Era il 1971, l’uomo aveva messo piede sulla luna per la prima volta da appena due anni, quando proprio sulla superficie lunare un astronauta prese in mano un martello e una piuma con l’intento di farli cadere.
I due oggetti, in assenza di attrito, caddero insieme sulla superficie nello stesso momento.
“Questo ci dimostra che Galileo aveva ragione”, esclamò l’astronauta in un filmato girato per l’occasione. L’esperimento compiuto sulla luna altro non era che la dimostrazione della teoria della caduta dei gravi di Galileo Galilei.
Lo scienziato pisano nel XVII secolo mostrò come i corpi materiali cadono nel vuoto tutti con la stessa accelerazione indipendentemente dalla loro massa.
Due gravi di mole diversa, quindi, discendono ambedue con la stessa velocità di moto. Per comprovare questa tesi un esperimento dimostrativo venne compiuto da Galileo Galilei da un luogo a dir poco suggestivo come la Torre di Pisa.
Galilei si scontrò aspramente con la comunità scientifica dell’epoca che difendeva le teorie aristoteliche sul moto dei corpi. Fu una delle prime feroci contrapposizioni che caratterizzeranno la vita dello scienziato.
Galileo Galilei, un grande pioniere dell’astronomia e della fisica. Uno scienziato costretto a nascondersi.
Curiosità: La frase celebre “E pur si move!” e il sistema copernicano.
- “E pur si move!”
La frase sarebbe stata pronunciata da Galileo Galilei al cospetto del Tribunale dell’Inquisizione al termine della sua abiura dell’eliocentrismo nel 1633.
Lo scienziato avrebbe de o ai giudici: “Con cuor sincero e fede non finta, abiuro, maledico e detesto li suddetti errori et heresie” aggiungendo, però, nell’atto di andarsene: “E pur si move”, riferendosi alla Terra secondo quella teoria copernicana che Galilei aveva cercato di verificare sperimentalmente.
In realtà la nota espressione è stata soltanto attribuita a Galileo da Giuseppe Baretti, che aveva ricostruito la vicenda per il pubblico inglese, in un’antologia pubblicata a Londra nel 1757.
Ciò nonostante la frase “E pur si move” e le successive varianti “E pur si muove” ed “Eppur si muove”, viene ancora usata, nel lessico comune, per esprimere un dubbio o un’intima certezza che resiste a tu e le rassicurazioni (o le sopraffazioni) fornite dall’interlocutore. - Il sistema copernicano
Si deve all’astronomo polacco Niccolò Copernico, vissuto tra il XV e il XVI secolo, l’affermazione della teoria eliocentrica che propone il Sole al centro del sistema di orbite dei pianeti componenti il sistema solare.
La sua teoria, ispirata agli studi di Aristarco da Samo, era opposta al geocentrismo che riteneva, invece, la Terra al centro del sistema. La paternità dell’idea non era dunque di Copernico ma suo fu il grande merito di realizzare una rigorosa dimostrazione tramite osservazioni.
Il nucleo centrale della teoria copernicana, ovvero che fosse il Sole al centro delle orbite degli altri pianeti e non la Terra, fu pubblicato nel libro “De revolutionibus orbium coelestium” l’anno della sua morte.
Queste asserzioni rappresentavano l’esatto opposto di quanto affermava la teoria geocentrica, allora largamente accettata. Esse misero, quindi, in discussione tutto il sistema di pensiero allora dominante in filosofia e religione.
1. Il padre del metodo scientifico e la supernova della discordia
Galileo Galilei ha dato un contributo in molti campi del sapere: dall’astronomia alla matematica passando per la filosofia e la fisica.
Ma lo scienziato toscano ha avuto soprattutto il merito di stabilire una volta per tutte le regole rigorose dell’indagine scientifica introducendo un metodo basato sull’esperienza diretta dei fenomeni e su un’attenta analisi dei risultati.
Esistono molte sfumature di significato legate al concetto di metodo scientifico e non si è giunti a un accordo generalmente condiviso su una possibile definizione del metodo. Il dibattito è estremamente complesso e coinvolge non solo la pratica scientifica ma anche la filosofia.
Si è molto discusso, inoltre, sul fatto che esisterebbero numerosi studi sperimentali e riflessioni filosofiche nell’antichità, nel Medioevo e nel Rinascimento riconducibili al metodo scientifico. Tuttavia a Galilei spetterebbe il primato dell’introduzione formale del metodo sperimentale.
Furono inseriti una serie di criteri ancora oggi validi, in primis l’abbandono della ricerca delle essenze primarie o delle qualità, che era il proposito della filosofia aristotelica, e l’introduzione, quindi, della riduzione della realtà a puro fatto quantitativo e matematico.
