Soprannominato "Il Papa guerriero," Giulio II è uno dei Pontefici più famosi non solo del rinascimento, ma dell'intera storia del papato ("odiato da molti e temuto da tutti").
Fu lui a istituire la Guardia Svizzera pontificia, il corpo militarizzato del Vaticano.
Fu anche un grande mecenate, forse il più grande che la storia ricordi: nonostante che la sua parsimonia e la sua avarizia fossero risapute (ridusse all’osso le spese di corte), incaricò i più importanti architetti ed artisti dell’epoca (da Michelangelo a Raffaello, dal Pollaiolo, al Bramante ecc.) di creare alcune delle principali opere dell'arte europea: la nuova San Pietro (iniziata nel 1506), il soffitto della Cappella Sistina (1508-1512) e le decorazioni delle Stanze Vaticane (iniziate nel 1508).
Oggi cercheremo di conoscere un po' meglio questo grande personaggio munito di straordinarie doti politiche e militari (ma non di certo religiose), avente come unico scopo quello di fare dello stato papale la più importante potenza d'Italia, conducendo personalmente campagne militari che estesero ampiamente il suo territorio. Vediamolo insieme.
1. Le origini
Giuliano della Rovere era nato ad Albisola, presso Savona, nel 1443, da una famiglia ne’ ricca, ne’ potente; francescano, era stato elevato giovanissimo alla porpora cardinalizia dallo zio Sisto IV con il titolo di San Pietro in Vincoli, mettendo in mostra fin da allora la sua abilità militare.
In quei tempi il nepotismo era una prassi consolidata, quasi istituzionalizzata, e papa Sisto non si venne meno alla regola.
Aveva sgominato una rivolta in Umbria e assoggettato il tiranno di Città di Castello, Niccolò Vitelli, dando un po' di luce al periodo disastroso in cui si trovò coinvolta la politica pontificia per colpa di Girolamo Riario.
Sotto Innocenzo VIII, che doveva a lui la sua elezione simoniaca, si era messo ancora in mostra come un uomo d'arme respingendo l'assalto portato fin sotto Roma dagli Aragonesi nel 1486; sotto Alessandro VI, dopo il tentativo andato a monte di appoggiare Carlo VIII contro il papa, si era tenuto sulla difensiva.
Quando fu eletto papa, nonostante i suoi sessant'anni, era ancora di temperamento forte e di straordinaria forza fisica; il soprannome di "Terribile" che gli dettero i contemporanei faceva riferimento alla sua natura indiscutibilmente irruenta e dominatrice.
2. Giuliano della Rovere diventa papa
La morte di Pio III (Francesco Piccolomini Todeschini) non colse impreparato il collegio dei cardinali nella scelta del nuovo papa.
In pratica già durante il pontificato del Piccolomini, che si sapeva a breve termine per la sua malattia irreversibile, erano iniziati maneggi tra i diversi gruppi per arrivare ad accordi precisi nel conclave che si riunì il 31 ottobre 1503 e il poche ore elesse il cardinale Giuliano della Rovere.
Pio III fu scelto indubbiamente perché persona buona e rispettata da tutti, ma più probabilmente perché anziano e mezzo malandato.
Dopo solo un mese di pontificato morì e, col più breve conclave della storia (24 ore), venne eletto all’unanimità Giuliano della Rovere, che assunse il nome di Giulio II (la scelta del suo nome papale riflette la sua ammirazione per le prodezze militari di Giulio Cesare).
Due giorni dopo la morte di Pio III, Giulio II aveva riunito in un preconclave in Vaticano i cardinali spagnoli e Cesare Borgia, garantendosi il loro appoggio con la promessa, che peraltro non avrebbe mantenuto, di nominare il Valentino capitano Generale della Chiesa, con la conferma dei suoi possedimenti in Romagna, e assicurando ai porporati diverse commende.
Nello stesso tempo riuscì ad ottenere in separata sede adesioni dall'altro gruppo di cardinali, chiaramente dietro relativi compensi.
In definitiva il cardinale della Rovere "entrava in conclave già papa", secondo quanto indicò il voto quasi unanime che confluì su di lui fin dal primo scrutinio: e pensare che il 14 gennaio 1506 avrebbe dichiarato nella bolla Cum tam divino che andava considerata nulla l'elezione simoniaca di un papa, bollando con le più severe sanzioni ecclesiastiche gli elettori simoniaci.
3. La rifondazione dello Stato pontificio
Lo Stato pontificio si trovava in completo dissolvimento; l'opera di consolidamento avviata da Pio II (nella foto) era naufragata nell'affermazione della potenza dei Borgia.
Bisognava pertanto ricominciare da capo, armi alla mano e rifondare in pratica lo Stato.
E così con Giulio "II papa-guerriero", come alcuni suoi predecessori, "la cristianità trova una sua età dell'oro (non in senso astratto ma storicamente e politicamente)", perché "non c'è nessuna distinzione tra il piano religioso e quello politico, anzi la restaurazione della Chiesa passa attraverso l'azione politica".
In pratica la riforma poteva anche aspettare e il dovere del papa-re, come quello di qualsiasi altro principe del suo tempo, osserverà il cardinale Bellarmino, era conservare il potere anche ricorrendo se necessario alla guerra: quanto mai lontano appare l'evangelico ammonimento "Chi di spada ferisce, di spada perisce!".
Ricordiamole queste guerre benemerite, da quella con Venezia che, approfittando dello stato di rivolta esistente in Romagna contro Cesare Borgia, aveva occupato Faenza e Rimini.
Mentre il Valentino, entrato in contrasto con il papa, si recava a Napoli, diventata possedimento spagnolo, nella speranza di trovare aiuti per riconquistare il suo ducato, e finiva invece prigioniero in Spagna, ove sarebbe morto.
