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Georges Boulanger, l’uomo che rinunciò alla Francia per amore

Georges Boulanger era bello, elegante, gentile, un vero conquistatore.

Un generale amato da tutti (comprese le donne), un politico populista e di successo, ma soprattutto un uomo che, nell’amore per la sua Marguerite, trovò le ragioni per vivere e
per morire.

Ma chi era veramente Georges Boulanger, l’uomo che rinunciò alla Francia per amore? Scopriamolo insieme.

 

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1. Su un cavallo nero

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Per capire che tempra d’uomo fosse, dobbiamo cominciare dall’elenco delle sue ferite.

Georges Boulanger era nato il 29 aprile 1837 da una famiglia agiata, era entrato giovanissimo nell’esercito francese e aveva cominciato con una prima lieve ferita in Algeria.

Nel 1859, in Italia, durante la Seconda guerra d’indipendenza, era stato ferito da una pallottola austriaca che gli aveva trapassato il petto. Due anni dopo in Indocina era stato ferito da una lancia avvelenata.

Poi, nella Guerra franco-prussiana del 1870, partecipando alla difesa di Parigi, era stato centrato alla spalla destra. Infine, l’anno successivo, durante la Comune del 1871, era stato colpito al gomito dalla fucilata di un operaio.

Insomma, Georges Boulanger era un generale coraggioso, forse non un genio della politica, ma certo fu un uomo capace di amare. Boulanger piaceva. Quando sfilava sul suo cavallo nero, conquistava le folle e, per un breve periodo, riuscì a sedurre la Francia intera.

La sera del 14 luglio 1886, dopo la parata per la presa della Bastiglia, al teatro Alcazar d’Été, il cantante Paulus si esibì con una canzone dal titolo “Tornando dalla sfilata”, cui aveva aggiunto due versi: “Io non facevo che ammirar / il nostro bravo generale Boulanger”.

Bastava che si pronunciasse quel nome perché il pubblico esplodesse in un applauso scrosciante. Poi, in un momento di isteria collettiva, gli spettatori costringevano Paulus a ripetere quella strofa dieci, venti volte, tra ovazioni e battimani. Per capire perché tanta emozione, dobbiamo partire dalla situazione della Francia di quegli anni.

Dopo la Guerra franco-prussiana, il Paese viveva una crisi profonda: l’Alsazia e la Lorena erano passate al neonato Impero tedesco, si era chiusa tragicamente l’epoca imperiale di Napoleone III e si apriva la tortuosa e instabile vita della Terza Repubblica, che era divisa, non riusciva a contare su maggioranze forti ed era attraversata da grandi scandali finanziari.

Cresceva così, in gran parte della popolazione, uno straripante nazionalismo ed emergeva il “revanscismo”, un sentimento che Boulanger rappresenta bene e che gli varrà il soprannome di “Generale Rivincita”.

Nella foto sotto, la Francia in ginocchio. In quest'opera di Jean-Louis Meissonnier, che tratteggia l'assedio prussiano di Parigi, si riassume il malessere francese negli anni di Boulanger.

 

2. Antitedesco

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Lui era bello, elegante, gentile, un vero conquistatore. Nel 1846, entrò a far parte del Governo Freycinet come Ministro della Guerra.

L’infatuazione popolare per lui cresceva perché tentava, nel suo ruolo istituzionale, di restituire alla Francia il prestigio perduto.

Lavorava con grande energia alla riorganizzazione dell’esercito, dello stato maggiore, della gendarmeria, dei servizi segreti, adottò un nuovo fucile, il Lebel modello 1886, che sostituirà il famoso Chassepot a retrocarica.

Tanta energia preoccupava la Germania che prese subito provvedimenti. L’imperatore Guglielmo disse: «Non voglio fare la guerra alla Francia, ma sarò costretto a farla se Boulanger mi attaccherà!».

È evidente che tutti temevano la sua politica aggressiva, ma era proprio questo a renderlo ancora più popolare. Arrivò proprio al momento giusto l’affare Schnaebelé.

Si trattava di una faccenda di confine e di spie, con Boulanger che, nei suoi panni di Ministro della Guerra, pretendeva dal governo un drastico atteggiamento antitedesco.

Quando Bismarck si indusse a cedere, liberando Schnabelé e rimandandolo in Francia, il merito andò a Boulanger, perché la maggioranza dei francesi era convinta che il buon esito della crisi sia fosse dovuto alla sua fermezza.