Di fondamentale importanza il concetto dell’osservazione empirica che portò a considerare “scienza” solo l’insieme di conoscenze ottenute dall’esperienza e ad essa funzionali.
Come lo stesso Galilei spiega nell’opera “Il Saggiatore”, il “libro” della natura è scritto in leggi matematiche e per poterle capire è necessario eseguire esperimenti con gli oggetti che essa ci mette a disposizione.
Il 9 ottobre del 1604 avvenne un fatto straordinario, apparve in cielo una stella mai vista, più luminosa di tutte le altre. Si trattava di una supernova ovvero una stella nella fase della sua esplosione.
Gli studiosi dell’epoca rimasero affascinati e allo stesso tempo sconvolti da questo fenomeno. Secondo la fisica aristotelica infatti i cieli erano immutabili, come giustificare quindi la comparsa di un’apparente nuova stella? Per Galileo era la prova che l’universo non era immutabile.
Sulla supernova del 1604 Galileo tenne alcune lezioni in cui avrebbe interpretato il fenomeno come prova della mutabilità dei cieli, sulla base del fatto che, non presentando la “nuova stella” alcun cambiamento di parallasse, essa dovesse trovarsi oltre l’orbita della Luna.
Questa tesi attirò su di sé veementi critiche da parte degli accademici aristotelici. Galileo replicò duramente con un libretto “Dialogo de Checo Ronchitti da Bruzene in Perpuosito de la stella Nuova” scritto in lingua veneto-padovana, sotto lo pseudonimo di Cecco de Ronchitti.
Secondo alcuni studi l’opera fu in realtà scritta dal monaco benedettino Girolamo Spinelli ma Galileo avrebbe collaborato forse direttamente alla stesura e alla parte scientifica.
2. Il cannocchiale galileiano e la vita privata
Nei primi anni del Seicento un artigiano tedesco, Johann Lippershey, costruì il primo prototipo di cannocchiale.
Galileo riuscì a perfezionarlo in modo da sfruttarne a pieno le potenzialità nel campo astronomico.
Nel 1610 a Pisa sulla torre De Cantone incontrò Cosimo II de’ Medici Granduca di Toscana per mostrargli la sua invenzione e illustrare le sue scoperte astronomiche.
Grazie al suo telescopio lo scienziato pisano ha potuto osservare la conformazione della Luna, i satelliti di Giove, le macchie solari e le fasi di Venere. Tutte scoperte che contraddissero le tesi aristoteliche e confermarono le idee di Copernico.
Il cannocchiale originale di Galileo era composto di un tubo principale alle cui estremità sono inserite due sezioni separate che portano l’obiettivo e l’oculare.
Il tubo, formato da listelli di legno uniti l’uno all’altro, è rivestito di pelle rossa (divenuta marrone con il trascorrere del tempo) con fregi in oro. Lo strumento può ingrandire gli oggetti di ventuno volte e ha un campo visivo di 15.’
Gli unici due cannocchiali originali di Galileo esistenti al mondo sono conservati nel museo galileiano di Palazzo Castellani in piazza dei Giudici a Firenze.
Galileo Galilei nacque a Pisa nel 1564 da Vincenzo Galilei e Giulia Ammannati. Era il maggiore dei sette figli e quando nel 1591 il padre morì su Galileo gravò la responsabilità dei fratelli e delle sorelle.
La famiglia lo spinse a studiare medicina ma il giovane Galilei si mostrò più incline agli studi sulla matematica, sulla meccanica e sull’idraulica.
Fu precettore ed amico del Granduca di Toscana Cosimo II de Medici e godette della sua protezione e dei suoi favori. Sembra che fosse un amante della buona tavola e un intenditore di vini e che preferisse vivere fuori città.
Non contrasse mai matrimonio ma ebbe tre figli dalla sua convivente, la veneziana Marina Gamba conosciuta verosimilmente negli anni in cui lo scienziato visse a Padova.
La passione per l’astronomia costò cara a Galileo, che non solo si era messo contro la quasi totalità degli scienziati dell’epoca ma dovette fare i conti con dei problemi di salute legati alle sue attività sperimentali.
Infatti alcuni dottori dissero che il corpo dello scienziato stava risentendo dell’osservazione delle stelle che avveniva di notte e, quindi, al freddo e all’umidità.
Ma c’è di più, lo scienziato osservava con il suo cannocchiale anche il sole e si dice che questo gli causò un progressivo indebolimento della vista che lo condusse alla cecità.
Un vero e proprio dramma per un uomo che amava guardare le stelle.
