Secondo un’indagine promossa da Federchimica AISA, gli italiani considerano sempre più gli animali parte integrante della famiglia.
Dalla campagna alla casa: l’evoluzione sociale del rapporto con gli animali è, infatti, il titolo dello studio che Federchimica AISA, Associazione Nazionale Imprese Salute Animale, che ha realizzato in collaborazione con SWG per indagare la natura del rapporto che lega gli italiani agli animali d’affezione.
Sono emersi aspetti interessanti che meritano di essere divulgati ma che impongono qualche considerazione….
1. Una sola salute. Gli animali “fanno bene” e sono sempre di più! Adozioni e acquisti in crescita...
Confermata una tendenza che ha preso vita negli ultimi tre decenni: sempre più italiani scelgono di vivere con un cane, un gatto o un altro animale da compagnia.
E sempre più italiani sono convinti che la vicinanza di un animale abbia ricadute positive sulla nostra salute psicofisica.
Dal sondaggio sono, però, emerse anche criticità e spunti di riflessione che sono stati dibattuti nel corso del webinar tenendo come riferimento il concetto di “One Health”: un approccio olistico, nel solco di una tradizione molto diffusa tra le culture orientali, che si basa sul riconoscimento che uomo, animali e ambiente siano indissolubilmente legati. Preservare la salute degli uni significa salvaguardare il benessere degli altri.
E la pandemia da Covid-19 lo ha ben dimostrato. A ribadire l’importanza del concetto di “Una sola salute” Arianna Bolla, presidente di Federchimica AISA, ma anche il messaggio che il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ha fatto giungere al webinar:
“La letteratura scientifica è ricca di studi che mostrano l’impatto positivo della compagnia degli animali sulla nostra vita. Anche per questo, prendersi cura della salute degli animali può avere un impatto enorme sulla salute umana”.
Tra i primi elementi a emergere dal sondaggio c’è il fatto che, nel nostro Paese, gli animali d’affezione sono sempre di più. Il 50 per cento degli intervistati ha dichiarato di possederne uno attualmente, in particolare cane o gatto, mentre solo il 23 per cento non ne ha mai avuti.
Altro dato interessante è che, prima della pandemia, capitava che il 4-5 per cento degli italiani acquistasse o adottasse un nuovo animale ogni anno, mentre dal 2020 siamo a qualche punto percentuale in più.
Ciò significa che la pandemia ha senza dubbio incrementato il numero di adozioni o acquisti, ma la tendenza alla crescita si era già consolidata negli anni precedenti. Ma quali sono le motivazioni che ci spingono ad accogliere nelle nostre vite un animale?
Per il 67 per cento degli intervistati il motivo principale è la compagnia (la percentuale sale al 73 per cento tra chi non ha figli). Minore la percentuale di chi ha acquistato o adottato un animale per tenere compagnia a un altro membro della famiglia, per esempio un anziano, o per responsabilizzare i più piccoli nella cura di un altro essere vivente.
2. Sono parte della famiglia
Quasi unanime (91 per cento) il consenso degli intervistati rispetto all’affermazione, proposta dai sondaggisti, “Quando un animale vive molto tempo in una casa, diventa a tutti gli effetti un membro della famiglia”.
La percentuale è molto alta anche tra chi non ha mai avuto un amico a quattro o due zampe.
Il campione si spacca, però, sulle cause che stanno alla base di questa tendenza: per il 61 per cento dei possessori di cani c’è stato un cambiamento culturale: siamo più consapevoli e sensibili rispetto ai diritti dei nostri amici.
La percentuale scende al 25 per cento tra coloro che non hanno mai avuto un animale e che, di contro, ritengono che possedere un animale sia “una conseguenza dell’individualismo sempre più marcato della nostra società” (42 per cento) o “una moda” (23 per cento).
Qualunque sia la motivazione, però, è indubbio che gli animali siano oggi una componente importante delle nostre famiglie. Ciò, tuttavia, impone una riflessione. Ogni essere vivente ha come bisogno fondamentale quello di esprimere la sua natura, i suoi desideri, le sue necessità.
