La possibilità di coniugare un’elevata qualità con dimensioni ridotte è il sogno indiscusso dei fotografi.
Infatti uno dei limiti più grandi di un corredo fotografico è proprio il peso e l’ingombro che può raggiungere, anche solo se si dispone di qualche ottica e alcuni accessori.
Un corpo macchina reflex, gli indispensabili obiettivi e un flash possono tranquillamente raggiungere diversi chilogrammi di peso.
Una simile attrezzatura viene utilizzata solo se si vuole effettivamente fotografare; richiede impegno, tempo e soprattutto fatica.
Se reflex o mirrorless rimangono la soluzione ottimale per svariate tipologie di riprese, vi sono innumerevoli momenti fotografici che vengono persi per la mancanza di uno strumento fotografico appropriato sotto mano.
Anche il classico e onnipresente smartphone, sebbene abbia raggiunto livelli qualitativi più che buoni, non può ancora sostituirsi a una fotocamera in grado di gestire tempi, diaframmi, sensibilità e variare la focale di ripresa.
Le fotocamere compatte, d’altra parte, hanno un gap qualitativo ancora elevato rispetto a una reflex. La grande differenza è ancora fatta dalla dimensione del sensore, non ci stancheremo mai di sottolinearlo.
Una compatta con un sensore da 1/1,7” potrà offrire buoni risultati solamente se le condizioni di illuminazione sono ideali. In situazioni meno ottimali il degrado qualitativo diviene rapidamente evidente.
Quello che serve è avere uno strumento dalle dimensioni comunque compatte, ma dotato di un sensore di dimensione maggiore di quelli integrati normalmente in una tradizionale compatta, il tutto corredato da un’ottica sufficientemente luminosa per non sacrificare le potenzialità del sensore e con una focale variabile per garantire un minimo di versatilità.
I produttori sembrano essersi accorti di questo “buco” e da qualche tempo hanno iniziato a proporre fotocamere che cercano di coniugare una buona qualità a dimensioni estremamente compatte.
Apparse sul mercato timidamente circa quattro anni fa, oggi le compatte hi-end si sono affermate come un segmento piuttosto vivace, che si è evoluto rapidamente.
L’evoluzione ha riguardato principalmente alcune funzioni accessorie richieste dal target a cui si rivolgono. Per poter assecondare la creatività di un fotografo esigente, anche queste piccole fotocamere devono poter offrire alcune caratteristiche essenziali.
Come un’ottica zoom che copra dal grandangolo al medio tele e che sia anche di elevata luminosità per non castrare le potenzialità del sensore di grandi dimensioni di cui sono dotate.
Un altro aspetto irrinunciabile è la possibilità di operare in manuale e in semi automatico, come priorità di diaframma e priorità di tempo, due modalità utilizzate spesso da un fotografo evoluto. In pratica il fotografo si aspetta di trovare le medesime funzioni presenti sulla propria fotocamera principale, reflex o mirrorless che sia.
Altre caratteristiche si sono aggiunte, come il display orientabile e/o la presenza di un mirino per permettere di inquadrare con facilità in ogni situazione. Alcuni brand hanno inserito anche la possibilità di utilizzare flash aggiuntivi, una scelta apprezzata soprattutto dai fotografi professionisti.
Tali soluzioni hanno portato alla creazione di modelli di fotocamere che incorporano la tecnologia più raffinata disponibile oggi sul mercato in grado, appunto, di coniugare qualità, dimensioni ridotte e libertà espressiva.
Di contro questo ha portato a un prezzo di vendita che se non analizzato a dovere può sembrare decisamente sproporzionato verso l’alto.
Quello che si paga però non è il costo di una compatta, ma il prezzo di uno strumento che in dimensioni estremamente ridotte riesce a non fa rimpiangere la qualità e duttilità offerta da una reflex o da una mirrorless in molteplici situazioni.
Ecco le migliori cinque compatte hi-end: ottiche evolute, sensori da almeno 1” e layout da reflex. Tutte, o quasi, sotto i mille euro.
1. Canon Powershot G9X
Canon ha una gamma di Powershot G molto articolata: ben 5 modelli diversi, pensati per soddisfare le più disparate esigenze fotografiche.