3. La Chiesa, il processo e la condanna
Nel 1614 dal pulpito di Santa Maria Novella a Firenze il frate domenicano Tommaso Caccini denunciò il carattere eretico del sistema copernicano con chiare allusioni all’attività astronomica di Galileo.
Due anni dopo a Galileo viene detto di smettere di sostenere le teorie copernicane.
l teologi del Sant’Uffizio ritennero unanimemente che la teoria eliocentrica supportata da Galileo fosse sbagliata e tacciabile di eresia, in quanto contraddiceva molti passi delle Sacre Scritture.
Di conseguenza, Papa Paolo V ordinò al cardinale Roberto Bellarmino di convocare Galileo e di ammonirlo di abbandonare le tesi copernicane. Nonostante la contrapposizione, i rapporti tra i due sarebbero stati improntatati sulla correttezza e sulla cordialità.
Ben presto si diffusero voci non veritiere sull’ammonizione di Bellarmino a Galilei, che fu interpretata come un vero e proprio atto d’abiura, ossia il formale e totale rigetto delle tesi precedentemente sostenute.
Galilei, prima di lasciare Roma, avrebbe ottenuto, su sua richiesta, dal cardinale Bellarmino una dichiarazione autografa che attestava l’assenza di abiura ma confermava il precetto di non soste- nere le teorie copernicane.
Questa vicenda sancì l’inizio della disputa tra lo scienziato e la Chiesa cattolica. La situazione precipitò nel 1633, l’anno precedente Galileo aveva infatti pubblicato “Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”.
Si trattava di un’opera esplicitamente copernicana che confutava il sistema aristotelico-tolemaico. L’opera ricevette molti elogi ma allo stesso tempo attirò nuovamente le attenzioni della Chiesa.
L’Inquisizione notificò a Galileo l’ordine di comparire a Roma davanti al Commissario generale del Sant’Uffizio, il frate domenicano Vincenzo Maculani. Galileo, malato e ormai settantenne, dovette affrontare un duro processo davanti al temibile Tribunale dell’Inquisizione romana.
Numerosi interrogatori, condotti da Vincenzo Maculani, scandirono il processo. Allo scienziato, fervido credente, l’attacco della Chiesa causò molte sofferenze. Il processo ebbe fine il 22 giugno del 1633 con la condanna al carcere a vita per Galileo che fu costretto ad abiurare.
Dopo la sentenza la Congregazione dell’Indice proibì la lettura e la diffusione de “Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”. La pena dell’ergastolo inflitta a Galileo verrà commutata negli arresti domiciliari.
Consegnato alla residenza dell’ambasciatore toscano a Roma poté poi lasciare la città pontificia per essere accolto a Siena da un amico, l’arcivescovo Ascanio Piccolomini.
Successivamente la Congregazione del Sant’Uffizio gli concesse di ritirarsi nella sua residenza di Arcetri, zona collinare a sud di Firenze, proibendogli, tuttavia, di ricevere persone con le quali discutere di argomenti scientifici.
La residenza di Arcetri Galileo sottoscrisse nel 1632 un contratto d’affitto per la villa fiorentina “Il gioiello”, così denominata per la favorevole posizione sulle colline di Arcetri.
Qui lo scienziato visse dopo la condanna e l’abiura confinato agli arresti domiciliari, e subì il sopravvenire della cecità, continuando però a scrivere alcune delle sue opere più rilevanti. Nel 1634 lo colse la dolorosa notizia della prematura scomparsa della figlia Virginia.
Ad Arcetri avrebbe ricevuto la visita di Ferdinando II de’ Medici, del pittore Giusto Sustermans (che dipinse il ritratto più celebre dello scienziato pisano) e del poeta inglese John Milton.
I giovani Vincenzo Viviani ed Evangelista Torricelli assistettero Galileo fino alla morte. La villa divenne monumento nazionale dal 1920 e nel 1942 fu acquistata dallo Stato.
Oggi appartiene al dipartimento di Astronomia dell’Università di Firenze dopo un lungo restauro, iniziato nel 1986 e concluso nel 2008.
4. Gli ultimi anni e la riabilitazione
L’ultimo periodo della vita di Galileo fu particolarmente difficile.
Nel 1634 scomparve la figlia Virginia all’età di trentaquattro anni, che giovanissima prese i voti di monaca di clausura con il nome di suor Maria Celeste.
Nel 1638, quando era ormai completamente cieco, uscirono a Leida, nei Paesi Bassi, “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti la meccanica e i moti locali”, l’opera inaugurava la nuova scienza della resistenza dei corpi materiali.
Per la prima volta venivano proposti metodi rigorosi per prevedere teoricamente i limiti di rottura dei corpi sottoposti a trazione o ai quali fossero applicati pesi.
