brunelleschiano, ha un manto in lastre di piombo ed è conclusa da una lanterna.
All’interno permangono alcuni elementi di arredo, tra cui gli stalli in legno, l’altare (con una grande pala di Giovan Battista Marmi, copia dell’Assunta Passerini di Andrea del Sarto), oltre ad alcune grisailles e lapidi commemorative.
Fino alla morte del Principe Paolo (1885) Pratolino fu un cantiere aperto, con ingenti interventi per ripristini, rinnovi e restauri.
Accanto al loggiato esterno è sepolta l’ultima principessa Marija Pavlovna Abamelek LazarevaDemidof. La curiosità è che la principessa si era fatta costruire la recinzione intorno all'attuale tomba già quando era in vita, perché aveva scelto personalmente il luogo della sua sepoltura.