Le sue capacità paranormali si erano evidenziate fin da quando era un ragazzino.
Con le mani placava i dolori e riusciva anche a localizzare persone scomparse, toccando oggetti a loro appartenuti. Non sempre aveva successo: così fu, purtroppo, nel caso Moro.
Gerard Croiset nacque a Laren, 30 km a est di Amsterdam (Olanda) il 10 marzo 1909. I suoi genitori, Hijman Croiset e Judith Boekbinder, erano una coppia di artisti ebrei (il padre era un attore shakespeariano) e vivevano nella comune socialista Walden.
Qui i rapporti di coppia non dovevano essere ufficializzati da un matrimonio e perciò per il suo primo anno di vita Gerard si chiamò Boekbinder come la madre. Dormiva in una “cassetta da frutta ben ripulita”, come avrebbe ricordato lui stesso nella sua autobiografia molto tempo dopo.
Alla fine i suoi genitori abbandonarono la comune e rientrarono nella società tradizionale, dove si sposarono. Gerard quindi acquisì il cognome del padre diventando Croiset.
1. La nonna, prima “paziente”
I rapporti tra i genitori non erano tranquilli, anche perché il padre non aveva un lavoro stabile.
A un certo punto abbandonò la famiglia costringendo la moglie a fare la sarta per mantenersi, fin quando non dovette essere ricoverata.
Gerard, i due fratellini Hans e Max e la sorella Nora rimasero con la nonna, il cui nervo trigemino era spesso infiammato. Nella sua autobiografia Gerard scrisse che quando la accarezzava sulla guancia malata, la nonna traeva un grande piacere: era un segnale del potere spirituale che già allora si sprigionava dalle sue mani.
Anche la nonna finì in ospedale e i bambini vennero affidati a genitori adottivi: Gerard ne cambiò sei. Gerard aveva una salute molto fragile e più volte nei primi anni di vita cadde gravemente ammalato.
Ma fu quando aveva circa 8 anni che rischiò seriamente di morire: «Un pomeriggio tornando da scuola... arrivammo a un ponte», raccontò poi nella sua autobiografia. «Lo attraversammo camminando all’esterno del parapetto. Nell’istante in cui cercavo di prendere la colonnina successiva a quella cui mi reggevo un amico mi spinse perché mi affrettassi. Persi la presa e caddi nell’acqua puzzolente del canale».
Il bambino si salvò solo per il coraggioso intervento di un passante che si gettò in acqua, ma riportò una forma permanente di reumatismo articolare. L’episodio è importante perché secondo alcuni è proprio da questa esperienza che si originò la particolare sensibilità di Gerard nei confronti dei bambini affogati.
Un paio d’anni dopo, nel settembre del 1919, a scuola, durante l’intervallo, una ragazza cadde malamente e si ruppe un’anca. Il piccolo Gerard aveva assistito alla caduta e istintivamente le mise la mano sul fianco: vide allora «molto chiaramente una macchia nebulosa vicino al suo fianco l’immagine di un osso a forma di scodella attraversato da una riga scura simile a una incrinatura».
Quello che invece vide l’insegnante presente fu un bambino che stava mettendo una mano addosso a una ragazza e gli rifilò un manrovescio spaventoso. Nessuno volle credere a Croiset, nemmeno quando la radiografia mostrò in modo inequivocabile la frattura.
Gli anni successivi passarono tra difficoltà e stenti, tra genitori affidatari e istituti per ragazzi orfani. Sul piano lavorativo Croiset non ebbe mai un lavoro stabile, non avendo completato gli studi e non godendo di buona salute. Ancora ragazzino, lavorò in una fattoria, poi come commesso nell’ufficio di un porto, infine come rappresentante di una ditta di tè.
2. Vedeva una luce
In un periodo non precisato, Gerard cominciò a vedere una luce “talmente brillante da essere insostenibile”. Solo una “nebbia luminosa grigio violetta” che si frapponeva tra lui e la luce gli permetteva di proteggersi.
Intanto conobbe una ragazza, Gerda Termorsche (foto sotto). La sposò dopo qualche anno di fidanzamento: il matrimonio fu felice, allietato da ben cinque figli. L’11 marzo 1934, dopo l’ennesimo fallimento lavorativo, ebbe la conferma di essere in contatto con un livello spirituale superiore.
Fu quando un amico, Henk De Maar, gli descrisse con estrema ricchezza di particolari il proprio rapporto con il padre: «Vedevo un velo che avvolgeva il corpo di De Maar formando un secondo corpo attorno a lui nel quale si formavano sembianze umane a me sconosciute». Queste sembianze umane sono per lui “amici spirituali”.