Offrì, inoltre, contributi importanti anche in campo statico prospettando analisi innovative sui problemi dell’equilibrio e sul funzionamento delle macchine semplici. Il contributo più significativo era fornito dalle leggi fondamentali sui moti naturali scoperte da Galileo.
Lo scienziato pisano vi definì infine le leggi dei moti pendolari e la traiettoria parabolica dei proietti. Galileo Galilei si spense nella residenza di Arcetri l’8 gennaio 1642 all’età di settantasette anni.
Lo scienziato venne tumulato nella Basilica di Santa Croce a Firenze dove sono sepolti altri grandi filosofi e uomini di scienza come Niccolò Machiavelli e Michelangelo Buonarroti.
Nel 1992, trecentocinquanta anni dopo la morte di Galilei, al termine di un’attenta revisione degli atti Papa Giovanni Paolo II riconoscerà pubblicamente gli errori della Chiesa.
“Galileo ebbe molto a soffrire, non possiamo nasconderlo, da parte di uomini e organismi di Chiesa”, affermò Papa Wojtyla in un discorso tenuto nel 1979.
Nel corso dei secoli che seguirono la morte dello scienziato la Chiesa aveva modificato la propria posizione nei confronti di Galilei. Bisognerà però attendere il pontificato di Paolo VI, nel 1968, per l’avvio della revisione del processo.
Con l’intento di placare definitivamente queste centenarie polemiche Papa Giovanni Paolo II il 3 luglio 1981 ha così istituito una Commissione Pontificia per lo studio della controversia tolemaico-copernicana del XVI e del XVII secolo, nella quale si inserisce il caso Galilei.
Dopo ben tredici anni di dibattimento, il 31 ottobre 1992, la Chiesa annullò la condanna, formalmente ancora esistente, sebbene evidenziò che la stessa condanna di Galileo Galilei fu dovuta all’ostinazione di entrambe le parti che non considerarono le rispettive teorie come semplici ipotesi non comprovate sperimentalmente.
5. Nella cultura di massa, nella letteratura e nel cinema
A partire dal XIX secolo Galileo ha simboleggiato la figura di un uomo geniale, dotato di eccezionali capacità intellettuali e di qualità morali.
È così diventato un soggetto popolare della cultura e dell’iconografia e la sua immagine è stata sfruttata dall’industria e dalla réclame, che ne hanno fatto una sorta d’icona e un marchio pubblicitario per i vari prodotti sul mercato.
Lo scienziato è apparso nei più disparati contesti, dalle figurine ai quaderni, dalle etichette dei liquori ai segnalibri. Galileo è stato anche lo “sponsor” di razzi illuminanti, gomme per auto e strumenti di precisione.
Ma non è tutto. Una vasta formazione geologica di colore scuro presente sulla superficie di Ganimede, il più grande dei satelliti di Giove, è denominata Galileo Regio.
La regione è stata così battezzata dall’Unione Astronomica Internazionale in onore del celeberrimo astronomo italiano. L’aeroporto Pisa-San Giusto è comunemente conosciuto con il nome commerciale “Galileo Galilei”.
Il geniale pisano comparve, inoltre, sulla prima versione della banconota da 2.000 lire (nella foto), emessa dal 1973 al 1983 ed incisa da Trento Cionini, che aveva come tema l’osservazione del cielo.
L’effige dell’astronomo pisano è presente anche sulla moneta commemorativa da due euro emessa nel 2014 in occasione del 450° anniversario della nascita di Galileo.
A partire dall’Ottocento molti letterati hanno omaggiato la figura di Galileo Galilei. Nel 1806 Ugo Foscolo, nel poema “Dei Sepolcri” dedicò allo scienziato i celebri versi “vide/ sotto l’etereo padiglion rotarsi/ più mondi, e il Sole irradiarli immoto”.
Giacomo Leopardi in molte opere esaltò il pensiero di Galileo. Nel 1827 il poeta di Recanati pubblicò “Crestomazia italiana”, un’antologia molto dettagliata di diciassette diversi brani dello scienziato toscano sulla natura e sulla conoscenza.
Nel 1870 toccò a Francesco De Sanctis in “Storia della letteratura italiana” elogiare lo stile e la prosa degli scritti di Galilei. Grandi scrittori del XX secolo come Luigi Pirandello, Giuseppe Ungaretti e Italo Calvino hanno trattato nelle loro opere, con diverse sfumature, l’astronomo pisano.
Esistono anche alcune versioni cinematografiche sulla vita di Galileo. Si tratta di un cortometraggio del 1909, un film risalente al 1968 diretto da Liliana Cavani e la pellicola del regista Joseph Losey del 1975 tra a dall’opera teatrale “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht.