Inguaribili utopisti o pericolosi criminali. Ingenui sognatori o spietati terroristi. Da sempre gli anarchici hanno mostrato una duplice natura: fedeli a un’utopia di libertà e uguaglianza, possono ricorrere alla violenza per raggiungere i loro scopi.
Proprio Alfredo Cospito, l’anarchico condannato a 10 anni e 8 mesi per aver sparato alle gambe dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi e a 20 anni per aver piazzato due ordigni vicino alla Scuola allievi carabinieri di Fossano (Cuneo).
Il suo sciopero della fame contro il regime carcerario duro, noto come 41 bis, ha così riportato all’attenzione dei media i seguaci di quell’ideale che ebbe in Michail Bakunin (1814-1876) il primo promulgatore.
Cos’è il 41 bis? In Italia, ad oggi, sono 728 (tra cui 12 donne e 184 in attesa di giudizio) i soggetti in regime di 41 bis, il regime carcerario introdotto nel 1986 ed esteso nel 1992 dopo l’uccisione del giudice Giovanni Falcone.
È applicato ai reati più gravi, come, ad esempio, terrorismo, eversione o mafia. Il condannato non ha contatto con altri detenuti né accesso alle parti comuni del carcere.
Può godere al massimo di due ore d’aria al giorno (da solo) e di un solo colloquio con famigliari al mese. La posta in entrata e uscita viene controllata, gli acquisti in carcere sono limitati e vige il divieto di ricevere libri o riviste.
Non solo Cospito è balzato sulle prime pagine dei giornali. Altri anarchici, ben prima di lui, sono stati protagonisti di vicende clamorose. Come Sacco e Vanzetti, condannati innocenti negli USA, o i tre attentatori di re Umberto I di Savoia. E come Mario Buda, creatore della prima autobomba della storia, che finì “collaboratore di giustizia” della polizia fascista.
1. Sacco, Vanzetti e Luigi Lucheni
- Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, gli anarchici italiani condannati in America sono stati riabilitati
Ci sono voluti cinquant’anni perché venisse riconosciuta l’innocenza di Nicola Sacco (1891-1927) e Bartolomeo Vanzetti (1888-1927), i due anarchici italiani uccisi sulla sedia elettrica per decisione del Governo USA il 23 agosto 1927. Sono colpevoli solo di essere anarchici (foto sotto).
Il 23 agosto 1977, infatti, Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachusetts, riconosce gli errori commessi nel processo e riabilita la loro memoria.
Entrambi emigrati in America in cerca di una vita migliore, vengono fermati il 5 maggio 1920: stanno organizzando un comizio di protesta contro la morte di Andrea Salsedo, ma vengono sospettati di essere i rapinatori che nelle settimane precedenti hanno portato a termine un colpo, uccidendo due persone: un contabile e una guardia del calzaturificio Slater and Morrill di South Braintree (Massachusetts).
Al processo il verdetto sembra già scritto: i due anarchici devono subire una pena esemplare.
Condannati a morte in primo grado e in appello, nonostante le proteste locali e la mobilitazione internazionale, muoiono sulla sedia elettrica.
- Luigi Lucheni uccide l’imperatrice Sissi con una lima
Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach (1837- 1898), più nota come Sissi, nasce duchessa in Baviera e diventa imperatrice d’Austria come moglie di Francesco Giuseppe d’Austria.
Luigi Lucheni (1873-1910, foto sotto), è invece figlio di padre ignoto. La madre lo abbandona neonato in orfanotrofio. Passa infanzia e adolescenza entrando e uscendo dagli istituti prima di passare da famiglia affidataria all’altra.
I destini di Sissi e Lucheni si incrociano sul lago di Ginevra (Svizzera) il 10 settembre 1898 quando lui, anarchico e sostenitore dalla “propaganda dell’azione”, uccide con un colpo di lima lei, simbolo “di quel mondo di nobili, borghesi e Chiesa che sfrutta il sudore e la miseria dei contadini e dei lavoratori”.
Arrestato, Lucheni rivendica il suo gesto e il suo ideale anarchico. Condannato all’ergastolo, è ritrovato morto il 19 ottobre 1910 nella sua cella: ufficialmente si è suicidato, ma per alcuni si tratta di un omicidio mascherato.
La sua testa viene conservata in formalina e nel 1998 il Governo svizzero la dona all’Istituto di patologia di Vienna.