Nei mesi successivi Croiset cominciò ad aiutare le persone che, spinte dal passaparola tra amici, si rivolgevano a lui per avere un consulto, sia che riguardasse il futuro degli affari sia il nascondiglio in cui era stato nascosto un testamento. Da subito però Croiset scelse di non pretendere un pagamento per i suoi servizi, ma di lasciare che fossero i suoi clienti a stabilire l’entità del compenso.
Cominciò a esplorare sistematicamente i suoi poteri e a fare esperimenti sfruttando anche l’ipnosi. A un certo punto aprì un vero e proprio ambulatorio su una chiatta ormeggiata in un canale.
La sua clientela crebbe rapidamente e la polizia, sospettando una truffa, lo convocò. Croiset chiese all’ispettore di mettere la mano sul tavolo, a dieci centimetri dalla sua: «Si scalda!», esclamò l’ufficiale. «Allora gli chiesi di metterla sotto il tavolo», prosegue Croiset nei suoi ricordi. «Pizzica!», disse il poliziotto. «Così succede ai miei pazienti», concluse Croiset, che venne effettivamente tradotto in giudizio e condannato per frode, anche se la sentenza non fu mai eseguita.
Continuò a esercitare le sue facoltà di paragnosta rispondendo a ogni richiesta di aiuto. Durante la Seconda Guerra mondiale, Croiset venne arrestato dai tedeschi nel gennaio 1942: in quanto discendente da due nonni ebrei, fu spedito in un campo di concentramento, da cui riuscì a ritornare indenne.
Nel 1945 incontrò il professor Wilhelm Tenhaeff (foto sotto) dell’Università di Utrecht, specialista in psicologia ma interessato ai fenomeni paranormali. Scoperte le sue doti, il docente iniziò a studiarlo sistematicamente, verificando in laboratorio le sue capacità extrasensoriali.
All’Università di Utrecht, proprio grazie alle sperimentazioni condotte con Croiset, Tenhaeff ottenne l’autorizzazione a istituire una facoltà di parapsicologia. Lo stesso Croiset finì per trasferirvisi vicino.
3. Dall’oggetto alla persona
Secondo i suoi sostenitori, Croiset mostrava capacità inspiegabili per la scienza nei casi di “chiaroveggenza tattile”, quelli nei quali semplicemente toccando un oggetto appartenuto a una persona scomparsa riusciva a ricostruirne dettagliatamente le vicende personali.
Spesso utilizzava come induttore o ponte delle proprie visioni una semplice fotografia, una lettera, un anello, in un caso perfino un mattone: qualunque oggetto poteva fungere da catalizzatore. In molti casi era sufficiente una semplice telefonata, anche breve, per ricostruire una situazione con ricchezza di particolari.
Questa capacità era particolarmente forte con i bambini e soprattutto con quelli che si temeva potessero essere affogati, in virtù, secondo Tenhaeff, della traumatica esperienza che lo stesso Croiset aveva vissuto da bambino.
Durante i suoi interventi, Gerard parlava sempre, come se potesse chiarire, soprattutto a se stesso, le proprie visioni. Quando invece il contatto era solo telefonico, poneva meno domande possibile, incoraggiando l’interlocutore.
D’altra parte, Croiset apprezzava questo metodo di indagine perché sosteneva che il telefono eliminava le influenze estranee e riduceva le interferenze. Secondo Tenhaeff, Croiset sapeva fornire fondamentalmente quattro tipi di informazione: prima di tutto dava la descrizione della persona che era stata la proprietaria dell’oggetto induttore che fungeva da ponte e di cui poteva tracciare i difetti fisici, la voce, l’aspetto.
In secondo luogo, descriveva l’ambiente attorno alla persona con cui si metteva in contatto, raccontando quello che le succedeva. Inoltre raccontava episodi collegati a persone con cui il proprietario dell’oggetto era venuto in contatto e infine descriveva dettagli aggiuntivi sul paesaggio o in generale l’ambiente in cui la persona indagata si trovava.
«Quando qualcuno mi telefona e dice di volermi parlare a volte non sento nulla», diceva lo stesso interessato. «Ma quando una sensazione di calore mi prende, avverto una vibrazione, simile in qualche modo a una espansione, che mi riempie dall’interno come un pallone. Allora mi faccio attento, perché capisco che non è una telefonata normale... Quando viene a trovarmi qualcuno che ha un problema reale, io vedo una nuvola di colori che ruotano vorticosamente attorno a me fino a quando non formano un’immagine. Queste immagini mi balzano davanti agli occhi come se fossero un film tridimensionale».