Giulio II un primo momento si limitò a lanciare contro la potente città lagunare semplici ammonimenti a titolo di rivendicazione.
Riassoggettate poi Perugia e Bologna, liberate rispettivamente dalle signorie del Baglioni e del Bentivoglio, si fece sentire con più fermezza, ma di fronte alla tenace resistenza di Venezia, non riuscendo ad ottenere il riconoscimento dei suoi diritti con pacifiche trattative, divenne promotore di quella lega internazionale stipulata a Cambrai nel 1508, alla quale aderirono l'imperatore Massimiliano, Luigi XII, il re di Spagna e il duca di Ferrara.
Alla luce di questi avvenimenti il concilio ecumenico Lateranense V ebbe un chiaro significato politico, e l'unico aspetto religioso di risalto fu l'approvazione della bolla contro la simonia emanata dal papa nel 1506, che poi Dio solo sa quanto sarebbe stata rispettata!
Quel concilio fu l'ultima occasione che Roma ebbe per evitare la spaccatura che di lì a breve tempo si sarebbe avuta in seno al mondo cristiano occidentale con Lutero e invece "si risolse in una farsa", né avrebbe mutato aspetto con Leone X che lo chiuse nel 1517.
Fu un'altra prova che Giulio II con le sue guerre aveva proprio dimenticato le funzioni precipue di un papa, che dovevano ispirare pace e amore tra gli uomini e riconciliarmi in una salda unità nella fede di Dio.
4. Il pontificato di Giulio II
L'altro aspetto che caratterizzo il pontificato di Giulio II fu il notevole impulso dato al mecenatismo, con lo scopo di abbellire Roma in un preciso piano urbanistico, che ebbe inizio con l'apertura della splendida via Giulia, la prima strada nella città tracciata ad andamento rettilineo.
Tre artisti del Rinascimento lasciarono un'impronta incancellabile della loro genialità: Bramante, con il progetto del grandioso piano di ricostruzione del Vaticano, la cui messa in opera sarebbe stata coperta dal ricavato della promulgazione di quelle indulgenze fonte di scandali irreversibili.
Raffaello, con gli affreschi delle sale del palazzo di Niccolò V, quelle Stanze che da lui presero nome; Michelangelo, con le eccezionali opere nella cappella Sistina e il monumento funebre per il papa (nella foto), da lui stesso commissionato.
Questo mausoleo, che originariamente si trovava in S. Pietro, fu trasportato nella chiesa dei della Rovere, in S. Maria del Popolo, ed infine nella chiesa titolare del pontefice, S. Pietro in Vincoli; di esso fa parte la celebre statua di Mosè, in cui è raffigurato lo stesso Giulio II.
Il monumento fu completato dopo la morte del papa, avvenuta il 22 febbraio 1513, e risultò di proporzioni più modeste rispetto al progetto originario, ma pur sempre un suo aspetto grandioso: che fosse questo il "paradiso" che S. Pietro nell'anonimo opuscolo Julius exlcusus a coelo consigliava a Giulio II di farsi edificare da un "vigoroso costruttore"?
In quella pasquinata l'apostolo, infatti, non gli apre le porte del cielo riconoscendo colpevole di aver reso la Chiesa "schiava dei poteri terreni" e conclude amaramente che "da quando una simile peste la governa non c'è da meravigliarsi che capiti così poca gente lassù, nel paradiso".
Infine, fu lui, Giulio II, a istituire e benedire la Guardia Svizzera pontificia, il corpo militarizzato del Vaticano: il 22 gennaio 1506 (data di nascita ufficiale della Guardia Svizzera Pontificia) papa Giulio II benedisse il “suo” primo contingente di Svizzeri - un gruppo di 150 svizzeri, al comando del capitano Kaspar von Silenen, del Cantone di Uri - considerati i migliori soldati dell’epoca.
Papa Giulio II muore all'età di 70 anni il 21 febbraio 1513, a causa di una forte febbre: successivamente verrà sepolto senza alcun monumento funebre nella Basilica di San Pietro.
5. La condotta libertina di Giulio II
In pratica, durante il cardinalato aveva messo in mostra doti di politico e militare, non certo di uomo religioso.
Questo dicevano i suoi intrighi simoniaci e anche la condotta libertina, visto che era padre felice di 3 figlie.
Si hanno notizie anche dell’omosessualità di Giuliano della Rovere, già da quando era cardinale: Stefano Infessura, ufficiale dell’amministrazione capitolina, riporta nel suo Diario che Virginio Orsini, capo di una delle fazioni baronali di Roma, aveva cosparso la capitale di fogli in cui accusava Giuliano della Rovere di sodomia e che, se Dio gli avesse concesso la vittoria contro i Colonna, avrebbe portato la sua testa in processione infilzata su una lancia.
Calunnie o meno che fossero, le tendenze omosessuali di Giulio II erano dominio di mezza Europa.
Lo scrittore e storico Giovanni Dall’Orto riporta nel suo sito interessanti testimonianze, che però necessitano di prudenza, in quanto Giulio II era nemico della Serenissima al punto di volerne la scomunica: Il diarista veneziano Girolamo Priuli, contemporaneo del papa, scrisse che "Conduzeva cum[con] lui li sui ganimedi, id est [cioè] alchuni bellissimi giovani, cum li quali se diceva publice[pubblicamente] che l'havea acto carnale cum loro, ymmo che lui hera patiente [passivo] et se dilectava molto di questo vitio sogomoreo, cossa veramente abhorenda in chadauno".
Da papa avrebbe messo però alle spalle queste avventure di piacere e sarebbe rimasto esente in genere dal nepotismo, limitandosi a creare cardinale un nipote, Galeotto della Rovere, che oltretutto morì prima di lui nel 1508.