A questo punto, però, la popolarità del ministro era troppa per tutti, amici e nemici. Per toglierselo dai piedi, un importante uomo politico, Jules Ferry, fa addirittura cadere il governo Goblet in modo che, il successivo, formato da Maurice Rouvier, potesse eliminare Boulanger dalla lista dei ministri.

Così Boulanger viene spedito a Clermont-Ferrand come comandante del XIII corpo d’armata. L'affaire Schnaebelé? Fu un incidente di frontiera: Guillaume Schnaebelé, commissario di polizia alsaziano, era sospettato di spionaggio.

Cosi i tedeschi gli organizzarono una trappola: lo attirarono oltreconfine e gli saltarono addosso, con l'intenzione di interrogarlo. Schnaebelé si difese, riuscì a fuggire e a riattraversare il confine.

Ma gli agenti della polizia tedesca lo inseguono anche in Francia e lo riportano in Germania. La notizia dell'aggressione riempi la Francia di sdegno e Boulanger cavalcò l'incidente con grande fermezza.

 

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3. La battaglia politica

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Ma partire per quella guarnigione in provincia, per lui, era difficile. Migliaia di parigini si accalcarono alla stazione.

Qualcuno dice 10 mila, altri parlano di 50 mila manifestanti furiosi, che fermarono il treno, bloccando il traffico ferroviario.

Boulanger riuscirà a partire, ma il suo “esilio” durerà poco. Proprio in quei giorni, infatti, scoppiò lo scandalo delle decorazioni. Pare che alcuni dirigenti dello Stato avessero venduto (per soldi) la Legione d’Onore e l’ombra dello scandalo sfiorò anche Boulanger.

Che a quel punto, da Clermont-Ferrand, reagì con un’intervista-bomba. Non solo smentì ogni responsabilità, ma lanciava un’accusa pesante: «Mi si vuol colpire in tutti i modi!», dice. La reazione dei vertici militari fu altrettanto forte e al generale vennero inflitti 30 giorni agli arresti di rigore.

Boulanger, che non era certo il tipo da accettare passivamente una palese ingiustizia, corse a Parigi per difendersi e contrattaccare. A questo punto, però, dobbiamo fare un passo indietro per osservare la vita privata di Boulanger.

L’ex ministro era sposato con Lucie Renouard, bigotta e senza attrattive. Vivevano separati e lui passava da un’avventura all’altra. Finché, nel 1887, non incontrò Marguerite Brouzet, donna affascinante, ex moglie del visconte di Bonnemains.

I due si innamorarono, tanto che lei sarebbe andata a trovarelo spesso a Clermont-Ferrand. Tornato a Parigi, Boulanger preparò la sua rivincita. La situazione gli era favorevole, gli scandali si susseguivano velocemente.

Rouvier rimase al timone del governo per poco e lo stesso capo dello Stato, Grevy, fu costretto alle dimissioni. Nel vuoto di potere, Boulanger coagulava tutti i consensi. Libero dagli impegni con l’esercito, poteva presentarsi alle elezioni del 1888.

Conquistò il seggio in Parlamento con 173.000 voti contro i 75.000 del candidato governativo. A quel punto, si propose come futuro presidente della Repubblica, con un’intenzione (più o meno espressa) di un ritorno alla monarchia.

Intanto, in Parlamento, sfidava il governo: «Scioglietevi - disse - perché siete stati incapaci di realizzare una sola delle riforme che avevate promesso».

 

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4. Il colpo di stato, la fuga e l'esilio

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Il capo del governo, Charles Floquet, perse le staffe e lanciò accuse e insulti. Al punto che i due si scambiarono i padrini.

Il giorno dopo si incontrarono a Neuilly, per il duello. Boulanger dimostrò di non conoscere nemmeno l’ABC della scherma.

Attaccava furiosamente, ma non sapeva difendersi, così Floquet lo colpì alla gola. Un colpo non letale per un puro miracolo, perché la lama aveva appena sfiorato la giugulare.

Nonostante la figuraccia, Boulanger si presentò alle elezioni suppletive del 1889 e stravinse ancora. La folla festante si radunò intorno ai Café Durand, nel cuore di Parigi, dove Boulanger aveva il suo stato maggiore elettorale.

