Un tasso di crescita annuo del 13 per cento dal 2022 al 2025, anno in cui il mercato mondiale raggiungerà i 21,65 miliardi di dollari: è boom per i giochi da tavolo secondo il Global Board Games Market Report 2021.
Negli ultimi decenni si sono moltiplicati a vista d’occhio: solo nel nostro Paese sono 800 i nuovi giochi lanciati ogni anno, per un valore di mercato stimato in 100 milioni di euro.
Ci sono poi i giochi di ruolo, il più noto dei quali è Dungeons & Dragons, lanciato negli anni Settanta, che ha conosciuto un’impennata durante la pandemia con un guadagno complessivo cresciuto del 33 per cento (2021-2022).
Inoltre ci sono i videogiochi, sempre più popolari, il gioco d’azzardo e le attività ludiche per adulti come per esempio il Softair, che consiste nella simulazione di azioni militari con tanto di divise e armi finte. Infine c’è il mondo dei Cosplay, che vede uomini e donne impegnati a interpretare personaggi tratti dai manga giapponesi.
Giocare insomma non è più solo un’attività per bambini, ma un fenomeno serio con ricadute sociologiche e relazionali.
Può produrre molti benefici: come spiegano gli psicologi, anche da adulti il gioco ha un ruolo importante nel processo di costruzione dell’identità personale e sociale. Non a caso è un modello comportamentale diffuso in tutti gli esseri viventi.
Mentre gli animali lo fanno per tutta la vita, però, noi umani siamo spesso erroneamente convinti che giocare in età adulta sia sinonimo di immaturità.
1. Da spontaneo a strutturato. Quattro forme
Laddove però il gioco infantile è spontaneo e senza regole, crescendo ci dedichiamo ad attività più strutturate.
Come faceva notare il sociologo e antropologo francese Roger Caillois, osserviamo questa trasformazione anche nell’evoluzione delle culture umane.
Storicamente l’uomo è passato da forme preistoriche di gioco libere e caotiche – paidia (successivamente definite dall’inglese play) a un gioco regolamentato– ludus (o in inglese game). Sono proprio i game a caratterizzare il gioco nell’uomo contemporaneo, che per lo stesso Caillois si presenta in quattro forme.
La prima forma è l’agon, parola greca che indica il confronto: a questa categoria appartengono i giochi in cui è richiesta competizione per raggiungere un fine. La competizione può basarsi sulla rapidità o sulla memoria, sull’intelligenza o sulle conoscenze, sull’ingegnosità o altro ancora.
Sono agon i giochi da tavolo, quelli enigmistici, ma anche le attività sportive finalizzate alla competizione. Di natura completamente diversa sono i giochi che Caillois faceva rientrare nella categoria alea, dal latino “dado”, ovvero basati sulla fortuna: la roulette o le lotterie.
I giochi di mimicry, letteralmente “mimetismo”, sono invece basati sull’impersonare identità diverse dalla nostra. Tipici dell’infanzia, sono ormai diffusi anche tra gli adulti: un esempio è il già citato Cosplay. Infine c’è il gioco ilinx, “vertigine”, che è quello in cui il piacere deriva dalle emozioni provate con il corpo.
Anche questa forma di divertimento nasce nell’infanzia, ad esempio quando i bambini roteano velocemente su se stessi fino a perdere l’equilibrio. Da adulti il bungee jumping o il paracadutismo sono buoni esempi.
2. Purificazione emotiva e migliori capacità cognitive
È chiaro che la maggior parte dei giochi adulti presenta un mix di queste componenti: chi si dedica alla “guerra simulata” in fondo gioca con agon per l’aspetto agonistico, con mimicry per quel che riguarda l’interpretazione di un ruolo ma anche con ilinx per il piacere fisico di inseguimenti e agguati.
Ugualmente un gioco da tavolo come Monopoly richiede agonismo, ma anche una componente di fortuna e il piacere di assumere identità diverse dalla propria.
In fondo, è bello vivere, per il tempo del gioco, in un mondo in cui possiamo essere testimoni e indiziati di un assassinio come in Cluedo o fondatori di un impero guerrafondaio come in Risiko! per poi, a fine partita, tornare alla vita quotidiana purificati da quella catarsi di cui già parlava Aristotele.
Analogamente i giochi di ruolo come Dungeons & Dragons sono agon, alea e mimicry oltre a presentare un aspetto spiccatamente narrativo e dunque creativo.
Sono giochi in cui conta molto la storia che si crea tutti insieme.
La sfida non è fra i singoli giocatori ma tra loro in gruppo e la situazione d’avventura in cui si trovano i personaggi. Il tutto mediato dalla parola e dal racconto.
Quale che sia la tipologia, sempre più studi dimostrano che giocare da adulti fa bene. Il gioco rappresenta una leva evolutiva nella vita dell’individuo che permette il rafforzamento delle abilità cognitive, ma anche motorie e interpersonali.
Pensiamo ad esempio a quando facciamo zapping in tv e capitiamo su un quiz televisivo: ci viene spesso spontaneo cercare di rispondere alle domande poste ai concorrenti, quasi che sfidare le nostre capacità di memoria e conoscenza fosse un’esigenza inconsapevole per tenere in allenamento le funzioni mentali.