Anche se ogni modello è “unico” e ha le sue peculiarità, il cuore tecnologico è spesso in comune.
Il sensore, per esempio, è un Cmos da 1” che Canon ha introdotto con la G7 X e che oggi è presente su tutta la famiglia G, a esclusione della “vecchia” ammiraglia G1 X Mark II.
Progettato da Sony e adottato dalla stessa casa giapponese per la RX100 II e RX100 III, questo sensore conta 20,2 Mpixel effettivi e ha dimensioni di 13,2 x 8,8 mm.
Anche il Digic 6, il processore d’immagine, è una presenza costante in tutti i modelli della gamma (tranne nell’ultima nata, la G7 X Mark II).
La famiglia Powershot G condivide anche il sistema autofocus e l’otturatore; date queste premesse è inevitabile che in diversi campi le performance sulla carta siano identiche.
L’aspetto invece che differenzia profondamente le Powershot G è l’ottica, con Canon che ha realizzato 4 obiettivi diversi per 5 modelli. È un “dettaglio” che, dal punto di vista fotografico, incide pesantemente sulle prestazioni.
Rispetto alle sorelle maggiori, la G9 X – l’“entry level” della famiglia – è quella che dispone dell’ottica meno evoluta; meno evoluta non tanto per copertura delle focali (la G9 X ha uno zoom 3X da 28-84 mm), quanto per luminosità massima (soprattutto in tele).
Di contro, la sua struttura ottica meno complessa, con 8 elementi divisi in 6 gruppi, rende la G9 X davvero “tascabile”, visto che lo spessore massimo è di poco superiore ai 3 cm, per un peso di appena 200 grammi.
La G9 X non perde però la stabilizzazione ottica e le soluzioni Intelligent IS e Dynamic IS consentono un grado di intervento fino a 3 stop.
Proprio perché la G9 X è più pensata per un “punta-e-scatta” anche il layout dei comandi è ridotto all’osso: oltre alla ghiera superiore, per la selezione della modalità di scatto, e a 6 pulsanti dedicati, è presente una ghiera – personalizzabile – coassiale con l’obiettivo.
Anche se le potenzialità creative sono intatte (la G9 X, come le sorelle maggiori, offre un pieno controllo manuale), si tratta di un modello destinato al fotoamatore che scatta, solitamente, in modalità automatica e che raramente interviene sui diversi parametri di scatto.
Segnaliamo infine che, purtroppo, anche il pannello Lcd è “ridimensionato”: è vero che non cambiano i dati di targa (display 3” touchscreen da oltre 1 Mpixel) ma si perde la possibilità di orientarlo.
L’alternativa, per scatti in posizioni scomode, è usare l’app Canon per scattare da remoto, usando lo schermo dello smartphone per comporre l’inquadratura.
+ PRO
• Stesso sensore e processore delle sorelle maggiori
• Prezzo “entry-level”
• Dimensioni davvero tascabili
- CONTRO
• Ottica poco luminosa in posizione tele
• Display Lcd fisso
• Video Ultra Hd non supportato
• Layout dei comandi
Produttore: Canon, www.canon.it
2. Nikon DL18-50
Quello delle compatte “hi-end” è un segmento in cui Nikon era da tempo latitante.
La Coolpix A, fotocamera con ottica a lunghezza focale fissa (28mm) e sensore Aps-C, ha rappresentato per tre anni (dal 2013 a oggi), l’unico modello firmato Nikon “degno” di questo.
Il colosso giapponese è però uscito da questa impasse a fine febbraio, presentando – in un solo colpo – tre compatte premium: la DL18-50, DL24-85 e DL24-500.
I numeri, presenti delle sigle, identificano la lunghezza focale (equivalente) dell’ottica; si tratta di una classificazione decisamente comoda per l’utente, che ha un parametro fondamentale senza dover consultare le tabelle dei dati tecnici.
La nuova gamma DL ha, in comune, l’hardware: stesso sensore Cmos da 20,8 MPixel in formato CX (è la sigla con cui Nikon “identifica” il formato da 1”, ovvero 13,2 x 8,8 mm) e stesso processore Expeed 6A.
Anche il sistema autofocus ibrido e l’otturatore sono in comune ai tre modelli, così come il sistema di stabilizzazione ottica VR a doppio rilevamento (con grado di intervento fino a 4 stop). Persino il layout dei comandi (soprattutto tra la DL18-50 e DL24-85) è sostanzialmente identico.
L’ottica è l’unico “dettaglio” che le differenzia, ma queste tre fotocamere si propongono a tre tipologie di fotografi molto diversi tra loro.
Dei tre modelli, all’interno della nostra rassegna, abbiamo “scartato” la DL24-500: con i suoi 800 grammi di peso e uno spessore di 14 cm, non si può certo considerare una compatta, quanto piuttosto una superzoom e adatta a chi vuole uno strumento tutto-fare, in grado di sostituire non solo la reflex ma anche tutto il parco ottiche.
La DL18-50 è la più adatta agli amanti del supergrandangolare, alla ricerca di uno strumento con un ampio angolo di campo (il suo 18mm copre circa 100°, contro gli 84° del 24mm della DL24-85).
Con la sua apertura massima f/1,8, quest’obiettivo rappresenta l’ultra grandangolare più luminoso mai prodotto da Nikon.
Si tratta quindi di una fotocamera pensata per i paesaggi, riprese di interni e opere architettoniche, ma che, grazie alla copertura fino al 50mm, si può adattare al reportage e alla street photography.
Vista la sua “vocazione” alla fotografia architettonica, Nikon ha integrato una funzione (Controllo prospettiva) per la correzione della distorsione prospettica con decentramento, soluzione che consente una riproduzione più realistica di edifici (e più in generale di soggetti di altezza elevata).
Anche se, ottica esclusa, la DL18-50 e la DL24-85 sono in pratica gemelle, c’è una “piccola” differenza: nella DL18-50 è assente il piccolo flash a scomparsa.
Ma come la DL24-85 è presente la slitta a contatto caldo (in questo caso posizionata “al posto” del flash a scomparsa, quindi in posizione decentrata), su cui installare non solo i lampeggiatori compatibili, ma anche il mirino elettronico opzionale.
+ PRO
• Supergrandangolo da 18mm
• Layout dei comandi
• Velocità della raffica
- CONTRO
Mirino elettronico solo opzionale
Produttore: Nikon, www.nikon.it
3. Fujifilm X70
Anima hi-tech, in un corpo vintage: è questa l’essenza che da sempre caratterizza la famiglia di fotocamere X di Fujifilm.
Famiglia di fotocamere che nasce nel settembre 2010 – con la X100 – e che in questi anni si è arricchita di ben 21 modelli, tra mirrorless e compatte hi-end.
E l’ultima arrivata, la X70, prosegue sulla rotta segnata proprio dalla capostipite, ovvero di una fotocamera realizzata dai fotografi per i fotografi.
Le due peculiarità, che accomunano la X70 alla X100 (e alle due versioni successive X100S e X100T), sono l’ottica fissa e l’ampio sensore, in formato Aps-C.
Di contro, per ridurre sensibilmente i costi e rendere questa classe di fotocamere più appetibile, la X70 è priva del mirino ibrido (ottico più elettronico), fiore all’occhiello delle X100.
Fujifilm ha, parzialmente, compensato con il display Lcd, un 3” touchscreen (novità nella serie X) in grado di ruotare a 180°.
La X70 si differenzia anche per la lunghezza focale dell’ottica: il 35 mm (equivalente) delle X100 viene rimpiazzato da un 28 mm, ma con la funzione teleconverter (digitale) si può però scegliere se scattare con un 35 o un 50 mm.
Nessuna differenza, rispetto alle X100S e X100T, per quanto riguarda il binomio sensore e processore. Per quest’ultimo, Fujifilm si affida al collaudato l’EXR II, che garantisce una notevole reattività alla X70: il tempo di avvio è di 0,5 secondi, mentre il ritardo nello scatto è di 0,01 secondi, con un tempo di intervallo tra gli scatti di 0,5 secondi.