2. Carlo Cafiero e Giovanni Passannante
- Carlo Cafiero, diplomatico mancato e anarchico fallito
Da ricco privilegiato ad anarchico rivoluzionario: Carlo Cafiero (1846-1892, foto sotto), laureato in giurisprudenza, ha davanti a sé una brillante carriera come diplomatico, ma, affascinato dalle idee di Karl Marx e Friedrich Engels, abbraccia le idee anarchiche del filosofo russo Michail Bakunin che incontra il 20 maggio 1872.
Con lui organizza un’insurrezione per l’agosto del 1874.
Il piano, che prevede rivolte simultanee in Toscana, Marche, Lazio, Puglia, Campania e Sicilia, fallisce. Cafiero ci riprova nell’aprile del 1875 senza successo.
Negli anni successivi elabora la sua idea di rivoluzione, sottolineando l’importanza dell’azione: “Con l’azione si uniscono teoria e pratica perché è l’azione che genera le idee e le diffonde in tutto il mondo”.
La sua salute mentale inizia a dare segni di squilibro. Il deterioramento sfocia nel definitivo ricovero nel manicomio di Nocera Inferiore, dove Cafiero sviluppa una tubercolosi intestinale che lo conduce alla morte il 17 luglio 1892 a 45 anni.
- Giovanni Passannante: il primo attentatore di re Umberto I vuole accoltellarlo ma non riesce
L’anarchico Giovanni Passannante (1849-1910, foto sotto) inizia a fare attività politica intorno ai 20 anni. Viene arrestato la prima volta per aver affisso dei manifesti inneggianti alla Repubblica, a Mazzini e Garibaldi.
Scontati i tre mesi di detenzione, matura la sua conversione definitiva alla causa anarchica: una conversione deve passare per l’azione. L’occasione arriva il 17 novembre 1878: re Umberto I arriva a Napoli.
Passannante sale sul predellino della carrozza e cerca di accoltellarlo, senza riuscirci.
Immediatamente bloccato, viene processato e condannato alla pena di morte, tramutata in ergastolo da scontare sull’Isola d’Elba, nella Torre della Linguella in una cella minuscola, senza luce e intrisa d’umidità, dove rimane 10 anni.
Trasferito nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino (Firenze), muore nel 1910, cieco, a 5 giorni dal 61° compleanno, dopo 30 anni di detenzione durissima.
3. Felice Orsini e Pietro Acciarito
- L’avvocato Felice Orsini lancia 3 bombe contro Napoleone III
Il 14 gennaio 1858 davanti all’Opéra di Parigi la folla attende l’arrivo dell’imperatore Napoleone III e della moglie Eugenia.
Tre bombe lanciate dall’anarchico Felice Orsini (1819-1858, foto sotto) fanno una strage (12 morti e 156 feriti) ma lasciano illeso il sovrano.
Felice Orsini è un avvocato dalla vita burrascosa: ha partecipato alla Prima Guerra d’Indipendenza italiana (1848-1849), si è avvicinato a Giuseppe Mazzini, ha guidato insurrezioni fallite ed è fuggito in Ungheria dove, arrestato, è evaso raggiungendo Londra.
Qui, a contatto con gli anarchici, si convince che per innescare la rivoluzione in Francia e in Italia occorre uccidere Napoleone III.
Il processo si conclude con la condanna a morte. Orsini viene ghigliottinato alle 7 del mattino del 13 marzo 1858 nella piazza della Roquette e il suo cadavere gettato in una fossa comune nel cimitero di Montparnasse.
- Pietro Acciarito, secondo attentatore di re Umberto
Pietro Acciarito (1871-1943, foto sotto) è un fabbro anarchico. Saputo che re Umberto I sarebbe giunto a Roma il 22 aprile 1897 per celebrare il 29° anniversario del matrimonio con Margherita di Savoia, decide di ucciderlo.
Raggiunge la carrozza reale e sferra un fendente che il re schiva. Bloccato, viene condannato all’ergastolo con 7 anni di segregazione da isolamento.
Acciarito accoglie la sentenza urlando: «Va bene! Va bene! Oggi a me, domani al governo borghese. Viva la rivoluzione sociale! Viva l’anarchia!».
Dopo sette anni di detenzione senza alcun contatto, nemmeno con le guardie carcerarie, nonostante non presentasse alcuna alterazione psichica, Acciarito viene spostato nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino dove muore il 4 dicembre 1943 a 72 anni.