Molto spesso, invece, le persone vorrebbero trasformare il gatto in una sorta di peluche da accarezzare e il cane in una sorta di figlioletto.
Questo non vuol dire viziarli ma maltrattarli. Ce stato un salto culturale ma la nostra società ha perduto la conoscenza degli animali.
Il mondo rurale forse era meno rispettoso nei confronti del loro benessere però aveva una maggiore consapevolezza delle caratteristiche di ogni specie perché i bambini crescevano con gli animali fin da piccoli.
La società urbana li ha trasformati in maschere cui viene tolta quella che è la loro autenticità espressiva.
3. Dentro le nostre case. Ci regalano benessere e felicità. Condivisione degli spazi sì o no?
Benché gli animali siano considerati parte della famiglia, c’è ampio consenso rispetto al fatto che debbano avere degli spazi separati in casa, soprattutto per quanto riguarda mangiare e dormire: interessante notare, però, che la percentuale è del 76 per cento tra gli intervistati che non possiedono un animale mentre scende al 57 per cento tra i possessori di cani, gatti & Co.
Cè stato, dunque, un passaggio “dalla campagna alla casa”, ma resta abbastanza diffusa tra gli italiani l’idea che ciascuno debba avere i propri spazi.
Quello che è successo negli ultimi trent'anni nel rapporto tra uomo e animale ha qualcosa dell’incredibile. Io parlo sempre di salto triplo: gli animali sono passati dalla campagna al giardino, poi sono entrati in casa e ora sono stabilmente sul divano o sul letto. È stata un’evoluzione molto rapida.
Ciò comporta una condivisione di spazi che molto spesso possono essere anche ristretti. Generalmente, questo non crea grossi problemi, a patto che si rispettino alcune condizioni. La prima è che gli animali siano in buona salute, regolarmente controllati e vaccinati, sverminati.
Poi ci sono situazioni di natura igienico-sanitaria cui fare attenzione: condividere il gelato con il cane o far dormire il neonato insieme al gatto non è consigliato, così come farsi leccare in faccia dal cane. Parole che riprendono il concetto di “una sola salute”: un animale in salute significa un proprietario in salute, e viceversa.
Avere un animale domestico fa vivere meglio. Ne è convinto l’87 per cento degli intervistati secondo cui cani, gatti e altri animali contribuiscono a migliorare la nostra salute psicologica. Il 91 per cento ritiene, inoltre, che migliorino la salute psicofisica delle persone più fragili, come gli anziani.
Ciò è emerso in modo ancora più evidente nel corso dell’emergenza Covid-19, quando gli animali sono spesso stati l’unico conforto, addirittura l’unico contatto fisico, per chi ha dovuto affrontare il lockdown da solo.
Infatti, oltre 1’80 per cento dei possessori di cani e gatti ha dichiarato che i loro amici li hanno aiutati a superare l’isolamento imposto dalla pandemia. Gli aspetti positivi di questa convivenza non riguardano solo il benessere psicologico ma anche la salute fisica.
Il 71 per cento dei partecipanti al sondaggio crede che convivere con un animale domestico contribuisca a rafforzare il sistema immunitario e a migliorare la salute fìsica delle persone che abitano nella casa.
In effetti, ci sono dati scientifici che supportano ampiamente tale tesi. Naturalmente, ne è convinto maggiormente chi possiede un cane o un gatto (88 e 87 per cento) rispetto a coloro che non hanno mai avuto un animale (38 per cento).
Di contro, questi ultimi ritengono che un animale d’affezione possa esporre maggiormente al rischio di contrarre malattie e infezioni (49 per cento), teoria sostanzialmente fallace, soprattutto se l’animale è accudito come si conviene, ma ancora in auge.
4. Tutelare gli animali. Servono norme più severe
“È giusto che chi possiede un animale domestico debba rispettare una serie di obblighi di legge per la salvaguardia della sua salute”.