Il tempo di messa a fuoco è di 0,1 secondi (contro gli 0,08 della X100T). Il sensore è invece un Cmos X-Trans di seconda generazione da 16,7 milioni di pixel. Ricordiamo brevemente che X-Trans è una soluzione proprietaria Fujifilm, con una matrice di filtri colore 6x6 a disposizione pseudo casuale.
Rispetto alla classica matrice 2x2 con schema Bayer (ovvero di tipo R-G-G-B) una disposizione pseudo casuale ha il vantaggio di ridurre l’effetto moiré, senza che sia necessario utilizzare un filtro ottico passa-basso. Il tutto a vantaggio della risoluzione e della nitidezza.
Il layout dei comandi, seppure leggermente rivisto rispetto alle X100, è estremamente intuitivo ed efficace, con ghiere e selettori dedicati a tutte le funzioni principali: messa a fuoco, apertura del diaframma, tempi di scatto e così via.
Anche se si tratta di una fotocamera progettata per chi vuole gestire e controllare tutti i parametri di scatto, non disdegna il “punta-e-scatta”. Basta spostare un piccolo selettore per lasciare il pieno controllo agli automatismi.
La X70 si rivolge all’appassionato evoluto, che non si spaventa all’idea di un’ottica fissa, ma che è attento alla sostanza; certo la mancanza del mirino ibrido può far storcere il naso ai puristi, ma sull’altro piatto della bilancia bisogna mettere un risparmio di ben 500 euro (sul listino) rispetto alla X100T.
+ PRO
Versione “economica” delle X100
- CONTRO
Mancanza mirino elettronico (anche opzionale)
Produttore: Fujifilm, www.fujifilm.eu
4. Sony RX100 IV
Il “progetto” Cybershot RX100 ha visto la luce nel 2012, con il primo modello.
E Sony stupiva tutti proponendo un matrimonio che sembrava impossibile da coniugare: qualità e compattezza, insieme.
Infatti la RX100 si staccava completamente dalla concorrenza, riuscendo a combinare, in un corpo macchina di meno di 250 grammi, un luminoso obiettivo e un sensore da 1”.
La RX100 è stata la prima vera “compatta” a integrare un sensore di queste dimensioni; in piena controtendenza, visto che fino a quel momento le compatte hi-end montavano sensori in formato 1/2,3”.
Si tratta di un formato che, con i suoi 6.2 x 4,6 mm, copre un’area che è appena un quarto di un sensore da 1”. È stata un’intuizione, quella di Sony, che è stata poi adottata (per non dire “clonata”) anche da tutti gli altri produttori.
Con il passare delle generazioni – oggi siamo alla quarta RX100 – il colosso giapponese ha via via arricchito la propria compatta hi-end, senza mai tuttavia stravolgere il progetto alla base.
Con la RX100 IV, presentata lo scorso giugno 2015, Sony rivoluziona il sensore, introducendo l’Exmor RS: stessa tipologia (Cmos) e stesso formato (1”) ma adesso un’architettura “stacked”.
In pratica, oltre al sensore vero e proprio, sono “impilati” anche i circuiti dell’elaborazione del segnale e i chip di memoria. Questa soluzione consente una lettura dei dati delle immagini cinque volte più velocemente di un sensore “standard”.
La RX100 IV è quindi una compatta all’insegna della velocità: oltre a uno scatto a raffica di 16 fps, può catturare riprese video Full Hd in super slow motion 40X, ovvero 40 volte più lentamente dell’evento reale.
Ad esempio, un salto acrobatico della durata di 2 secondi può essere riprodotto – a 25p – in un video Full Hd di 80 secondi. Perfetto per chi vuole catturare e “congelare” ogni attimo di un’azione, anche quelle più dinamiche.
Tradotto in fps, questa compatta è in grado di catturare fino a una velocità massima di 1.000 frame al secondo.
Un ulteriore vantaggio, dell’Exmor RS, è che i suoi chip di memoria funzionano come pre-buffer: è possibile catturare gli istanti decisivi (fino a 4 secondi) anche se sono precedenti alla pressione fisica del pulsante.