Con certi giochi da tavolo e video-giochi si allenano anche riflessi, colpo d’occhio, manualità fine e tante altre capacità.
3. Si diventa più creativi. Team building
Inoltre giocare accresce la creatività: assumendo un’altra identità, come nei giochi mimicry, i nostri neuroni sono stimolati a lavorare in modo diverso.
Impersonare qualcuno diverso da voi è infatti utile quando abbiamo bisogno di farci venire idee originali.
«Vi basterà fare del vostro meglio per pensare, sentirvi e agire come farebbe la vostra identità fittizia», spiega Srini Pillay, psichiatra della Harvard Medical School e autore di Il potere del cazzeggio (Centauria). Quando ci immaginiamo in modo diverso da come siamo realmente stimoliamo infatti le regioni del cervello coinvolte nei processi creativi.
Inoltre la piacevolezza e la motivazione prodotte dal gioco e dalla simulazione attivano una particolare condizione psichica definita flow (“flusso”): descritta a metà degli anni Settanta dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi, è lo stato di coscienza ottimale che si verifica quando siamo completamente immersi in un’attività, con ricadute positive sulle performance cognitive ma anche sul benessere psichico.
Tutto questo aumenta anche la produttività: è quindi utile applicare queste dinamiche anche sul lavoro.
In fondo lo hanno capito i direttori del personale di molte aziende che, da decenni, organizzano attività di team building (letteralmente “costruzione della squadra”) per i dipendenti: stare una settimana in una foresta con i colleghi oppure salire su un ponte tibetano o ancora partecipare a una rappresentazione teatrale sono attività ludiche che hanno dimostrato poter attivare spirito di squadra anche sul lavoro.
Difficoltà e situazioni complesse ricreate in contesti avventurosi coinvolgono sul piano fisico, emotivo e cognitivo. Questo favorisce l’abbandono dei ruoli rivestiti in azienda.
4. Una palestra per la vita. Ma come nasce un gioco?
Le attività di team building sono anche contesti in cui mettere in scena dinamiche relazionali, di competizione e impegno che i partecipanti vivono in ufficio.
È uno spazio limitato e separato dalla vita reale in cui possiamo sperimentare comportamenti alternativi per il piacere di farlo e per allenarci alla vita vera.
Non a caso da tempo vengono creati i cosiddetti serious game, giochi con finalità didattiche e formative: il loro successo dipende dal fatto che giocando il soggetto può esprimere emozioni e pensieri in libertà e con meno difese.
Nel gioco è assente infatti il giudizio sociale e si vive una sensazione di sicurezza. Una percezione che fa bene a noi e ci riconnette con chi ci sta attorno.
Ma come nasce un gioco? Tutto parte da un’idea. Viene poi realizzato un prototipo dei materiali: tabellone, carte eccetera. A quel punto si coinvolgono amici e conoscenti per raffinare le regole e rendere equilibrate le probabilità di vittoria di tutti.
Dopo vari cicli di prove e correzioni è il momento di passare al blind play-testing: si fa cioè provare il gioco a qualcuno senza spiegarglielo, in modo che legga le regole e le interpreti autonomamente come farebbe se avesse acquistato il gioco.
Lo scopo è far emergere le ambiguità del regolamento e le strategie che potrebbero “smontarlo”. Solo quando il gioco è stato testato lo si può proporre a un editore oppure partecipare a concorsi per giochi inediti.
5. Psicoterapia e giochi da tavolo
- I videogiochi possono essere usati in psicoterapia per riflettere sulle emozioni
Si chiama Video Game Therapy ed è stata formalizzata dallo psicoterapeuta Francesco Bocci nel 2019: impiega i videogiochi durante le sedute come strumenti per riflettere su emozioni e pensieri.
È una tecnica efficace a tutte le età, dato che questa forma di gioco ha ormai superato i confini generazionali: secondo dati dell’organismo internazionale Video Games Europe, infatti, il 52 per cento di chi ha tra i 6 e i 64 anni li utilizza abitualmente, per una media di 9 ore la settimana.
«Il videogioco riattiva dinamiche proiettive e difese primordiali in un ambiente protetto e regolato», spiega lo psicologo. «In questo modo si possono far rivivere vissuti emotivi, traumi passati, ricordi d’infanzia». Inoltre consente di attivare attenzione, concentrazione e identificazione con il personaggio che interpretiamo: «Ciò spinge perfino a sperimentare sentimenti di empatia».
- Giochi da tavolo: sul mercato ne arrivano sempre di più
Il gioco da tavolo è protagonista di una nuova primavera. Tra i generi più curiosi ci sono quelli legacy, in cui giocando si modifica il gioco stesso. Ad esempio contengono carte che devono essere strappate oppure adesivi da apporre sul tabellone che ne modificano le regole a ogni partita.
Sempre più popolari sono anche le escape room da tavolo. Sono giochi in cui si riproducono le escape room fisiche che si moltiplicano in ogni città e in cui i giocatori devono risolvere enigmi per scappare.
Buon successo hanno anche i libri-gioco in cui il lettore si immedesima nel protagonista e decide come far procedere la storia, analogamente a quei romanzi e fumetti per ragazzi che andavano di moda negli anni Ottanta e Novanta.