Davvero molto ampio il consenso rispetto a questa affermazione proposta dai sondaggisti da parte degli intervistati (90 per cento), che chiedono anche regole più stringenti per quanto riguarda la cura e la salvaguardia della salute dei nostri amici.
A essere invocate sono anche punizioni reali per chi è accusato di maltrattamento o abbandono, fenomeni purtroppo ancora molto diffusi nel nostro Paese.
È un punto, questo, particolarmente sentito dall’onorevole Michela Brambilla, presidente della Lega italiana difesa animali e ambiente (Leidaa):
«Da tre legislature mi batto per I’inasprimento delle pene. Questo così ampio consenso da parte dei cittadini registrato costantemente nei sondaggi dovrebbe spingere l'iter sia della riforma costituzionale approvata dal Senato sia del testo sull’inasprimento delle pene per i reati contro gli animali, in discussione a Palazzo Madama.
Nel 2011, con la rettifica della Convenzione europea per la protezione degli animali d’affezione, abbiamo portato le pene a 18 mesi di reclusione per il maltrattamento e a due anni per l’uccisione.
Tutto ciò non è sufficiente, perché con la pena sospesa e i patteggiamenti alla fine chi delinque non riceve una punizione esemplare. Bisogna affrontare il problema seriamente perché lo chiede la gente ma anche perché chi delinque sugli animali molto facilmente compirà i medesimi atti nei confronti di bambini, donne, anziani».
E' necessario puntare l’attenzione anche su un altro fenomeno, quello dei cosiddetti “abbandoni controllati”. Se nel 2020, durante la pandemia, le adozioni sono cresciute del 15 per cento, oggi si assiste a un “riflusso” e una parte di quegli animali, evidentemente adottati con troppa leggerezza durante il lockdown, vengono restituiti o portati in canili e rifugi.
A riprova del fatto che decidere di far entrare un animale nella propria vita impone, invece, grande responsabilità e serietà.
5. Un aiuto dalle istituzioni. Le proposte in discussione
Fa piacere constatare un consenso bipartisan da parte degli esponenti politici intervenuti al webinar sulla necessità che i proprietari di animali ricevano un aiuto concreto nel prendersi cura della loro salute.
Bisogna depositare alla Camera al più presto una proposta di legge che supporti la salute dei pet, proponendo un ampliamento della detrazione per i costi degli interventi salvavita degli animali da affezione.
A oggi esiste un divario sulle aspettative di vita degli animali da affezione basato sul reddito dei proprietari, creando disuguaglianza tra pet di serie A e serie B, anche determinando chi può vivere e chi no.
Bisognerà portare la detrazione fiscale sugli interventi sanitari salvavita al 100% per i redditi Isee prima fascia, al 50% per la seconda fascia e per tutti gli altri al 20%.
Richiesto a gran voce anche un abbassamento dell’aliquota IVA sulle prestazioni veterinarie, oggi al 22%, come i beni di lusso. Perché è evidente che, se in passato gli animali potevano essere considerati “beni di lusso”, oggi sono una componente fondamentale della nostra società, con cui costruire un legame sempre più armonico.
Lo sottolinea la senatrice Caterina Biti, vicepresidente Gruppo Senato del PD: «Un equilibrio corretto nel rapporto tra uomo e animale è fondamentale per garantire una relazione sana, che non sia sbilanciata verso una umanizzazione degli animali, soprattutto cani e gatti.
Compito di chi si occupa del rapporto tra uomo e animale è diffondere corrette informazioni perché questo equilibrio venga rispettato, in modo da avere animali sani e padroni contenti. Da questo dipende anche un miglioramento - quanto mai opportuno - nei rapporti tra chi ha animali e chi non ne ha.
Come legislatori dobbiamo far sì che sia questa visione a guidare le scelte politiche, anche per prendere decisioni equilibrate e dare rilevanza che merita a questo spaccato di società».
Parole che è difficile non condividere. Auspichiamo quindi che si traducano al più presto in atti legislativi.