Non cambia, rispetto alla RX100 III, l’ottica: si tratta di uno zoom 2,9X, con lunghezza 24 – 70 mm e luminosità massima f/1,8 – f/ 2,8. Immutato anche il processore (Bionz X), mentre l’autofocus adesso è derivato da quello utilizzato sulle reflex Alpha 7.
Infine, rispetto al modello di generazione precedente, la RX100 IV mantiene il comodo mirino elettronico Oled a scomparsa e ne incrementa la risoluzione, passando da 1,44 a 2,36 MPixel.
Eredita, dal modello precedente, anche un difetto: la mancanza di una slitta hot shoe, utilizzabile per flash esterni o altri accessori.
+ PRO
• Sensore da 1” “stacked”
• Mirino elettronico
• Dimensioni tascabili
- CONTRO
Mancanza di una slitta hot shoe
Produttore: Sony, www.sony.it
5. Nikon DL24-85
La DL24-85 è, all'interno della nuova gamma DL, quella che ricalca più da vicino l'idea di "compatta hi-end”: ovviamente più tascabile della DL24-500 e con un’ottica più versatile (e meno orientata al supergrandangolare) della DL18-50.
Il suo obiettivo 24 – 85 mm, infatti, consente di spaziare dalle foto di paesaggio al ritratto, dalla street photography al reportage.
Inoltre, visto che come la DL18-50 ha una velocità di raffica molto elevata (arriva a 60 fps con messa a fuoco bloccata) è possibile usarla anche per le foto sportive, a patto di essere già vicini alla scena.
Cambiano le lunghezze focali (rispetto all’ottica della DL18-50) ma non il range di apertura massima (f/1,8 – f/2,8), ottimo per sfocare lo sfondo dietro il “vero” soggetto.
Cambia anche la distanza di messa a fuoco minima: grazie alla funzione Super Macro, con la DL24- 85 è possibile catturare immagini con ingrandimento 1:1 (quindi a grandezza naturale) di soggetti o dettagli di piccole dimensioni, con una distanza minima di 3 centimetri.
Come già accennato, sotto la scocca la DL24-85 e la DL18-50 sono identiche: stesso sensore Cmos da 20,8 Mpixel in formato CX, stesso processore d’immagine Expeed 6A.
L’autofocus, ibrido, conta su 105 punti (a rilevazione di fase) e su 171 punti (a rilevazione di contrasto): la sua efficacia consente una velocità di raffica molto elevata (20 fps) con messa a fuoco continua.
Ovviamente anche i comandi sono identici, con una doppia ghiera superiore (selezione dei modi e staratura intenzionale dell’esposizione) e un controller posteriore, oltre a 8 pulsanti dedicati.
Per la variazione di focale dell’ottica, oltre a un piccolo selettore, si può usare l’anello coassiale all’ottica. Sempre coassiale all’ottica troviamo un’ulteriore ghiera di controllo, personalizzabile dall’utente (può essere usato, per esempio, per la messa a fuoco manuale).
Come nella sorella DL18-50 è assente il mirino elettronico e, per l’inquadratura, è necessario affidarsi al display Oled da 3”, touchscreen e orientabile. Può essere girato verso l’alto di 180° (perfetto per i selfie) e inclinato verso il basso di 80° (utile se dovete scattare sopra una folla di persone).
Molto interessante la presenza, tra gli accessori, di un mirino elettronico inclinabile (DF-E1), compatibile anche con la DL18-50, da inserire nella slitta hot-shoe.
È un’opzione, ma rende queste due DL perfette anche per i fotografi alla ricerca di una soluzione simil reflex, anche nel modo di inquadrare.
Infine, segnaliamo che oltre alla possibilità di effettuare video Ultra Hd (3.860 x 2.160 a 30 fps) le fotocamere DL sono in grado di catturare video in slow motion, fino a 40X (1.200 fps), anche se in questo caso la risoluzione scende fino a 400 x 144 pixel.
+ PRO
• Layout dei comandi
• Velocità della raffica
• Ottica versatile
- CONTRO
Mirino elettronico solo opzionale
Produttore: Nikon, www.nikon.it