4. Gaetano Bresci e Sante Caserio
- Gaetano Bresci, terzo attentatore di Umberto I, lo uccide sparandogli
La sera del 29 luglio 1900 re Umberto I incontra l’uomo che pone fine alla sua vita: Gaetano Bresci (1869-1901, foto sotto), anarchico italiano residente negli USA.
Dopo aver lavorato come operaio tessile, nel 1898 si è stabilito a Paterson (New Jersey) dove viene a sapere della feroce repressione dei moti di Milano (6-9 maggio 1898) in cui, a chi protesta per l’aumento del prezzo del pane, il re risponde con le armi lasciando sul terreno 81 morti e 450 feriti.
Bresci torna in Italia e raggiunge Monza con la sua “rivoltella, la sua calibro 38 a cinque colpi. Si è allenato per giorni al poligono di tiro”.
Alle 22.29 la carrozza con re e consorte esce dalla Villa Reale e Bresci entra in azione: spara 4 colpi, tre colpiscono il re che muore.
Viene condannato all’ergastolo e rinchiuso in diverse carceri prima di essere trasferito a Ventotene (isole Ponziane). Il 22 maggio 1901 è trovato impiccato nella sua cella: restano molti i dubbi su questa morte avvenuta sotto sorveglianza continua e in una cella senza lenzuola né asciugamani.
- Sante Caserio vendica il compagno e rivendica la sua azione
Sante Caserio (1873-1894, foto sotto), che ha un secondo nome, Geronimo (il più agguerrito e irriducibile capo Apache) a 10 anni scappa di casa e lavora come garzone a Milano.
Qui abbraccia l’anarchia, un ideale che diventa per lui una fede.
Identificato e schedato per distribuzione di volantini antimilitaristi, si sposta prima in Svizzera e poi in Francia, dove, il 9 dicembre 1893, l’anarchico Auguste Vaillant lancia una bomba nella Camera dei deputati: nessun morto, ma l’attentatore è condannato alla ghigliottina.
Caserio decide di vendicarlo: l’obiettivo è Sadi Carnot, presidente della Repubblica francese, reo di non aver concesso la grazia al condannato. Acquistato un pugnale, Caserio si avventa sul politico in visita a Lione il 24 giugno e lo uccide.
Al processo rivendica la sua azione: «Signori Giurati, se volete la mia testa, prendetela: ma non crediate che prendendo la mia testa, voi riuscirete a fermare la propaganda anarchica. No!... Fate attenzione, perché colui che semina, raccoglie», dice. Viene ghigliottinato il 16 agosto 1894.
5. Mario Buda e Andrea Salsedo
- Mario Buda: da attentatore anarchico a collaboratore della polizia fascista
Dopo il servizio militare, Mario Buda (1884-1963, foto sotto) si stabilisce a Boston dove matura una coscienza politica ed entra in contatto con i circoli anarchici: la sera del 5 maggio sfugge all’arresto nel quale vengono presi Sacco e Vanzetti.
Quando i due vengono incriminati per rapina e duplice omicidio, decide di reagire: il 16 settembre va a New York, affitta un carro, lo riempie di frutta e verdura e ci nasconde una potente carica esplosiva, dopodiché lo porta all’angolo tra Broad Street e Wall Street.
Alle 12.01 un’esplosione fragorosa provoca 34 morti e circa 200 feriti. Buda fugge in Italia dove viene schedato come anarchico e inviato al confino, ma nel 1933 inizia la sua attività di confidente per l’OVRA (la polizia politica fascista).
Muore libero il 1° giugno 1963.
- Nel 1929 Andrea Salsedo cade dalle finestre dell’FBI
Ben prima di Giuseppe Pinelli (morto per una “caduta” dagli uffici della Questura di Milano il 15 dicembre 1969 negli interrogatori per l’attentato di piazza Fontana), c’è stato un altro anarchico italiano che ha fatto la stessa fine: Andrea Salsedo (1881-1920, foto sotto), emigrato negli USA.
È un anarchico e a New York collabora attivamente alla rivista Cronaca Sovversiva. La tensione sociale è sotto gli occhi di tutti ma la lotta viene stroncata.
Per il Governo a stelle e strisce bisogna tenere sotto controllo gli anarchici, soprattutto italiani. Il 25 febbraio Salsedo viene prelevato e portato nei locali dell’FBI per essere interrogato.
I testimoni parlano di percosse e di mal di testa lancinanti, causati dai colpi ricevuti. Lasciato solo, Salsedo urla di dolore. A un certo punto “vola” dalla finestra. È il 3 maggio 1920. Per l’autorità si tratta di suicidio.