Qua sotto, ritratto di Gerard Croiset nel 1970 mentre studia la fotografia di Muriel MacKay, rapita e uccisa nel 1970 a Londra.
4. Tipi di intervento e le chiamate dalla polizia
Gli interventi di Croiset erano i più vari. Per esempio, nel 1953 un certo signor Van Dick telefonò all’università chiedendo aiuto perché aveva perso il passaporto.
Croiset gli rispose di non preoccuparsi: «Il passaporto è in una cartelletta grigio chiaro. Ma vedo anche del rosa. Il passaporto deve essere in un ufficio o in una qualche specie di magazzino».
Ed effettivamente era così: il rosa apparteneva a tre cartellette che erano state poste sopra una quarta, grigia, nascondendola.
Il 3 ottobre del 1959 una scrofa, sul punto di partorire, fuggì da una fattoria nell’Olanda dell’Est. Un amico del proprietario chiamò al telefono Croiset che disse subito: «A sinistra della fattoria, sul retro, c’è un fossato. A circa dieci minuti dalla fattoria lungo il fossato c’è un cespuglio: il maiale è lì». E quando l’allevatore raggiunse il posto indicato, la scrofa aveva appena figliato nove maialini. Qui sotto, la copertina della sua autobiografia.
Croiset è diventato famoso quando anche la polizia olandese cominciò a rivolgersi a lui in casi particolarmente difficili o su esplicita richiesta dei parenti delle vittime scomparse. Il 20 maggio 1960 un bambino di quattro anni, Toontje Thooner, scomparve a Eindhoven.
Quando un amico di famiglia chiamò Gerard, questi lo bersagliò con un fuoco di fila di domande relative alla zona della scomparsa e poi annunciò tristemente: «Non va bene, ma purtroppo ho una chiara visione: fra tre giorni il corpo del bambino verrà recuperato in un canale (e aggiunse il nome), vicino a un pilone e a un secchio in zinco». Tre giorni dopo la polizia recuperò in effetti il corpicino del bambino esanime.
Un episodio rimasto famoso ebbe luogo il 23 luglio 1962 a Heeten, un paese un centinaio di chilometri a est di Amsterdam. Quel giorno, Marijke Alfering, una bambina di soli 18 mesi, scomparve misteriosamente.
Si attivarono subito le ricerche, cui parteciparono centinaia di persone, invano. A sera il borgomastro telefonò a Croiset il quale, prima ancora che l’altro parlasse, esclamò: «La bambina è viva! Dorme vicino a un fosso».
Furono riprese le ricerche che durarono fino a tarda notte, quando finalmente, presso un fossato, fu ritrovata la piccola appoggiata sul fango. Croiset si è spento serenamente nella sua casa a Utrecht il 20 luglio 1980.
Nella foto sotto, Gerard Croiset tra i parenti dei tre bambini Beaumont, scomparsi vicino alla città di Adelaide, Australia, il 26 gennaio 1966. Non furono mai ritrovati.
5. Croiset non riuscì a salvare lo statista democristiano
La fama di Croiset era tale che venne chiamato anche in altri Paesi, tra cui l’Italia, dove purtroppo le sue previsioni non si rivelarono fortunate.
Il primo caso al quale lavorò fu quello di Ermanno Lavorini, un bambino undicenne rapito il 31 gennaio 1969 a Livorno. Croiset sostenne che il bambino era morto annegato, mentre venne ritrovato il 9 marzo sepolto nella pineta di Vecchiano (Pisa).
Il caso più famoso resta però quello di Aldo Moro, il celebre statista democristiano rapito e ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978 a Roma.
In un’intervista al settimanale L’Espresso si legge: “il veggente indicò una casa dai mattoni rossi con due leoni di marmo, dalle parti di Santa Maria Maggiore a Roma”. Si rivelò estranea al rapimento.
Ancora: Stanislao Nievo (1928-2006), erede del celebre scrittore risorgimentale, chiese aiuto a Croiset per rintracciare il relitto della nave sulla quale l’avo aveva perso la vita nel 1861 vicino Capri.
Croiset, al telefono, descrisse la situazione sottomarina: «A 100 metri dal posto dove giace il relitto, verso ovest, c’è una grande roccia. È alta 70 metri sul fondo. Intorno c’è sabbia. Cerchi laggiù».
Nievo effettuò delle ricerche individuando sia la grande roccia sia il relitto di una nave a vapore, che tuttavia non fu possibile identificare con precisione.