Tutti gridavano: «All’Eliseo!». È un invito al colpo di stato. I suoi fedeli aspettavano solo che il generale li guidasse all’assalto del palazzo presidenziale. Ma non andò così... Dopo ore di attesa, forse di incertezza, Boulanger invece di andare all’Eliseo, andò da Marguerite.

L’amava di un amore così travolgente da considerarla più importante della Francia e della sua carriera politica. Con lei trascorse quella notte senza pensare alle conseguenze del suo atto di forza mancato.

A quel punto, però, con la minaccia di quel colpo di stato, Boulanger era diventato un pericolo per la Repubblica, potenzialmente capace di un colpo di Stato. Così - anche se sapeva che la sua fuga avrebbe fatto naufragare le sue ambizioni politiche - prende un treno per Bruxelles, insieme a Marguerite.

Il seguito fu triste: una vera e propria persecuzione, un processo farsa che si concluse con una condanna alla deportazione. Ancora una volta, nel 1890, i boulangisti lo pregarono di muoversi, di tornare a Parigi, di organizzare una difesa, davanti ai giudici.

Ma Boulanger rispose senza esitazioni: «Se Dio stesso venisse a dirmi di rientrare in Francia, risponderei di no». Per quale motivo, un uomo deciso e forte come lui abbassava le armi?

Furono in molti a pensare che la sua scelta fosse legata a Marguerite. Non la voleva lasciare nemmeno per un minuto. Anche a prezzo di un esilio perpetuo.

Nell'immagine sotto, il duello con Floquet. Incisione tratta dallo spagnolo "Diario Illustrado". Il 2 agosto 1888, Boulanger venne ferito alla gola dal deputato Floquet.

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5. La tragedia

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Un esilio senza pace, perché la coppia fu costretta a lasciare Bruxelles per rifugiarsi a Londra dove, poco dopo, Marguerite si ammalò di una grave pleurite.

Si riprense, ma quando i due innamorati si stabilirono nell’isola di Jersey, si scoprì che la donna aveva la tisi. Boulanger la riportò a Bruxelles per una cura sperimentale.

Purtroppo fu tutto inutile: la donna morì tra le braccia del compagno il 16 luglio 1891. Due mesi e mezzo dopo, incapace di reggere al dolore, lui stesso si sparò un colpo di pistola alla tempia davanti alla tomba di Marguerite.

Nel suo testamento dichiarò che non poteva più vivere senza la donna che aveva amato con tanta forza. «Uccidendomi - scrisse - non ho una grande speranza di rivederla, ma chissà. Perlomeno torno nel nulla dove non si soffre più».

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Ma chi era Boulanger? Dal punto di vista politico Boulanger può essere considerato un precursore di D’Annunzio o di Mussolini. È stato un capopopolo emotivo, che amava i bagni di folla, faceva leva sulle passioni dell’opinione pubblica, guardava più all’effetto che al contenuto delle sue proposte.

Forse per questo non è riuscito a prendere il potere, ma restano il suo amore per Marguerite e la sua pazzesca rinuncia per la donna che amava. Sono sentimenti rari anche per quell’epoca, ma che oggi ci sorprendono e ci lasciano, in fondo, un senso di ammirazione.

Secondo gli storici, nonostante il suo carisma, Boulanger mancava di freddezza, coerenza e risolutezza. Era in sostanza un leader mediocre cui mancavano la visione e il coraggio. Non riuscì, infatti, a unire gli elementi politici che andavano dall'estrema sinistra all'estrema destra, che però costituivano la base del suo elettorato.

Nonostante i suoi difetti, però, spaventò i repubblicani e li costrinse a riorganizzarsi e ad aggregare le forze della Terza Repubblica contro di lui.

Curiosità: Nel 1956, Jean Renoir diresse un film dal titolo Eliana e gli uomini, almeno in parte ispirato alla vicenda di Georges Boulanger. La parte del generale era interpretata da Jean Marais, mentre Marguerite era Ingrid Bergman. Il soggetto del film, proposto come una "fantasia musicale", era ben lontano dalla vicenda originale dei due protagonisti e, nonostante la mano del grande maestro, fu giudicato con freddezza. Nella foto sotto, Ingrid Bergman e Jean Marais, i due protagonisti di Eliana e gli uomini di Jean Renoir.

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